il catechista “immerso nel vangelo”. conoscere e vivere il

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il catechista “immerso nel vangelo”. conoscere e vivere il
IL CATECHISTA “IMMERSO NEL VANGELO”.
CONOSCERE E VIVERE IL CUORE DELL’ANNUNCIO CRISTIANO
Il programma di questo PerCorso di Formazione per Catechisti è articolato in sezioni, la prima delle
quali ha questo bellissimo e accattivante titolo: “SI SENTIRONO TRAFIGGERE IL CUORE”.
Naturalmente tutti sappiamo che è una frase degli Atti degli Apostoli che troviamo alla fine del
discorso pronunciato da Pietro immediatamente dopo l’effusione dello Spirito Santo nel Cenacolo.
Pietro annuncia Cristo risorto e Signore del mondo alla folla di gente di varia provenienza presente
a Gerusalemme: “All'udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri
apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?»” (2, 37).
Accanto a questo testo vorrei richiamarne un altro che tutti conosciamo molto bene: “Ed essi si
dissero l'un l'altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo
la via, quando ci spiegava le Scritture?»” (Lc 24, 32). È la reazione dei due discepoli di Emmaus
nel momento in cui realizzano di avere incontrato il Signore risorto.
Il catechista dovrebbe lasciarsi “trafiggere il cuore” da Cristo ed essere in grado di “trafiggere il
cuore” ai fratelli – naturalmente nel senso positivo di toccare profondamente il cuore delle persone
alle quali è chiamato ad annunciare Cristo e il suo Vangelo -, dovrebbe essere capace di far “ardere
il cuore nel petto” perché è – e non può essere diversamente - un uomo, una donna follemente
innamorato/a di Cristo e capace di far innamorare di Cristo i fratelli.
Alle persone che ascoltano Pietro e gli Undici viene spontaneo domandare: «Che cosa dobbiamo
fare, fratelli?». Che cosa dobbiamo fare per essere cristiani, per essere discepoli di quel Cristo
morto e risorto che voi proclamate? Che cosa dobbiamo fare per vivere quello che voi ci state
annunciando?
Noi che siamo catechisti – o lo saremo - suscitiamo questa domanda in chi ci ascolta, chiunque
siano gli interlocutori: bambini, ragazzi, giovani, adulti?
La nostra catechesi trasmette agli altri la nostra passione per Cristo al punto da contagiarli e
suscitare in loro la voglia di conoscerlo, incontrarlo, farsi “stravolgere” la vita da Lui?
L’ardore che brucia nel petto dei due discepoli di Emmaus ha un effetto immediato che li spinge a
tornare indietro e a rendere partecipi gli altri della gioia di aver incontrato il Signore e la certezza
che è veramente risorto come aveva detto.
Se io, catechista, incontro veramente il Signore, nulla rimane come prima, Cristo risorto imprime
alla mia vita una svolta radicale, come è successo ai due di Emmaus e io sento l’urgenza impellente
di trasmetterla a coloro che il Signore mi ha affidato.
Fatta questa introduzione, prima di immergerci nella tematica di oggi – tanto per stare in tema visto
che si parla di immersione nel Vangelo - vorrei fare una premessa che ritengo indispensabile.
Nessuno di noi è catechista per sua iniziativa personale, ma lo è per una chiamata di Dio, alla quale
ciascuno ha dato la propria risposta e ha detto “sì”.
È vero che qualcuno è stato chiamato dal Parroco o dal Viceparroco o invitato da un altro catechista
o ha sentito nel cuore il desiderio di essere annunciatore del Vangelo, ma all’origine di tutto ciò c’è
sempre un progetto di Dio, c’è la sua chiamata che ci arriva attraverso varie forme di mediazione
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umana. Dio ci parla sempre attraverso le persone, le situazioni, gli avvenimenti, le ispirazioni che
suscita in noi.
Detto questo, addentriamoci nel nostro tema.
Quando ho letto il titolo dell’argomento che mi è stato consegnato, mi è venuta subito in mente
l’immagine di un sub. Un sub ben equipaggiato con muta, pinne, bombole d’ossigeno, ecc…che
scandaglia ed esplora i fondali marini.
Per fare questo il sub è molto attento, osserva tutto minuziosamente, guarda e contempla le bellezze
del fondo del mare, scruta ogni dettaglio. A volte trova piccoli tesori, che porta poi in superficie e
conserva gelosamente: conchiglie, pezzetti di corallo…oppure trova tesori più importanti che
giacciono sommersi da tempo e possono diventare un patrimonio artistico-culturale per la società.
