Kineo 1 - Fabrizio Bonomo
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Kineo 1 - Fabrizio Bonomo
PA U L A N D R E U INTERVISTA Una frontiera fra cielo, terra e sogno L a sua firma più nota è quell'intreccio di scale mobili che si ricorrono all'interno del volume cilindrico al centro del terminal 1 dell’aeroporto Roissy - Charles de Gaulle, a Parigi. Con questa soluzione originale Paul Andreu inizia la sua lunga attività di progettista, che lo porta ad essere oggi una delle figure più rappresentative dell’architettura francese, e uno dei maggiori esperti del mondo in fatto di aeroporti. Nato nel 1938 a Bordeaux-Caudéran, Paul Andreu è il direttore del settore architettura e ingegneria della società Aeroporti di Parigi (ADP), che gestisce gli scali della capitale francese. Dall'ADP, nel 1967 (a 29 anni), viene incaricato del suo primo lavoro significativo: lo studio e la realizzazione del nuovo scalo parigino, a Roissy, nella periferia sud della città. Dal suo progetto nasce quindi il terminal 1 di Roissy: un'aerostazione ancora oggi capace di ospitare fino a quasi 10 milioni di passeggeri l'anno. “La mia carriera di progettista d’aeroporti inizia di fatto con Roissy 1 conferma Paul Andreu - e si evolve poi con un altro progetto significativo: il terminal 2 del Charles de Gaulle. In seguito ho partecipato a diversi concorsi (fra cui quello per l'aeroporto di Torino, vinto dallo studio Valle) e alla realizzazione di molte aerostazioni, in Francia e nel mondo. Oggi portano la mia firma gli aeroporti di Abu Dhabi, Dacca, Djakarta, Dar EsSalaam, il terminal 2 de Il Cairo, Nizza, Brunei, Conakry (Guinea), Montpellier (ampliamento). Per il nuovo aeroporto del Kansaï, a Osaka, in Giappone, che ritengo una tappa supplementare ma significativa nella mia esperienza professionale, mi sono occupato dell’impostazione generale, dalla quale è nato il concorso internazionale vinto da Renzo Piano. Più recentemente ho lavorato ai progetti di ampliamento del Charles de Gaulle, impostando il nuovo terminal di Roissy 3 e la vicina stazione dei TGV”. Il curriculum di Paul Andreu non si ferma però solo a questo Lo spazio centrale del terminal 1 dello scalo parigino di Roissy Charles de Gaulle, caratterizzato KINEO 1/93 tipo di strutture: sono sue ad esempio la tensostruttura sotto la Grande Arche alla Défense, la centrale nucleare di Cruas (Francia), il trampolino di salto per le olimpiadi invernali di Albertville del 1992, il progetto per il terminal sulla sponda francese del tunnel sotto la Manica. Fabrizio Bonomo. Gli aeroporti rimangono in ogni caso l’elemento centrale della sua attività, quali sono le problematiche e gli approcci a un progetto così specifico? Paul Andreu. Si può affrontare l’argomento sotto molti punti di vista. Penso che il modo migliore sia fare un passo indietro, cominciando dagli inizi dell’attività aeroportuale. La storia di questi impianti deve essere vista come una crescita che si svolge lentamente ma con continuità, le cui conquiste sono scandite dal progresso della tecnologia. F.B. Quindi nei suoi primi passi coincide con la storia dell'aereo e del volo in generale. P.A. Esatto. Inizialmente, inoltre, riguarda solo una piccola parte della popolazione e l'aerostazione non è altro che una specie di hangar elegante, nulla di più. A poco a poco questa attività, rivolta a un elemento tecnico, che nel frattempo si va perfezionando, cambia indirizzo e guarda ai settori da esso coinvolti: l’edificio, la viabilità. Si scopre come l’aeroporto nella città presenti numerosi problemi, specie per il limitato spazio a disposizione sul territorio, a cui corrispondono necessità opposte: le piste si moltiplicano e spesso gli scali dispongono di due piste