Distopicus Garden
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Distopicus Garden
Emanuele Magri Distopicus Garden a cura di Hana Krenkova DISTOPICUS GARDEN mostra personale di Emanuele Magri a cura di Hana Krenkova Testi critici di Eleonora Fiorani Angela Madesani Progetto grafico di Dorino Iemmi Emanuele Magri Spazio Ostrakon via Pastrengo 15 Milano 5-21 Marzo 2015 H: Questa volta il “Distopicus Garden” è stato collocato in una grande serra di plexiglass, dove però l’acqua viene portata per nutrire le piante in modo elaborato e così la serra nello stesso tempo diventa anche una “Fontana Cantante”. In quest’installazione in realtà hai unito due lavori ormai significativi per te, ma che sono molto diversi sia per concetto che per forma e aspetto. Hana Krenkova intervista Emanuele Magri E.: Nel corso del tempo ho sviluppato più lavori… Le fontane sono armonia e le piante sono mostri, disarmonia, perché suppongono interventi pesanti nel naturale. Anche se sia uno che l’altro hanno il risvolto opposto che sta nel fatto che interventi sulla natura sono sempre stati fatti e che per quanto riguarda l’armonia basta pochissimo perché salti per un nonnulla. L’uno è Mondrian, l’ossessione che tutto sia in equilibrio e che funzioni, l’altro è la demenza umana che vuole ricostruire l’universo, il mondo, l’uomo. Smembrare l’uomo e ricomporlo prendendone alcune parti. Allora la scommessa era mettere insieme le due cose e volendo ci si possono vedere quante metafore si vuole. Si può dire che la struttura dell’installazione è l’impalcatura sociale creata per migliorare il mondo, ma che nutre mostri. Credo che la metafora installazione-mondo funzioni sempre, vale anche per un quadro e una scultura ma lì, nell'installazione, è essere nel mondo, muoversi all’interno del mondo. E quello che succede lì dentro è il particolare, il contingente. Si può dire che la pompa idraulica è quella che dà lo slancio vitale che permette all’acqua di circolare, di creare suoni e immagini di movimento. Il destino dell'acqua è tornare al punto di partenza e il destino della pompa è di essere staccata dalla presa elettrica. H: Che cosa ti ha fatto pensare di unire questi due lavori? La loro diversità ha giocato contro o a favore? E: C'è un momento in cui tutti i messaggi sembrano ovvii. Tutti quelli citati di solito: dal documentare luoghi, situazioni, stati d’animo, conflitti socio-politici, asserzioni filosofiche, drammi, la pratica così e colà. Quindi o mi rifugio nell'ironia e nel gioco come ho fatto con i lavori precedenti, oppure nelle ipotesi come ho fatto, per esempio, con Fandonia. Questo è un progetto, è un’ipotesi e come tale è presentata con espositori e sagome. Le piante sono sagome che appartengono alla cartellonistica, al mondo degli espositori pubblicitari o da cinema, e la serra non e' una serra ma un padiglione che può essere tutto e niente, uno spazio tipo circo, esposizione di meraviglie, esibizione sacra, ecc. Tutto, meno che ripresa di pezzi di realtà come usa molta parte dell'arte contemporanea. H: Gli elementi del corpo umano non sono presi soltanto dall’atlante anatomico ma anche dai quadri e sculture famosi. Qui sei vicino al linguaggio surrealista che spesso nei collage usava singole parti del corpo umano per creare nuove visioni. Hai qualche legame col collage surrealista? E: L'idea è che i nostri ingegneri genetici prendano organi interni del corpo umano e su questi innestino, come frutti, tessuti che riproducono organi esterni, occhi, naso, bocca, rifacendosi anche a opere d'arte di varie culture. Dadaismo e surrealismo c’entrano sempre quando si parla di gioco e di ironia. Di distruggere, distorcere, decostruire. I surrealisti lavoravano sul sogno e l'inconscio, qui si lavora su un futuro probabile agendo con razionalità. Diciamo che è una demenza razionalizzata. Anche il passaggio dalle piante agli animali non è poi così surreale. La gente ha bisogno di avere un cane o un gatto per avere compagnia, affetto, per avere qualcuno a cui dire “a cuccia” o “alzati.”