Pensiamo a quanti reperti archeologici vengono ritrovati in mare…
Il catechista, come un sub, deve “tuffarsi” nel Vangelo, immergervisi, scandagliarlo ed esplorarlo
parola per parola, frase per frase, scoprire e portare alla luce il tesoro prezioso che contiene, che è il
Signore Gesù, la Parola fatta carne; il catechista deve fondare sul Vangelo la sua vita e la sua
missione di evangelizzatore.
Sicuramente tutti sappiamo – e spero che tutti o quasi lo abbiamo letto – che quest’estate la
Conferenza Episcopale italiana ha pubblicato un meraviglioso documento che s’intitola:
“INCONTRIAMO GESÙ” e si tratta degli Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia.
Trovo questo documento ricco, profondo e concreto. Si sente davvero che c’è il dito di Dio e
l’opera dello Spirito.
Il 2^ capitolo di questo testo s’intitola: ANNUNCIARE IL VANGELO DI GESÙ. Al n. 30 si parla
dell’impegno di evangelizzazione dei laici che si lasciano “conquistare dalla forza e dalla bellezza
del Vangelo” e a loro volta lo irradiano ai fratelli. Questo è il compito del catechista.
Don Cesare Bissoli, un grande biblista salesiano che si occupa di Sacra Scrittura, di catechesi, di
pastorale giovanile e molto altro, scrive in uno dei suoi tanti testi:
«Il servizio del catechista è fin dalle origini quello di far risuonare all'orecchio degli ascoltatori di
ogni tempo la Buona Notizia che salva».
Ma…non si può far risuonare all’orecchio della gente la buona notizia del Vangelo se questo
Vangelo non lo si conosce a fondo.
Il primo passo è, quindi, CONOSCERE il Vangelo. Leggerlo, studiarlo, approfondirlo dal punto di
vista esegetico, teologico, ecclesiale.
Il Vangelo ci racconta Gesù Cristo, ci parla di lui, di quello che ha detto e fatto. Il Vangelo è Gesù
Cristo stesso perché è Lui la buona notizia.
Come possiamo innamorarci di Lui se non lo conosciamo o abbiamo di Lui una conoscenza
superficiale? Ricordiamoci che ama solo chi conosce!
Ecco perché è importante conoscere il Vangelo e Gesù Cristo.
Papa Francesco ha fatto un gesto molto semplice, ma importante: lo scorso 6 aprile ha fatto
distribuire in Piazza S. Pietro il Vangelo a tutti i presenti all’Angelus, anticipando il gesto con
queste parole: «Avvicinatevi e prendete il Vangelo. Prendetelo, portatelo con voi, e leggetelo ogni
giorno: è proprio Gesù che vi parla! È la parola di Gesù! Oggi si può leggere il Vangelo anche con
tanti strumenti tecnologici. Si può portare con sé la Bibbia intera in un telefonino, in un tablet.
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L'importante è leggere la Parola di Dio, con tutti i mezzi, e accoglierla con cuore aperto. Allora il
buon seme porta frutto!»
Ripercorrendo i documenti del Magistero della Chiesa che parlano della catechesi e dell’identità e
del compito dei catechisti, emergono espressioni come: “i catechisti nutriti di Parola di Dio”,
“attingendo alla Scrittura”, “in contatto continuo con le Scritture”. È chiaro, quindi, che la Parola di
Dio – e il Vangelo che è l’apice della Rivelazione – deve avere un posto centrale nella vita di un
catechista. Mi piace riportare un’altra espressione di Cesare Bissoli che definisce il catechista “un
uomo o una donna la cui patria è la Scrittura”.
La parola “patria” indica una forte appartenenza: a una terra, a un popolo, a una cultura…
Il catechista è colui che “abita” la Scrittura”, che appartiene alla Scrittura, che dimora nel Vangelo
per poter essere poi evangelizzatore, cioè portatore del Vangelo stesso.
Gesù, quando ha voluto spiegare l’importanza di fondare la propria vita sulla Parola di Dio, non a
caso ha usato la parabola della casa costruita sulla roccia: una casa, in cui ognuno abita, vive, ha la
sua intimità e, per giunta, costruita sulla roccia, cioè con fondamenta ben solide e stabili. (cfr Mt 7,
24-25).
La Parola di Dio è vitale per ogni cristiano, figuriamoci per il catechista! La Scrittura è la storia
d’amore fra Dio e il suo popolo.
