La gestione attiva

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La gestione attiva
Intervista
“La gestione attiva”
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Update II/2014
Il Caporedattore Marty-Jörn Klein a colloquio con Andreas Utermann,
Global Chief Investment Officer di Allianz Global Investors
I gestori dei fondi azionari attivi globali hanno negli ultimi 30 anni
creato un consistente valore aggiunto per gli investitori. Questa
tendenza si è tuttavia recentemente indebolita. Si può dire che la
gestione attiva ha terminato di essere importante?
Andreas Utermann: No, assolutamente no! Ma lei parla di due
cose diverse e importanti. Per prima cosa a mio avviso si deve
riconoscere che i gestori di fondi azionari attivi negli ultimi
30 anni in media rispetto ai loro competitor hanno ottenuto una
notevole sovraperformance. E questo viene purtroppo spesso
dimenticato. È anche vero che non da ultimo a causa della minore
volatilità e delle maggiori correlazioni fra le azioni è diventato più
difficile ottenere una sovraperformance. Dal 2009, in media,
questo non è più accaduto in questo settore. Come Asset Manager
dobbiamo trovare una risposta in quanto sovraperformance
rappresenta la ragione della nostra esistenza.
Quali possibili scenari?
La minore volatilità in contesti finanziari che manifestano maggiori
correlazioni comporta una riduzione del cosiddetto Tracking Error
dei portafogli azionari. Ciò significa che mantenendo costante la
strategia della gestione dei fondi la differenza di rendita attesa fra
portafoglio e benchmark si è ridotta. Alcuni investitori in base al
minore Tracking Error hanno concluso che i gestori di fondi in
media aderiscono maggiormente rispetto a prima ad una logica
di benchmark – cosa non vera. È vero però che la gestione attiva
oggi riesce ad ottenere rendimenti minori rispetto al passato. Nella
gestione del portafoglio ciò significa che dobbiamo essere ancora
più “attivi”.
L’ESPERTO
Andreas Utermann, Global Chief Investment Officier (CIO)
di Allianz Global Investors e co-head di Allianz Global
Investors. Entrato in Allianz Global Investors nel 2002, ha
assunto il ruolo di Global CIO Equity presiedendo il Global
Executive Commitee e fino al 2011 ha ricoperto la carica di
Global CIO Equities e Co-Head in RCM.
Andreas riveste posizioni “Non-Executive” in associazioni di
categoria come Board Memberships di CFA Society in UK e
come AMIC Council dell’ICMA. Prima di Allianz Global
Investors, per dodici anni ha ricoperto il ruolo di Global
Head e CIO Equitiy in BlackRock Investment Management.
Prima di BlackRock, Andreas Utermann ha collaborato per
due anni in Deutsche Bank AG.
Ha conseguito la laurea in Economia presso la London
School of conomics e un M.A. in Economia alla Katholieke
Universiteit Leuven. È Associate dell’Institute of Investment
Management and Research.
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INTERVISTA
“I gestori dei fondi possono intraprendere
più rischi in modo controllato oppure
possono cercare di aumentare il rendimento
per unità di rischio.”
Cosa significa questo concretamente?
Ci sono fondamentalmente due possibilità: i gestori dei fondi
possono intraprendere più rischi in modo controllato oppure
possono cercare di aumentare la performance per ogni unità di
rischio.
Come si può ottenere un Active Share maggiore in portafoglio?
Qui torno alle due possibilità citate prima. Un’analisi delle
correlazioni fra Active Share e Tracking Error evidenzia che ci sono
due strategie promettenti per il successo del gestore attivo di fondi,
per poter raggiungere una sovraperformance.
Quindi il Traking Error non è più così necesario?
Non mi spingerei così lontano, il Tracking Error rimane un
importante indicatore. Una delle sue debolezze tuttavia è data
dal fatto che non dipende solo dalle decisioni attive del gestore di
fondi ma anche dalla volatilità del mercato complessivo e della
correlazione media fra gli altri asset. In tal modo una determinata
parte di decisioni di portafoglio viene presa in funzione della
volatilità di mercato e della correlazione con valori legati a realtà
molto diverse che hanno comunque impatti con il Tracking Error.
