Conoscere_ed_amare_l`Eucaristia
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Conoscere_ed_amare_l`Eucaristia
Gioacchino Ventimiglia Conoscere ed amare l’Eucaristia 2 Introduzione Se proviamo ad immaginare qualche aggettivo, per descrivere i sentimenti che prova un fedele devoto verso il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia, rimaniamo tutti senza parole, perché è difficile trovare una parola adeguata, così come è difficile parlare dell’Eucaristia senza provare interiormente una sensazione di inadeguatezza verso un mistero che è troppo grande per noi per poterlo comprendere. Tutto quello che possiamo fare, per parte nostra, è accostarci al Mistero con profonda e rispettosa umiltà, chiedendo la Grazia di comprendere quanto ci basta per poter amare il mistero Eucaristico con tutte le nostre profondità spirituali e di essere aiutati a parlarne quanto basta per diffondere e promuovere l’amore e la devozione verso il SS.mo Sacramento dell’Eucaristia, perché se è vero che non si può conoscere ciò che è bello e buono, senza conseguentemente amarlo e desiderarlo, è anche vero che è umanamente impossibile amare ciò che non si conosce o si conosce poco. Mi sono allora profuso in uno sforzo, teso ad approfondire, per quanto possibile, il Mistero Eucaristico, alla luce della vasta letteratura che la Chiesa ci mette disposizione, a partire dalle Sacre scritture, e poi, a seguire, le Encicliche Papali sull’argomento e poi ancora le testimonianze dei Santi devoti dell’Eucaristia. Il risultato di questo lavoro è approdato alla stesura di un opuscoletto, utilizzato in una serie di incontri di meditazione sul tema dell’Eucaristia, all’interno di un programma formativo sull’argomento.. Si propone all’attenzione la lettura di questo opuscolo come semplice ed umile strumento per meditare sulle ricchezze del Divino Sacramento Eucaristico del Corpo e Sangue del Signore, al fine anche di accrescere nel cuore dei fedeli l’amore e la devozione verso di Esso. L’autore 3 4 Che cosa è l’eucaristia ? E’ una domanda difficilissima alla quale rispondere. Di primo acchito sembrerebbe facile, ma le risposte che noi possiamo dare a questo quesito affrontano solo in superficie il merito della questione : in realtà l’Eucaristia è il Grande Mistero di Dio.Ogni risposta che noi possiamo dare a questa domanda è una libera interpretazione del pensiero di Dio, che può avvicinarsi alla verità, la quale ci sarà nota in tutto il suo splendore soltanto quando abbandoneremo il mondo materiale e ritorneremo a Dio, a cui apparteniamo e da cui proveniamo. Siamo certi di dire tutta la verità se affermiamo che la Santissima Eucaristia è la cura, lo strumento, la medicina più importante che Gesù ci ha lasciato per la nostra santificazione e dunque per la nostra salvezza, e quindi essa è il segno più grande ed evidente dell’amore di Dio per l’umanità, dopo il dono di Gesù ed il suo olocausto sulla croce. Essa è un Sacramento, cioè un segno invisibile della Grazia Divina, ma a differenza degli altri Sacramenti, l’Eucaristia è Dio stesso che si dona a noi per mezzo del Signore Gesù, e non semplicemente il tocco della Grazia 5 Divina: per questo l’Eucaristia è il maggiore ed il più importante dei sette Sacramenti. Molte sono le domande che ci porremo in questo anno di Grazia che il Signore ci concede, illuminando ed aprendo le nostre menti, affinchè, con una più approfondita conoscenza del “Sacramento dell’Amore”, possiamo amarlo più profondamente, ed amandolo in pienezza, possiamo testimoniare agli altri la nostra devozione verso l’Eucaristia e diventare Apostoli dell’Amore Eucaristico di Gesù per tutti gli uomini. A tutte queste domande cercheremo di rispondere scendendo nelle profondità del mistero eucaristico, utilizzando ogni mezzo, dalla Sacra scrittura, al pensiero ed alla testimonianza dei Santi, in modo particolare i dottori della Chiesa ed i Santi il cui carisma è stato amare ed adorare la presenza di Gesù, nostro Signore, nella particella di pane azzimo e nel calice di vino consacrati. Eviteremo di ripetere le nozioni di base su questo Sacramento, perché diamo per scontato che ciascuno di noi le possiede, e quando lo faremo, ciò servirà come base per approfondire i concetti e per salire ad un livello di maggiore profondità ed altezza conoscitiva. In questa trattazione non servirà una grande intelligenza per capire, né spremere le meningi, bensì aprire il cuore alla comprensione del Grande Mistero, perché questo è l’unico modo per capire: l’Eucaristia si conosce e si comprende con il cuore, non con la mente; per queste ragioni il Mistero è svelato da Dio soltanto ai piccoli. Il Signore non diede molte spiegazioni agli Apostoli, ma non lo fece per non dare loro molta confidenza, come diciamo a volte noi, bensì non lo fece perché non erano ancora pronti a ricevere una spiegazione; se Gesù lo avesse fatto loro non avrebbero capito. Nella notte in cui fù tradito Gesù compì dei gesti, pronunciando delle parole misteriose, raccomandando soltanto che essi facessero come Egli stava loro insegnando, cioè gli stessi gesti e le stesse parole, in memoria di Lui. Gli Apostoli non compresero quel che Gesù stava facendo, anzi si scandalizzarono sentendo le parole “questo è il mio corpo…….e questo è il mio sangue, mangiatene e bevetene tutti”, e si interrogarono su quel che stava accadendo, ma prevalse la fiducia nel loro Signore e soprattutto l’amore, sicchè mangiarono quel pane e bevvero quel vino, che Gesù loro offrì, come Suo Corpo e Suo Sangue. 6 Capite che l’amore e la fiducia verso Gesù sono i sentimenti che animarono le prime comunioni Eucaristiche della storia cristiana, da parte degli apostoli.Ma, se ci soffermiamo un attimo a riflettere, ammetteremo che amore e fiducia verso Dio sono i sentimenti che animano la Fede della Chiesa, e che quindi la Fede della Chiesa, cioè la Chiesa stessa, è costruita su due pilastri fondamentali: l’amore e la fiducia verso Dio, che amiamo e conosciamo nella Santissima Persona di Gesù Cristo, Signore nostro. Vedete come tutto parte dall’Eucaristia, che è il punto di partenza della vita cristiana, ma vedremo meglio, dopo, che Essa è anche il punto di arrivo, cioè il culmine della vita cristiana stessa.Essa è come un cerchio, da essa partiamo e ad essa tendiamo. L’Eucaristia è anche il cuore della Chiesa, ed i suoi polmoni; senza questo cuore non c’è vita e senza questi polmoni non si respira la Grazia Divina. E’ impossibile una vita cristiana senza Eucaristia: è una illusione sterile, quella di tanti cristiani, di poter vivere la fede astenendosi dalla Confessione e dalla Santa Comunione ; per questa illusoria convinzione molti non progrediscono nella loro vita spirituale, rimanendo ancorati ai loro difetti, di cui non riescono a liberarsi, come una nave incagliata in una secca, e anzi regrediscono divenendo peggiori e scandalo per coloro che non credono. L’Eucaristia è come la pioggia, senza di essa il terreno inaridisce e non produce frutti. Non si acquistano le virtù cristiane senza l’Eucaristia, ed in breve tempo le anime che se ne privano si inaridiscono e diventano permeabili ai vizi e prossime ad una facile perdita della fede e delle altre virtù teologali, in modo particolare la speranza, sotto i colpi delle insidie sataniche, e delle tentazioni del mondo e dei nostri peggiori istinti, che sono i nostri più temibili nemici. Al contrario, le anime che si cibano frequentemente e degnamente dell’Eucaristia sono come piante bagnate dalla rugiada e come fiori profumati, che si aprono sotto i raggi del sole, o piuttosto come alberi di frutta pingui e sovrabbondanti. Non a caso il Signore Gesù ha usato l’allegoria della vite e dei tralci: noi siamo tralci della vite sinchè siamo parte della vigna e riceviamo la linfa vitale dalla pianta, che ci consente di portare frutto; ma nel momento in 7 cui non riceviamo più la linfa vitale i tralci si seccano e diventano legna inutile, da tagliare e bruciare. La vite è il Signore Gesù, i tralci siamo noi, la linfa è la Grazia Divina veicolata dai Sacramenti tutti, ma in modo particolare dall’Eucaristia, i frutti sono le nostre buone opere ed in particolare i nostri progressi spirituali, di cui le nostre azioni sono la conseguenza naturale; la potatura è l’azione della Divina Provvidenza, che mette a frutto tutti gli eventi della nostra vita, al fine della nostra santificazione, persino i nostri errori, persino i nostri peccati (“Tutto concorre al bene di coloro che il Signore ama” S.Paolo) ; i tralci tagliati simboleggiano la fine irreversibile della vita di Grazia, che il rifiuto dell’Amore Divino e dei suoi precetti ci procura, se siamo ostinati sino al momento della morte ; il fuoco è il destino dell’eterna separazione da Dio, nostro unico e sommo bene, questo è l’inferno: per evitare che la nostra vita si concluda con un dramma, con una tragedia senza fine, non c’è che un solo rimedio : amare l’Eucaristia, nutrirci frequentemente di questo Santo Ciborio, adorare la presenza Eucaristica di Gesù nel mondo, ed infine vivere l’Eucaristia, che è la cosa più difficile da fare, perché significa testimoniare la presenza eucaristica in noi, e comportarci come Gesù si comporta con noi. Egli infatti divenuto olocausto per i nostri peccati, volontariamente, ha offerto la sua vita per noi e dopo aver fatto questo si è fatto cibo per noi, come una mamma farebbe, non avendo altro da dare ai suoi piccoli. L’esempio del Pellicano, che ha fatto si che S.Tommaso D’Aquino paragonasse il Cristo a questo volatile, è perfetto: infatti mamma Pellicano, non trovando cibo per i suoi piccoli, si ferisce il petto con il becco e procura di somministrare il suo stesso corpo ed il suo sangue ai suoi pulcini, felice di farlo, perché sa che così vivranno e non morranno. La stessa cosa siamo chiamati a fare noi nell’imitazione di Cristo Signore. Noi diventiamo cibo per il nostro prossimo quando siamo capaci di donarci, che vuol dire offrire il nostro aiuto ed il nostro soccorso senza chiedere nulla in cambio; siamo cibo anche quando perdoniamo, amiamo, condividiamo quel che abbiamo, nel poco e nel molto, non solo a livello materiale, ma anche quando mettiamo a disposizione i nostri talenti, quando comprendiamo, siamo solidali,quando non giudichiamo, cioè rinunciamo al disprezzo delle miserie altrui, rinunciamo ai nostri egoismi, quando smettiamo di considerarci migliori degli altri; quando facciamo 8 questo l’eucaristia diventa proficua per noi. C’è come una reciprocità, Essa agisce tanto più in noi quanto più noi siamo decisi ed efficaci nell’amare e quindi nel donarci al nostro prossimo. Come dire che questo cibo è profittevole per noi quanto più il cibo che noi diamo agli altri e profittevole verso di loro. Dio ci nutre proteggendoci ed avvolgendoci nella sua Grazia con l’Eucaristia, chiedendo in cambio a noi di fare altrettanto con il nostro prossimo, avvolgendo e proteggendo il nostro prossimo, con il nostro amore, con la nostra solidarietà, con la nostra comprensione. Il Progetto di Dio, sin dalla creazione del mondo, è una spirale di amore, che cresce sempre di più, avvolgendo il mondo e tutte le creature, non solo gli uomini. Non è un caso che S.Giovanni Evangelista, l’apostolo che più teneramente amava il Signore, chiaramente afferma nel prologo del suo Vangelo che “Dio è amore”. La storia del mondo, dall’ingresso del peccato, che con la trasgressione umana ha separato l’uomo da Dio, è una storia di odio e di violenza alimentata dal demonio, contrastata dall’amore e dalla bellezza di tanti uomini e donne, che, illuminati dalla Grazia Divina, hanno acceso la speranza in un mondo migliore, prospettando uno scenario in cui l’amore e la generosità umana possano vincere l’odio e l’egoismo umano. E’ l’eterna lotta tra il bene ed il male, cominciata in cielo con la rivolta degli angeli ribelli, che prosegue sulla terra; ed anche noi siamo chiamati a schierarci da una parte o dall’altra con Dio, oppure, non ci accada mai, contro di Lui. Con Lui mangiamo l’Eucaristia e ci facciamo mangiare dal nostro prossimo, cioè riceviamo in dono Dio e ci facciamo dono verso il nostro prossimo; senza di Lui, non riconosciamo l’Eucaristia, e mangiamo, anzi divoriamo il nostro prossimo; l’indurimento del nostro cuore, che la lontananza dall’Eucaristia determina in noi, produce avversione verso gli altri, avversione verso la diversità di pensiero, di gusti, produce intolleranza ed il pensare che ogni uomo ci è nemico ed ostacolo per la nostra serenità e felicità. Tutte le volte che noi distruggiamo la reputazione altrui, tutte le volte che calpestiamo i diritti altrui, tutte le volte che chiudiamo gli occhi ai bisogni altrui, e potendo aiutare decidiamo di non farlo, tutte le volte che ridiamo sul pianto altrui e piangiamo del loro sorriso e della loro gioia, 9 tutte le volte che non apriamo a chi bussa alla nostra porta, o bussiamo alla porta altrui per insidiare la loro casa, tutte le volte che il nostro agire procura la rovina del nostro prossimo, tutte le volte che profittiamo a nostro vantaggio delle disgrazie altrui, essendone noi la causa, noi divoriamo il nostro prossimo e voltiamo le spalle a Dio; è come se gli dicessimo “non me ne importa nulla di Te, non so che farmene di Te”: ” io sono Dio a me stesso, il mio pensiero è la mia legge, le mie brame i miei comandamenti”. L’Eucaristia è dunque la comunione vera e reale, non solo spirituale, dell’uomo con Dio mentre è sulla terra, e si realizza sinchè Egli tende a Dio con le intenzioni e con i comportamenti, salvo le cadute che il Signore perdona sempre, purchè ci sia sincero pentimento ed il proposito di evitare le mancanze future.Ma c’è anche una anti-eucaristia ed è la separazione sistematica da Dio di uomini e donne, che scelgono di ribellarsi al Signore e che quotidianamente mangiano e bevono odio, invidia del bene altrui, tessono la tela della trama in danno degli altri, spargono il seme della maldicenza, respirano menzogna, dimorano nel fango della falsità, ingrassano nei vizi e nelle dissipazioni a dispetto dell’altrui pianto, si fanno scudo delle loro fortune, usando il potere loro dato per prevaricare le persone loro sottoposte. L’antieucaristia esiste realmente non è un’invenzione: essa è la presenza quotidiana e reale degli spiriti maligni, che dimorano nel cuore umano, possedendolo e spingendolo costantemente al male, ad un grado maggiore di separazione da Dio, rinnovando ogni giorno la loro azione malefica, seminando veleni ed odio, allo stesso modo in cui il Signore Gesù, quotidianamente, nei cuori che a Lui si donano nell’unione eucaristica giornaliera, riversa nuove grazie, aumentando la partecipazione delle anime, in grado, alla vita Divina. L’Eucaristia per noi è vita, è il nostro aggrapparci a Dio per mezzo dell’unione reale a Gesù, non è un accessorio della vita cristiana, è indispensabile alla salute dell’anima ed al suo progresso spirituale nella seria decisione per Dio. Chi mangia e beve l’Eucaristia non vive più per se stesso, ma diventa proprietà esclusiva di Dio, per mezzo dell’appartenenza a Gesù Signore. Ed ancora, chi mangia degnamente l’Eucaristia partecipa già sulla terra alla comunione dei Santi, è già in Paradiso senza saperlo, partecipa già 10 della vita beata ed eterna senza accorgersene; ma i Santi se ne accorgevano, vivendo nella gioia, anche se nelle sofferenze fisiche e nelle tribolazioni. Le parole di Gesù: “Chi mangia di Me vive per Me”. Ed ancora:”Chi mangia il Mio Corpo e beve il Mio Sangue ha la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Dunque amiamo e facciamo amare l’Eucaristia, come il più grande dono che Dio ha fatto all’umanità. Meditiamo frequentemente queste cose, soprattutto quando ci accostiamo all’altare per ricevere questo Grande Sacramento.Gesù ama che i suoi fratelli e le sue sorelle siano consapevoli di ciò che ricevono nella Comunione Eucaristica e che questa consapevolezza produca una riverenza ed un ringraziamento adeguati al Dono ricevuto. 