I.Tentazioni - centro Duns Scoto
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I.Tentazioni - centro Duns Scoto
I. DQ - Tentazioni In questa I domenica di quaresima, la Parola di Dio è molto ricca complessa e delicata insieme. Offre diverse possibilità di lettura. La scelta appare ardua e difficile. Dovendo scegliere, ognuno sceglie quella più confacente alla sua visione di fede e di vita. La mia scelta questa volta cade sulla meravigliosa sintesi espressa dalla P iniziale, intorno alla quale si possono tranquillamente armonizzare e sviluppare organicamente tutte le altre piste di lettura. L’invito della mia riflessione potrebbe essere così proposto. Iniziare con la P iniziale che è con una potente richiesta orante globale ed essenziale, abbracciante l’intero mistero del disegno divino su ciascuna creatura razionale umana: “crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita”, cui si può aggiungere il paolino diventare “santi e immacolati” (Ef 1, 4) e così godere della visione beatifica nel regno dei cieli, come conferma Paolo nella 2L: “chiunque invocherà il nome del Signore [Gesù] sarà salvato”; e continuare infine con le tre risposte di Cristo al tentatore nel V: “Non di solo pane vivrà l’uomo - Adorerai solo il Signore Dio tuo - Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”. Come si può constatare, tutto è incentrato in Cristo su Cristo e per Cristo: crescere nella fede e nella conoscenza di Lui, testimoniarlo nella vita, invocarlo nella preghiera e goderlo sia nella vita sia nel cielo! La scelta radicale del Cristo, quindi, comporta di necessità il saper mettere ordine nell’essere delle cose, come ricorda il V con la decisa sicura ed energica posizione di Cristo di fronte al diavolo. Per poter rispondere alle tentazioni della vita, proposte da Satana - successo potere e gloria - bisogna entrare nel deserto con Cristo, cioè con una maggiore sua conoscenza, così da renderlo presente nella propria vita e farlo agire nelle decisioni forti. Come si accresce il Cristo nell’uomo? Nello stesso modo in cui si accresce e si sviluppa ogni altra capacità umana, e cioè con lo studio, la meditazione, la riflessione e il vivo desiderio di ciò che si vuole. In breve, con il desiderare ardentemente ciò che si vuole. Poiché il desiderare è la prima forma forte dell’amore, che sua volta spinge l’uomo a fare ciò che più desidera, allora il desiderio di conoscere il Cristo è già il primo gradino dell’amore per Cristo, e così amare Cristo è già credere in Cristo. Questo incipiente inizio di fede soggettiva viene perfezionata da quella oggettiva che è donata dal Signore nel Battesimo. La fede allora diventa non solo il principio segreto di ogni azione, ma anche il potere motivazionale dell’attività quotidiana, ossia il forte convincimento della verità che risiede nell’anima, come immagine di Cristo, che spinge sempre a fare il bene e il meglio. Onde l’esigenza ermeneutica di riascoltare la Parola, per meglio approfondirne il contenuto con uno studio più sistematico e una meditazione più assidua: dalla Parola alla Parola mediante lo studio e la preghiera. Solo così si alimenta la crescita della conoscenza del mistero di Cristo. Questo primo gradino di conoscenza-amore-fede di e in Cristo diventa automaticamente anche il trampolino di lancio per immettere il suo insegnamento nella propria vita con una degna testimonianza esistenziale con delle scelte più audaci forti e radicali. L’automaticità nell’azione riposa sulla stessa Parola del Cristo che Paolo riporta ai Corinti: “l’amore di Cristo ci spinge” (2Cor 5, 14), e sulla definizione della teologia del Beato che la identifica con la “praxis”, nel senso che la teologia per sé è “praxis”, se la verità non si traduce in comportamento non è autentica la sua conoscenza e anche la fede in essa. Alla luce di questo principio generale, ognuno può con responsabilità ascoltare le tre risposte di Gesù e fare le dovute applicazioni. Non mi soffermo in nessuna di esse per non aprire lunghe parentesi, tuttavia ricordo di ogni risposta qualche altro riferimento biblico per meglio ricevere il dovuto messaggio. Alla prima: “Non di solo pane vivrà l’uomo”, si può abbinare il classico dilemma: “Nessuno si può servire a due padroni: o si odierà l'uno e si amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non si può servire a Dio e a mammona“ (Mt 6, 24). Alla seconda invece: “Adorerai solo il Signore Dio tuo”, è bello riferirla al primo comandamento: “Io sono il Signore tuo Dio…” (Es 20, 2; Dt 5, 6), a cui si deve solo il culto di latria, per salvaguardare l’uomo da ogni forma di ripiegamento su se stesso, dalla schiavitù del peccato e dall'idolatria del mondo. Alla terza tentazione, infine: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”, ossia non pretendere miracoli, perché Dio sta sempre al tuo fianco e devi fidarti di Lui, si può aggiungere lo stesso insegnamento di Gesù sia quando insegna pregare ai suoi di fare la volontà di Dio: “Sia fatta la tua volontà” (Mt 6,10) e sia dalla croce quando manifesta la massima docilità-obbedienza al Padre fino alla morte: “Tutto è compiuto” (Gv 19, 30). Si può concludere così: la Parola è da ascoltare, da pregare e da applicare nelle tentazioni della vita - successo potere e gloria - e scegliere la via cristica della semplicità, del servizio e della solidarietà, come massima espressione di amore. Sulla scelta obbedienziale di Cristo al Padre bisogna far combaciare le nostre scelte radicali. Solo così l’uomo compie la Volontà di Dio espressa chiaramente nel suo disegno da Paolo rivelato agli Efesini (1, 3-6), e realizza la sua immagine con Cristo. Sarebbe molto utile tener presente sempre nella mente e nel cuore il disegno divino, come la struttura principale della vita non solo spirituale ma anche interpretativa della Parola.