A questo proposito voglio raccontarvi una storiella:
Per il suo compleanno, una principessa ricevette dal fidanzato un pesante pacchetto
dall'insolita forma tondeggiante. Impaziente per la curiosità, lo apri e trovò... una palla di
cannone. Delusa e furiosa, scagliò a terra il nero proiettile di bronzo. Cadendo, l'involucro
esteriore della palla si aprì apparve una palla più piccola d'argento. La principessa la
raccolse subito.
Rigirandola fra le mani, fece una leggera pressione sulla sua superficie. La sfera d'argento
si aprì a sua volta e apparve un astuccio d'oro. Lo aprì e all'interno, su un cuscinetto di
velluto, spiccava un magnifico anello, tempestato di splendidi brillanti che facevano corona
a due semplici parole: TI AMO.
A volte noi guardiamo la Bibbia, il Vangelo come qualcosa di lontano dalla nostra vita concreta, di
ogni giorno. Ma, facendo lo sforzo di “scartare” l’involucro con attenzione e preghiera, scopriremo
sempre nuove e sorprendenti bellezze, come il sub che porta in superficie dei tesori, soprattutto
scopriremo il messaggio di Dio “inciso” nel Vangelo: io, Dio, ti amo e ti amo fino al punto di
essermi fatto carne e aver donato la mia vita per te!
Ne consegue, allora, tutta una serie di relazioni vitali importantissime che il catechista deve
assolutamente stabilire con la parola del Vangelo per essere in grado di evangelizzare.
Identifichiamo 5 LIVELLI che riguardano innanzitutto il catechista in prima persona, poi la
trasmissione del Vangelo e dei contenuti della fede a coloro che gli vengono affidati: bambini,
ragazzi, giovani, adulti, coppie, ecc…
1.LIVELLO ESEGETICO: il catechista deve avere una conoscenza chiara e corretta del
testo biblico che intende utilizzare, la sua contestualizzazione effettiva, e porgerlo in
maniera altrettanto chiara e corretta. E' probabilmente la competenza più perseguita, ed
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anche normalmente quella che appare la più difficile, data, da una parte, la tecnicità della
ricerca e, dall'altra, la scarsità di una alfabetizzazione biblica nell’insegnamento della
religione, nella catechesi.
E' una competenza assolutamente indispensabile, perché la parola di Dio, base del cammino
di fede, viene a noi attraverso "l'alfabeto, la grammatica della Bibbia". La Scrittura è la
forma scritta della parola di Dio, così come Gesù di Nazaret ne è la forma vitale.
Bisogna tener presenti due aree di conoscenza assolutamente importanti: il catechista deve
conoscere i grandi temi della storia della salvezza dell'Antico e del Nuovo Testamento.
Deve conoscere anche i principali generi letterari della Bibbia con particolare
approfondimento del Vangelo e delle tematiche bibliche presenti nel percorso catechistico
da seguire con i bambini, i ragazzi, i giovani, ecc…
2.LIVELLO TEOLOGICO-ECCLESIALE: il catechista deve avere una conoscenza del
Vangelo secondo la fede della Chiesa. Sembra un’affermazione scontata, ma non lo è…
Dietro ogni parola o frase del Vangelo c’è un contenuto teologico e un senso ecclesiale.
Nel porgere il messaggio evangelico il catechista deve tener conto della valenza teologica
del testo, del rapporto tra Bibbia e Chiesa, più specificatamente tra Bibbia e Tradizione,
quindi tra Bibbia e dottrina della fede, Bibbia e liturgia, Bibbia e prassi retta di vita.
Questo ci permette di non cadere nel pericolo delle interpretazioni soggettive del Vangelo e
della Parola di Dio in genere, di non avere una visuale parziale della Parola di Dio,
isolandola dai momenti celebrativi (liturgia, sacramenti) e dalla dimensione diaconale, cioè
di servizio, a cui la Parola intrinsecamente mira.
Abbiamo oggi dei riferimenti autorevoli per non cadere in errore: i documenti della Chiesa
come la Dei Verbum, il Documento di Base della catechesi italiana, la Verbum Domini e via
dicendo..
3.LIVELLO ERMENEUTICO: è il livello dell’interpretazione, che è un ambito molto
delicato. Nella sua 2^ Lettera Pietro afferma: «Nessuna scrittura profetica va soggetta a
privata spiegazione» (1, 20-21). Nessuno può arrogarsi il monopolio della Scrittura e
interpretarla a suo piacimento e a suo uso e consumo.