. Oppure per avere qualcuno da scatenare contro gli altri. E allora se andiamo sul viscerale ecco animali-viscere. H: “Distopicus Garden” presenta le piante anche come “attori” che recitano. Le poesie sono scritte su misura per ogni pianta da Paolo Gentiluomo. Come è nata questa idea? E: Io lavoro con la parola da sempre. Ho scritto testi come le Bandierine che però sono anche oggetti (presentate da Biagio Cepollaro). Ho scritto gli Oracoli Corporali, testi che partono da immagini seguendo il meccanismo del rebus. Poi ho lavorato con poeti come quelli del gruppo 93 di Genova traducendo in oggetti i loro testi. Considero uno di loro, Paolo Gentiluomo, il mio alter ego poetico. Con lui e Marcello Frixione abbiamo lavorato a Fandonia, un’ipotesi di città demenziale. Quando ho deciso che alle piante dovevano essere innestati testi chi meglio di Paolo poteva fare il lavoro di taglia e incolla poetico che io avevo fatto con le immagini di organi umani? Tempo fa con Paolo Gentiluomo avevamo pensato a una soluzione più performance, tipo circo. Con lui che presenta i mostri chiusi in varie camere, come si faceva già nell’Ottocento, quando si presentavano esseri umani con malformazioni. Anche qui, nella mostra attuale, quindi, si poteva accentuare l’aspetto spettacolare dell’acqua trasparente che passa nei tubicini facendo bollicine ribollendo nei vasi. Proiettare il video direttamente sull'installazione e giocare con lucine appunto tipo circo. Invece ho preferito lasciare che le due cose fossero leggibili ognuna per conto suo. Il gioco dell'acqua e la lettura delle immagini. H: Le piante, anche se ben nutrite, non cresceranno mai. Rimarranno sempre un’immagine bidimensionale. Si può dire che dopo un percorso elaborato torniamo al punto di partenza. Era tua intenzione tornare alla forma iniziale dell’immagine? E: Le sagome rimangono tali. Nel video parlano, nelle foto si muovono nel mondo reale. Nell’installazione fingiamo che vengano nutrite. Il mio lavoro si può sintetizzare con la domanda “cosa facciamo quando teorizziamo?“ Costruiamo una impalcatura concettuale. Oggettuale nel caso dell’arte. Gli oggetti diventano simboli. Costruiamo sempre una realtà parallela. Per questo, forse, io sento il bisogno di prendere le distanze anche dall’oggetto – non oggetto che uso. Lo guardo quasi con distacco, come dire : tu devi solo dire delle cose ma non sei importante.... che è il discorso ben rappresentato dal metacrilato : devi essere trasparente, un fantasma … e anche le piante sagome sono così. Distopicus Garden di Eleonora Fiorani In un labirinto trasparente in plexiglas a struttura modulare, articolato come una cattedrale strutturata per quadrati al cui centro si irradia l’acqua, fonte vitale di un immaginario Distopicus Garden, un laboratorio di ingegneria genetica, abitato da immaginifiche e inaspettate creature, create da un processo di metamorfosi e di innesti su piante e animali di organi umani mutando la loro natura originaria, o meglio riprogettandola. in combinazioni complesse di parti e con varianti. Creature mostruose di un mondo prossimo venturo che già le bio e le nanotecnologie hanno reso parte del nostro presente. Le accompagnano immagini che ampliano e espandono il campo visivo e l’immaginario verso altri scenari possibili e futuribili in cui queste creature escono dal giardino-laboratorio per abitare, come animali e piante domestiche, le strade del mondo e invadere il nostro quotidiano. E’ questo l’approdo del percorso artistico di Emanuele Magri che parte da lontano, da La setta delle S’Arte, una sconcertante e camaleontica opera e performance-spettacolo, che ha generato opere e ulteriori messe in scena che ripercorrono la storia delle civiltà, nostra e altrui, mettendo in gioco il corpo, la moda e l’arte attuando una sorta di “travestimento” antropologico