11 12 Perché l’Eucaristia? Nel primo capitolo abbiamo cercato di approfondire, per quanto ci è possibile, il mistero eucaristico, cercando di rispondere alle numerose domande che ci poniamo nell’approccio conoscitivo a questo mirabile sacramento. In questo secondo capitolo cercheremo di approcciare il mistero eucaristico nel suo “perché”, con l’umiltà che ci deve sempre accompagnare nella nostra ricerca. In fondo Dio ci ha creato per conoscerLo, ed allora il nostro sforzo conoscitivo è benedetto, purchè sia accompagnato dall’umiltà e si compia con amore e per amore. L’Eucaristia è una realtà stigmatizzata dalle parole stesse del Signore Gesù (“Questo è il Mio Corpo”), ma è al tempo stesso un coacervo di misteri e di evidenti richiami simbolici, che si rifanno alle parole del Maestro, pronunciate anche in altre occasioni (“Chi mangia di Me vive per Me”), (“Chi mangia il Mio Corpo ha la vita eterna”), (“Io sono il Pane vivo disceso dal Cielo”); nello stesso tempo l’Eucaristia richiama, in modo illuminante, il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, sia perché un solo pane è dato per le moltitudini, sia perché, come nella montagna 13 delle beatitudini, questo pane è ristoro per i viandanti e viatico per recuperare le forze e proseguire il cammino, sia perché, come nella montagna delle beatitudini, dove chi ascoltò il discorso del Signore si infervorò e divenne suo discepolo, forma e plasma il popolo dei Cristiani, che vive di Gesù Cristo e per Gesù Cristo. Che dire, a me pare evidente cogliere in quel Pane, e nelle parole del Maestro, che oltre 2000 anni fa lo consacrò con le Sue mirabili parole “Questo è il mio Corpo”, non solo le Parole di verità con le quali la Sua onnipotenza divina creò il mistero del Suo Corpo e del Suo Sangue, come cibo e bevanda salutari per i Suoi fratelli e le Sue sorelle, ma soprattutto il mistero del Suo Corpo Mistico, che è Suo perché a Lui appartiene, di cui Lui è il Capo e noi le membra o piuttosto le cellule, se lo vogliamo, se ci nutriamo di Lui, se camminiamo con Lui, se viviamo di Lui e per Lui. In altre parole, ritengo che l’Eucaristia stigmatizzi e racchiuda il mistero del Corpo Mistico, che è la Chiesa di Cristo, che mangia un solo Pane indivisibile e per questo diventa un solo Corpo, il Corpo del Signore, al quale i Cristiani prestano le loro membra, affinchè il Signore viva in loro ed edifichi, per mezzo di loro e le loro opere, il Regno di Dio e le opere di Dio.Nelle parole del Signore “Chi mangia di Me vive per Me” è evidente che l’Eucaristia è una scelta di vita precisa e significante, per mezzo della quale il Buon Pastore crea e ricrea continuamente il recinto delle Sue pecorelle; mangiando di Lui siamo obbligati e ci obblighiamo, perché non siamo forzati a farlo, nessuno ci costringe, a vivere per Gesù, a compiere le Sue opere, ad eseguire i suoi comandi e le sue prescrizioni, altrimenti il nostro banchetto è sacrilego, e compiamo nell’accostarci alla santa cena del Signore un gesto che è lontano dalla nostra effettiva volontà, contrastante con la sua natura di consacrazione piena e totale alla Signoria di Gesù Cristo Figlio e Sapienza incarnata dell’Altissimo. Dio ci ha creato per la Comunione con Lui in Cielo, beatitudine che è preceduta da un esilio dell’uomo sulla terra, nella quale è apprestato un ausilio affinchè, anche sulla terra, l’uomo che vuole possa rimanere in comunione con Dio e compiere nella sua vita le opere di Dio: lo strumento per mezzo del quale si realizza questa comunione è l’Eucaristia. Nell’Eucaristia e attraverso l’Eucaristia noi abbiamo l’Emmanuele, cioè il Dio con noi, e siamo il Popolo di Dio. 14 L’Eucaristia è si definita dalla teologia primariamente “actio”, cioè azione misterica, ma è anche “sacramentum permanens”, cioè presenza reale del Signore, che continua a sussistere anche fuori della celebrazione Eucaristica. Questa presenza si realizza nel tabernacolo, dove Gesù è presente sempre intero, cioè nella dualità delle Sue Nature Divina ed Umana, prigioniero volontariamente per amore, unica autorità sulla terra disponibile a ricevere in udienza chiunque abbia bisogno senza appuntamento, ma anche unica autorità disprezzata e vilipesa dai tanti che non lo amano, lo offendono, lo insultano, lo odiano e non lo riconoscono; ma soprattutto offesa dai tanti cristiani di anagrafe che, pur riconoscendo la presenza del Signore nel Tabernacolo, vengono meno ai loro doveri verso di Lui, soprattutto ai doveri di rispetto e di ossequio. Nel mangiare l’Eucaristia noi comunichiamo al Corpo e Sangue del Signore, il quale ci assimila a se, ci trasforma in se (gradualmente e secondo le disposizioni della Grazia e le nostre disposizioni ed inclinazioni), se ci rendiamo duttili e disponibili al lavoro che il Signore compie dentro di noi; in sostanza l’Eucaristia diventa virtù del nostro corpo e del nostro spirito, nella misura in cui noi collaboriamo all’azione che la Grazia compie dentro di noi. Ciò non vuol dire che è nostro il merito della trasformazione in Cristo (Cristificazione), che in noi opera l’Eucaristia (progressivamente), ma che piuttosto è nostro il solo merito della collaborazione, che consiste nella eliminazione degli impedimenti all’azione della Grazia che, per mezzo dell’Eucaristia, opera in noi, primo impedimento tra tutti gli affetti al peccato, ma anche l’eliminazione dei vizi e delle cattive nostre inclinazioni, la lotta ai nostri difetti caratteriali ed ai nostri atavici egoismi ed egocentrismi, che ci allontanano dalla carità e dalle virtù. Ma nell’Eucaristia ed attraverso di Essa noi diveniamo partecipi della vita eterna, secondo le parole di verità del Signore (“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna……”). Il Signore non ha detto “avrà”, bensi “ha”, ciò stà a significare che i Cristiani, che si accostano all’Eucaristia degnamente, partecipano della vita eterna nel Corpo Mistico del Signore, che è comunione perfetta e stabile della Chiesa trionfante e purgante con il Signore, e perfetta, sebbene instabile e discontinua, della Chiesa militante che è sulla terra, la 15 quale continuamente cade, a causa del peccato, e si rialza per mezzo dei Sacramenti. Questa comunione spirituale, di cui ci sfugge la percezione, è sempre presente nei cristiani che si trovano nello stato di Grazia, ma raggiunge l’apice e la sua massima espressione nella celebrazione eucaristica, durante la quale il Paradiso, il Purgatorio e la Chiesa terrena militante divengono realmente una cosa sola, cioè quell’unico corpo che desidera quel solo Pane (Il Pane del Cielo). Questa realtà misteriosa ed invisibile del Corpo mistico di Cristo, che sempre è unito al Padre ed allo Spirito, quindi sempre nella comunione Trinitaria, prende consistenza per ciascun cristiano nella Comunione Eucaristica, fatta degnamente o il meno indegnamente possibile: cioè ogni qualvolta ci accostiamo all’Eucaristia, con l’amore e la devozione che devono accompagnarci sempre in questa circostanza, riceviamo il Signore nella nostra anima, il quale si fonde in noi e ci plasma trasformandoci in Lui e comunicandoci a tutto il Suo Corpo Mistico, cioè unendoci in modo a noi misterioso, cioè non comprensibile, al Paradiso, al Purgatorio ed a tutti i cristiani che costituiscono la comunità dei battezzati nel mondo, cioè La Chiesa terrena e militante. Se si riflettesse maggiormente su queste cose, se si pensasse con maggiore riflessione e profondità a quale privilegio i cristiani sono chiamati nel cibarsi dell’Eucaristia, le Chiese traboccherebbero di presenze alla S.Messa, al punto di non riuscire ad entrarvi. 16 L’Eucaristia come ? L’Eucaristia è il Sacramento in cui è presente Gesù stesso in carne, sangue, anima, Divinità ed umanità, ed attraverso l’Eucaristia si realizza la comunione di Gesù con noi, cioè la “comune unione” intima e totale tra il nostro essere e la Sua persona Divina. E’ condizione, per accedere ai sacramenti, ed a maggior ragione a questo Speciale sacramento, il riconoscere che Gesù è il Signore ed il Redentore, ed accettare la salvezza che Egli ci offre.La salvezza di Dio è offerta all’uomo e non imposta, e prescrive, affinchè possa operare, la conversione del cuore, cioè l’abbandono delle vie del peccato, e la condivisione del Vangelo come unica vera Legge da osservare, che deve regolare tutta la nostra esistenza terrena.In conseguenza di ciò l’uomo deve abbandonare le strade della malizia e vivere con purezza di cuore la propria vita, in costante comunione con Dio. Realizzandosi queste condizioni, ugualmente l’uomo cade nel peccato, per la fragilità della sua natura e per l’azione del mondo, del maligno e per la sua stessa concupiscenza, che lo spinge verso il male; ma subito dopo aver peccato Dio lo rialza, riammettendolo alla Sua presenza e restituendogli la dignità di Figlio, attraverso il sacramento della Confessione e per mezzo del suo pentimento ed il proposito di emendarsi per il futuro. Il fedele, dunque, può accostarsi tranquillamente e con fiducia all’Eucaristia, a condizione che sia seriamente impegnato, nel cammino della sua conversione personale nella fede del Signore Gesù Cristo, e che 17 sia in stato di Grazia, cioè non deve aver commesso peccati mortali ; nel caso li avesse commessi, deve far precedere la Comunione da una buona confessione.San Paolo dice che chi mangia e beve il corpo ed il sangue del Signore indegnamente, cioè in stato di colpa grave, mangia e beve la propria condanna ed è reo del corpo e del sangue del Signore. Perché questo ? Chi si accosta in stato di peccato mortale al sacramento eucaristico, in totale consapevolezza di questo beninteso, compie un grave atto di irriverenza verso il Signore, che è la Santità stessa, offendendo la Maestà di Dio e rendendosi colpevole di un gravissimo peccato, che è il sacrilegio, cioè l’uso futile ed inutile della grazia divina; chi fa questo, inoltre, irride l’olocausto della Seconda Persona della Santissima Trinità e rende inutile per se stesso il sacrificio della Croce; offende, inoltre, gravemente la volontà di Dio, che è quella che tutti gli uomini accolgano e rendano fruttuosa la salvezza, da Lui offerta all’umanità per mezzo del sacrificio del Suo Figlio unigenito. Per queste ragioni chi si accosta all’Eucaristia in stato di colpa grave è reo del corpo e del sangue di Cristo, cioè è responsabile di un olocausto vittimale inutile, perché i frutti di quel sacrificio sono applicabili alle condizioni che abbiamo visto prima. Possiamo dunque accostarci all’eucaristia solo se siamo in stato di Grazia.I peccati veniali non fanno perdere lo stato di Grazia, ma solo i mortali.Il peccato, in generale, è un atto contrario alla carità, caratterizzato dalla volontà, dalla consapevolezza e da un determinato oggetto, che è la materia della colpa; perché ci sia il peccato devono realizzarsi tutte e tre le condizioni; la gravità dell’oggetto determina la gravità della colpa. Noi non sappiamo mai con certezza se siamo in stato di Grazia; l’esame di coscienza, che siamo sempre tenuti a fare quotidianamente, da buoni cristiani, non sempre ci rivela la dimensione esatta delle nostre colpe.Ci sovviene in questo, però, un grande dottore della Chiesa, San Tommaso d’Aquino, il quale nella sua,”Summa Teologica” ci suggerisce quattro situazioni, che indicano verisimilmente la sussistenza dello stato di Grazia in un’anima: 1) ascolto devoto della parola di Dio; 18 2) facilità e prontezza nel compiere le opere di carità; 3) dolore per i peccati commessi nella vita passata; 4) proponimento di non commetterne mai più. La regola è ascoltare la nostra coscienza, che ci dirà se è necessaria la confessione e nel dubbio confessarsi sempre prima di fare la comunione, se è possibile; se non è possibile confessarsi, nel dubbio se siamo in stato di colpa grave, prima di comunicarci diciamo con fiducia nella misericordia divina un atto di dolore, facendo un profondo atto di contrizione e ci confesseremo alla prima occasione che ci è possibile.Se siamo certi di essere nella colpa grave, affidiamoci comunque alla misericordia divina, chiedendo perdono delle nostre colpe, ma non comunichiamoci se non dopo esserci confessati. I peccati veniali non sono un ostacolo alla comunione eucaristica per i fedeli, ma è buona norma confessarsi ugualmente, di tanto in tanto, perché nella confessione riceviamo tante grazie utili all’avanzamento spirituale delle nostre anime nel combattimento. Per partecipare degnamente all’Eucaristia sono inoltre necessarie altre condizioni: 1) l’ascolto devoto ed attento della Santa Messa, non distratto e nemmeno passivo, perché noi siamo parte attiva nella messa, e ci offriamo insieme al Sacerdote ed a Gesù al Padre, in sacrificio, per il perdono dei peccati, per la salvezza nostra e di tutta la Chiesa, cioè di tutta l’umanità;La messa inoltre è la mensa di Dio in cui riceviamo il Verbo di Dio nelle due dimensioni, la Parola, e nell’Eucaristia, il Verbo stesso fatto carne : per questo è indispensabile, per la completezza del banchetto, assistere alla Santa Messa sin da principio. 2) La preparazione che deve avvenire con sommo raccoglimento, pensando a Chi andiamo a ricevere: Essa deve essere amata sommamente e desiderata, attesa e cercata come il dono più grande che Dio fa all’umanità. E’ conveniente compiere una preparazione in cui ci si dispone a ricevere Gesù con sentimenti di fede, di speranza, di carità, di dolore dei 19 propri peccati, di umiltà, di desiderio e di devozione interna ed esterna. L'atteggiamento del corpo (gesti, abiti) esprimerà il rispetto, la solennità, la gioia di questo momento in cui Cristo diventa nostro ospite. L’attenzione del cuore dovrà essere proporzionata al mistero che si riceve, senza dissipazioni e distrazioni, pensando al grande dono che il Signore ci fa di comunicarci a Lui vivo e vero, presente nelle specie eucaristiche. La formazione della mente, che permetterà quella coscienza sufficiente per il momento importantissimo della ricezione del Corpo e Sangue del Signore. L’ordine esteriore (la fila, le mani ben messe, un profondo inchino di fronte alla pisside in cui è contenuta l’Eucaristia, la risposta “amen”, il ritorno al proprio posto con raccoglimento) come segno del raccoglimento indispensabile. 