Correggio e Parmigianino il Rinascimento in Emilia
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Correggio e Parmigianino il Rinascimento in Emilia
n° 375 - maggio 2016 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Edificio L - Strada 6 - Centro Direzionale Milanofiori I-20089 Rozzano (Milan, Italy) www.fondazione-menarini.it Correggio e Parmigianino il Rinascimento in Emilia In una grande mostra a Roma rivive il confronto tra due personalità che segnarono la pittura del Cinquecento a lato Correggio: Ritratto di Dama San Pietroburgo, Ermitage Photograph © The State Hermitage Museum /Vladimir Terebenin sotto Correggio: Camera della Badessa (part. degli afreschi)- Parma, ex Monastero di San Paolo In ritardo rispetto ad altri centri, Parma vive la sua stagione rinascimentale negli anni venti del Cinquecento per mano di due grandi pittori attivi nei maggiori cantieri decorativi della città, il Correggio e il Parmigianino. Grazie a queste due figure, Parma diventa un centro artistico di fondamentale importanza, in cui prende avvio una vera e propria scuola che porterà avanti l’eredità di questi maestri, creando una tradizione in grado di influenzare anche artisti emiliani seicenteschi come i fratelli Carracci; proprio di Agostino Carracci è la ricetta del buon pittore che recita: «Chi fassi buon pittor cerca e desia, il disegno di Roma abbia alla mano, la mossa con l’ombrar veneziano e il degno colorir di Lombardia, di Michelangel la terribil via, il vero naturale di Tiziano, del Correggio lo stil puro e sovrano, di Raffael la giusta simmetria, del Tibaldi il decoro e il fondamento, del dotto Primaticcio l’inventare, e un po’ di grazia del Parmigianino»; di Correggio è da ricercare “lo stil puro e sovrano” nato da un disegno studiato nei minimi particolari che già da solo è un’opera compiuta; la sua tecnica preferita è la matita rossa, la stessa prediletta da Leonardo, ma si cimenta anche con la penna, l’acquarello e il rialzo a biacca; del Parmigianino è da riprendere la grazia, quella grazia che mette nei suoi lunghi colli, nelle sue lunghe cosce, nella leggerezza delle vesti e nel candore dei volti. Correggio non è altro che il paese d’origine dell’artista, il cui vero nome è Antonio Allegri: formatosi tra l’Emilia e Mantova, assimila ben presto la lezione dell’ormai anziano Andrea Mantegna. L’illusionismo prospettico di questo grande maestro, attivo alla corte dei Gonzaga, ritorna in certe opere di Correggio come nella vorticosa Assunzione del Duomo di Parma, in cui ogni personaggio non è importante preso singolarmente, ma tutti contribuiscono coralmente all’effetto d’insieme, a questa ascetica spirale che si staglia sulle teste dei fedeli come una promessa di redenzione. Il felice trompe l’oeil torna anche nel finto pergolato della Camera della Badessa che Cor- 2 Correggio: Noli me tangere - Madrid, Museo Nacional del Prado Parmigianino: La Schiava Turca - Parma, Galleria Nazionale © Photographic Archive. Museo Nacional del Prado, Madrid Ministero dei i Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Polo museale dell’Emilia Romagna reggio affrescò nel Convento di San Paolo a Parma; le nicchie a tema mitologico sono realizzate con uno straordinario chiaroscuro, che rende la massima verosimiglianza dell’inganno, così che l’ambiente chiuso si trasforma in un giardino illusorio che poco ha da invidiare a quelli reali. L’arte dell’Allegri è frutto della meditazione sullo sfumato leonardiano e sul metodo compositivo di Raffaello, ma assume una posizione autonoma imperniata sulla fluidità narrativa e sul virtuosismo prospettico, infatti una sua peculiarità è il legame fra le figure, che spesso si presentano concatenate in un’unica linea data dalla sequenza dei gesti e degli sguardi. Negli anni Venti dipinge importanti pale d’altare come la Madonna di San Gerolamo e la Madonna della scodella, impostate su una diagonale che si incurva, e la ancora più significativa tela con il Noli me tangere, in cui la mano tesa del Cristo dilata la composizione trasversalmente, sottolineando il rapporto fra i protagonisti della scena rappresentata. Più incline ai temi religiosi, indimenticabile il suo Volto di Cristo, così delicato e morbido e allo stesso tempo serio e deciso, e a quelli mitologici come la candida Venere con Mercurio e Cupido, Correggio appare più rigido come ritrattista; lo dimostra il Ritratto di Dama, presunta raffigurazione di Veronica Gambara contessa di Correggio, poetessa amica di Bembo e dell’Ariosto e protettrice degli artisti: lo stile è aulico e il