che sceglie il corpo, la veste, il rito, indagati dalle civiltà primitive a quelle contemporanee. Una veste che diventa maschera-vestito-testo-rito, in cui il gioco linguistico gioca un ruolo determinante perché a suo dire “giocare con la parola significa giocare con il mondo”. E’ traduzione linguistica del mondo, quindi dell’arte stessa in cui gli esseri umani sono <<messi in pagina>> - diceva Michel De Certeau - sono <<tramutati in significanti delle regole>>, mentre il logos della società si fa “carne”. Nei Buddhagres sono le cose che, feticisticamente, prendono il posto dei corpi, mentre il corpo del Buddha diviene uno scrigno-contenitore di feticci che sostituiscono il corpo dell’artista e dell’opera. Gli oggetti che Magri ci mostra sono tutti rappresentanti e maschere del corpo dell’artista. Sono anche ciò in cui l’arte sembra dissolversi per cui l’atto di citazione e di carnevalizzazione, di grottesco investe direttamente, nella sua rappresentazione o immagine, l’arte nel corpo stesso dell’artista nell’indistinzione da essa assunta con l’opera. Cappelli di Beuys, Serra, Luthy, scarpe di Horn, Johns, Gagliardi, vestiti di Depero, Fabre, Gilbert e Gorge, e borse, reggiseni…ciò che Magri ci mostra sono oggetti e frammenti di corpi, feticci, che si sostituiscono alla persona come insostituibili oggetti d’amore. Ciò che accumuna il lungo percorso della ricerca è nell’emergere progressivo, nell’intricato gioco tra oggetti, immagini e parole, della dimensione del meraviglioso e del grottesco, che viene ad occupare tutta la messa in scena. Anche il Distopicus Garden, infatti è installazione in cui viene portata all’estremo la scomposizione e l’assemblaggio delle parti del corpo interne e esterne, il che equivale alla scomposizione e al rimontaggio di nuove creature foriere di un nuovo mondo utilizzando l’uso delle infinite possibilità di manipolazione che le nuove tecnologie mettono a disposizione. E Magri lo fa con valenza dissacratoria, ironica o ludica, facendo il verso alla stessa scienza, riscrivendo le tassonomie di piante e animali, dando il nome alle nuove creature e compilando un “ trattato di artologia genetica”, in una sorta di slittamento del confine tra ciò che vero e ciò che è falso, tra ciò che è serio e ciò che è ludico, tra riflessione critica e immaginazione, giocando con l’ibridazione per immaginare e dar vita a creature transgeniche. E tuttavia la ricerca di Magri non si apparenta a quanti nell’arte lo hanno fatto operando sul proprio corpo come fa, per esempio, Stelarc con il terzo orecchio e il terzo braccio, o manipolando il Dna come fa Edoardo Krac con i suoi conigli e pesci fosforescenti nel settore più problematico e eticamente discutibile che sono quelli della bioart e quelli delle biotecnologie che hanno dato avvio a mostruose creature come i Misfits di Grünfeld e gli ibridi di Filippo Armenise. A me pare, infatti che Magri, pur nel riferimento attualissimo alle biotecnologie, si apparenti piuttosto a un più antico repertorio di immagini di origine orientale o iranica, che è largamente presente nella glittica greco-romana e poi, con i sui propri modi, nel gotico medioevale, un mondo di strane creature, ottenute per combinazioni di parti, analizzata da quello straordinario critico e iconografo che è Jurgis Baltrusaitis nel suo Medioevo fantastico. Vi compaiono i mostri ottenuti per combinazioni di teste con gambe o facce multiple su differenti parti del corpo, i grilli antichi, le divinità acefale e multicefale. E loro presenza nel 400 e 500, come quelle magnifiche di Bosch con i suoi grilli uccello e grilli insetto e i vari ritratti. E ci sono anche le piante zoomorfe e le piante parlanti nelle leggende e immagini islamiche, l’Albero della Vita con le teste e tutti gli immaginifici alberi medioevali e molto altro ancora. E’ quello che lo storico Jacques Le Goff chiama il meraviglioso, termine che viene da mirror, per