3) Essere digiuni da un’ora, cioè i fedeli devono osservare il digiuno prescritto dalla Chiesa. Si ricorda che l'acqua e le medicine si possono prendere sempre, i malati e chi li assiste sono dispensati dal digiuno. 4) Dopo avere ricevuto l’Eucaristia è importantissimo compiere un doveroso ringraziamento, in cui si rinnovano gli atti di fede, di speranza, di carità, di adorazione, di ringraziamento, di offerta e di domanda delle grazie, che maggiormente sono necessarie per noi e per coloro per i quali vogliamo pregare. 20 L’Eucaristia quando ? La Chiesa fa obbligo ai fedeli di « partecipare alla divina liturgia della Messa la domenica e le feste comandate » e di ricevere, almeno una volta all'anno, l'Eucaristia, possibilmente nel tempo pasquale, preparati dal sacramento della Riconciliazione. La Chiesa, tuttavia, raccomanda vivamente ai fedeli di ricevere la Santa Eucaristia la domenica e i giorni festivi, o ancora più spesso, anche tutti i giorni(CCC 1389). La S. Comunione si può ricevere al massimo due volte nello stesso giorno, solo se si partecipa a due SS. Messe. Queste sono le disposizioni della Chiesa circa la somministrazione ai fedeli della S. Eucaristia.Ma è sempre stato così? Certamente no, per tanti, troppi anni, nei secoli passati, la Chiesa ha ritenuto che la Comunione frequente o quotidiana fosse un traguardo per chi avesse raggiunto apici di santità di vita. La preoccupazione della Chiesa era la naturale conseguenza della raccomandazione di San Paolo ai fedeli: ”Prima di mangiare il corpo e bere il sangue di Cristo ciascuno esamini se stesso, 21 poiché chi mangia e beve indegnamente mangia e beve la sua condanna”; e quindi tale preoccupazione, che si sostanziava nella decisione di scansare il rischio di commettere sacrilegio attraverso l’abuso di comunioni indegne, orientava la Chiesa nel suo complesso, ed i Padri spirituali, a raccomandare la comunione mensile o al massimo settimanale, dietro la più stretta sorveglianza e prescrizione dei direttori spirituali. Soltanto nel corso del secolo passato, ritengo, con un forte impulso del Concilio Vaticano II, si è arrivati al cambiamento epocale, ed oggi la Chiesa raccomanda la Comunione frequente alle anime che intendono progredire nel cammino di conversione, ritenendo, come del resto lo stesso Maestro ci ha insegnato, che Egli è venuto per i malati e non per i sani, e che il Sacramento del Suo Corpo e del Suo Sangue è vera Medicina per il corpo e per le anime che a Lui si affidano. S. Giovanni Bosco, assieme a S. Benedetto Cottolengo e a S. Giuseppe Cafasso, si dice che siano stati tra coloro che nella Chiesa hanno lavorato indefessamente per introdurre l'uso della Comunione frequente e quotidiana tra i fedeli. Al tempo di questi Santi la Comunione non era frequente e tanto meno quotidiana né tra i semplici fedeli né negli stessi Istituti religiosi e nei Seminari. La Comunione quotidiana è un'abitudine veramente santa e salutare, purchè sia fatta bene, cioè con la dovuta preparazione e con le necessarie disposizioni dell’anima. Quando la Comunione non è fatta bene siamo in presenza dell’abuso eucaristico, che diventa sacrilegio quando vi è consapevolezza di colpa grave. Tuttavia vi è un uso quotidiano della Comunione in anime non abbastanza fervorose, frutto di abitudine e di miserabile calcolo (così Dio mi aiuta e mi concede le grazie), testimoniato dall’assenza di progresso spirituale nelle vie della virtù e della santificazione. Abitudine ottima è la Comunione frequente; ma quando l'anima non si eccita al fervore, allora la Comunione diventa come una qualsiasi opera di pietà, per esempio come una Via crucis, una processione, una dimostrazione esteriore. Occorre entrare nello spirito vero della Comunione: essa è nutrimento, alimentazione dell'anima. "La mia carne è veramente cibo", ha detto Gesù. Il Signore ci ha dato due generi di alimenti, perché due sono le parti che costituiscono l'uomo, l'anima e il corpo. Abbiamo il cibo per l'anima e il cibo per il corpo. Quanto al cibo per il corpo si deve essere sempre 22 attenti alle quantità, se ne deve fare uso regolato, conveniente; quanto invece all'alimento spirituale, se vogliamo mantenerci in salute, se vogliamo crescere, è necessario che ci cibiamo con abbondanza. Nutrire il corpo per mantenere la vita fisica; e perché la vita dell'anima si conservi e cresca ci vogliono Comunioni ben fatte e frequenti. Due specie di anime han bisogno di comunicarsi frequentemente: le anime che non sono ancora perfette, perché si perfezionino; e le anime già perfette, perché si mantengano nella perfezione. Il cibo fisico, fino a una certa età, contribuisce all'aumento e cioè alla crescita del corpo; per l'anima non è così. Essa deve crescere fino a che si vive, anzi, man mano che si va avanti negli anni, il progresso spirituale deve diventare più illuminato, più fondamentalmente nutriente, più sostanzialmente santo. L'alimentazione spirituale, quindi, va continuata per arrivare al grado di santità a cui il Signore chiama un'anima. Quando l'anima passa all'eternità, allora si ferma nel suo avanzamento spirituale e vi resta per tutta l'eternità, con quella santità e quella gloria e beatitudine celeste che corrisponde ai meriti della vita presente. Se la Comunione è ben fatta porta sempre un aumento di grazia. "O sacrum Convivium, in quo Christus sumitur" è un canto tanto bello per le verità sublimi e semplici che contiene. "Mens impletur gratia et futurae gloriae nobis pignus datur".”O sacro convito in cui Cristo si fa nostro cibo, l’anima nostra è ricolma di Grazia ed a noi è dato il pegno della Gloria futura”.E’ un cantico eucaristico di San Tommaso D’Aquino, dottore della Chiesa. La Comunione è alimento. Ma che cosa deve nutrire? Deve nutrire lo spirito, la vita interiore. "Veni ut vitam habeant et abundantius habeant". E la Comunione porta la vita che è Cristo. "Io sono la vita". Ma notate: "...et abundantius habeant"? cioè ogni giorno questa vita deve crescere, e crescere fino a quel grado di gloria che si avrà in paradiso, perché il premio sarà proporzionato al grado di santità di vita con cui l'anima termina il suo pellegrinaggio terreno. 23 Alimentare lo spirito significa avere più fede, più fiducia, cioè più speranza nei meriti di Gesù Cristo, nella misericordia di Dio, e soprattutto più carità; più amore verso Dio e, per riflesso, più amore al prossimo, poiché non si può amare Dio se non si ama il prossimo. Alimentare lo spirito: le Comunioni quotidiane portano un unione con Dio sempre più intima, danno una luce spirituale sempre più chiara, conducono a una conoscenza più profonda di Dio, della sua misericordia, della sua bontà; fanno conoscere sempre meglio la bontà del Padre che ha creato l'anima; mostrano l'amore infinito del Figlio che si è incarnato e si è fatto nostro cibo: "prendete e mangiate: questo è il mio corpo"; svelano più apertamente l'azione dello Spirito Santo in noi e quindi la nostra trasformazione in Cristo. Nutrendosi nella Comunione, l'anima si irrobustisce e allora fa come Gesù che "proficiebat aetate, sapientia et gratia", cresce negli anni, nella virtù, nella sapienza celeste e nella santità. Ma perché il cibo alimenti davvero il corpo e si cambi in sangue, si richiede che trovi uno stomaco sano; la Comunione richiede buone disposizioni, disposizioni che sostanzialmente sono la fede, la speranza, la carità. A loro volta la fede, la speranza, la carità vengono alimentate dalla Comunione e così, di giorno in giorno, si va crescendo. "Puer autem crescebat aetate, sapientia et gratia". Sì, allora, fare la Comunione frequente, quando si può quotidiana, ma soprattutto farla bene! Certamente si richiede che l'anima sia in stato di grazia, perché col peccato non si può fare la Comunione, anzi dice S. Paolo: "ognuno prima faccia l'esame di coscienza, perché chi mangia questo pane e beve questo sangue in peccato, mangia e beve la sua condanna"; la morte spirituale c'è già nell'anima in peccato grave, ma viene aggravata, viene ad essere più terribile aggiungendo peccato a peccato. L'uomo ha bisogno di due alimenti, cioè della Parola di Dio, contenuta nel Vangelo e nelle altre Sacre scritture, e della Comunione. E' la Comunione che porta la forza per camminare nella virtù. Il Vangelo illumina la strada, ma la forza per percorrerla viene dalla Comunione. Quando poi l'anima si 24 comunica con fervore entra in una comunicazione intima con Dio, stabilisce un dialogo con Gesù in cui esprime tutti i suoi sentimenti e si effonde in atti di fede e di amore. Che cosa avviene allora? Avviene la crescita spirituale. Quando la Comunione sacramentale è fatta bene, con fervore, viene continuata con le Comunioni spirituali, che possono essere ripetute più volte nella giornata: l'anima si riporta per un momento a quell'intimità con Gesù che aveva stabilito al mattino. Ne viene che tutte le azioni della giornata, le parole che si dicono, le attività e gli uffici che si compiono, sono atti di amore verso Dio, verso Gesù; sono ringraziamento alla Comunione fatta; sono preparazione alla Comunione del giorno seguente, cosicché tutta la giornata resta ispirata a Gesù Eucaristia e diventa tutta eucaristica. Vivere di questo Pane! "Panem de coelo praestitisti eis": ci dona letizia e porta in noi la forza e robustezza spirituale, e aumento di grazia. Quale sorgente di santità è la Comunione! Allora diventa anche più facile fare bene la Visita al SS.mo Sacramento; è più facile entrare nello spirito della Messa e seguirla coi sentimenti stessi della Chiesa. Ogni giorno la Comunione sia un po' migliore; e se proprio non si può farla ogni giorno, almeno ogni settimana, la domenica, il giorno del Signore. Negli esami di coscienza, quando ci esaminiamo nella nostra vita spirituale, n articolare sui nostri sentimenti verso Dio e verso il nostro prossimo, occorre fermarsi un attimo a riflettere sulla pietà eucaristica: come è il nostro rapporto con l’Eucaristia? Come ascolto la Messa? Anzi, come partecipo alla Messa? Come faccio la Comunione? Tutto il bene ed il profitto spirituale viene da qui, cioè dalla qualità del nostro rapporto con Dio. La Comunione sia preceduta dagli atti di amore, di contrizione e di preparazione, che sono raccomandati e suggeriti dalla Chiesa; ma, a poco a poco, l'anima non ha più bisogno di quelle formule che sono scritte nei libri, perché ha penetrato la sostanza delle formule e adopera delle espressioni proprie che dicono bene i suoi sentimenti, anche perchè quando l'anima è illuminata e riscaldata da quel fuoco divino che è Gesù Eucaristia ("sono venuto a portare il fuoco"), le espressioni le partono 25 dall'intimo del cuore, e, tante volte, anche essendo di minor valore in se stesse, per l'anima valgono di più, perché comunicano l'interno del cuore. Occorre chiedere la grazia che nelle nostre comunioni non ci siano mai sacrilegi e che da ogni Comunione l'anima nostra riporti fervore e calore, che l'accompagnino per tutta la giornata, che abbia luce per il cammino e forza nuova. Per il cammino di ogni giornata serve una buona alimentazione. E poiché il cibo eucaristico è santissimo, la nostra preparazione e il nostro ringraziamento siano animati da una profonda devozione e gratitudine. Un‘ultima considerazione voglio fare a proposito delle Comunioni quotidiane: molti di noi le fanno come una sana abitudine, acquisita e molti di noi non intendono affatto rinunciare né alla Messa, né all’Eucaristia tutti i giorni, e fanno bene. Quella santa abitudine, che noi abbiamo acquisito, ritengo che sia una Grazia del Signore ed una chiamata alla Santità di vita, ma è anche qualcosa di altro. Il Signore ha bisogno di anime eucaristiche e spesso chiama nuovi suoi figli, al momento giusto, a diventarle. Le anime eucaristiche sono anime chiamate a consolare il Cuore Divino di Gesù dagli oltraggi e dalle continue indifferenze e offese di cui è fatto oggetto nelle Sue Icone, ma soprattutto nel Sacramento Eucaristico; e sono chiamate, pertanto, anche a riparare con questo ripetuto e quotidiano atto di amore, che è la partecipazione devota alla S.Messa e la Comunione Eucaristica, questi gravi peccati di oltraggio e di indifferenza alla Divina Bontà ed al Sacramento che più di tutti la incarna e la interpreta.E’ necessario che ci sia una matura consapevolezza di questo nel nostro agire di Cristiani e di anime eucaristiche che siamo chiamati ad essere ed a diventare.Ma aldilà delle definizioni che cosa è in concreto un’anima eucaristica? E’ un’anima destinata ad assomigliare al Signore, a vivere con gli stessi sentimenti del Signore, a pensare ed ad agire come Lui penserebbe ed agirebbe al posto nostro. In fondo scopo della comunione frequente è quello di essere assimilati a Cristo, affinchè Egli viva in noi. “Chi mangia di me vive per me”,dice il Signore. E noi tutti abbiamo in Maria, madre di Gesù e nostra, un esempio splendido di Anima Eucaristica. A Lei dobbiamo guardare per ammirarLa ed imitarLa per quanto ci è possibile, confidando nel Suo aiuto e nell’aiuto del nostro Maestro. 