personaggio non trasmette le emozioni vibranti degli altri soggetti dell’artista, ma anzi la dama sembra fredda e distaccata, imperturbabile e chiusa nella sua austerità. Parmigianino, soprannome attribuito a Francesco Mazzola per la sua precoce abilità in campo pittorico e non per la sua bassa statura, pur essendo allievo di Correggio - dal quale apprende la particolare composizione prospettica, con i personaggi che sembrano a volte mossi da un dolce alito di vento - si discosta dal maestro eccellendo nella ritrattistica; i suoi personaggi sono senza tempo, i particolari sono curatissimi le acconciature 3 hanno la perfezione del cesello, e i suoi ori sono di una qualità sublime; le vesti e altri elementi in alcuni punti morbidi e fluidi sembrano anticipare la pittura impressionista come il piumino tra le mani del Ritratto di donna (La Schiava Turca), così la sua pittura libera e leggera dà vita a ritratti che sembrano vere e proprie istantanee. La sua abilità sta nel cogliere attimi fulminei: nel Ritratto d’uomo con un libro sembra davvero che il pittore abbia colto di nascosto un fuggevole momento di riflessione dell’uomo, che alza lo sguardo dalle pagine del libro contemplando un punto lontano, nell’intimità della propria camera. Il Parmigianino lascia Parma come realista, ma la sua immersione nella corte del papa Clemente VII a Roma fa maturare il suo stile, e pur tenendo sempre a mente l’espressione del Correggio, col tempo se ne discosta, proponendosi come aggiornato protagonista del Manierismo, con la creazione di figure che assumono la posa a serpentina, caratteristica della sua opera matura. La sua indagine del mondo visto attraverso la mente idealizzatrice, porta il Mazzola verso forme quasi irreali: l’arte non deve rappresentare il naturale, l’artista deve presentare il vero percepito attraverso il filtro dell’idea. Chiaro segno di questa percezione è la Madonna dal collo lungo, considerato uno dei dipinti più importanti del Manierismo, perché partendo dal dato materiale arriva a qualcosa che va oltre il dato sensibile, stravolgendolo senza perdere la grazia e la raffinatezza che gli sono proprie; le forme della Madonna e di questo Bambino così oblungo e la loro posizione che, oltre ad essere inusuale appare innaturale, non mancano tuttavia di equilibrio, né di delicatezza; I morbidi volti e le soffici vesti fanno passare in secondo piano l’asimmetria della composizione ed anche queste inconsuete forme, rendendo il tutto totalmente armonico, come frutto di un progetto accurato. Il Parmigianino dimostra che la classicità non è l’unico modo per raggiungere la bellezza, la natura non è il solo specchio del bello, si può arrivare alla perfezione anche attraverso lo studio delle forme e la loro trasforma- zione in qualcosa di nuovo, senza compromettere l’armonia e l’equilibrio globale. Anche il Parmigianino ha lasciato opere di inestimabile valore fra le mura di alcuni complessi architettonici parmensi, come la decorazione dell’arcone nella basilica della Steccata a Parma con Tre Vergini folli e tre Vergini Sagge e La Stufetta di Diana e Atteone nella Rocca Sanvitale a Fontanellato, poco distante da Parma; un altro cantiere in cui si ritrova il Parmigianino è quello per la decorazione della chiesa di San Giovanni Evangelista che, iniziata nel 1519 da Correggio, diventa in breve tempo la fucina della scuola pittorica parmense e vero e proprio campo di prova per molti artisti che da qui iniziano una propria carriera, come Michelangelo Anselmi, Francesco Maria Rondani e Girolamo Mazzola Bedoli. La mostra Correggio e Parmigianino. Arte a Parma nel Cinquecento in corso a Roma presso le Scuderie del Quirinale fino al 26 giugno prossimo, offre l’opportunità di ammirare alcune fra le più belle opere dei due grandi maestri, presentando anche numerosi disegni preparatori per i cicli di affreschi; inoltre, vuole dare spazio anche ai lavori di altri talentuosi artisti della Scuola di Parma, che nel Cinquecento ha saputo distinguersi e rivaleggiare con quella tosco-romana e quella veneta. L’eco della scuola parmense infatti, e quindi quella dei suoi capiscuola, si è fatta sentire oltre che nelle chiese della città anche in quelle della provincia, portando avanti ancora per molto tempo uno stile che, nonostante gli inevitabili mutamenti, ha saputo conservare la grazia e la raffinatezza delle sue origini. elena aiazzi Parmigianino: Madonna di San Zaccaria Firenze, Galleria degli Uffizi Parmigianino: Vergini folli e Vergini sagge (particolare) Parma, Basilica di Santa Maria della Steccata