dire che fa spalancare gli occhi, e dunque ha sempre a che fare con il vedere: comporta un guardare. Il fatto è che ogni società secerne il suo meraviglioso e dà ad esso i suoi propri significati. Mentre quello medioevale e della prima modernità del 400-500 attingevano dal mondo orientale e greco-romano, è a Freud e al lato notturno e oscuro della psiche umana che ha volto lo sguardo l’arte visionaria dei surrealisti nella sua stessa componente erotica in cui vita e morte si confondono. Ora a me sembra invece che il meraviglioso contemporaneo abbia a che fare piuttosto con le nuove tecnologie, ma nel farlo a sua volta Magri ne coglie e fa riferimento alla sua valenza gotica tutt’altro che estranea al meraviglioso tecnologico e che quindi più che con una categoria astratta, come modernamente intendiamo il meraviglioso, siamo di fronte a una nuova forma di mirabilia, che non sono solo cose che l’uomo può ammirare con gli occhi ma anche immagini e metafore visive. Così, mentre l’inesausta proliferazione e invenzione linguistica fatta da Magri dei nomi e delle teorizzazioni e le tassonomia organizzano il ciclo delle opere mimando la metodologia scientifica nel suo stesso uso della lingua morta del latino, ben altro dicono le piante, gli animali, i bipedi (organi dotati di piedi), i bipedi al guinzaglio, gli inversi, a cui si aggiungono la serra e il Trattato di artologia. In essi domina la leggerezza e una sorta di innocenza. Ciò che ci incanta è l’invenzione delle forme e dei colori delle creature fantastiche e degli organi che ospitano: bocche, nasi, gambe, piedi, fegati, polmoni, genitali, bulbi oculari, occhi…. per il loro essere dotati, in una sorta di moderno animismo, da una sconvolgente vivacità. E, se certo possiamo anche cogliere vedere nel Distopicus Garden il valore conoscitivo e critico dell’arte, il sospetto che emerge, nell’interrogarci sul ruolo delle nuove biotecnologie e su ciò che si nasconde nell’attuale ritorno alla natura, è su chi sono i veri mostri. Mi vengono allora in mente apparentamenti con alcune figurazioni che troviamo nelle Notes in Hand, il privato notebook di Claes Oldenburg o le strane creature dell’universo immaginifico di Tony Ousler in cui sfumano i confini tra essere uomini ed essere cose in un processo di metamorfosi che trasfigura le loro fisionomie in una più simile a quella animale o vegetale. risorse espressive computer grafica: trapianto di organi umani su creature fitomorfe con photoshop scultura: stampe bifacciali su forex di immagini di piante da mettere in vaso Installazione: costruzione della serra di incubazione in plexiglas con impianto di irrigazione video: animazione in cui le piante recitano i testi poetici innestati poesia: prelievo di testi poetici di autori vari di paolo getiluomo fase 2 incubazione distopicus garden: installazione pompa idraulica, acqua, plexiglas, stampe bifacciali su forex fase 3 Autori innestati innesto della parola Il botanico botanizzato OPERA VIDEO testi innestati da Paolo Gentiluomo piante innestate con organi umani da Emanuele Magri Animazioni di Teo Telloli Vittorio Alfieri - Angelo Ambrogini detto il Poliziano - Amaruka - Antonin Artaud -Pellegrino Artusi - Giorgio Baffo – Samuel Beckett - Francesco Berni - Guido Cavalcanti - Guido Ceronetti dal Salmo 139 - Leonardo Da Autori innestatiVinci - Fazio Degli Uberti - Pier Delle Vigne - Lorenzo De Medici detto il Magnifico - DoVittorio Alfierimenico - AngeloDi Ambrogini dettodetto il Burchiello - InGiovanni il Poliziano - Amaruka - Antonin Artaud nocenzo Frugoni – Harsadeva - Franz Kafka -Pellegrino Artusi - Giorgio Baffo – Samuel - Giacomo Leopardi Beckett - Francesco Berni - Guido Cavalcan-- Ludovico Leporeo ti - Guido Ceronetti dal Salmo 139 - Leo- Manzoni - Giambatti– Magha - Alessandro nardo Da Vinci sta - Fazio Degli Uberti - Pier Monti - Giammaria Marino - Vincenzo Delle Vigne - Lorenzo De Medici detto il Ortes - Giuseppe Magnifico - Domenico Di Giovanni detto ilParini - Francesco Petrarca Raymond Queneau - PaoBurchiello - Innocezo Frugoni –- Harsadeva - Franz Kafka - Giacomo Leopardi - Ludovi- Scroffa – William lo Rolli - Camillo co Leporeo – Magha - Alessandro Manzoni Shakespeare- Iginio Ugo Tar- Giambattista Marino - Vincenzo Monti chetti Zanella Giammaria Ortes - Giuseppe Parini- Giacomo - Francesco Petrarca - Raymond Queneau - Paolo Rolli - Camillo Scroffa – William Shakespeare- Iginio Ugo Tarchetti - Giacomo Zanella bondage distopicus pantheon ADD O MINUS A P P LPantheon Edistopicus NERVOSUS BULBOSAUDEK BRONCHIOLUS BRONCHIO FIAMMINGUS CERVELLOTICUS CISTI LEONARDA CROMODIVUS DOMINUS ERMAPHRODITUS ETRUSCUS FEGA NIGER FICUSCRISTUS GENIALIS HERMES INCISIVUS NIGERIA LUTERANUS MANITOCCHIUS MAPPLENERVOSUS MIDOLLUSDEA MIOCARDIUS NEUROSESSUS OVULUS BUDDISTICUS ORECCHINUS OCULUS OCCHICCO OCCHICCUS MOLTEPLICIS OVARIUS ISLAMICUS OLFATTUS OVOLUS PEDESTRIS PANCREAS BENEDICENTIS PANCREASENIDEA PER VASUS OLFATTUS PODUS NIGER QUIDLIBETRENE’ URLANS SOLUS TENUISCRISTUS UTEROCULUS VERONICUSZOTICUS COSTANTI PRATICHE DI ATTRAVERSAMENTO E CATALOGAZIONE. PERCORSI ATTRAVERSO L’ACQUA, IL CORPO, LA PAROLA E LA STORIA DELL’ARTE. CATALOGHI DI VESTITI D’ARTISTA, STRUTTURE MINIMALI, TESTI POETICI, VIDEO, LUOGHI E PARTI DEL CORPO percorsi, labirinti, attraversamenti nell’acqua non c’è sapere o arte o legge che non si iscriva sui corpi, che non se ne appropri, che non li marchi facendone un testo. E lo fa attraverso iniziazioni e riti cosicchè i corpi diventano quadri viventi di regole e costumi, attori di un teatro sociale. Allora i vestiti stessi possono essere intesi come strumenti grazie ai quali la legge sociale plasma i corpi Eleonora Fiorani IRIS PETTO PER LE ARTI Oracoli corporali in amari tempi di intollerabile paura di Angela Madesani I rebus sono giochi per abili solutori di enigmistica. Chi è in grado di risolverli entra nella loro dinamica, negli intrecci, nei rapporti spazio-temporali determinanti per giungere al risultato. Una criptica vignetta si spiana in brevi frasi senza valore concettuale: la nonna tesse la tela, cammelli vagolanti nel deserto e così via. Sostantivi, aggettivi, articoli, preposizioni: nulla di più. Con Emanuele Magri la situazione è assai diversa. L’artista, è vero, entra a pieno nella dinamica dell’enigmistica, che ben conosce e diviene lui stesso creatore di rebus, ma lo scopo è totalmente diverso. Le immagini, con le quali lavora, perlopiù fotografiche (1), da lui realizzate in tempi e luoghi diversi, sono giocose, gradevoli. Spesso ci troviamo di fronte a corpi nudi femminili: titolo della serie di lavori in mostra è Oracoli corporali (2). Le soluzioni degli stessi non sono sempre facili da trovare, ma poco importa perché nella maggior parte dei casi è lui stesso a svelarcele insieme al rebus. Non sono frasi casuali quanto pesanti considerazioni sul tempo in cui viviamo. È questo un lavoro che auspica una partecipazione dello spettatore che diviene attore dell’opera. Lo spirito non è quello del gioco. Attraverso il rebus Magri riesce ad analizzare, a prendere in considerazione delle situazioni. A rebus risolto prende il via una seconda fase, quella puramente riflessiva della sua ricerca. Si tratta di essenziali aforismi che sottolineano il clima del tempo in cui ci è dato vivere: tempi amari. Il suo rapporto con la scrittura, con il linguaggio è intenso (3). Dietro un’immagine piacevole c’è il risvolto lapidario della medaglia, che va al cuore delle cose: tocchi l’argomento delicato. Come non far correre il pensiero alle tristi cronache italiane dell’oggi: aver diversi ciarpami morali, ti spianerà la strada, far ingenerose illazioni, chi nasce dedito all’oro, esaltare nefandi valori, fama scellerata, loschi e nati mediocri, aver mire nefande ? È un ritratto tragico e cinico al tempo stesso, in cui la bellezza è solo il punto di partenza. I riferimenti