26 L’adorazione eucaristica. L’adorazione eucaristica è, dopo la Messa, l’atto di culto più sublime e gradito a Dio. Il dovere di adorazione scaturisce dal 1° comandamento (“Non avrai altro Dio fuor che Me”), ma anche dalle parole stesse di Gesù (“Adora il Signore Dio Tuo e solo a Lui rendi culto”, Mt 4,10), (“i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, poiché il Padre cerca tali adoratori”, Gv 4,23), (“amerai dunque il Signore Dio Tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”, Marco 12,30). Ma che cosa è l’adorazione? L’adorazione è un atteggiamento fondamentale del credente attraverso il quale egli esprime il suo atteggiamento verso Dio e la sua consapevolezza di creatura in tutto dipendente da Lui. Adorare è offrire un atto di supremo omaggio con amore, riconoscenza e docile sottomissione a Dio. E’ un “gesto del cuore”, un moto dell’animo umano, che nasce percependo la presenza del Divino e non disdegna di manifestare in modo visibile i suoi sentimenti di amore. L’adorazione coinvolge tutta la persona: Il cuore, la 27 mente, il corpo, la volontà. E’ il respiro della vita di Dio che diventa nostro e la nostra vita si consegna a Dio. Adorare significa porsi dinanzi a Dio è lasciarsi amare ; lasciarsi plasmare come la creta nelle mani del vasaio. Nell’adorazione siamo attirati nel vortice d’Amore della Santissima Trinità e, per grazia, siamo resi partecipi di questo dono di comunione. Ma cosa significa la parola “adorazione”? Deriva dalla radice latina “ ad oris actio” che significa “azione del pregare presso, vicino”, abbreviato in “adoratio”, esprime il concetto della preghiera presso Dio, vicino a Dio, noi diremmo piuttosto “alla presenza di Dio”. Adorare significa allora mettersi alla presenza di Dio, che è Onnipresente, riconoscendo la Sua Signoria sulla nostra vita e presentando gli omaggi della nostra mente, del nostro cuore, della nostra volontà, con tutto l’amore di cui disponiamo.Quando facciamo questo coinvolgendo tutto il nostro essere e con amore, avviene una fusione mistica e spirituale della nostra persona che comunica con Dio, siamo nella contemplazione del Divino, e siamo inseriti nel circuito trinitario di amore. S. Tommaso D’Aquino al termine della sua Summa Teologica si sentì dire un giorno dal Crocifisso: “Hai descritto bene di me, ora cosa vuoi “? Tommaso rispose: “Te solum domine.” “ Te solo Signore.” Questa è l’adorazione ! L’adorazione si traduce in contemplazione: è guardare a lungo con stupore e ammirazione Dio presente dinanzi a noi. La contemplazione è il grado più alto dell’unione con Dio. Dal catechismo della Chiesa cattolica: “Della virtù della religione, l’adorazione è l’atto principale. Adorare Dio, è riconoscerlo come Dio, come Creatore e Salvatore, il Signore e il Padrone di tutto ciò che esiste, l’Amore infinito e misericordioso. “ Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, Lui solo adorerai” (Luca 4,8 ), dice Gesù citando il Deuterenomio. Adorare Dio è riconoscere, nel rispetto e nella sottomissione assoluta, il “ nulla della creatura”, la quale non esiste che per volontà di Dio. Adorare Dio è, come ci insegna Maria nel Magnificat, lodarlo, esaltarlo e umiliare se stessi, confessando con gratitudine che Egli ha fatto grandi cose e che Santo è il Suo nome. L’atteggiamento di Maria è proprio quello della ‘ancilla Domini’, della ‘serva del Signore’, dove per “ancilla” intendiamo quell’atto di sottomissione profonda verso il suo Signore. L’adorazione del 28 Dio Vero e Unico libera l’uomo dal ripiegamento su se stesso, dalla schiavitù dei propri vizi e dall’idolatria del mondo. L’ADORAZIONE SPIRITUALE Gesù parlando con la samaritana disse :“ I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori” ( Gv 4, 23). Ma che cosa è l’adorazione in spirito e verità di cui ci parla il Maestro? Tutto l’Antico testamento è permeato di regole e prescrizioni alla casa di Israele affinchè, con l’intento di adorare Dio, essa non cada in un’adorazione idolatrica, totemica, di immagini, di simboli di oggetti vuoti ed inanimati che conducono ad un culto liturgico inutile, come atto dovuto, senza cuore e senza amore.Anche a Dio può essere tributato un culto idolatrico, che non serve a Dio e nemmeno a chi lo pratica.L’adorazione che Dio ci chiede è un atto di amorosa sottomissione, nel ringraziamento, nella lode e nella totale donazione delle nostre persone a Colui che ci ha creati, amati e redenti e vuole donarci ogni cosa aldilà dei nostri meriti.E’ quindi un atto spirituale che non ha bisogno di riti, di materia, di simboli, di immagini, di sacrifici o di sacri rituali.Avviene in spirito perché è spirituale, ma anche perché lo Spirito Santo ci guida e ci ammaestra indirizzandoci verso un’adorazione conforme al nostro vero bene ed ai desideri del Padre.L’adorazione inoltre deve essere conforme alla verità, cioè non secondo la nostra fantasiosa idea di Dio, ma nell’ambito delle verità rivelate (dal Maestro e dalla Sacra Scrittura) e conformemente all’insegnamento della Santa Chiesa, perché in Essa ci è dato lo Spirito Santo.Ci sono molti modi per adorare il Signore : Donandosi, amandolo, obbedendogli, ringraziandolo, sottomettendosi, usando i nostri talenti per la Sua gloria o sviluppando un’amicizia intima con Lui. L’adorazione è il primo proposito della nostra vita; siamo stati creati per adorare Dio e ci è stato richiesto di adorarlo. E’ la nostra responsabilità più grande, il nostro più alto privilegio; l’adorare Dio dovrebbe avere la priorità su qualsiasi cosa. Gesù disse: “Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta al tua mente e con tutta la tua forza” ( Marco 12,30 ). Ogni volta che esprimi amore verso Dio, tu stai adorando; non importa se sei da solo, in famiglia o in una comunità di credenti. L’adorazione deve essere genuina e nascere dal cuore, non è solo questione di dire parole giuste o adatte; ciò che stai dicendo lo devi dire sul “serio”. Adorare senza cuore 29 non è affatto adorare. La Bibbia dice: “ L’uomo guarda all’apparenza, il Signore guarda al cuore“ (1 Samuele 16,7). L’adorazione è deliziarsi e godere Dio, essa coinvolge le tue emozioni. Dio ti ha dato emozioni così che tu possa adorarlo con sentimenti profondi, ma queste emozioni devono essere sincere, non false. Dio rifiuta l’ipocrisia. Egli non vuole uno spettacolo, una finzione, o una falsa adorazione; egli desidera il tuo onesto e vero amore, vuole ascoltare i palpiti del tuo cuore. Possiamo adorare Dio in maniera imperfetta, ma non possiamo adorarlo in maniera non sincera. Il cuore dell’adorazione è arrenderci e offrire noi stessi a Dio. L’adorazione comincia quando iniziamo ad interessarci di Lui, quando il pensiero e l’azione si uniscono alla Sua volontà. L’adorazione non riguarda esclusivamente il culto in Chiesa; è stato detto di “adorarlo di continuo” e di adorarlo dalla “nascita del sole fino al suo tramonto”. Israele adorava Dio al lavoro, a casa, in battaglia, in prigione e persino a letto! La lode dovrebbe essere la nostra prima attività quando apriamo gli occhi al mattino e l’ultima quando li chiudiamo la sera. “ Della tua lode è piena la mia bocca, della tua gloria tutto il giorno” (Sal 71,8). Nella vita di ogni giorno ogni attività può essere trasformata in un atto di adorazione quando lo fai a lode e gloria di Dio. “ Sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio”(1 Corinzi 10, 31 ). Come è possibile fare tutto per la gloria di Dio? Facendo ogni cosa come se la stessi facendo per Gesù e stando in comunione continua con Lui mentre fai le cose. S.Paolo, scrivendo agli Efesini , osserva: “ non servendo per essere visti, come per piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, compiendo la volontà di Dio di cuore, prestando servizio di buona voglia come al Signore e non come a uomini”(Ef.6,6-7).E’ questo il segreto per una vita di adorazione, fare ogni cosa come se lo si facesse per il Signore, come suoi servi. Il lavoro diviene allora adorazione quando lo dedichi a Dio, svolgendolo con la consapevolezza della Sua presenza nella tua vita. Adorazione eucaristica e riparatrice, come, quando, in che modo, preghiera comunitaria o silenziosa? Colui che adora Cristo, presente nell’Eucaristia, è trasformato in un canale di grazie per tutta l’umanità; un canale che ci porta verso l’esterno verso i fratelli e le sorelle per comunicare la vita divina della quale siamo 30 stati resi partecipi. E’ la presenza reale del Cristo sull’altare ciò che ci trasforma, che fa assumere significato alle nostre povere membra, che cambia la nostra vita, rendendoci capaci di diventare dono e di trasmettere la luce, la verità, l’amore di Colui che è venuto a portare il fuoco sulla terra. L’adorazione eucaristica è il cuore dell’adorazione della Chiesa, perché non adoriamo un Dio che immaginiamo nel nostro cuore, ma la presenza viva e vera di Dio, resa attuale, qui ed ora, nel Tabernacolo, per un Mistero di amore dell’Onnipotente.Ma è proprio necessaria l’esposizione eucaristica perché l’adorazione sia efficace? Io penso di no! Non sarà certo la porticina del tabernacolo un ostacolo alla onnipotenza divina; l’esposizione infatti serve principalmente a concentrare meglio la nostra attenzione su Gesù Eucaristico ed a stimolare la profondità e l’effusione dei nostri sentimenti di amore e di devozione, ma non serve certamente al Signore e non è condizione per poterlo efficacemente adorare. L’adorazione eucaristica dovrebbe essere una sana abitudine quotidiana di tutti i fedeli, non perché il Signore abbia bisogno della nostra adorazione, ma perché siamo noi ad averne bisogno: dall’adorazione, infatti, i fedeli traggono la forza necessaria per proseguire nel cammino della vita lungo le vie che il Signore ha tracciato per noi; l’adorazione dunque ci aiuta a vivere secondo la volontà di Dio ed a compiere il disegno di conversione che Dio ha stabilito per ciascuno di noi.Ma occorre molto tempo per adorare? Certamente no, ciascuno dedichi il tempo che può, senza trascurare i doveri del proprio stato, anche perché nell’adorazione non conta la quantità del tempo o delle parole, bensì la qualità e l’intensità degli atti di amore che riusciamo ad esprimere. Alcuni fedeli sono convinti che l’adorazione consista nello ruzzolare una serie molteplice di preghiere vocali, nel maggior numero possibile, con una frenesia di offrire una quantità indescrivibile di orazioni nell’unità di tempo dedicata all’adorazione, nella convinzione che più si prega meglio è e che queste preghiere servano al Signore.E’ opportuno comprendere che l’adorazione è innanzitutto preghiera personale e silenziosa e contemplazione di Dio nei misteri della fede, oltre che nella sua presenza reale nelle specie eucaristiche ed in noi, prima ancora di essere preghiera liturgica e comunitaria e quindi necessariamente orante e corale.Direi che in una certa misura è necessaria ed opportuna anche la preghiera 31 comunitaria e liturgica, ma la preghiera di adorazione personale e del cuore deve avere la precedenza, perché Dio dimora nel cuore delle sue creature, che ne osservano i comandamenti e che lo amano. L’adorazione eucaristica è personale, ma deve anche essere riparatrice. Diceva Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Mane Nobiscum Domine ( Rimani con noi Signore): “Restiamo prostrati a lungo davanti a Gesù presente nell’Eucarestia, riparando con la nostra fede e il nostro amore le trascuratezze, le dimenticanze e persino gli oltraggi che il nostro Signore in tante parti del mondo subisce”. Così come abbiamo visto in precedenza Dio chiama alcuni tra i fedeli ad essere anime eucaristiche, cioè chiamate a nutrirsi quotidianamente della S.Eucaristia non solo per se stessi, ma per riparare i peccati di sacrilegio e di indifferenza e di tiepidità di cui è fatta oggetto l’Eucaristia stessa.Allo stesso modo e per le stesse ragioni l’adorazione eucaristica deve essere non solo personale, cioè dovuta da ciascuno di noi e sentita come un dovere di amore, lode e riconoscenza verso Colui che ci ha creati, amati e redenti, ma deve diventare anche un tributo di riparazione dovuto a Dio in luogo e vece di coloro che lo ignorano, dimenticano, disprezzano ed odiano.Questa riparazione è necessaria, per la salvezza del mondo, e per attirare sulle nostre comunità una quantità notevole di grazie spirituali e materiali, grazie di provvidenza, di benessere, di lavoro, di prosperità, di fertilità, di salute fisica e psichica, di buona meteorologia, di santità delle comunità, di santità dei sacerdoti ministri delle nostre comunità; poiché così come della santità di pochi si avvantaggia tutta la comunità, della gravità del peccato di molti soffrono i pochi o molti santi di quella stessa comunità.Infatti Dio fa splendere il sole sui giusti e sui peccatori, così come fa piovere e scendere i castighi su entrambi, soprattutto quando essi sono destinati alle comunità. Occorre allora moltiplicare la virtù delle adorazioni riparatrici, estendendone e diffondendone la pratica, a cominciare da chi tra di noi si riconosce, esaminandosi nella sua personale devozione e nella qualità del suo proprio amore alla S.Eucaristia.Tutti coloro che sono impegnati nella Chiesa devono ispirarsi a Maria, che è la prima anima eucaristica della terra, ed addirittura Madre dell’Eucaristia ( è uno dei titoli conferitole dalla Chiesa), e pertanto devono, anzi dobbiamo, sentire il dovere di imitarla diventando anche noi, se non lo siamo già, anime 32 eucaristiche.L’amore, la devozione e lo zelo verso l’Eucaristia, ricevendola degnamente ed adorandola tutte le volte che ci è possibile, siano vissuti da noi come un impegno indispensabile e prioritario e come una missione di cooperazione alla salvezza delle nostre famiglie e delle nostre comunità. 33 34 I Miracoli Eucaristici San Pier Giuliano Eymard (1811-1868) intorno alla tenera età di 15 anni, avendo sentito che Gesù stava dentro la casa d'oro, il tabernacolo, in chiesa, un giorno, elusa la sorveglianza della mamma e della sorella, scomparve per lungo tempo. Preoccupate, la mamma e la sorella, cercarono il fanciullo dappertutto.Finalmente, alla sorella di Pier Giuliano, venne in mente di cercarlo nella vicina chiesa parrocchiale. Ed infatti era proprio là, anzi, dopo aver preso uno sgabello, vi era salito per giungere fino al tabernacolo sopra l'altare. Il fanciullo teneva la piccola testa appoggiata alla porticina d'oro del tabernacolo e diceva: “Gesù sei qui?”. Divenuto grande, San Pier Giuliano diventerà il santo della DIVINA PRESENZA di Gesù nei nostri tabernacoli e fonderà persino un istituto religioso chiamato dei Sacerdoti del S.S. Sacramento, i quali coltivano con ogni zelo l'amore e l'adorazione a Gesù Eucaristia.Dinanzi a Gesù Eucaristia rinnoviamo sempre la nostra fede e il nostro amore, e invitiamo tutti ad andare con la mente al Tabernacolo della nostra chiesa ed a mandare un 35 saluto filiale a Gesù, che vive giorno e notte tra noi. Che Gesù abbia donato la sua vita per noi questo lo sappiamo, perché, conoscendo il suo Cuore misericordioso, comprendiamo il suo amore infinito, fino a giungere al dono di tutta la sua vita per ciascuno di noi: ma chi avrebbe mai pensato che Egli potesse inventare nel suo amore un modo così straordinario per restare sempre con noi? Questo è il dono mirabile della sua PRESENZA VERA, anche se misteriosa, in mezzo a noi: IL MIRACOLO QUOTIDIANO. Ogni giorno, non importa l'ora se all'alba o se nel pieno meriggio o se sul far della sera quieta, o addirittura nella notte, molti sacerdoti, sparsi nel mondo, compiono un miracolo stupendo dì grazia, di vita, d'amore.Il sacerdote ha le mani, la bocca, il cuore portentosi: ad un loro cenno, ad una loro parola, ad un loro gesto d'amore i sacerdoti, quando sono all'altare per celebrare la messa, compiono ogni giorno, ad ogni ora del giorno, in tutto il mondo, il miracolo quotidiano di rendere vivo e vero Gesù, presente nel pane e nel vino consacrati. Quando salgono l'altare rivestiti dai sacri paramenti e nel momento più culminante dell'intero sacrificio di Cristo, prendono fra le mani, ancor tremanti, un pezzo di pane bianco che raccoglie le fatiche e il sudore dell'uomo e pronunciano le parole immortali: “Questo è il mio corpo”; allora, proprio in quel momento, avviene il grande miracolo; così quando prendono il calice del vino e dicono con voce sommessa: “Questo è il mio sangue”, allora il miracolo è pieno, perfetto.Questo è il MIO corpo, questo è il MIO sangue! Mio? Sì, o potente mio Signore: è mio questo corpo sacrificato, è mio questo sangue versato, perché tu, Signore, hai detto che ogni sacerdote è come Te, nel suo ministero, perché è stato consacrato da Te ad essere Tuo Sacerdote, per sempre.Ed anche noi fedeli laici siamo tuoi sacerdoti per sempre, sebbene non rivestiti dell’alta dignità ministeriale, ma pur sempre accomunati e rappresentati nella Chiesa e ricapitolati dai sacerdoti ordinati all’alto ministero. Ma dimmi, o altissimo mio Signore, che cosa è avvenuto? Proprio così: un poco di pane bianco è diventato il tuo