La Verbum Domini al n. 29 sostiene: «il legame intrinseco tra Parola e fede mette in
evidenza che l’autentica ermeneutica della Bibbia non può che essere nella fede ecclesiale»
e poco più sotto enuncia il criterio fondamentale dell’ermeneutica biblica: «il luogo
originario dell’interpretazione scritturistica è la vita della Chiesa».
L’autorevole S. Agostino afferma: «non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse
l’autorità della Chiesa cattolica».
4.LIVELLO PEDAGOGICO-DIDATTICO: il catechista deve avere delle competenze
pedagogiche e didattiche per poter trasmettere il messaggio evangelico. Deve avere una
metodologia che abbracci:
obiettivi educativi
si educa al Vangelo e attraverso il Vangelo
obiettivi didattici
si insegnano i contenuti della fede
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Obiettivi educativi: il catechista deve porli prima per sé e poi per il gruppo che gli è stato
affidato.
Facciamo qualche esempio: è un obiettivo importante essere capace e rendere capaci di
leggere un testo del Vangelo, di possedere e fornire le informazioni di base per capirlo;
saper incontrare e far incontrare il Vangelo nella fede della Chiesa; saper pregare e
insegnare a pregare col Vangelo; imparare e insegnare a leggere la propria storia e quella del
mondo alla luce del Vangelo, ecc…
Obiettivi didattici: ad esempio saper usare e insegnare a usare il Vangelo; saper animare la
riflessione e l’attualizzazione di un brano nel contesto attuale; saper raccontare un contenuto
biblico.
Naturalmente questo comporta la scelta di forme adeguate di comunicazione, l’uso di
strumenti idonei, spesso visivi e, perché no?, anche l’aiuto della tecnologia.
Facciamo attenzione a non “strumentalizzare” il Vangelo e a non ridurlo a nostro “uso e
consumo”:
Evitiamo di usare il Vangelo come un “ricettario”. Spesso ci accostiamo al Vangelo – e alla
Bibbia in genere - non con la disponibilità di ascoltare ciò che esso intende comunicare, ma
piuttosto utilizzandolo "a prezzemolo", cioè secondo le nostre opportunità, andando a
cercare la parola, la frase che secondo noi dà la risposta ad ogni tipo di interrogativo o di
problema e magari scartando quei testi che ci danno risposte scomode. Così il Vangelo non è
più il libro del lieto messaggio dell'amore di Dio, ma diventa un libro che contiene formule
magiche per risolvere i problemi di tutti i giorni.
Altro rischio da evitare è l’uso improprio del Vangelo “a frammenti”: scegliere un brano ad
hoc per il tema catechistico da trattare, sganciandolo dal suo "ambiente testuale" ed
isolandolo da tutti i riferimenti e gli agganci di cui si nutre la sua corretta comprensione.
Così si attribuisce al testo una sua vita autonoma, nella quale la ricerca del significato viene
gravemente impoverita e spesso anche fissata in modo scorretto.
Un altro rischio che talvolta si può correre è quello della “povertà ermeneutica”: leggo un
testo del Vangelo “già certa di che cosa il testo voglia comunicare”, partendo da quanto già
conosco, non attendendomi, per così dire, nulla di nuovo da esso. Do per scontato il testo del
Vangelo e mi chiudo alla novità che la Parola di Dio porta sempre in sé e alla novità che
vuole annunciare attraverso me..
5.LIVELLO SPIRITUALE: l’abbiamo posto alla fine non perché sia l’ultimo o il meno
importante, ma perché è un traguardo, un punto di arrivo e, contemporaneamente, un punto
di partenza. Il catechista realizza i livelli di cui abbiamo parlato attraverso e partendo da una
personale interiorizzazione del Vangelo.
La Parola di Dio va letta, riletta, meditata, pregata quotidianamente.
C’è un testo molto bello che vorrei citare, di p. André Louf, monaco trappista, abate, morto
nel luglio del 2010. Più che una riflessione è una sinfonia:
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«Il cuore prende la Parola in se stesso, la mangia, la digerisce (Ez 3 ,1-3). Si ripone la
Parola nel proprio cuore (Sal 119,11), la si nasconde in seno (Gb 23,12), la si custodisce
(Lc 8,15), ci si attacca e vi si aderisce (At 16,14), la si volge e rivolge nel proprio cuore (Lc
2,19), la si rimugina giorno e notte (Sal 1,2). Si finisce con l’abitare nella Parola come se
fosse la propria dimora (Gv 8,31), allo stesso modo per cui la Parola dimora e abita in noi
(Col 3,16).
