Polimeri semi-sintetici I primi polimeri artificiali
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Polimeri semi-sintetici I primi polimeri artificiali
Polimeri semi-sintetici I primi polimeri artificiali sono stati prodotti tra la fine del IX secolo e l’inizio del XX secolo; trattando chimicamente i polimeri naturali per modificare le loro proprietà, con lo scopo di produrre dei prodotti fisicamente stabili e modellabili. Gomma vulcanizzata 1839 Il primo polimero naturale che l’uomo cercò di alterare chimicamente fu la gomma. Inizialmente il lattice di gomma naturale era difficile da usare. Nel 1820 Thomas Hancock, in Inghilterra, scoprì che se la gomma veniva lasciata macerare, riscaldata e mescolata con vari colori, essa poteva essere modellata in una grande varietà di prodotti impermeabili come tubi e segmenti. Ma tali articoli non risultavano molto resistenti. Nel 1839 l’americano Charles Goodyear combinando il lattice ( la gomma naturale, estratta dalla corteccia di alcune piante) con diverse percentuali di zolfo scoprì la gomma vulcanizzata. Il risultato di questa mescola era un materiale resistente ed elastico che, a differenza della gomma naturale non diventava appiccicoso con il caldo e duro con il freddo. Goodyear nonostante le difficoltà economiche, dedicò la sua vita allo studio della “gomma elastica”, dopo anni di tentativi ebbe l’intuizione di miscelare gomma e polvere di zolfo, di riscaldarli e poi raffreddarli velocemente; la sostanza derivata si mostrò elastica, impermeabile all’acqua, facilmente lavorabile e resistente. Thomas Hancock, un inglese anche lui alla ricerca di questo nuovo materiale, vide un campione della gomma di Goodyear, notò la presenza di tracce di zolfo, ripetè l’esperimento e lo brevettò nel 1843 appropriandosi della scoperta. Ebanite 1839 Anche questo materiale fu scoperto da Charles Goodyear, egli si accorse che aumentando la percentuale di zolfo nel lattice del 25-50%, e sottoponendo la mescola ad una prolungata vulcanizzazione si otteneva un materiale più rigido, scuro, lucente, molto simile all’ebano, da cui prese il nome. Colorata di rosa fu usata per le prime dentiere, Waterman la scelse per le penne stilografiche, e fu utilizzata anche per le pipe in sostituzione del legno, e come materiale isolante. Sebbene avesse talvolta un particolare odore di zolfo, era abbastanza scura da poter sostituire anche l’ambra nera nel design di gioielleria da lutto. Estratto dalla tesi di laurea “La plastica come nuovo materiale dell’arte contemporanea. Storia, proprietà chimicofisiche, degrado, conservazione e restauro, Dott.Russo, 2009. Nitrato di cellulosa 1845 Questo materiale indispensabile alla realizzazione della celluloide, fu ottenuto dallo svizzero Christian Friederich Schönbein da una miscela di cotone, acido solforico e acido nitrico. Il suo aspetto era simile all’ambra. Parkesina 1861 L’inglese Alexander Parkes partendo dal nitrato di cellulosa addizionato con oli vegetali e nafta scoprì questo materiale, che fu il primo semisintetico. La parkesina era un materiale molto versatile, poteva essere usato allo stato solido plastico o fluido, si presentava rigido come l’avorio, oppure flessibile, resistente all’acqua, colorabile, opaco, lavorabile sia per stampaggio che per compressione. Celluloide 1869 Un giovane tipografo americano, John Wesley Hyatt, aveva letto a Albany, nello stato di New York, un bando di concorso promosso dalla ditta Phelan and Collander, produttrice di palle da biliardo, nel quale si prometteva un premio di diecimila dollari a chi avesse sviluppato un materiale capace di sostituire l'avorio nella fabbricazione delle palle per biliardo, in quanto la materia prima naturale ovvero le zanne degli elefanti stava scarseggiando. A partire dal 1863 quindi Hyatt si buttò a capofitto nella ricerca dell' "avorio artificiale" o comunque di un qualsiasi nuovo materiale capace di soddisfare le richieste delle industrie. Ebbe successo intorno al 1869 con un composto a base appunto di nitrato di cellulosa, proprio come era accaduto a Parkes poco tempo prima. Nasceva così la Celluloide materiale termoplastico facilmente lavorabile ma molto infiammabile. Il brevetto fu depositato il 12 luglio 1870. La prima fabbrica della nuova materia plastica artificiale si chiamò Albany Dental Plate Company e fu fondata nel 1870. Il suo nome si spiega col fatto che uno dei primissimi impieghi della Celluloide fu sperimentato dai dentisti, felici di sostituire con essa la gomma vulcanizzata, allora molto costosa, usata per ottenere le impronte dentarie. Due anni più tardi la Dental Plate Company si trasformò in Celluloid Manufacturing Company con uno stabilimento a Newark, nel New Jersey. É questa la prima volta - 1872 - che compare il termine Celluloide (derivato chiaramente da cellulosa), marchio depositato destinato ad avere molta Estratto dalla tesi di laurea “La plastica come nuovo materiale dell’arte contemporanea. Storia, proprietà chimicofisiche, degrado, conservazione e restauro, Dott.Russo, 2009. fortuna negli anni successivi così da diventare un nome comune per designare, in generale, le materie plastiche a base di cellulosa e non soltanto quelle. Nonostante il grosso svantaggio dell’infiammabilità, in seguito fu utilizzata per la realizzazione delle pellicole fotografiche, una vera rivoluzione che rese possibile anche la nascita della cinematografia. Né Walt Disney né Hitchcock sarebbero mai esistiti senza le pellicole al nitrato di cellulosa, un’evoluzione delle lastre bagnate di collodio e della prima pellicola Eastman trasparente brevettata nel 1889. Il problema dell’infiammabilità della celluloide fu risolto trattando il cotone di cellulosa con anidride acetica anziché con acido nitrico, si ottenne così l’acetato di cellulosa l’unico termoplastico chiaro e colorato adatto a sagomare articoli in plastica di vasto consumo, quali spazzolini da denti e montature per occhiali. Galatite 1897 Nome commerciale della caseina formaldeide, un materiale altamente igroscopico molto simile al corno, infatti fu chiamata anche “corno artificiale”, fu brevettata da Spitteler. Estratto dalla tesi di laurea “La plastica come nuovo materiale dell’arte contemporanea. Storia, proprietà chimicofisiche, degrado, conservazione e restauro, Dott.Russo, 2009.