corpo candido; un poco di vino genuino è diventato il tuo sangue vermiglio!Un miracolo!Questo pane che vediamo e mangiamo non è più pane, ma Gesù tutto intero; questo vino che vediamo e beviamo, non è più vino, ma Gesù tutto intero. Un miracolo, dunque, avviene e si compie fra le mani 36 sacerdotali , sugli altari, sotto i nostri occhi e dinanzi agli occhi di tutti i fedeli, che tengono le mani giunte e i cuori adoranti pieni di intima gioia e fede.Il vero miracolo eucaristico, il più importante, quello che ti rende presente ed attuale tutti i giorni, in tutte le Chiese del mondo, nell’atto della consacrazione da parte dei Tuoi sacerdoti, è così quotidiano che, quasi quasi, non ci accorgiamo più del suo sconvolgente evento di grazia e di amore, perché è sopraggiunta l’assuefazione a questo evento quotidiano, e con essa le perniciose conseguenze dell’abitudine umana, che trasforma le cose importanti in noiose, ordinarie, quasi insignificanti.Ma quand'è che, tutti, apriremo gli occhi alla fede, con sacro stupore e meraviglia, per “vedere” quello che effettivamente avviene sull'altare? Ricordiamocelo, ogni altare è circondato da migliaia d'angeli adoranti che cantano: Santo, Santo, Santo, mentre lo stesso Spirito Santo, invocato e posto sulle offerte con la imposizione delle mani sacerdotali, trasforma, transustanzia il pane nel mirabile Corpo del Signore Gesù, e il vino nel prezioso Sangue dello stesso Gesù, come una volta dal grembo verginale di Maria S.S. diede la carne e il sangue al Verbo Divino fatto uomo!Davanti agli occhi sbigottiti “nulla vedo, nulla comprendo”, dice San Tommaso d'Aquino, eppure la fede mi conferma, mi fa certo che, nello Spirito Santo, il pane è trasformato sostanzialmente nella Carne di Gesù e il vino nel Sangue di Gesù. E’ Cristo stesso, vivente, che si offre per noi e si consegna come cibo e bevanda che danno la VITA IMMORTALE! L'Eucaristia è “omnium miracolorum maximum”, il più grande di tutti i miracoli, afferma S. Tommaso d'Aquino. Miracolata ne è la sostanza: Gesù stesso, ne è la quantità, sta tutto Gesù; ne è la qualità, è invisibile, ma reale ne è l'azione; è la transustanziazione, la specie del pane e vino sussiste nelle apparenze, ma si cambia nella sostanza in Gesù stesso. “Devotamente vi adoro, o Divinità nascosta sotto queste specie, a Voi tutto sì dona il mio cuore, e tutto si strugge nella contemplazione del vostro amore”. (S. Tommaso d'Aquino) Eppure davanti a così grande miracolo quotidiano, non tutti credono, non tutti sanno, non tutti accettano, non tutti mangiano e bevono la vera vita che è Cristo Gesù Eucaristia! È così pieno di luce ineffabile questo miracolo che molti non apprezzano, non accolgono, non adorano. Quanto piccola e languida è la nostra fede! Lo si vede come si celebra, come si 37 adora, come ci si prepara e quanto poco ed in fretta si ringrazia! Freddezza, stanchezza, abitudini, fretta, distrazione, indifferenza, sono tra i difetti più comuni di una fede smorta, tiepida, quella di tutti noi. E’ per questo che Gesù stesso, ogni tanto lungo i secoli della nostra storia umana, appare e si fa visibile e palpitante sotto i nostri occhi increduli e distratti, per rinnovare la nostra fede assopita e il nostro cuore tiepido.Sono i miracoli eucaristici straordinari, sono la realtà eucaristica visibile e tangibile della mirabile Presenza del Signore. I MIRACOLI EUCARISTICI Lanciano, Trani, Ferrara, Alatri, Firenze, Bolsena, Offida, Valvasone, Cascia, Macerata, Bagno di Romagna, Torino, Asti, Morrovalle, Veroli, Siena, Patierno, sono le sedi privilegiate, in Italia, che il Signore Gesù ha scelto come luoghi dei suoi prodigi, per manifestare, attraverso segni concreti, che davvero Egli è presente quando il pane e il vino sono consacrati nel Corpo e nel Sangue suo. I miracoli eucaristici accertati sono di varie forme: ostie sanguinanti come nel famoso miracolo di Bolsena (1263) avvenuto più volte anche altrove (Lanciano, Ferrara, Firenze e fuori Italia anche a Berlino); - ostie prodigiosamente conservate, come quelle di Siena (1730); - ostie luminose come quelle di Torino; ostie irradianti l'immagine di Gesù, come quelle di ULMES in Francia (1668); - ostie che guariscono i malati come a Lourdes. Padre NICOLA NASUTI, frate minore conventuale, ha curato un volume dal titolo: “L'Italia dei prodigi eucaristici” in cui, con ricchezza di notizie storiche, di suggerimenti ascetici e culturali, offre la presentazione, in forma ordinata, dì ben 17 miracoli eucaristici avvenuti in maniera straordinaria nei vari luoghi della nostra Italia. Nell'Introduzione, p. Nasuti ricorda che a PARAY LE MONIAL, in Francia, (patria di S. Margherita Maria Alacoque devota e apostola del Sacratissimo Cuore di Gesù) “c'è una grande carta geografica con l'indicazione di 132 luoghi, sparsi nel mondo, dove si sarebbero verificati i miracoli eucaristici”. 38 Sono tutti i segni tangibili dell'amore misericordioso di Gesù, per portarci ad una più attenta, attiva, consapevole e fruttuosa partecipazione alla Messa, che, come memoriale dell'altissima carità di Dio per noi, deve ancora stupirci, meravigliarci, inebriarci. Dobbiamo abituarci all'esercizio di una più sentita e solida pietà eucaristica. Occorre passare dai miracoli al Miracolo quotidiano della presenza reale nel Sacramento. San Filippo Neri sapeva stare anche 40 ore ininterrotte davanti al S.S. Sacramento ed otteneva, alla fine, ogni grazia che chiedeva. A New York è sorta una bella iniziativa: ogni notte in un'ora a propria scelta, due persone stando nella propria casa, ma unite col filo del telefono, adorano il S.S. Sacramento, presente nei milioni di tabernacoli sparsi nel mondo.E noi che leggiamo queste cose che cosa faremo per diventare davvero ANIME EUCARISTICHE? Il nostro amore per Gesù Eucaristia ci sospinga amabilmente, ma decisamente, a compiere un proposito santo, tutti i giorni, per amore di Gesù.Ma noi non abbiamo mai tempo, siamo troppo presi dalla famiglia, dai figli, dai pensieri, dal lavoro, dalle suocere e dai suoceri che ci assillano, dalle solite relazioni pubbliche con parenti, vicine ed amiche o amici, per avere tempo per i santi propositi, per i nostri doveri di buoni Cristiani. Poi, di colpo, insorge una brutta malattia che ci assilla, magari anche in un nostro familiare o parente prossimo, ed ecco allora che ritroviamo il tempo, l’entusiasmo di cattolici ferventi, la passione per la Chiesa e per la preghiera: ma questa novella fiamma d’amore verso il Signore è interessata, perché cerchiamo la Grazia; il Signore sorride e spesso ce la concede, perché sa di che siamo fatti; ma altre volte non la concede, anche perché sa che, ottenuta la Grazia domandata, torneremo ad essere come prima e talvolta anche peggio di prima.Quanti nella notte sono in adorazione davanti al totem televisivo! Tu anima fedele, invece, sei capace di offrire un'ora del tuo riposo per adorare il Signore del Cielo e della terra e del tuo cuore? Si riposa bene non solo dormendo, ma anche devotamente immersi nella preghiera! Come è bello sapere che, mentre molti dormono, alcuni invece con il volto rivolto verso il più vicino tabernacolo, adorano Gesù. Lo possono fare tutti: il sacerdote, la casalinga, l'uomo che lavora, il sano o l'infermo, il carcerato o il libero, il povero o il ricco, il semplice o il dotto, il vescovo e il contadino, io e voi ! 39 E ricordiamoci sempre che l’adorazione è un nostro dovere, ed è l’anticipazione di ciò che faremo nel Paradiso, sperando che la Misericordia di Dio ci conceda di entrarvi.Quando transiteremo nel mondo della eternità rimpiangeremo di non aver compreso l’importanza dell’adorazione e di non aver trascorso molte ore nella adorazione eucaristica. Uno dei più recenti miracoli eucaristici è avvenuto a Lourdes nel 1999: durante la preghiera eucaristica, nel corso della consacrazione, la grande ostia poggiata sulla patena comincia a levitare, con composto stupore dei presenti e dei concelebranti.Altro recente miracolo eucaristico è quello avvenuto nel 1995, durante la somministrazione dell’eucaristia da parte di Giovanni Paolo II ad una mistica coreana; in quella occasione l’Eucaristia si convertì visibilmente in un pezzo di carne sanguinolenta. TAVOLA CRONOLOGICA DEI DIVERSI PRODIGI VIII sec. LANCIANO (totale conversione dell'ostia grande in carne e del vino in sangue) Italia X sec. 1000 circa TRANI (Carne e sangue) Italia XI sec. 1010 IVORRA (Sangue) Spagna XIII sec. 1171 FERRARA (Sangue) Italia XIII sec. RIMINI e BOURGES (Conversioni) Italia e Francia 1228 ALATRI (Carne) Italia 1230 FIRENZE (Sangue) Italia 1232 CARAVACA (Apparizione) Spagna 1239 DAROCA (Sangue) Spagna 1247 SANTAREM (Sangue) Portogallo 40 1254 DOUAI (Apparizione) Francia 1263 BOLSENA-ORVIETO (Corporale insanguinato dallo spezzare dell'Ostia Conscarata) Italia 1273 e 1280 LANCIANO-OFFIDA (Carne) Italia 1290 PARIGI (Les Billettes) (Sangue) Francia 1294 GRUARO-VALVASSONE (Sangue) Italia 1297 Gerone (San Daniele) (Carne) Spagna verso 1300 ANINON (Carne e sangue) Spagna verso 1300 EL CEBRERO (Carne e sangue) Spagna XIV secolo 1317 HERKENRODE (Carne) Belgio 1330 SIENA-CASCIA (Carne e sangue) Italia 1330 WALLDURN (Sangue) Germania 1331 BLANOT (Sangue) Francia 1345 AMSTERDAM (preservazione miracolosa) Olanda 1345 o 1346 BAWOL (ricupero miracoloso) Polonia 1348 ALBORAYA (ricupero miracoloso) Spagna 1356 MACERATA (Sangue) Italia 1370 CIMBALLA (Sangue) Spagna 1380 BOXTEL (Sangue) Olanda XV secolo 1405 BOIS-SEIGNEUR-ISAAC (Sangue) Belgio 1412 POEDERLEE (ricupero miracoloso) Belgio 1412 BAGNO di ROMAGNA (Sangue) Italia 1433 A VIGNON (ricupero miracoloso) Francia 1447 ETTISWIL (ricupero miracoloso) Svizzera 1453 TORINO (ricupero miracoloso) Italia 1461 LA ROCHELLE (guarigione) Francia 41 XVI secolo 1533 MARSEILLE EN BEAUVAISIS (ricupero miracoloso) Francia 1533-1536 PONFERRADA (ricupero miracoloso) Spagna 1536 TRANS EN PR OVENCE (preservazione miracolosa) Francia 1560 MORROVALLE (preservazione miracolosa) Italia 1592 GORCUM-ESCORIAL (Sangue) Olanda XVII secolo 1601 LA VIL VENA (preservazione miracolosa) Spagna 1608 FAVERNEY (preservazione miracolosa) Francia 1630 CANOSIO (torrente fermato) Italia 1631 DRONERO (incendio fermato) Italia 1668 LES ULMES (apparizione) Francia 1670 MIRADOUX (incendio fermato) Francia 1686 SINT DENIJS - WESTREM (ricupero miracoloso) Belgio XVIII secolo 1710 TARTANEDO (Sangue) Spagna 1725 PARIGI (guarigione) Francia 1730 SIENA (conservazione miracolosa) Italia 1732 SCALA (apparizione) Italia 1772 PATIERNO (ricupero miracoloso) Italia Ragguaglio di un portentoso miracolo appartenente al SS. Sacramento dell'altare (esame del miracolo di Patierno da parte di S. Alfonso M. de' Liguori) 1793 PEZILLA LA RIVIERE (conservazione miracolosa) Francia XIX secolo 1822 BORDEAUX (apparizione) Francia 1828 HARTMANNSWILLER (apparizione) Francia XX secolo 1905 SAINT-ANDRE' DE LA REUNION (apparizione) Francia LOURDES (guarigioni) Francia 42 1918 LA COURNEUVE (preservazione miracolosa) Francia anni '50 BUI-CHU (castigo di un profanatore) Viet-Nam 1974 CASTELNAU DE GUERS (apparizione) Francia 1978 LA VELINE DEVANT BRUYERES (preservazione miracolosa) Francia N.B. Sui 61 prodigi qui elencati, 20 hanno avuto luogo in Francia, 18 in Italia, 11 in Spagna, 4 in Belgio, 3 in Olanda, l in Svizzera, 1 in Portogallo, 1 in Germama, 1 in Polonia, 1 in Vietnam-nord.In tutto il mondo e fino ad oggi i miracoli noti sono in tutto circa 132 ( i dati si riferiscono ai fenomeni noti e riconosciuti fino al 2010). 43 44 I Santi devoti dell’Eucaristia SAN TOMMASO D’AQUINO(1224-1274) S.Tommaso d'Aquino diceva: “È necessario conoscere per amare. Sant'Agostino diceva invece: "bisogna amare per conoscere". Chi aveva ragione? Certamente entrambi, la verità può avere volti diversi, pur essendo sempre una, e l'amore ne compone sempre le diversità.I quattro volumi della “Summa teologica “ sono l'opera più importante di San Tommaso d’Aquino.Quest’opera straordinaria tuttavia, resta appena un abbozzo alla domanda di tutta la sua vita: chi è, che cosa è Dio? L’autore ha cessato di scrivere tre mesi prima di morire, con il cuore e lo spirito ricolmi di Colui che è stato l’oggetto di tutti i suoi desideri: “Quello che ho scritto mi sembra tutto paglia a confronto di quello che ho visto e che mi è stato rivelato”, disse a chi gli domandava perché avesse deciso di non scrivere più. Nella piccola cittadina di Aquino, il castello di Rocca-Secca si erge imponente di fronte alla celebre abbazia di Montecassino. È là che 45 nel 1224, la contessa Teodora, dà alla luce il suo ottavo figlio, Tommaso. Il conte Landolfo già pensa e gioisce del destino che prevede per questo suo figlioletto, perché ha già deciso, che farà di lui l’abate di Montecassino. Fin dalla sua infanzia Tommaso si distingue per la bontà di cuore e per la sua intelligenza. Se piange, gli danno un libro, lui si calma e dimostra piacere nello sfogliarlo. All’età di cinque anni, come molti nobili della sua epoca, è inviato alla scuola di Montecassino.Fa rapidi progressi e dimostra virtù superiori alla sua età. Posato riflessivo, passa lunghi momenti in Cappella. Fugge i divertimenti futili e rumorosi. Studia con impegno e si vede sempre con un libro in mano. A sei anni, un giorno, è seduto alla sua scrivania tutto immerso nel silenzio. Il suo maestro gli si avvicina, Tommaso alza gli occhi verso il religioso e l’interroga: “Ditemi, chi è Dio?” Dopo qualche anno, l’abate avendo notato la sua santità precoce e l’ardore per lo studio, consiglia il conte di inviarlo all’Università di Napoli. Tommaso passa alcuni mesi in famiglia e così ciascuno può ammirare le sue squisite qualità di cuore. Si teme per la sua innocenza, per la vita gaudente della gran città, della quale all’epoca si diceva: Napoli è un paradiso, ma abitato da demoni. Tommaso arriva a Napoli nel 1237. Ha tredici anni, la sua intelligenza lascia i professori stupefatti: fornisce prova di profondità di giudizio, di una perspicacia e penetrazione veramente sbalorditiva e ripete le lezioni con più chiarezza dei professori. A diciassette anni viene a conoscere l’Ordine dei Frati predicatori, fondati da San Domenico nel 1215. Tommaso segue assiduamente gli insegnamenti tenuti nella chiesa di sant’Arcangelo. Dopo tre anni di discernimento riceve l’abito domenicano a vent’anni. Questo fatto getta la famiglia d’Aquino e i suoi parenti nella costernazione: il figlio di una così illustre casata diventare un semplice religioso! Giovanni il teutonico, maestro dello Ordine, dovendo recarsi in Lombardia, porta con se Tommaso, al fine di sottrarlo alla collera della famiglia. Due dei suoi fratelli (il padre era morto l’anno prima), lo raggiungono, lo catturano e lo trascinano al castello di Rocca-Secca. Per più di un anno Tommaso subisce una dura prigionia e deve subire gli assalti della persuasione materna: promesse, minacce, maltrattamenti. Nulla scalfisce la convinzione e la fedeltà del giovane novizio: alla sua causa guadagna le sorelle, incaricate di convincerlo. I suoi fratelli tentano di spogliarlo dell’abito ma lui stringe con pugno di ferro