Il buono, il brutto e il cattivo
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Il buono, il brutto e il cattivo
Con rispetto parlando Il buono, il brutto e il cattivo di Massimo Camiolo* Non essendo un leguleio non sono in grado di addentrarmi in una lettura tecnica della nuova legge sull’affido condiviso, ma, anche così, qualche dubbio sulla sua efficacia e sui possibili rischi mi affligge. Note critiche sono già state stese in modo molto più nobile e puntuale di quanto io possa fare, ma lo stimolo è troppo intenso, l’occasione è gustosa e quindi mi soffermo su un tema che è già stato ampiamente dibattuto. Se è vero che il semiautomatismo dell’affido condiviso può rappresentare il riconoscimento di un “diritto civile” per il genitore separato/divorziato non convivente con la prole, sul piano concreto, se una coppia genitoriale è comunque conflittuale e mordace, non è che l’affido condiviso diventa ulteriore opportunità per innalzare il livello di scontro? Se si, chi ci guadagna? I figli, cronicamente messi tra l’incudine e il martello? I due genitori, che vedono “legalizzato” il loro impeto da Rotweiler? Le forze dell’ordine, che dovranno costituire nuovi nuclei operativi per contenere assalti a portoni, tentativi di sfondamento di finestre, schiamazzi diurni e notturni, oltre che accogliere qualche container (ordine di misura) di denunce-querele tra ex coniugi, ex conviventi, ex compagni? I magistrati, che dovranno rinunciare alle ferie per gestire l’impennata di ricorsi per modifiche, contenziosi, recriminazioni, ripicche? I cancellieri, che trascorreranno anche le ore notturne ad accogliere e organizzare documenti, istanze, memorie e quant’altro? I gestori delle comunicazioni, che vedranno incrementare il fatturato grazie allo scambio di SMS e di fax carichi di insulti, minacce e avvertimenti? Gli avvocati, che apriranno nuovi studi per fare fronte a onde anomale (nelle dimensioni) di vecchi e nuovi clienti assetati di vendetta? Gli psicologi e gli psichiatri, che penseranno seriamente di abbandonare la loro famiglia, la casa al mare e/o in montagna, la settimana bianca, i convegni nazionali e internazionali, oltre che l’attività clinica in senso stretto, per dedicarsi a tempo pieno alla consulenza tecnica? Qualche risposta penso di averla, ma non voglio influenzare chicchessia, per cui mi ritraggo nel mio orticello e mi fermo a elucubrare su quest’ultima categoria, quella cui molto modestamente appartengo. Il consulente tecnico d’ufficio svolge in ambito minorile e “famiglista” un’importante funzione di supporto alla decisionalità del giudice di fronte a coppie genitoriali che non riescono a consensualizzare la gestione dei figli dopo la fine della coppia coniugale: è colui/colei che scruta nell’anima dei confliggendi per soppesarne * Psicologo, psicoterapeuta, iscritto nell’albo dei consulenti tecnici di ufficio del Tribunale di Milano, già giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni di Milano. le capacità, per capire quanto il marasma degli adulti interferisca sullo sviluppo psichico dei cuccioli, per valutare le risorse “interne” dei due genitori nel dare risposte ai bisogni della prole, giungendo quindi a proporre al giudice una riflessione su quale collocamento sembri più favorevole al minore, su quali siano le migliori regolamentazioni di frequentazione del bambino con il genitore non convivente e se ci siano da dare restrizioni ai termini di affidamento. Come si vede, non è un incarico semplice, è pieno di responsabilità, prevede la presenza di una serie di competenze che vengono messe in gioco per tutelare gli interessi dell’infanzia quando i genitori, finito il loro rapporto di coppia coniugale, sono in situazione di grave emergenza e non riescono a farlo da soli. Visti i compiti e l’importanza del ruolo, cerchiamo, quindi, di elaborare alcuni profili di consulente tecnico, ricavati da osservazioni quotidiane. Madre Teresa. Domina la