principali, a volte tre, con estremi che giungono fino alle quattro - cinque piste parallele. Oggi, gli aeroporti maggiori dispongono di due piste, sufficienti per tutte le operazioni; le aree di attesa invece sono molto grandi e gli air terminal immensi. Tutto è organizzato razionalmente a partire dal momento in cui si giunge nell'aerostazione. L'approccio moderno infatti non riguarda solo il momento del decollo, che è lo scopo ultimo, ma tiene conto di tutte le fasi che lo precedono; quindi le vie di accesso e la distribuzione degli spazi in rapporto alle operada un intreccio di scale mobili che collegano i parcheggi ai check-in e ai gates d’imbarco. (Foto di Paul Maurer) 3 PA U L A N D R E U INTERVISTA Pianta dell’aeroporto di Roissy con indicati, a est del terminal 2, la stazione dei treni veloci TGV/RER e il nuovo KINEO 1/93 PAUL MAURER zioni d’imbarco. Il percorso si sviluppa secondo punti precisi e deve avere un modello ideale a cui rifarsi. Come in tutte le attività questi modelli passano anch’essi attraverso delle tappe: più si è nella fase del passaggio dall’attività al commercio più cambiano i modelli di riferimento. Per intenderci, la messa a fuoco di queste strutture può essere paragonata allo sviluppo di un motore a scoppio: inizialmente si modifica spesso, mentre in seguito si procede attraverso piccoli progressi. F.B. Quando si sviluppa il concetto moderno di aeroporto? P.A. Indicativamente negli anni precedenti la Seconda Guerra mondiale, almeno per quanto riguarda i principali impianti conosciuti, come quello di New York, o di Le Bourget a Parigi. Entrambi sono concepiti come ampi edifici, ideati proprio come una frontiera tra la città e lo spazio circostante. Il modello per tutti, la meraviglia delle meraviglie, è Tempelhof, a Berlino: un enorme campo quadrato, semicircondato dall’aerostazione, anch’essa gigantesca, e infine la città, sviluppata nell’intorno. È proprio nel periodo prima della guerra che inizia lo sviluppo dei grandi aeroporti, come Chicago e New York, e i progetti si semplificano. Nascono gli impianti di Londra, Parigi: è la seconda, importante tappa, il periodo delle grandi costruzioni. È il momento in cui opera Eero Saarinen, che ritengo essere il più grande progettista di aerostazioni del mondo. Il suo progetto più significativo, sviluppato per l’aeroporto di Washington, puntava su più terminal collegati con autobus, idea che non ebbe successo perché necessitava di tempi lunghi ed era costosa; ma si trattava di un’idea formidabile, una meraviglia architettonica. Nell’aeroporto di New York, da lui progettato, si percepisce una poesia della partenza, del viaggio, espressa io credo per la prima volta in modo chiaro e completo. F.B. Quali sono le tappe successive? P.A. Gli anni Sessanta e Settanta sono un periodo di ricerca di nuove tematiche, di aerostazioni a forma lineare, di nuovi tipi di impostazioni architettoniche. Questa specie di frontiera tra l’aria e la terra diviene più complessa, sinuosa, raccolta. Gli esempi più conosciuti sono Kansas City, articolato su una costruzione molto stretta (larga solo 38 metri), e Houston, il primo, se ricordo bene, con un edificio circondato da auto e strade da cui si accede agli aerei tramite ponti. In certo senso è il prototipo di Roissy 1. Vi è quindi uno sviluppo straordinario delle tipologie. Poi subentra un cedimento, con modelli meno diversificati. F.B. La situazione attuale invece come si presenta? Cosa caratterizza gli aeroporti contemporanei? P.A. Oggi i grandi cambiamenti, funzionali e concettuali, sono determinati dalle dimensioni. Si è passati a una scala più grande. Non si può parlare e pensare ad altro. terminal 3. In alto, sezione, vista dall’area di parcheggio e pianta del livello arrivi (il quinto) del terminal 1. 