i lembi della sua veste. Fanno entrare nella sua stanza 46 una prostituta e Tommaso afferra dal caminetto un tizzone e lo rotea davanti al viso della sciagurata che, spaventata, fugge. Tommaso in ginocchio con lo stesso tizzone, che ha messo in fuga la prostituta, traccia sul muro una gran croce e chiede al Signore la grazia della purezza dell’anima e del corpo. Cade in estasi e vede scendere dal cielo due angeli, i quali gli cingono i fianchi con una cintura bianca, intessuta con un’arte di estrema finezza. La indosserà per tutta la vita avendo cura di nasconderla agli occhi altrui. Questa cintura meravigliosa è conservata fino ad oggi, nella chiesa di San Domenico di Chieri.Questa resistenza inflessibile che mai ha perso di mansuetudine rispetto e dolcezza, vince finalmente la contessa Teodora.Tommaso incomincia gli studi teologici a Parigi. Il suo maestro è Alberto il Grande, domenicano. Nel convento di San Giacomo, Tommaso conduce una vita ordinata e dedita alla preghiera. Parla poco, studia molto, prega senza sosta. Maestro Alberto confessa di esserne deluso: avevano tanto vantato l’intelligenza del giovane che egli si attendeva di meglio: in occasione di una lezione particolarmente ardua, un allievo che pensa Tommaso in difficoltà, si offre di spiegargli la lezione, ma si imbroglia, si confonde. Tommaso allora umilmente offre il suo aiuto e gli chiarisce il passaggio oscuro con una lucidità così perfetta che il giovane ammirato corre a raccontarlo a maestro Alberto. Costui sottomette lo studente ad un esame pubblico e gli propone quattro argomenti da confutare. Tommaso lo fa con tanta chiarezza e facilità, da lasciare Alberto il Grande e gli altri allievi stupefatti.Tommaso incomincia ad insegnare a trent’anni. Consacrato sacerdote si distinguerà sempre per la sua devozione e amore alla santa Eucaristia. Tutta la sua vita è consacrata ad esortare, stimolare, spiegare, combattere le eresie. Porta avanti i suoi corsi, le predicazioni, scrive libri e con il comporre una Messa al Santissimo Sacramento, nonché il magnifico Pange Lingua, canta il mistero sublime dell’Eucaristia. Lavora dettando a due o tre segretari al medesimo tempo. Passa in chiesa gran parte della notte e rientra in cella poco prima dell’alba affinché nessuno si accorga che non ha dormito. Non manca mai alla recita dell’Ufficio delle ore, pur avendo avuto la dispensa per causa della mole del suo lavoro e delle numerose visite che deve ricevere. Il suo pensiero non si allontana mai dal pensare a Dio. Suole dire: “la vera felicità consiste nella contemplazione di Dio”. Dice in una sua preghiera: “Gesù, è solo da Te che io attendo la conoscenza della verità 47 che devo insegnare agli altri”. Quando non riesce ad afferrare un concetto, o a chiarire qualche punto difficile della dottrina, lascia tutto, scende in cappella, apre il tabernacolo, vi infila la testa e rimane così fino a quando non riceve luce. Celebrando l’Eucaristia, lacrime continuano a scendergli lungo le guance. Più volte lo hanno veduto sollevato da terra, e a volte va in estasi. A tavola, sovente nemmeno si accorge di quello che sta mangiando: un giorno servono a tavola delle olive talmente salate che nessuno riesce a mangiarle. Tommaso raccolto in Dio, termina la sua porzione, senza accorgersi di nulla. Un altro giorno, invitato assieme al suo priore alla tavola del santo re Luigi, tutto ad un tratto da un grido e batte un pugno sulla tavola: “Ah! Infine ho trovato l’argomento per confutare i Manichei!” Il Priore pieno di confusione lo tira per la manica. Umilmente Tommaso si scusa, ma il Re pieno d’ammirazione, fa chiamare il segretario perché possa scrivere subito l’intuizione avuta. Il 6 dicembre 1273, a 49 anni, durante un’estasi, vede il Cristo: “Bene hai scritto di Me, Tommaso, che cosa vuoi in ricompensa? – Solo Te, Signore!” Risponde il santo.Affascinato dalle verità eterne che ha contemplato, cessa di scrivere è prega affinché la fine della sua vita segua subito al terminare del suo scrivere. Un giorno, secondo l’usanza vigente nei conventi, faceva la lettura a tavola. Il correttore gli fa notare l’errore di pronuncia di una frase. Subito Tommaso si corregge secondo il suggerimento del correttore. Dopo il pasto, un monaco lo avvicina e gli esprime il suo malcontento: “Voi avete sbagliato a pronunciare la frase, come vi è stato suggerito perché il correttore si è sbagliato, non voi.” Subito Tommaso replica: “La pronuncia non ha alcuna importanza, l’importante è essere umile e obbediente” Un monaco straniero che doveva recarsi in città ricevette il permesso di farsi accompagnare dal primo monaco che avesse incontrato. Vede Tommaso e gli dice di seguirlo. Tommaso soffriva di molti dolori alle gambe, perciò avanzava lentamente prendendosi così i rimbrotti del monaco. In città la gente rimase sconcertata nell’assistere alla scena e fanno conoscere al tale, chi era quello che stava al suo fianco seguendolo come un garzoncello. L’infelice si scusò del suo errore, ricevendo l’insegnamento del santo Dottore sulla perfezione dell’obbedienza: “L’uomo si sottomette all’uomo per amore di Dio, come Dio ha obbedito all’uomo per amore dell’uomo”. Per quanto occupato in cose importanti, era sempre presente agli atti della comunità. Diceva che 48 bisognava attendere subito al suono della campana che chiamava. Un giorno era riuscito a chiarire un punto difficile del lavoro che stava scrivendo. La campana suona chiamando i monaci alla preghiera; Tommaso immediatamente si alza dallo scrittoio, senza neppure terminare la parola che stava scrivendo, e si dirige alla cappella. Al riprendere il lavoro trova la parola scritta a caratteri d’oro. Così il Signore volle premiare l’obbedienza umile di Tommaso. Tommaso, per le sue origini nobiliari, per le sue doti eccezionali con cui era stato arricchito da Dio, nonché per l’illuminazione divina di cui beneficiava, avrebbe potuto inorgoglirsi, ma in realtà nessuno era più umile e mite di lui. Un giovane, trasportato dall’ira, lo rimprovera e gli dice che non era così sapiente come lo reputavano. Tommaso risponde dolcemente: “È proprio vero, ragazzo mio, ecco perché non smetto mai di studiare”. All’udire parlare di orgoglio o di amor proprio, Tommaso si traccia una croce sul cuore. Nelle sue preghiere chiede solamente due cose: che la sua dottrina piaccia a Dio, e di poter vivere e morire da semplice religioso. Era così caritatevole che non pensava male di nessuno, mai! Quando scopriva qualche mancanza nel prossimo, piangeva le loro manchevolezze come se le avesse commesse lui stesso, non si adirava mai e mai rimproverava. Contestava solamente quando era necessario per ragioni di zelo o per la verità.; se gli altri sbagliavano, gemeva in segreto, pregava, piangeva davanti al crocefisso. Invitava il colpevole a riconoscere il suo errore con una tranquillità d’animo e una così grande moderazione di linguaggio, che calmava gli animi più agitati e destava l’ammirazione di quanti lo ascoltavano. Eppure, un grafologo, studiando la sua scrittura, è rimasto sorpreso nello scoprire che Tommaso avrebbe avuto un temperamento violento.Invece con la grazia di Dio era tutto dolcezza. Dice di lui Bartolomeo di Capua: “L’anima di Fra’ Tommaso era il radioso tabernacolo dello Spirito Santo, perché sul suo viso si vedeva sempre splendere la gioia e la dolcezza” . Un contemporaneo così si esprimeva a suo riguardo: “Quello che insegnava con la bocca, lo compiva con le opere, non avrebbe mai osato insegnare quello che Dio non gli avesse concesso di praticare.” Chiamato da Papa Gregorio X a partecipare al Concilio di Lione, durante il viaggio si ammala. Arrivato in Sicilia, si fa portare al convento cistercense di Fossa Nova: “Ecco il luogo del mio riposo”! Esclama. La sua ultima confessione sembra quella di un bambino. Il 7 marzo 1274 attorniato di domenicani e 49 cistercensi, riceve l’estrema unzione, predica per un’ultima volta sul cantico dei cantici, poi la voce diventa un soffio. Mormora il Credo poi dice mormorando: “Affido tutto al giudizio della Chiesa”, dopo queste parole, entra in agonia. All’alba, serenamente, lontano dagli onori effimeri di questo mondo raggiunse nella gloria il suo Signore, che in vita tanto aveva amato e servito. San Tommaso d'Aquino ha scritto numerose preghiere eucaristiche, con le quali esprimeva il suo amore per Gesù Eucaristia, tra cui vari inni per il Corpus Domini: il”Pange Lingua”, le cui ultime due strofe (Tantum Ergo Sacramentum), sono utilizzate durante la benedizione eucaristica e la sequenza del Corpus Domini, il “Sacris solemniis”, le cui ultime due strofe costituiscono il “Panis Angelicus”, il “Lauda Sion Salvatorem” e l'inno “Adoro te devote” per l'adorazione eucaristica. Certamente può essere annoverato tra i Santi più eminenti, devoti dell'Eucaristia, che ha ricevuto un'infusione di sapienza teologica da Dio,che ha trasferito con umiltà e spirito di servizio alla Chiesa: questo gli ha valso il titolo di Dottore Angelico. TERESA NEUMANN (1898-1962) Il 1° settembre 1939 scoppiava la seconda guerra mondiale. Affinché non mancasse nulla ai soldati tedeschi, fu razionato il cibo ai civili con una tessera che stabiliva la quantità di cibo spettante a ciascuno. Ad una sola cittadina fu ritirata immediatamente la tessera annonaria. Costei non beveva, né mangiava alcunché. In compenso le fu data una doppia razione di sapone, perché ogni settimana doveva far lavare le lenzuola e la biancheria inzuppata di sangue. Questa cittadina tedesca era Teresa Neumann, di Konnerareuth, in Alta Baviera e viveva una vicenda straordinaria, che avrebbe continuato a destare per anni, l’interesse di scienziati, medici, teologi, umili e grandi credenti o miscredenti. Teresa era nata nel 1898, figlia di un povero sarto e di una contadina. Venne educata dai suoi con una seria formazione cristiana.La sua giornata iniziava all’alba con la preghiera; poi il lavoro nei campi e in casa. La domenica, la Messa festiva e la Comunione. Era una buona compagna, una cara amica verso tutti, pur nella sua riservatezza di ragazza. A vent’anni, un giorno correndo in soccorso di alcuni vicini cui stava bruciando la cascina, per compiere rapidamente un gesto di generosità e di coraggio, non controllò bene il terreno dove stava per mettere il piede. Cadde e si procurò una lesione alla spina dorsale. Rimase, prima paralizzata alle 50 gambe, poi, in seguito, per un’altra caduta, diventò totalmente cieca. Intanto il padre era stato chiamato alle armi, durante la prima guerra mondiale, per combattere contro i francesi. Tornando le aveva portato dalla Francia l’immaginetta di una giovane carmelitana la cui storia iniziava a diffondersi in tutta Europa: una certa Teresa del Bambin Gesù, del monastero di Lisieux. Teresa Neumann iniziò a pregarla intensamente. Il 29 aprile 1923, il giorno in cui Papa Pio XI beatificava la piccola suora francese, Teresa Neumann, stesa nel suo letto, riacquistò di colpo la vista. Due anni dopo, il 17 maggio 1925, mentre il Papa dichiarava santa la carmelitana di Lisieux, Teresa Neumann guariva dalla paralisi e riprendeva a camminare liberamente. Poteva ricominciare, con grande gioia la sua vita di contadina, lodando e benedicendo Dio. Così, la sua vita, ancor più di prima divenne un sì incondizionato a Dio. Un anno dopo, nel 1926, durante la settimana santa, la giovane contadina di 28 anni scopriva nelle sue membra, mani, piedi, costato e persino sul capo, i segni della Passione di Cristo: le stigmate dolorose e sanguinanti, terribile e prezioso documento della predilezione di Dio per certe anime che chiama ad essere, anche nella carne, simili al Figlio suo. Teresa, ben lungi dal desiderare il fenomeno, neppure lo conosceva, ma per 26 anni lo porterà nel suo corpo, sino alla morte. Da allora, dalla notte di ogni giovedì, entrava letteralmente nei racconti evangelici della Passione. Era come se vivesse in tempo reale quei momenti e accompagnasse Gesù sino alla morte nel primo pomeriggio del venerdì, sanguinando copiosamente dalle ferite e versando sangue anche dagli occhi. La Passione di Gesù riviveva nelle membra straziate di Teresa Neumann. I suoi studi erano stati appena quelli elementari e conosceva solo il dialetto della sua regione e un po’ il tedesco. Eppure ripeteva ad alta voce i lunghi dialoghi che sentiva dentro di sé in aramaico, greco e latino. Diversi specialisti di queste lingue antiche sedevano al suo capezzale sempre più sbalorditi dall’esattezza dei suoi discorsi. Alle 15 del venerdì cadeva in un sonno profondo, da cui si risvegliava felice, con le ferite richiuse, il corpo fresco, rivivendo nella sua carne, il mattino della domenica, il momento della Risurrezione di Cristo. Nel suo cuore di donna, conquistato totalmente dall’amore infinito e crocifiggente di Dio, diventava sempre più una realtà unica con Gesù; la configurazione a Cristo, a partire dalla propria volontà, è la santità vera. 51 Teresa Neumann, al di là dei fenomeni straordinari che viveva, cercava questa santità: essere come Gesù, diventare Gesù, accanto a Maria che la sosteneva.Sin da quando era guarita dalla cecità e dalla paralisi, Teresa sentiva sempre meno il desiderio di nutrirsi. Da quando ebbe le stigmate, per 36 anni, fino alla sua morte, non mangiò né bevve alcunché: soltanto ogni mattina, alle sei, riceveva Gesù Eucaristia. Molti, giustamente, la pensavano una simulatrice. Tutto fu tentato per smascherarla, ma sempre i medici, invitati per controllarla, arrivavano scettici e se ne partivano convertiti. La Diocesi di Ratisbona, cui Teresa apparteneva, organizzò una commissione severissima che, a turno, per settimane intere, non la perse di vista neppure un istante, né di giorno, né di notte, senza mai lasciarla sola. Altre commissioni, diverse da quella ecclesiastica, interamente formate da persone non credenti giunsero alla medesima conclusione: Teresa Neumann si nutriva di sola Eucaristia, rifiutando sempre d’istinto, quando per provarla, le offrivano un’ostia non consacrata. Ella voleva Gesù solo, viveva per Lui e di Lui, realizzando alla lettera il discorso del Divin Maestro proclamato nella sinagoga di Cafarnao: «Chi mangia di me, vivrà per me» (Gv 6,57).Il suo parroco, constatato con sicurezza il fenomeno che durava da anni, affermò: «In Teresa si compì alla lettera la parola di Gesù: La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda; così come: Non di solo pane vive l’uomo. Quasi che il Cristo volesse mostrare che nutrirsi misticamente di Lui basta anche alla vita fisica».Ed è proprio per questo fenomeno straordinario che il Reich di Hitler non diede, o meglio, ritirò a Teresa la tessera del vitto, benché già molto razionato, perché a lei bastava quell’Ostia che le portava ogni mattina il sacerdote. Così anche la burocrazia nazista rendeva testimonianza ad una meraviglia strabiliante. Era la meraviglia della follia della Croce, che si realizzava in Teresa, ma quella follia l’aveva anche dotata di uno stupendo equilibrio psichico.Al di fuori dei giorni della Passione e Risurrezione, Teresa Neumann conduceva una vita normalissima: lavorava in giardino e talvolta anche nei campi, si muoveva nei dintorni, riceveva, consolava, sosteneva i pellegrini che venivano a farle visita, rispondeva di persona ad innumerevoli lettere e qualcuno diceva che nella sua casa si operassero anche miracoli. Teresa e la sua famiglia erano decisamente antinazisti, ma Hitler non la molestò mai, perché temeva quella donna che, attraverso le 52 sue visioni, gli annunciava il giorno dell’ira e la sua catastrofe finale. Hitler infatti era soggiogato da tutto ciò che non era spiegabile razionalmente. Una piccola umile donna, segnata dalle piaghe del Cristo, che faceva tremare Hitler e le sue famigerate SS. Teresa si spense nel 1962, a 64 anni. Migliaia e migliaia di persone hanno sollecitato presso la Diocesi di Ratisbona l’inizio del processo di beatificazione. Non si contano più le grazie a lei attribuite, decine sono i miracoli che sarebbero stati fatti per sua intercessione da Dio. Teresa Neumann è stata il segno vivo della presenza del Cristo vivo nella storia. Poiché la fede è l’incontro con il Vivente, credibile, palpabile, operante, anche per mezzo dei Santi. Santa Teresa Newman è la Santa della semplicità e dell'amore eucaristico: Lei viveva solo dell'Eucaristia, dimostrando la veridicità delle parole di Gesù ("La mia carne è veramente cibo, il mio sangue è veramente bevanda"), e l'Eucaristia viveva in Lei. Visse sempre in comunione con Gesù e Maria che le apparivano regolarmente, narrando a Lei tanti episodi della vita privata e pubblica del Signore e della Santa Famiglia.Molti sono, nel corso della storia della Chiesa, i Santi che hanno testimoniato e vissuto la loro speciale devozione all’Eucaristia: sarebbe lungo ed inidoneo, rispetto allo scopo del mio lavoro, enunciarli tutti.Mi sono allora limitato a ricordare due soli casi particolarmente emblematici. 