scena con la sua bontà, è prodigo di comprensione e si espone in atteggiamenti oblativi. Cerca di convincere la signora che le 17 volte che è dovuta ricorrere al pronto soccorso per farsi medicare dopo violenze del marito sono solo il segno di un rapporto che, in fondo, non si vuole chiudere, o che quella del coniuge è una maniera per attirare l’attenzione; oppure risponde al marito che se la moglie non gli fa vedere i figli da 3 anni è perché c’è ancora tanto amore da smaltire, insomma, trova una risposta buona e motivazioni per tutto e per tutti. A volte cita il Vangelo, altre Budda e il Dalai Lama, quasi sempre cita se stesso, con lui salta il criterio della responsabilità poiché qualunque azione o pensiero sono il risultato di “…storia triste e tanta sofferenza…”, vittime e carnefici rimangono indifferenziati e, paradossalmente, se trova qualche comportamento critico, è nei figli, percepiti come opportunisti, mascalzoncelli, irriguardosi, irriconoscenti. Il culmine della perizia è nella fase di “restituzione” alla coppia, quando si esibisce in una sorta di omelia che spesso riscrive la storia delle persone, con fatti ed emozioni diverse da quanto raccontato e con l’obiettivo di convincere tutti che sono molto più buoni di quanto credono. Si può ipotizzare che nel privato viva una condizione di forte frustrazione perché gli è impedito di somministrare i sacramenti. Il grande seduttore. Può sembrare simile a Madre Teresa ma ha finalità differenti, piuttosto è condizionato da un interno bisogno di trovare a tutti i costi delle soluzioni positive che gli diano visibilità e gratificazione. È accattivante con il giudice, umile con gli avvocati, gentile con le parti, affettuoso coi bambini, collaborativo con i consulenti; sviscera ogni elemento alla ricerca di aspetti positivi; il suo obiettivo spesso non è quello di conoscere la situazione e valutarne la dinamicità ma di riuscire a svolgere una sublime funzione riparatoria, di ritrovarsi artefice di un accordo che faccia emergere la perizia come spunto per una nuova favola per bambini, dove tutti sono buoni e il bene trionfa. In genere ascolta poco ma in compenso elargisce verborini, consigli, fa affermazioni strappalacrime che hanno per oggetto il futuro dei bambini, si impegna in modo spasmodico per la risoluzione dei conflitti, ma per ottenere ciò non gli bastano i 90 giorni concessi dal giudice, chiede una prima proroga e arriva a 150 giorni, ma spesso non gli basta e quindi vuole altri 60 giorni, nel frattempo perora la causa della pace e prescrive comportamenti alle parti. In genere ottiene un primo risultato poiché i due genitori, esausti e senza più energie, ormai incapaci di sopportare il consulente tecnico di ufficio, per la prima volta dopo tanto tempo trovano un accordo: “…Diciamogli sempre di sì così ce lo togliamo dalle scatole…”. Così, dopo mesi e mesi di colloqui e reprimende, si conclude il lavoro peritale anche se in genere, subito dopo il deposito della relazione, le parti, come liberate da un tappo, riprendono a picchiarsi già nei locali della cancelleria. È possibile che possa essere visto spesso davanti a uno specchio mentre sussurra “…Io mi chiamo Bond, James Bond…”. Rambo. Pur non presentandosi in tuta mimetica chiarisce subito i rapporti, fissa gli appuntamenti e non dice alle ore 9,00 bensì alle “zero, nove, zero, zero”, tradisce la sua propensione poiché anche nei mesi estivi indossa dei pesanti scarponi anfibi e anche in pieno inverno, a ora tarda, indossa occhiali da sole con lenti a specchio; trasuda autorità, incute rispetto, è serio, non lascia spazio all’ironia, non capisce le battute di spirito, pone le domande e sembra che oltre alla risposta si aspetti che l’interlocutore aggiunga “…Signorsì signore!