Trame d`Artista - Soprintendenza BSAE Abruzzo
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Trame d`Artista - Soprintendenza BSAE Abruzzo
Trame d’Artista L’Arazzeria pennese 1 Trame d’artista. L’arazzeria pennese Pescara, Museo Casa Natale di Gabriele d’Annunzio 12 luglio 2011 - 6 settembre 2011 Mostra a cura di Maria Taboga Hanno collaborato: Luisa De Tommaso, Rita Maria Molisani, Maria Cristina Semproni, Lucia Ciccarini, Sandro Terzini, Anna Maria Francavilla, Claudio Gioacchino, Filomena Zulli, Michele Catinella e Maria Assunta Volpone della Soprintendenza BSAE, sede di Pescara Aurelio Ciotti, Piero Cocco, Mauro De Angelis, Maria Di Paolantonio, Graziella Mucciante, Sofia Cucchiella Vittorini, Marta Vittorini della Soprintendenza BSAE, sede de L’Aquila Un particolare ringraziamento a Lucio Marcotullio, Federica Coen, Mario Costantini, Nicola Tonelli, Giuliana Gioacchini Di Nicola Quaderno della mostra Testi di Maria Taboga Fotografia Gino Di Paolo Progetto Grafico SPAZIODIPAOLO.IT Un sincero grazie va ad Antonio Bianchini e Francesco Pesci, rispettivamente Presidente e Amministratore delegato della Brioni Roman Style S.p.A. Il quaderno è stato realizzato con il contributo unico della Brioni Roman Style S.p.A. 4 L’Abruzzo, assieme alla Sardegna, un’ altra regione a me molto cara, è ancora oggi un’isola felice, nella misura in cui si attesta come incubatrice di impulsi creativi mai disgiunti dalla qualità manifatturiera, frutto di una sapienza artigianale che affonda nella notte dei tempi. Sono molteplici i settori delle cosiddette arti applicate, o decorative che dir si voglia, frequentati dai maestri abruzzesi con picchi d’indiscusso rilievo artistico e tecnico. Basti ricordare l’esperienza delle raffinate ‘turchine’ realizzate a Castelli a partire dal 1574 per il Cardinale Alessandro Farnese, primissima esperienza dell’applicazione dell’oro zecchino sul vasellame in maiolica, i sontuosi manufatti istoriati di Carlo Antonio Grue o le straordinarie oreficerie elaborate, tra Medioevo e Rinascimento a Sulmona e a L’Aquila, da una schiera di abilissimi maestri capeggiati dal più celebre Nicola da Guardiagrele. Anche la filiera del tessile restituisce uno spaccato degno della massima considerazione, nonostante il logorio cui sono sottoposti materiali spesso fragili e la loro limitata fortuna collezionistica penalizzino la ricerca, poco incoraggiata dall’esiguità delle testimonianze disponibili ai fini di una adeguata ricostruzione storica. Fortunatamente danno sostegno all’intero comparto alcune perle che in tempi abbastanza recenti hanno riannodato i fili di un illustre passato, dimostrando di coniugare i valori trasmessi da un’accurata progettazione ‘creativa’ con la cura di tutte le fasi della realizzazione, governata da una manualità d’eccellenza. Mi riferisco naturalmente all’Arazzeria pennese e alla Brioni, ovvero la felice esperienza qui autorevolmente narrata da Maria Taboga e l’azienda leader che ha accettato di sostenere un nuovo progetto di valorizzazione di cui questa piccola mostra a Casa d’Annunzio rappresenta solo l’avvio. Lucia Arbace Soprintendente per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici dell’Abruzzo 5 N 6 ella dimora romana del raffinato protagonista de Il Piacere, Andrea Sperelli, l’atmosfera decadente del romanzo prende forza dalla puntuale narrazione di stupefacenti interni, ricchissimi di oggetti. La luce pallida del sole entrava in una delle stanze “diffondendosi su l’arazzo della Vergine col Bambino Gesù e Stefano Sperelli, su l’antico arazzo che Giusto … portò di Fiandra nel 1508”. Proseguendo, si descrivono minutamente “un piccolo arazzo fiammingo, finissimo, intessuto d’oro di Cipro, raffigurante una Annunciazione” che copriva