4 PA U L A N D R E U INTERVISTA In questo senso ho detto spesso, riguardo all’impianto di Osaka, di modificare il progetto nel caso il transito giornaliero dei passeggeri divenisse molto elevato. Quando a Seul o a Hong Kong si mettono a punto progetti per trenta, cinquanta, sessanta milioni di passeggeri allora si può parlare di un nuovo tipo di strutture aeroportuali. Le aerostazioni con trasporti interni automatizzati, rappresentano infatti il tema dominante per i progetti della nuova generazione: con l'aumento delle dimensioni i collegamenti interni diventano sempre più complicati e devono essere quindi semplificati e velocizzati. F.B. Quali sono gli elementi che hanno portato a un'evoluzione di questo tipo, per dimensioni e non più per tipologie? P.A. Ci sono stati due momenti di notevole sviluppo nella distribuzione e nella logica dei trasporti interni: l'apparizione dei primi reattori, come il Boeing 767, che ha portato a un notevole aumento di traffico, e l’avvento del Boeing 747, dal quale deriva una vera e propria rivoluzione: il doppio dei passeggeri rispetto a quanto si gestiva normalmente. Ricordo che per Orly significava moltiplicare tutte le cifre per due, costringendo a pensare a gruppi compatti di persone e rinunciare a un certo tipo di contatto tra i passeggeri e il personale; inoltre era necessaria una circolazione più larga e un sistema informativo preciso e affidabile. Quello che è cambiato molto, poi, è la segmentazione del mercato, la creazione di diverse categorie di voli con rispettive facilitazioni o servizi: prima classe, business class, turistica. Ma sono soprattutto i gruppi il problema per l’architetto, perché non sono fluidi, richiedono un controllo specifico e una dilatazione della circolazione. Oggi abbiamo un'ampia gamma di possibilità da tenere presente e ogni volo è un evento a sé stante: si moltiplicano i casi particolari e questo deve essere ben presente nella progettazione. F.B. Quali sono gli elementi più importanti che vanno considerati quando si affronta il progetto di un'aerostazione? P.A. Non esiste una parte principale. Ci sono piuttosto diversi modi di vedere l'aeroporto. Da un punto di vista razionale è un luogo di scambio: riunisce uomini che, provenienti da diverse parti con mezzi diversi, si recano in altri luoghi tramite un aereo. La sua funzione è in sostanza quella di indirizzare e spostare masse di persone. Se lo considera come un problema meccanico bisogna dare delle risposte soddisfacenti e valutare l’impianto nella sua globalità. Amministrare un aeroporto significa tener conto e organizzare le diverse richieste da parte dell’utente, perché ci sono persone che arrivano a piedi, in auto, in treno; sono con o senza i bagagli; devono raggiungere aree differenti. Significa quindi garantire il funzionamento interno e la corretta gestione dell’informazione, tenendo conto di tutte le varianti, attraverso segnali, percorsi, mezzi di trasporto. Particolare del modulo D del terminal 2 di Roissy e, in alto a destra, pianta del quarto livello del terminal 1, dove si aprono KINEO 1/93 i percorsi che, passando sotto l’area di parcheggio, conducono ai ponti d’imbarco. 