…”, però è “giusto”, corretto, rassicurante con le parti, un po’ meno con i loro consulenti che, osservandolo bene, spesso temono che in caso di disaccordo possa spezzare loro un braccio, o puntare una 45 Magnum alla tempia, o prenderli di mira con un Kalasnikov, insomma, induce ad attenzione e controllo. La relazione di consulenza è compilata come un rapporto del Pentagono, inserisce orari e commenti, fa poche riflessioni ma è molto predittivo, si tradisce solo quando per indicare la colf filippina usa il termine “muso giallo” ma in generale è affidabile. È caratterizzato dal fatto che il tempo libero lo passa probabilmente in un locale di macho-gay dell’hinterland. Sigmund Freud. Si espone subito, dopo i primi convenevoli già fa commenti sulle modalità di saluto, sussurra ai consulenti di parte che la stretta di mano troppo vigorosa di uno dei due genitori è indice di una arcaica condizione carenziale; ma non si ferma qui, in genere deduce particolari sulla vita sessuale degli ex coniugi da come si siedono, dal modo di pronunciare la “S” (di Sesso, naturalmente), oppure si chiude in un totale silenzio meditabondo, imbarazzante ma profondamente analitico, dal quale esce dopo circa 20 minuti dicendo alle parti “…insomma, come mai pensate di non avere niente da dire?…”. Ma il momento più duro è quando, alla fine di tutti i colloqui, convoca una riunione con i consulenti di parte e, dopo avere tenuto loro una densa lezione, espone le sue conclusioni dicendo che non ci sono soluzioni idonee se non l’invio dei due genitori in analisi individuale per non meno di 7 anni. È ipotizzabile che nelle pause lavorative si sdrai sul lettino analitico con il pollice in bocca, abbracciando un peluche raffigurante “il re leone”. Amplifon. È caratterizzato da una pervicace difficoltà uditiva, spesso si è già costruito una sua idea solo dalla lettura degli atti e, tendenzialmente, le parole dei due genitori o dei consulenti di parte non lo raggiungono, risponde “…si… certo…chiaro…” ma subito dopo fa affermazioni che fanno capire che quanto comunicatogli non ha minimamente modificato la sua lettura del contesto; in genere è gentile e educato ma il suo sogno è quello di potere avere a che fare con dei muti che magari si muovono e si agitano, ma che non fanno rumore. In genere, nel tempo libero, è soggetto che ama la natura, parla con le piante e con i fiori, ma non ci si deve meravigliare se lo si scopre a conversare anche con un colapasta. Mordi e fuggi. È condizionato dalla necessità di produrre, spara domande a raffica e non sopporta chi gli risponde in modo articolato, il suo ideale è colui o colei che riempie i colloqui di “…sì…” oppure “…no…”, già il “…forse…” lo irrita perché presuppone un approfondimento; in genere non è maleducato ma è ovviamente sbrigativo anche se evita accuratamente il conflitto poiché sarebbe una perdita di tempo; con i colleghi consulenti di parte è un grande mediatore, tende a trovare un accordo sulla lettura del contesto che non scontenti nessuno anche se poi, alla fine, scontenta tutti, ma non è un problema, basta finire in fretta. In genere, se maschio, probabilmente tende a soffrire di eiaculazione precoce, se femmina di compulsione alla minzione. L’Enigmista. Lo si riconosce poiché tutto è un quesito, ogni domanda si esaurisce in un’altra domanda, raccoglie dati, elementi, osservazioni, fa test alle parti, ai bambini, ai nonni, agli eventuali nuovi compagni, vuole vedere come si relazionano tutti con il custode dello stabile, con il gestore del bar sotto casa, si arrovella su particolari microscopici, rilancia costantemente la palla senza mai giungere a una conclusione finché, quasi fosse colpito da illuminazione, non trova la soluzione: in genere è quella che era già stata ipotizzata dopo i primi 2 colloqui ma lui non se ne accorge e si sazia di carte, protocolli di test, dubbi amletici così che la montagna partorisce il topolino. Nel privato, si dice, è di quelli che prenotano le ferie con 12 mesi di anticipo e che giungono in vacanza con ricchi faldoni e mappe inerenti alla storia, alla cultura, alle arti, ai costumi e ai monumenti del luogo di