mi paiono chiari. Non sarà certo una risata a seppellirci, anche se, forse, sarebbe auspicabile. Dietro la sola apparente leggerezza del gioco si cela la scelleratezza di un momento storico incerto, in cui a dominare è una paura diffusa, un bisogno di audience a tutti i costi, la mancanza pressochè totale di prospettive, di un progetto e di un sogno collettivo. Il rebus è lo sbriciolamento della parola, che perde di senso. Anche qui si va oltre l’immediatezza della lettura. Si pensi al mondo della comunicazione pubblicitaria, in cui immagini accattivanti sono accompagnate da frasi scollate e prive di senso. Il codice linguistico e il codice iconografico sono indipendenti l’uno dall’altro. L’interesse non è nei confronti del gioco e della sua soluzione, come a Roy Lichtenstein non era certo il fumetto a interessare. Il medium è messaggio per citare le parole di uno dei nostri padri culturali, di cui quest’anno cade il centenario dalla nascita, Marshall McLuhan. Nei lavori di Emanuele Magri, viaggiatore, incuriosito da mondi diversi, l’immagine veicola messaggi eterogenei di natura sociale, etica, filosofica e i corpi mettono in scena un testo particolarmente oneroso. La sua opera è stata recentemente esposta nell’interessante mostra romana Ah che rebus (4). Qui il suo lavoro è una sorta di totem, collocato in mezzo alla sala espositiva: un’architettura del linguaggio. Lo spettatore deve compiere un’azione fisica oltre che mentale, per riuscire a cogliere l’opera nella sua completezza. In un tempo di velocità, di abituale distrazione di fronte a tutto, di consumo veloce delle cose, il suo è un tentativo di catturare lo spettatore e di imporgli, gentilmente, una breve, ma succosa pausa di riflessione. Le sue riflessioni sono anche di natura esistenziale: una sorte fragile, come rose appassite, aver dura la vita. Si percepisce un senso sottile e profondo al tempo stesso di morte, di precarietà. Tutto è legato all’attimo, all’istante, in aperto contrasto con quanto ci è dato vedere. «Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!», così Dante nel Purgatorio, sono passati settecento anni, ma il discorso funziona ancora. Si tagliano i soldi per la cultura e i musei diventano affittacamere e Magri, pacato, come nel suo stile propone a soluzione di un rebus: chi usa le arti per fini negativi. e Magri, pacato, come nel suo stile propone a soluzione di un rebus: chi usa le arti per fini negativi. (1) Si tratta di una messa in scena della fotografia nella sua accezione primaria. (2) Ci sono Oracoli corporali di diverse forme: alcune rimandano al quadrato, altre sono mensole di misure diverse in cui le opere sono come dei piccoli paraventi. E quindi le strisce che sono come una parte soltanto progettuale della mostra. E quindi l’opera totem, come quella esposta a Palazzo Poli, a Roma. (3) Emanuele Magri ha una formazione letteraria e per molti anni ha insegnato storia dell’arte. (4) A cura di A.Sbrilli e A.De Pirro, Ah che rebus Cinque secoli di enigmi fra arte e gioco in Italia, Istituto Nazionale per la Grafica, Palazzo Poli, Roma dicembre 2010-marzo 2011 (catalogo Mazzotta). (1) Si tratta di una messa in scena della fotografia nella sua accezione primaria. (2) Ci sono Oracoli corporali di diverse forme: alcune rimandano al quadrato, altre sono mensole di misure diverse in cui le opere sono come dei piccoli paraventi. E quindi le strisce che sono come una parte soltanto progettuale della mostra. E quindi l’opera totem, come quella esposta a Palazzo Poli, a Roma. (3) Emanuele Magri ha una formazione letteraria e per molti anni ha insegnato storia dell’arte. (4) A cura di A.Sbrilli e A.De Pirro, Ah che rebus Cinque secoli di enigmi fra arte e gioco in Italia, Istituto Nazionale per la Grafica, Palazzo Poli, Roma dicembre 2010-marzo 2011 (catalogo Mazzotta). L A PRE FERITA POESIE CON L’OBBLIGO DI INIZIO VERSO EMANUELE MAGRI Dagli anni settanta si occupa di