5 PA U L A N D R E U INTERVISTA Infine, quando si guarda all'aeroporto da un punto di vista emozionale lo si vede come un elemento di passaggio, come il ponte nell’antichità; un luogo di trasformazione. Questo concetto non è mai cambiato; volare, infatti, è sempre stato un sogno: con l’aereo ha trovato una sua realizzazione, ma in maniera artificiale, rimanendo comunque un “sogno”. Si può forse dire che è il luogo dove, nella nostra società, si realizza quell’equilibrio fra aspetti culturali, affettivi, emozionali e i problemi tecnologici e meccanici: due aspetti che nel progetto devono essere sempre considerati insieme. F.B. Questa porta fra cielo e terra però si presenta spesso attraverso un parcheggio o un gigantesco svincolo autostradale, che in alcuni aeroporti moderni diventano addirittura l’unica architettura visibile per chi li raggiunge dalla città, mentre, paradossalmente, è ben diversa, più attenta e pulita, l'immagine che l'aerostazione presenta sulla pista. P.A. Sulla funzionalità dei parcheggi si possono avere pareri differenti. A Roissy 1 ho deciso di far capire chiaramente che si trattava di un parcheggio, senza rivestirlo di altri significati. Altri scelgono la strada opposta, come ha fatto Norman Foster a Londra, che ha voluto privilegiare le zone a verde nascondendo le infrastrutture. Se ben costruito un parcheggio può avere una valenza positiva. È deprimente vedere parcheggi a perdita d’occhio che diventano il fulcro dell’intera struttura, come succede nei centri commerciali. Sono una parte importante, non vanno né sottovalutati né sovrastimati, ma considerati come uno degli elementi strutturali, quindi da non mettere in discussione, e come tali devono assolvere la loro funzione nel migliore dei modi. Anche un parcheggio può essere poetico se Schemi funzionali sviluppati da Paul Andreu per l’aeroporto del Kansaï, a Osaka. In alto, semisezione del KINEO 1/93 si ha il tempo di disegnare le strade, se non si scinde il lavoro dell’architetto da quello dell’ingegnere (intendendo con ciò le componenti di forma, funzione e struttura. Le vie di accesso sono importanti perché portano alla scoperta dell’aeroporto, lo presentano. E’ negativo riscontrare come architetti e ingegneri lavorino spesso in modo indipendente, quando le infrastrutture viarie e per la sosta sono di fatto l’approccio moderno a questi impianti. F.B. Fra i progetti che ha realizzato quale ritiene esprima nel modo migliore le sue idee? P.A. Non saprei dire con precisione; posso indicare ciò che ritengo siano le tappe più importanti della mia storia progettuale: innanzitutto Roissy 1, poi Roissy 2 e infine il nuovo scalo di Osaka. Quello che mi interessa più di ogni altro è, in particolare, Roissy 2, specie per come si mostra in grado di resistere nel tempo, in quanto sistema aperto, pianificato, organizzato e dotato di una concezione elastica che gli permette di superare imprevisti e difficoltà, qualunque sia la sua effettiva durata e la crescita. L'impostazione di Roissy 2 è molto simile a un modello urbano semplificato, che risponde indirettamente alla necessità della città contemporanea di avere una pianificazione aperta. Mi interessa anche l’evoluzione di ciascuno dei moduli viari di Roissy: vedere come possono mantenere la struttura originaria o trasformarsi per fare posto alla nuova stazione di interscambio dei treni rapidi TGV e RER. Soprattutto come possono adattarsi alle esigenze della costruzione, rimanendo fedeli al modello originale: la capacità di esprimere continuità e variazioni a un tempo. Questa è l’idea che ho voluto sviluppare: i terminal di Roissy, pur avendo un tema comune, si sviluppano su partiture diverse, quasi a scandire le tappe tra il principio e la fine della costruzione. Così il terminal di Roissy 3 ricorderà certamente Roissy 2, dal quale però si differenzierà sia nelle forme che nei particolari. Fabrizio Bonomo terminal 3 di Roissy e prospetto di una delle quattro penisole vetrate che si aprono sull’area di parcheggio. 6 PA U L A N D R E U Vista del modello del termila 3 di Roissy, con la vicina stazione ferroviaria e sullo sfondo i quattro KINEO 3/93 modelli del terminal 2. In alto, sezione longitudina le della stazione. 7 INTERVISTA