villeggiatura, anche se poi si può scoprire che tutti gli anni va nella stessa pensione di Milano Marittima. L’imprenditore. È atipico, perché in genere lo si vede poco, il suo obiettivo è quello di ottenere l’appalto e poi di darne l’esecuzione in sub-appalto. In genere fa il primo e l’ultimo colloquio con le parti mentre delega la valutazione degli adulti a un giovane collega, l’osservazione e i test dei bambini a un altro giovane collega, poi raccoglie il materiale e lo passa a un tirocinante che compila la relazione peritale. Un po’ affaticato, legge il malloppo, ne corregge alcune parti e poi manda la figlia della colf a depositarlo in cancelleria. Non discute né litiga con i consulenti di parte anche perché, incrociandoli solo sulla porta d’ingresso dello studio, tutti sanno che è maleducazione fare rumore o berciare sulle scale, quindi è molto gentile nell’accoglienza e saluta correttamente nell’andarsene subito dopo. Interviene direttamente solo se ha a che fare con personaggi importanti della politica, del jet-set o della crema cittadina. Si ipotizza che, mentre i collaboratori fanno la perizia, lui si possa dedicare alla gestione di un noto ristorante del centro. Ritentivo. È riconoscibile subito perché anche nel primo saluto fa fatica a dare la mano e a sussurrare parole di benvenuto. Segue un suo percorso senza concordare preventivamente date e impegni; raccoglie materiale, dati, informazioni e non li condivide con i consulenti di parte, se a loro sfugge una parola lui non la ripete e lancia uno sguardo di accusa per la scarsa attenzione; naturalmente se somministra dei test concede solo i protocolli con domande e risposte mentre la sua relazione di sintesi potrà essere ammirata solo dopo il deposito in cancelleria; non discute sulle conclusioni anche se, magnanimamente, può concedere ai colleghi un momento per esporre le loro osservazioni, tanto non ne terrà conto perché così non è costretto alla reciprocità. Spesso è afflitto da scarsa capacità comunicativa che nasconde con atteggiamenti che fanno pensare all’esistenza di profonde doti riflessive. La relazione scritta per il giudice è in genere molto breve e tendente a dare definizioni anziché descrivere contesti e processi evolutivi. Nulla trapela del suo privato se non che tenda a rifiutarsi di usare il Guttalax prescrittogli dal medico di fiducia. Azzeccagarbugli. È inconfondibile, già dai primi momenti ci si rende conto che il suo obiettivo principale è quello di alimentare il conflitto tra le parti, ma non per testare le loro modalità di relazione, bensì perché nella tensione si trova più a suo agio. Se lo si osserva bene, si capisce che quando da piccolo gli chiedevano cosa avrebbe voluto fare da grande rispondeva sempre “…il piromane…” e poi ha invece dovuto studiare psicologia o psichiatria per potersi curare da solo. Anziché citare Winnicott espone articoli di legge, precedenti giudiziari, pericoli di incriminazione, non richiede idee, riflessioni e progetti ma affermazioni e nella compilazione della relazione peritale fa precedere ogni dichiarazione delle parti da A.D.R. (a domanda risponde); in realtà non ama fare il consulente d’ufficio, la sua realizzazione è nel fare il consulente di parte in modo da aizzare il proprio assistito contro il consulente tecnico di ufficio o contro l’ex coniuge oltre che, naturalmente, contro l’altro consulente. È il re del cavillo, il principe delle sfumature anche se l’obiettivo è solo vincere e, così facendo, potere anche presentare una fattura (se la fa) compatibile con gli emolumenti di un commerciante di diamanti; è spesso sgarbato, infido, aggressivo, fa trabocchetti a tutti e sorride, ma di soddisfazione, solo quando vede che qualcuno è in difficoltà. È immaginabile che nel privato si dedichi intensamente a pratiche onanistiche. (*) Il riferimento a persone o fatti reali è puramente voluto. Naturalmente nelle descrizioni ci sono anche parti dello scrivente.