La parola di Dio e il cuore dell’uomo sono, l’una nell’altro, a casa propria. Più la Parola
risuona, più il cuore resta sveglio. E più il cuore è vigile e attento all’ascolto della Parola, più
profondamente penetra nel mistero dello Spirito. Il cuore è sempre più nutrito dalla parola di
Dio. Più si fortifica così, più la Parola di Dio diventa chiara, più si fa limpida e svela i suoi
tesori a colui che l’ascolta».
Il catechista dovrebbe fare della LECTIO DIVINA una buona consuetudine di vita
spirituale, perché essa è un’apertura della mente e del cuore alla forza illuminante del
Vangelo (e della Parola di Dio in generale), ed è anche una forza trasformante, capace di
trasfigurare la sua vita.
Come dicevo all’inizio, quando si incontra il Signore, quando si accoglie il Vangelo, nulla
resta come prima.
“Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere
irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina
e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a
me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho
mandata” (Is 55, 10-11).
Il catechista è colui che impara e insegna a “misurare” la propria vita sul Vangelo.
Poi dona il Vangelo nell’annuncio e nella testimonianza di vita.
Non dimentichiamo che il catechista è evangelizzatore, cioè portatore del Vangelo.
Evangelizzato, evangelizza. Quello che ha letto, meditato, accolto nel cuore, calato nella
concretezza della propria vita ogni giorno, lo dona agli altri. È servitore della Parola di Dio,
servitore del Vangelo.
Alla fine del Proemio della Costituzione del Vaticano II sulla Divina Rivelazione, la Dei
Verbum, si legge: “per l'annunzio della salvezza il mondo intero ascoltando creda,
credendo speri, sperando ami”. E chi annuncia la salvezza al mondo intero, oltre
naturalmente i pastori? I catechisti!
Il catechista allora deve ascoltare, meditare, pregare, vivere, raccontare e spiegare il
Vangelo.
È importante ascoltare, conoscere, meditare, pregare il Vangelo, ma NON BASTA. Il catechista
deve VIVERE il Vangelo, deve mettere a fuoco la sua vita sul Vangelo. Dice S. Paolo nella prima
Lettera ai Corinti: «Il Signore ha disposto che quelli che annunciano il Vangelo vivano del
Vangelo» (1Cor 9, 14).
Il catechista è un testimone che annuncia la salvezza che lui ha già sperimentato.
Il testo del “Rinnovamento della catechesi” al n. 185b afferma: «Testimone di Cristo Salvatore,
ogni Catechista deve sentirsi e apparire lui pure, un salvato: uno che ha avuto non da sé, ma da
Dio, la grazia della fede, e si impegna ad accoglierla e a comprenderla, in un atteggiamento di
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umile semplicità e di sempre nuova ricerca. Educatore dei fratelli nella fede, egli è debitore verso
tutti del Vangelo che annuncia; dalla fede e dalla testimonianza di tutti egli si lascia a sua volta
educare». E al n. 186b: «Oltre a conoscere adeguatamente il messaggio che espone, egli ne è
segno visibile, mediante la sua vita. Quanti lo ascoltano, devono poter avvertire che, in certo modo,
i suoi occhi hanno visto e le sue mani hanno toccato; dalla sua stessa esperienza devono ricevere
luce e certezza».
Vivere il Vangelo vuol dire avere come primo, e direi unico, punto di riferimento Gesù Cristo, che è
il “contenuto” del Vangelo. Come dicevamo prima è Lui la Buona Notizia!
Il catechista deve fare esperienza di Cristo, incontrare la persona di Gesù e arrivare a fare
l’esperienza di S. Paolo, che afferma con forza e convinzione: «tutto ormai io reputo una perdita di
fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere
tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo» (Fil 3, 8).
Se io non ho questa passione bruciante per Cristo e se la parola del Vangelo non mi “investe” e
“riveste” non sono un vero catechista. Sarò una bravissima persona, buona, impegnata, magari
anche santa, ma non in grado di evangelizzare.