53 54 La Madonna e l’Eucaristia (Dall’Enciclica di San Giovanni Paolo II: “ Ecclesia de eucaristia” ) “Se vogliamo riscoprire in tutta la sua ricchezza il rapporto intimo che lega Chiesa ed eucaristia, non possiamo dimenticare Maria, madre e modello della Chiesa. Nella lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, additando la Vergine santissima come maestra nella contemplazione del volto di Cristo, ho inserito tra i misteri della luce anche l'istituzione dell'eucaristia. In effetti, Maria ci può guidare verso questo santissimo sacramento, perché ha con esso una relazione profonda.A prima vista, il Vangelo tace su questo tema. Nel racconto dell'istituzione, la sera del giovedì santo, non si parla di Maria. Si sa invece che ella era presente tra gli apostoli, «concordi nella pre ghiera» (At 1,14), nella prima comunità radunata dopo l'Ascensione in attesa della Pentecoste. Questa sua presenza non poté certo mancare nelle celebrazioni eucaristiche tra i fedeli della prima generazione cristiana, assidui «nella frazione del pane» (At 2,42).Ma al di là della sua partecipazione al convito eucaristico, il rapporto di Maria con l'eucaristia si può indirettamente delineare a partire dal suo atteggiamento interiore. Maria è donna «eucaristica» con 55 l'intera sua vita. La Chiesa, guardando a Maria come a suo modello, è chiamata a imitarla anche nel suo rapporto con questo mistero santissimo.Mysterium fidei! Se l'eucaristia è mistero di fede, che supera tanto il nostro intelletto da obbligarci al più puro abbandono alla parola di Dio, nessuno come Maria può esserci di sostegno e di guida in simile atteggiamento. Il nostro ripetere il gesto di Cristo nell'Ultima Cena in adempimento del suo mandato: «Fate questo in memoria di me!» diventa al tempo stesso accoglimento dell'invito di Maria a obbedirgli senza esitazione: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5). Con la premura materna testimoniata alle nozze di Cana, Maria sembra dirci: «Non abbiate tentennamenti, fidatevi della parola di mio figlio. Egli, che fu capace di cambiare l'acqua in vino, è ugualmente capace di fare del pane e del vino il suo corpo e il suo sangue, consegnando in questo mistero ai credenti la memoria viva della sua Pasqua, per farsi in tal modo "pane di vita"».In certo senso, Maria ha esercitato la sua fede eucaristica prima ancora che l'eucaristia fosse istituita, per il fatto stesso di aver offerto il suo grembo verginale per l'incarnazione del Verbo di Dio. L'eucaristia, mentre rinvia alla passione e alla risurrezione, si pone al tempo stesso in continuità con l'incarnazione. Maria concepì nell'annunciazione il figlio divino nella verità anche fisica del corpo e del sangue, anticipando in sé ciò che in qualche misura si realizza sacramentalmente in ogni credente che riceve, nel segno del pane e del vino, il corpo e il sangue del Signore.C'è pertanto un'analogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dell'angelo, e l'amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del Signore. A Maria fu chiesto di credere che colui che ella concepiva «per opera dello Spirito Santo» era il «figlio di Dio» (cf. Le 1,30-35). In continuità con la fede della Vergine, nel mistero eucaristico ci viene chiesto di credere che quello stesso Gesù, tiglio di Dio e figlio di Maria, si rende presente con l'intero suo essere umano-divino nei segni del pane e del vino.«Beata colei che ha creduto» (Le 1,45): Maria ha anticipato, nel mistero dell'incarnazione, anche la fede eucaristica della Chiesa. Quando, nella visitazione, porta in grembo il Verbo fatto carne, ella si fa, in qualche modo, «tabernacolo» - il primo «tabernacolo» della storia-dove il figlio di Dio, ancora invisibile agli occhi degli uomini, si concede all'adorazione di Elisabetta, quasi «irradiando» la sua luce attraverso gli occhi e la voce di Maria. E lo sguardo rapito di Maria, nel 56 contemplare il volto di Cristo appena nato e nello stringerlo tra le sue braccia, non è forse l'inarrivabile modello di amore a cui deve ispirarsi ogni nostra comunione eucaristica?Maria fece sua, con tutta la vita accanto a Cristo, e non soltanto sul Calvario, la dimensione sacrificale dell'eucaristia. Quando portò il bimbo Gesù al tempio di Gerusalemme «per offrirlo al Signore» (Le 2,22), si sentì annunciare dal vecchio Simeone che quel bambino sarebbe stato «segno di contraddizione» e che una «spada» avrebbe trapassato anche l'anima di lei (cf. Le 2,34-35). Era preannunciato così il dramma del figlio crocifisso e in qualche modo veniva prefigurato lo «Stabat Mater» della Vergine ai piedi della croce. Preparandosi giorno per giorno al Calvario, Maria vive una sorta di eucaristia anticipata», si direbbe una «comunione spirituale» di desiderio e di offerta, che avrà il suo compimento nell'unione col figlio nella passione, e si esprimerà poi, nel periodo post-pasquale, nella sua partecipazione alla celebrazione eucaristica, presieduta dagli apostoli, quale « memoriale» della passione.Come immaginare i sentimenti di Maria, nell'ascoltare dalla bocca di Pietro, Giovanni, Giacomo e degli altri apostoli le parole dell'ultima cena: «Questo è il mio corpo che è dato per voi» (Le 22,19)? Quel corpo dato in sacrificio e ripresentato nei segni sacramentali era lo stesso corpo concepito nel suo grembo! Ricevere l'eucaristia doveva significare per Maria quasi un ri-accogliere in grembo quel cuore che aveva battuto all'unisono col suo e un rivivere ciò che aveva sperimentato in prima persona sotto la croce.«Fate questo in memoria di me» (Le 22, 19). Nel «memoriale» del Calvario è presente tutto ciò che Cristo ha compiuto nella sua passione e nella sua morte. Pertanto non manca ciò che Cristo ha compiuto anche verso la Madre a nostro favore. A lei infatti consegna il discepolo prediletto e, in lui, consegna ciascuno di noi: «Ecco tuo figlio!». Ugualmente dice anche a ciascuno di noi: «Ecco tua madre!» (cf. Gv 19,26-27). Vivere nell'eucaristia il memoriale della morte di Cristo implica anche ricevere continuamente questo dono. Significa prendere con noi sull'esempio di Giovanni - colei che ogni volta ci viene donata come madre. Significa assumere al tempo stesso l'impegno di conformarci a Cristo, mettendoci alla scuola della Madre e lasciandoci accompagnare da lei. Maria è presente, con la Chiesa e come madre della Chiesa, in ciascuna 57 delle nostre celebrazioni eucaristiche. Se Chiesa ed eucaristia sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed eucaristia. Anche per questo il ricordo di Maria nella celebrazione eucaristica è unanime, sin dall'antichità, nelle Chiese dell'Oriente e dell'Occidente.Nell'eucaristia la Chiesa si unisce pienamente a Cristo e al suo sacrificio, facendo suo lo spirito di Maria. È verità che si può approfondire rileggendo il «Magnificat» in prospettiva eucaristica. L'eucaristia, infatti, come il cantico di Maria, è innanzitutto lode e rendimento di grazie. Quando Maria esclama «l'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore», ella porta in grembo Gesù. Loda il Padre «per» Gesù, ma lo loda anche «in» Gesù e «con» Gesù. È precisamente questo il vero «atteggiamento eucaristico».Al tempo stesso Maria fa memoria delle meraviglie operate da Dio nella storia della salvezza, secondo la promessa fatta ai padri (cf. Le 1,55), annunciando la meraviglia che tutte le supera, l'in carnazione redentrice. Nel Magnificat è infine presente la tensione escatologica dell'eucaristia. Ogni volta che il Figlio di Dio si ripresenta a noi nella «povertà» dei segni sacramentali, pane e vino, è posto nel mondo il germe di quella storia nuova in cui i potenti sono «rovesciati dai troni», e sono «innalzati gli umili» (cf. Le 1,52). Maria canta quei «cieli nuovi» e quella «terra nuova» che nell'eucaristia trovano la loro anticipazione e in certo senso il loro «disegno» programmatico. Se il Magnificat esprime la spiritualità di Maria, nulla più di questa spiritualità ci aiuta a vivere il mistero eucaristico. L'eucaristia ci è data perché la nostra vita, come quella di Maria, sia tutta un magnificat!” L’Eucaristia e la Vergine Maria (Dall’esortazione Apostolica “Sacramentum Caritatis” del Santo Padre Benedetto XVI°) “Dalla relazione tra l’Eucaristia e i singoli Sacramenti, e dal significato escatologico dei santi Misteri, emerge nel suo insieme il profilo dell’esistenza cristiana, chiamata ad essere in ogni istante culto spirituale, offerta di se stessa gradita a Dio. E se è vero che noi tutti siamo ancora in cammino verso il pieno compimento della nostra speranza, questo non toglie che si possa già ora con gratitudine riconoscere che quanto Dio ci ha donato trova perfetta realizzazione nella Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra: la sua Assunzione al cielo in corpo ed anima 58 è per noi segno di sicura speranza, in quanto indica a noi, pellegrini nel tempo, quella meta escatologica che il sacramento dell’Eucaristia ci fa fin d’ora pregustare. In Maria Santissima vediamo perfettamente attuata anche la modalità sacramentale con cui Dio raggiunge e coinvolge nella sua iniziativa salvifica la creatura umana. Dall’Annunciazione alla Pentecoste, Maria di Nazareth appare come al persona la cui libertà è totalmente disponibile alla volontà di Dio. La sua Immacolata Concezione si rivela propriamente nella docilità incondizionata alla Parola divina.La fede obbediente è la forma che la sua vita assume in ogni istante di fronte all’azione di Dio.Vergine in ascolto, ella vive in piena sintonia con la volontà divina; serba nel suo cuore le parole che le vengono da Dio e componendole come in un mosaico, impara a comprenderle più a fondo (Luca 2,19-51). Maria è la grande Credente che, piena di fiducia, si mette nelle mani di Dio, abbandonandosi alla sua volontà.Tale mistero si intensifica fino ad arrivare al pieno coinvolgimento nella missione redentrice di Gesù. Come ha affermato il Concilio Vaticano II, “la beata Vergine avanzò nella pellegrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (Giovanni 19,15) soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata; e finalmente, dallo stesso Gesù morente in croce fu data quale madre al discepolo con queste parole: Donna, ecco tuo figlio”.Dall’Annunciazione fino alla Croce, Maria è colei che accoglie la Parola fattasi carne in lei e giunta fino ad ammutolire nel silenzio della morte.E’ lei, infine, che riceve nelle sue braccia il corpo donato, ormai esanime, di Colui che davvero ha amato i suoi “sino alla fine”(Giovanni 13,1). Per questo, ogni volta che nella Liturgia Eucaristica ci accostiamo al Corpo e Sangue di Cristo, ci rivolgiamo anche a Lei che, aderendovi pienamente, ha accolto per tutta la Chiesa il sacrificio di Cristo.Giustamente i Padri sinodali hanno affermato che “Maria inaugura la partecipazione della Chiesa al sacrificio del Redentore”.Ella è l’Immacolata che accoglie incondiziona-tamente il dono di Dio e, in tal modo, viene associata all’opera della salvezza. Maria di Nazareth, icona della Chiesa nascente, è il modello di come ciascuno di noi è chiamato ad accogliere il dono che Gesù fa di se stesso nell’Eucaristia”. (fine dell’Esortazione apostolica) 59 Maria ed i suoi messaggi sull’Eucaristia Nei Messaggi che la Madonna ci ha dato in tutti questi anni a Medjugorie, ma anche in altri luoghi dove appare, non fa che ripetere a più non posso che non è possibile vivere la propria conversione a Dio senza l’Eucaristia. Gli appelli della Madonna sono accorati, come di una buona Madre che vuole orientare al meglio la vita dei propri figli, conoscendo ciò che è bene per loro e cercando di evitare loro il male. Maria ci parla di Gesù, persona vera e viva, presente nel SSmo Sacramento, fonte di vero amore, espressione viva e palpitante dell’Amore di Dio per gli uomini. Ci parla dell’amore di Gesù per noi e ci chiede di ricambiarlo. La pedagogia di Maria è semplice e disarmante e non lascia spazio ad interpretazioni: è ASSOLUTAMENTE in linea con il Vangelo, nel quale Gesù ci parla senza mezzi termini (“senza di me non potete far nulla”), (“ io sono la vite e voi i tralci”), ( “ Chi mangia di me vivrà per me”). Maria ci invita a conoscere Gesù attraverso la lettura e la meditazione quotidiana della parola, ci chiede di purificarci attraverso atti penitenziali come il digiuno, di alimentarci della grazia divina attraverso la preghiera del cuore e la recita quotidiana del santo rosario, e di attingere alla misericordia divina attraverso il sacramento della riconciliazione. Ma al centro della sua pedagogia c’è l’incontro frequente e se possibile quotidiano con Gesù Eucaristico, nella comunione eucaristica, ma anche nella adorazione quotidiana del SS.mo Sacramento, e non certo come rito o pedaggio per la salvezza personale, ma soprattutto come necessità vitale per l’anima, alla stessa stregua del respiro per il corpo.La Madonna non fa che ripetere di andare alla fonte dell’amore, con amore; di amare l’Eucaristia, di desiderarla perché è per noi, con un amore di desiderio, consapevoli che senza questo amore non si progredisce nelle vie della carità, della giustizia, non si avanza nella direzione dell’eternità che ci attende per la vita senza fine.La Madonna ci dice di