scrittura e arti visive. Ha creato mondi tassonomicamente definiti, nei quali sperimenta l’autoreferenzialità del linguaggio, come “La Setta delle S’arte” nella quale i vestiti rituali sono fatti partendo da parole con più significati, il “Trattato di artologia genetica” in cui si configura una serie di piante ottenute da innesti di organi umani, di occhi, mani, bocche, ecc, e il progetto “Fandonia” una città in cui tutto è doppio e ibrido. Ha sviluppato gli oggetti-parola Bandierine (dal 1990) e gli Stendardi (dal 1992), i corpi-parola e vestiti-parola dell’universo parallelo de “La setta delle S’Arte” (dal 1995, con utilizzo di sciarade, palindromi, falsi vezzeggiativi), gli Oracoli Corporali (dal 2000, rebus con parole che indicano parti del corpo). Selezione di mostre collettive e personali: 1985 Doppio asso Galleria Unimedia, Genova, , a cura di Caterina Gualco 1986 Il tuffatore della cascata Galleria Unimedia, Genova, 1987 Artisti della Galleria Galleria Unimedia, Genova, 1988 Trasparenza Studio Leonardi V-idea, Genova,, presentazione di Giulio Ciavoliello, performance del gruppo Arbalete 1989 Costellazioni Studio Leonardi V-idea, Genova, 1990 Fontana Galleria Murnik, Milano, 1990 100 bandierine 5 volte l’alfabeto, presentazione di Biagio Cepollaro e Franco Bolelli, Libreria Buchmesse Milano, Salone dei piccoli editori Castello di Belgioioso, Galleria Leonardi di Genova 1992 Poesie a forma di bandierine colorate e Stendardi, Spazio mostre Zelig/Smemoranda, Mi, 1993 Slittamenti, su testi del gruppo AltriLuoghi (Paolo Gentiluomo, Marco Berisso, Pietro Cademartori, Marcello Frixione), presentazione di Gabriele Perretta, Cisterne di Santa Maria di Castello, Genova 1995 La setta delle S’Arte, a cura di Museo Teo, Castello di Piovera, 1998 La setta delle S’Arte. Il Video, in Festa dell'arte, a cura di Lucrezia De Domizio Durini, Santa Sofia (Forlì) 1999 Ibridazioni, in Nuovi territori della scienza e della tecnica, dell'arte e della mente, a cura di Jacqueline Ceresoli e Eleonora Fiorani, Museo civico di storia naturale, Milano 1999 La setta delle S’Arte: Oracoli Corporali, edizioni PULCINOELEFANTE stampato in 60 esemplari 2000 Oracoli Corporali, presentazione di Angela Madesani, Galleria Lattuada, Milano 2001 Oracoli Corporali, a cura di Lanfranco Colombo, Giovenzana, Milano 2003 Oracoli corporali. Messa in scena, in Leggere non leggere, Galleria Derbilius Milano 2004 Vestiti!, presentazione di Eleonora Fiorani e Mirtha Mazzocchi, Galleria 10.2! Milano 2005 Campionario di tessuti per “Vestiti”, MIART Milano 2006 Vestiti, in Black fast fashion, Superstudio più Milano 2007 Deposizione, in Lattuada Photographers, Galleria Lattuada Milano 2008 Il Botanico Botanizzato, mostra e performance con Paolo Gentiluomo, a cura di Matteo Galbiati e Maria Rosa Pividori, Galleria Studio 10 Vercelli. 2010 Ah che rebus. Immagini da decifrare Istituto Nazionale per la Grafica, Palazzo Poli Roma a cura di Antonella Sbrilli e Ada De Pirro 2011 Oracoli Corporali, Tempi A mari. presentazione di Angela Madesani e di Eleonora Fiorani, Galleria 10.2! Milano 2011 Il labirinto Chimere a cura di Eleonora Fiorani Fondazione Mudima 2012 Fame di terra alla Galleria Amy-d 2013 Frames e Poiesis Rassegna di Videopoesia Poesiavideo Progetto di Emanuele Magri curato con Biagio Cepollaro alla Galleria 10.2!, al Teatro I di Milano e al Mood di Torino. 2014 Fontana nella mostra Aqua all'ex Fornace, Milano 2015 Distopicus Garden a cura di Hana Krenkova alla Galleria Ostrakon, Milano Scrive su artisti, gallerie, mostre e fiere nel mondo per la rivista: “Juliet art magazine” Hanno scritto di lui : Franco Bolelli, Omar Calabrese, Biagio Cepollaro, Jacqueline Ceresoli, Giulio Ciavoliello, Riccardo Ferrari, Eleonora Fiorani, Alessandra Galletta, Angela Madesani, Mirtha Mazzocchi, Gabriele Perretta, Roberta Ridolfi, Antonella Sbrilli, Carmelo Strano. Foto di Piero Biasion Finito di stampare Marzo 2015