Nell’Esortazione apostolica “Catechesi tradendae”, sulla catechesi nel nostro tempo, Giovanni
Paolo II al n. 5 afferma: “al centro stesso della catechesi noi troviamo essenzialmente una persona:
quella di Gesù di Nazareth, «unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità», il quale ha sofferto
ed è morto per noi ed ora, risorto, vive per sempre con noi. È Gesù che è «la via, la verità e la vita»
e la vita cristiana consiste nel seguire Cristo, nella «sequela Cristi». L'oggetto essenziale e
primordiale della catechesi è - per usare un'espressione cara a san Paolo, come pure alla teologia
contemporanea - «il mistero del Cristo». Catechizzare è […] svelare nella persona di Cristo
l'intero disegno di Dio […]. È cercare di comprendere il significato dei gesti e delle parole di
Cristo, dei segni da lui operati, poiché essi ad un tempo nascondono e rivelano il suo mistero. In
questo senso, lo scopo definitivo della catechesi è di mettere qualcuno non solo in contatto, ma in
comunione, in intimità con Gesù Cristo: egli solo può condurre all'amore del Padre nello Spirito e
può farci partecipare alla vita della santa Trinità”.
Fin dai primi tempi, la Chiesa nascente, apostolica, ha annunciato il kerigma: la passione, morte e
risurrezione di Cristo.
Leggiamo in 1 Cor 2, 2: «Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e
questi crocifisso», e sempre in 1 Cor 15, 3-5: «A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che
anch'io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto
e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici».
Questo è il cuore dell’annuncio cristiano, questo è ciò che siamo chiamati ad annunciare: non
parole, ma una persona: Cristo morto e risorto per noi; Cristo Parola di Dio fatta carne; Cristo Via,
Verità e Vita.
“La testimonianza che dobbiamo offrire – ha spiegato papa Francesco all’Angelus del 23
febbraio– non deve essere fatta con le nostre idee, ma con il Vangelo nella nostra vita ”.
Questo annuncio noi dobbiamo portarlo ovunque, non solo in parrocchia o nel nostro gruppo,
ma aprirci a tutti, soprattutto verso le “periferie esistenziali” che sono le nuove povertà
del nostro mondo.
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Papa Francesco ha detto nella sua prima Udienza generale: «Seguire, accompagnare Cristo,
rimanere con Lui esige un “uscire”, uscire. Uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco
e abitudinario, dalla tentazione di chiudersi nei propri schemi che finiscono per chiudere
l’orizzonte dell’azione creativa di Dio. Dio è uscito da se stesso per venire in mezzo a noi, ha posto
la sua tenda tra noi per portarci la sua misericordia che salva e dona speranza. Anche noi, se
vogliamo seguirlo e rimanere con Lui, non dobbiamo accontentarci di restare nel recinto delle
novantanove pecore, dobbiamo “uscire”, cercare con Lui la pecorella smarrita, quella più
lontana» (27 marzo 2013).
Quello che il Papa, la Chiesa dicono a tutti i cristiani è ancora più vero e più valido per noi
catechisti che siamo, per vocazione, portatori del Vangelo.
Termino con alcune parole dette da Papa Francesco ai partecipanti al Congresso internazionale sulla
catechesi il 27 settembre dello scorso anno:
«Essere catechisti chiede amore, amore sempre più forte a Cristo, amore al suo popolo santo. E
questo amore non si compra. Questo amore viene da Cristo! E’ un regalo di Cristo! E se viene da
Cristo, parte da Cristo e noi dobbiamo ripartire da Cristo, da questo amore che Lui ci dà. […]
Ripartire da Cristo significa avere familiarità con Lui, […] stare con il Maestro, ascoltarlo,
imparare da Lui. Ripartire da Cristo significa anche imitarlo nell’uscire da sé e andare incontro
all’altro.
Chi mette al centro della propria vita Cristo, si decentra! Più ti unisci a Gesù e Lui diventa il
centro della tua vita, più Lui ti fa uscire da te stesso e ti apre agli altri. Questo è il vero dinamismo
dell’amore, questo è il movimento di Dio stesso! Dio è il centro, ma è sempre dono di sé, relazione,
vita che si comunica…
Il cuore del catechista vive sempre questo movimento di “sistole - diastole”: unione con Gesù incontro con l’altro. […]Riceve in dono il kerigma, e a sua volta lo offre in dono. […].
Allora, a tutti i catechisti presenti porgo, all’inizio di questo anno pastorale, due auguri: uno con le
parole di S. Paolo:
«Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate
in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la
profondità, e conoscere l'amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta
la pienezza di Dio» (Ef 3, 17-19);
l’altro augurio con le parole di Gesù stesso: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date!»
(Mt 10,8).
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