non avere paura di Gesù, perché è nostro amico e ci ama, ci chiede di parlargli davanti al tabernacolo come ad una persona viva realmente presente, anche se nascosta ai nostri sensi materiali.Maria ci invita anche a consolare Gesù Eucaristico di tutti gli oltraggi e le indifferenze di cui è fatto oggetto nel mondo con le adorazioni riparatrici.Nei suoi messaggi spesso ci ripete e ci esorta instancabilmente : “Dite a Gesù Eucaristia che lo amate, ripeteteglielo spesso, Egli ama sentirselo dire”. Nella esortazione di Maria, alla 60 consolazione del cuore eucaristico di Gesù, non c’è solo l’intento dell’ invito all’amore, anche di gratitudine e di ringraziamento, verso il Creatore e Redentore, ma c’è anche, in buona misura, una finalità riparatoria per tutti i peccati di ingratitudine e gli oltraggi e le indifferenze dell’umanità, che i fedeli devono opportunamente riparare, anche per collaborare, con il Redentore e con Maria stessa, che è chiaramente corredentrice, ALLA SALVEZZA del mondo e dell’umanità tutta. Infine la Madonna, che ha una chiara conoscenza della verità, immersa come è nel circuito trinitario di luce e di pienezza, sa cosa è il vero bene dei suoi figli, ed in che cosa consiste la vera felicità: Lei sa bene che la felicità è la comunione con Dio e che l’uomo la cerca nelle cose sbagliate, allontanandosi da Dio stesso. Nella Sua pedagogia c’è anche il tema della felicità degli uomini, e Lei lo affronta con dolcezza materna (“Io voglio che siate felici”), ma anche con fermezza e decisione (“Solo Dio può farvi felici”), senza tentennamenti né cedimenti, sulla via della verità. Lei sa che dopo la morte fisica l’anima si separa dal corpo e sarà immediatamente giudicata da Dio: ed allora non ci saranno mezze misure, né ricorsi, né appelli, né raccomandazioni, né tergiversazioni! La sentenza sarà una ed una sola per gli uomini: la felicità eterna con Dio, o la disperazione eterna senza di Lui. Forte di questa consapevolezza la Madonna, come una buona madre, interessata al destino dei suoi figli, non usa mezze misure nell’affermare la verità che è una sola: senza Gesù non possiamo fare nulla, salvo sperimentare il fallimento della nostra vita (“Senza mio Figlio non potete far nulla”) ed ancora, in altri passaggi, la verità estrema ed ultima, quasi un ultimatum (“Decidetevi per Dio”), ma condito sempre dalla sua straordinaria dolcezza materna (“Non temete io sono sempre con voi e non vi abbandono”). 61 62 Conoscere, amare, vivere l’eucaristia e promuovere la devozione eucaristica. Alla luce di quanto abbiamo sino ad ora appreso e meditato sul mistero eucaristico possiamo certamente affermare che esso si chiude inesorabilmente ad un approccio intellettuale e di mera ricerca teologica, per aprirsi alla comprensione delle anime semplici, che si accostano al mistero della presenza divina, nel Santissimo Sacramento, con fiducia, con amore e per amore: costoro hanno accesso alle meraviglie del Sacramento dell’Amore Divino e riescono a gustare le dolcezze del Signore. Questo avviene perché le anime semplici non indagano, si fidano delle parole del Maestro e lo cercano nella Santa Eucaristia perché così Gesù ci ha insegnato: cercano il Maestro, la Sua compagnia, la Sua forza, e non altro; e, gustatane la soavità, non possono fare a meno, quotidianamente o comunque frequentemente, di riceverlo con quell’amore e quel desiderio che arricchiscono l’anima e le fanno pregustare le delizie dell’amore divino. L’Eucaristia è una scuola silenziosa di amore, che piega e mitiga le asprezze dell’anima ; essa è una vera medicina discreta ed efficace che senza clamore risana e guarisce le ferite dell’anima: ma, a differenza delle medicine, che sono amare, poco gradevoli, e che comunque, al massimo, ripristinano lo stato di salute corporale, Essa ci comunica una grande dolcezza frammista a pace, ci riconcilia con il mondo e ci dona la vera vita, non un momentaneo stato di benessere o il recupero di una salute compromessa. La Gioia che l’Eucaristia ci dona è il frutto 63 dell’immersione dell’anima, anche se solo per pochi istanti, nel circuito di Amore Trinitario, nel quale il Signore Gesù ci conduce, assieme a Lui, nella comunione della nostra persona alla Sua Sublime Persona Divina, e costituisce il pegno, l’anticipazione e la pregustazione delle future beatitudini celesti, alle quali le nostre anime sono chiamate alla fine della vita terrena. Il compito di noi tutti non può essere altro che di approfondire la conoscenza delle virtù dell’Eucaristia, per amarla più intensamente, ma anche per promuovere l’amore, la devozione e l’adorazione eucaristica presso tutti i fedeli, e per vivere e testimoniare l’eucaristia, cioè per vivere in modo eucaristico (cioè vivere per l’Eucaristia). Per scoprire qualcosa delle ricchezze sterminate racchiuse nel mistero eucaristico, è necessario che ci applichiamo in un costante esercizio meditativo della mente, del cuore, della volontà. Occorre una meditazione attenta e ordinata sull’Eucaristia, fatta su libri che ci portino alla scoperta e all’approfondimento personale di questo mistero d’amore (semplice, ma ricco, è il volumetto di S. Alfonso M. de’ Liguori, Visite al SS. Sacramento e a Maria SS.; preziosi i due volumetti di S. Pietro Giuliano Eymard, La Presenza Reale, La S. Comunione). Andiamo soprattutto alla scuola di S. Pietro Giuliano Eymard, che fu impareggiabile apostolo dell’Eucaristia. Portare tutti all’Eucaristia fu la sua vocazione e missione. Quando fondò la Congregazione dei Sacerdoti del SS. Sacramento, egli offrì la sua vita per il Regno Eucaristico di Gesù e scrisse allora le ardenti parole: “Eccovi, o caro Gesù, la mia vita: eccomi pronto a mangiare pietre, a morire abbandonato, pur di riuscire a innalzarvi un trono, a darvi una famiglia di amici, un popolo di adoratori”. Se conoscessimo il dono di Dio che è Amore, e che donandoci Se stesso ci dona tutto l’Amore! “L’Eucaristia - dice S. Bernardo - è l’amore che supera tutti gli amori nel cielo e sulla terra”. E S.Tommaso ha scritto: “L’Eucaristia è il Sacramento dell’amore, significa amore, produce amore”. Un giorno un emiro arabo, Abd-el-Kader, girando per le vie di Marsiglia in compagnia di un ufficiale francese, si incontrò con un Sacerdote che portava il S. Viatico a un moribondo. L’ufficiale francese si fermo’, si scoprì il capo e piegò il ginocchio. L’amico gli chiese la ragione di quel saluto. “Adoro il mio Dio che il Sacerdote sta portando a un ammalato”, rispose il bravo ufficiale. “Come mai - reagì l’emiro - potete voi credere 64 che Dio, così grande, si faccia tanto piccolo, e consenta di andare anche nelle soffitte dei poveri? Noi maomettani abbiamo un’idea ben più alta di Dio”. “È perchè voi - replicò l’ufficiale - avete soltanto un’idea della grandezza di Dio; ma non conoscete il suo amore”. Proprio così. "L’Eucaristia - esclama S. Pietro G. Eymard - è la suprema manifestazione dell’amore di Gesù: dopo di essa non c’è più che il cielo”. Eppure, quanti di noi cristiani ignoriamo ancora la portata immensa dell’Amore contenuto nell’Eucaristia! Se ogni cristiano deve amare Gesù Cristo (“Chi non ama il Signore Gesù sia maledetto”: 1 Cor. 16, 22), l’amore verso l’Eucaristia dovrebbe essere spontaneo e sempre vivo in tutti. Ma anche l’amore esige l’esercizio. Bisogna esercitare il cuore a desiderare il vero Bene, a bramare “l’Autore della vita” (Att. 3, 15). La S. Comunione rappresenta il vertice di questo esercizio d’amore che si consuma nell’unione fra il cuore della creatura e Gesù. S. Gemma Galgani poteva esclamare a riguardo: “Non posso più reggere a pensare che Gesù nella prodigiosa espansione del suo amore, si fa sentire e si manifesta all’ultima sua creatura con tutti gli splendori del suo cuore”. E che dire degli “esercizi” del cuore di Santa Gemma che desiderava essere una “tenda d’amore” in cui tenere sempre Gesù con sé? Che bramava avere “un posticino nel ciborio” per poter stare sempre con Gesù? Che chiedeva di poter diventare “la sfera delle fiamme di amore” di Gesù? Quando S. Teresa del Bambino Gesù era già ammalata gravemente, si trascinava con grande sforzo in Chiesa per ricevere Gesù. Una mattina, dopo la S. Comunione, fu trovata nella sua cella, esausta, sfinita. Una delle suore le fece osservare di non doversi sforzare tanto. La Santa rispose: “Oh, che cosa sono queste sofferenze di fronte a una Comunione?” E il suo dolce lamento per non poter fare la Comunione quotidiana (non permessa ai suoi tempi) si risolse nell’invocazione ardente a Gesù: “Restate in me come nel Tabernacolo, non allontanatevi mai dalla vostra piccola ostia”. Quando S. Margherita Maria Alacoque lasciò il mondo e si consacrò a Dio nel monastero, fece un voto particolare e lo scrisse con il suo sangue: “Tutto per l’Eucaristia: nulla per me”. Inutile tentar di descrivere l’amore struggente della Santa per l’Eucaristia. Quando non poteva comunicarsi, 65 usciva in accenti d’affetto bruciante come questi: “Ho un tale desiderio della S. Comunione, che, se fosse necessario camminare a piedi nudi sopra una strada di fuoco per giungervi, lo farei con indicibile gioia”. S. Caterina da Siena diceva spesso al suo Confessore: “Padre, ho fame: per l’amore di Dio date a questa anima il suo nutrimento, Gesù Eucaristico”; oppure, confidava: “Quando non posso ricevere il Signore, vado in Chiesa, ed ivi Lo guardo... Lo guardo ancora...: e questo mi sazia”. La volontà deve esercitarsi nel tradurre in vita le divine lezioni dell’Eucaristia. A che servirebbe scoprire il valore infinito dell’Eucaristia (con la meditazione) per cercare di amarla (con la S. Comunione), se poi non ci si applica a viverla? L’Eucaristia è lezione di amore indicibile, di immolazione totale, di umiltà e nascondimento senza pari, di pazienza e dedizione illimitate. Cosa facciamo noi? Dobbiamo pur realizzare qualcosa ! Possibile che Gesù ci ha amato e ci ama “fino all’eccesso” (Giov. 13, 1), e noi restiamo indifferenti e inerti? Se ci sentiamo deboli e fragili, ricorriamo a Lui, diciamolo a Lui e cerchiamo da Lui senza indugi l’aiuto e il sostegno, perché è proprio Lui che ha detto: “Senza di Me non potete far nulla” (Giov. 15, 5). Ma innanzitutto andiamo da Lui! “Venite a Me... e lo vi ristorerò” (Matt. 11, 28). Andiamo a visitarlo spesso, entrando in Chiesa ogni volta che possiamo e sostando un po’ di tempo presso il Tabernacolo, vicini a Lui col cuore e col corpo. Erano ansia costante dei Santi la “Visita” a Gesù Eucaristico, l’ora di Adorazione eucaristica, le Comunioni Spirituali, le Giaculatorie, gli atti di amore a gettito spontaneo e vivace. Quanto bene ne ricevevano e quanto ne trasmettevano! Un giorno, a Torino, un amico chiese a Pier Giorgio Frassati, suo compagno di università: “Andiamo a prendere un aperitivo”. Pier Giorgio colse a volo l’occasione, e rispose indicando all’amico la vicina Chiesa di S. Domenico: “Ma sì andiamo a prenderlo in quel... bar”. Entrarono in Chiesa e pregarono per un po’ di tempo presso il Tabernacolo; poi, avvicinandosi alla cassetta delle offerte, Pier Giorgio disse: “Ecco l’aperitivo...”. E dalle tasche dei due giovani uscì l’elemosina per i poveri. Pensando all’Eucaristia, S. Giovanni Crisostomo chiese una volta durante la predica: “Come potremmo fare noi dei nostri corpi un’ostia?”. E rispose lui stesso: “I vostri occhi non guardino nulla di cattivo, e avrete offerto un 66 sacrificio; la vostra lingua non preferisca parole sconvenienti, e avrete fatto un’offerta; la vostra mano non commetta peccato, e avrete compiuto un olocausto”. Pensiamo agli occhi di S. Coletta, sempre bassi e raccolti in soave modestia; perché? “I miei occhi li ho riempiti di Gesù che ho fissato all’elevazione dell’Ostia nella S. Messa, e non voglio sovrapporGli nessun’altra immagine”. Pensiamo al riserbo e all’edificazione dei Santi nel parlare, usando esattamente la lingua consacrata dal contatto con il Corpo di Gesù. Pensiamo alle opere buone che le anime innamorate dell’Eucaristia hanno compiuto, perché Gesù comunicava loro i suoi stessi sentimenti di amore a tutti i fratelli, specialmente ai più bisognosi. Non potremmo anche noi esercitare così la nostra volontà? Impariamo dai Santi, e cerchiamo di imitarli. Con l’esercizio della volontà si acquistano le virtù e si progredisce nelle vie della conversione a Dio secondo i comandamenti divini. Con l’esercizio della volontà compiamo le opere di carità e di giustizia gradite a Dio e testimoniamo realmente in modo concreto ed inoppugnabile la nostra Fede nel Vangelo e nel Signore Nostro Gesù Cristo, ed onoriamo la Santissima Eucaristia che ci plasma e ci trasforma, ma attende da noi una prova di fedeltà e di amore vero, non parolaio, attraverso le nostre opere, le sole che confermano la nostra fede rendendola viva ed operante. Se vogliamo un argomento decisivo e convincente per promuovere negli altri l’amore e la devozione verso il Santissimo Sacramento, o tutti noi che ci accostiamo ad Esso spesso, dicendo di amarlo, possiamo solo suggerire il migliore, il più efficace degli argomenti: Amiamo, solo e soltanto amiamo, come il Signore ci ha insegnato ad amare. Con la testimonianza di vita nell’amore convinceremo, stupiremo, ammaestreremo, convertiremo molte persone: se noi dimoreremo nell’amore l’Eucaristia dimorerà in noi, ed in noi sarà la luce per illuminare le genti, la luce ci precederà, saremo il sale della terra, e la giustizia ci camminerà davanti. 67 68 CONCLUSIONI Abbiamo provato in queste pagine a contemplare il Mistero Eucaristico e lo abbiamo fatto in nove incontri comunitari, nel corso dei quali era vibrante e percepibile l’amorosa devozione alla Santa Eucaristia. Non si può dire che non ci fosse curiosità nel desiderio di approfondire il Mistero, ma quella curiosità era santa e benedetta, perché rispettosa e finalizzata a conoscere meglio, per amare di più e meglio, e per desiderare di più, e con maggiore devozione, il nostro quotidiano incontro con il Signore. Abbiamo approfondito, credo, bene la missione della riparazione eucaristica, così come abbiamo, in modo esteso e chiaro, spiegato la necessità e l’importanza della adorazione eucaristica, personale e comunitaria. Abbiamo infine insistito molto sulla necessità di vivere l’Eucaristia e di diventare tutti quanti anime eucaristiche, compiendo lo sforzo di dare compimento alla comunione eucaristica con il Signore, che comincia consumando l’Eucaristia nella Santa Messa, ma continua nell’adempimento della nostra missione quotidiana nella società, nella famiglia, nella comunità, tra gli amici ed i nemici, e nel posto di lavoro. Il mio augurio è che questo lavoro, uno tra i tanti, sicuramente tra i più modesti ed insignificanti nella vasta letteratura cattolica sull’argomento, ma certamente realizzato con grande amore e dedizione a Gesù Eucaristico e con spirito di servizio verso tutti coloro che lo leggeranno, possa essere veramente utile, e possa servire a trarre, dalle nostre profondità spirituali, le migliori energie da donare al Signore all’insegna della nostra più totale dedizione. Gioacchino Ventimiglia 69 70 71 72