La prima è quella di intraprendere rischi maggiori. Ciò può avvenire
sottoforma di un stock-picking concentrato. Vengono inseriti in
portafoglio un numero limitato di titoli – i portafogli sono pertanto
concentrati – il che a sua volta è correlato a scostamenti
relativamente elevati dei pesi di portafoglio dalla ponderazione di
benchmark. Portafogli di questo tipo hanno non soltanto un elevata
Active Share ma tipicamente anche un elevato Tracking Error. Questa
strategia punta ad una elevata sovraperformance – ovvero un
elevato alfa. Pertanto ben si adatta per strategie Core Equity orientate
al benchmark così come per le strategie indipendenti dal benchmark
e le strategie relativamente prive di restrizioni le cosiddette
Unconstrained Strategies.
Una misura alternativa per misurare il grado di attività di una
gestione di portafoglio è data dalla cosiddetta Active Share. Essa
corrisponde al totale degli scostamenti delle singole posizioni di
portafoglio dalla ponderazione di benchmark. La Active Share
misura direttamente lo stock-picking attivo – l’intensità della
gestione attiva può essere intesa a prescindere dalla volatilità di
mercato e dalle correlazioni fra le azioni.
Ricerche empiriche hanno evidenziato che la misura di Active
Share è più indicata per la previsione di rendimento di portafoglio
rispetto al Tracking Error, la misura tradizionalmente usata.
Pertanto noi di Allianz Global Investors stiamo attribuendo
un’importanza maggiore all’Active Share rispetto al Tracking Error.
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La seconda strategia è l’aumento del rendimento per ogni unità di
rischio. Ciò è importante quanto l’aumento dell’Information Ratio.
Questa strategia può essere attuata sotto forma di stock-picking
diversificato, vale a dire spalmando il capitale su molti titoli. Anche
questa strategia presenta un elevato Active Share. Ne risulta che
molti scostamenti fra ponderazione nel portafoglio e benchmark
si rivelano notevoli rispetto al totale. Tuttavia la strategia
è caratterizzata da un Tracking Error relativamente basso.
Diversamente dalla prima strategia citata quest’ultima punta
pertanto non al valore alfa più alto possibile ma a quello più stabile.
Update II/2014
Per Allianz Global Investors esite un livello ottimale di
concentrazione dei portafogli?
Il valore atteso del rendimento di un portafoglio – premessa la
competenza del gestore – aumenta con il crescere del livello di
concentrazione degli asset. La volatilità però aumenta in modo
esponenziale a partire da un determinato livello di concentrazione
di portafoglio soprtattutto se il livello di concentrazione viene
esasperato. Le nostre indagini mostrano che con solo 20 – 30 titoli
azionari in portafoglio è possibile ottenere ottenere un vantaggio
nella diversificazione. Tuttavia la volatilità media dei portafogli
concentrati in parte maschera il fatto che la volatilità realizzata di
un singolo portafoglio di 20 – 30 azioni può essere molto più
elevata. Pertanto è necessario aumentare il numero delle azioni
per ridurre in maniera affidabile la volatilità di portafoglio.
Le numerose indagini condotte nel mercato USA dimostrano che
20 – 30 titoli sono sufficienti ad abbassare il livello di volatilità ma
che ci vogliono almeno 40 – 60 azioni per ridurre la volatilità in
modo affidabile. Pertanto la quantità ottimale di concentrazione di
portafoglio, basato sullo stock-picking, è ricompreseo nella fascia di
20 – 60 titoli. È ragionevole prevedere che seguendo un approccio
di gestione stock-picking vi siamo pochi motivi di superare il limite
di questa fascia.
Allianz Global Investors come si caratterizza in termini
di approccio di investimento?
La maggior parte dei fondi azionari di Allianz GIobal Investors
presentano un processo di gestione orientato allo stock-picking.
Storicamente sono stati in grado di ottenere un elevato coefficiente
alfa per gli investitori. Abbiamo in programma di aumentare dove
possibile l’attività di stock-picking. Nella nostra linea di prodotti
“Best Styles” viene implementato un stock-picking particolarmente
diversificato. L’universo investibile per questi prodotti è molto ampio,
infatti nel portafoglio globale sono presenti fino a 550 titoli di paesi
industrializzati e di aree emergenti. Nello stesso tempo i gestori hanno
la possibilità di utiilizzare in pieno la flessibilità verso benchmark
cogliendo le migliori opportunità dai differenti stili di investimento.
Le strategie “Best Styles” negli ultimi anni si sono dimostrate valide,
in quanto sono state in grado di generare sovraperformance stabili.
Grazie Dottor Utermann per l’intervista.
Colophon
Update II / 2014
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Dati aggiornati a: giugno 2014
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Marty-Jörn Klein, Redattore capo di Update, ha intervistato
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