la testa del letto e ancora “altri arazzi, con le armi gentilizie di casa Sperelli nell’ornato (che) coprivano le pareti, limitati alla parte superiore e alla parte inferiore da strisce in guisa di fregi su cui erano ricamate istorie della vita di Maria Vergine e gesta di martiri, apostoli e profeti”. Riproporre oggi una esposizione di arazzi contemporanei negli spazi della casa di D’Annunzio è quindi, innanzitutto, un omaggio all’amore del Vate per quest’arte applicata, testimoniato anche dal frammento di un antico panno con “Lot e le figlie” esposto al Vittoriale a Gardone, sua residenza dal 1921 fino alla morte nel 1938, oltre che dalla descrizione di arazzi in vari passi del suo più noto romanzo, pubblicato nel 1889. da affiancare ad altre esperienze produttive nazionali quale quelle di Scassa ad Asti e degli Eroli a Roma, ad una manifattura in funzione dal 1936 al 1961 nel centro lombardo di Esino Lario (Como), e alla breve e poco nota esperienza dell’officina fiorentina nata grazie al mecenatismo del conte Nicola Marcelli, in attività solamente alla metà degli anni ’10. Il centro abruzzese è stato attivo con continuità dal 1965 al 1991 in una sua prima sede “storica”; nel 1992 è stato ospitato nell’ambito della cooperativa COGECSTRE, presso il Laboratorio Oasi in pieno centro a Penne, espressamente per terminare alcuni arazzi su modello di Afro. Si segnala poi una breve ripresa dell’attività nel 1997, attestata dal panno di Mario Costantini che qui si espone. Oggi il centro non è più operativo, ma si segnalano alcuni tentativi alquanto recenti, purtroppo falliti, di riprendere l’attività, fra tutti il progetto di un panno su disegno dell’artista di origini pescaresi Pietro Cascella del quale rimangono testimonianze fotografiche nei documenti dell’arazzeria. La selezione di arazzi contemporanei, proposti nella mostra, intende valorizzare la produzione abruzzese. Tutti gli esemplari sono stati tessuti dalla manifattura di Penne, un laboratorio di eccellenza nella regione e uno dei rari opifici operanti nel secolo scorso in Italia, Pietro Cascella 7 La 8 manifattura è nata nel 1963 con il nome di “Arazzeria Pennese” recuperando l’esperienza e il patrimonio consolidato di conoscenze e tecnica maturato nella sezione di tessitura del locale Istituto Statale d’arte Mario dei Fiori, presso il quale insegnavano i due fondatori, Fernando Di Nicola e Nicola Tonelli. Il primo, recentemente scomparso, è stato anche il presidente e direttore artistico del consorzio mentre il secondo si occupava specificamente degli aspetti logistici e organizzativi, quali la messa a telaio degli orditi, la scelta dei materiali all’ingrosso, la pratica della tessitura, la campionatura con l’approntamento delle “mazzette”, cioè delle nuances coloristiche richieste dai modelli; la manifattura infatti non aveva un proprio reparto di tintoria e le tonalità erano ottenute unendo più fili e dosandoli nelle combinazioni per rendere fedelmente le campiture vibranti e simili al modello dipinto. Nel momento della massima espansione l’attività ha potuto contare su cinque tessitrici stabili, scelte fra le migliori ex allieve della scuola, che lavoravano sempre in coppia, su telai a basso liccio, cioè orizzontali disegnati e realizzati su progetto dei fondatori. Questa modalità di lavorazione, consentendo di adoperare entrambe le mani, permette di procedere con maggiore rapidità rispetto al telaio ad alto liccio. I cartoni - delle dimensioni dell’arazzo finito - erano elaborati tramite un ingrandimento fotografico sulla base dei bozzetti forniti dagli artisti; posti sotto l’ordito dell’arazzo da realizzare non erano, come da tradizione, tagliati a strisce ma venivano arrotolati su un subbio ulteriore del telaio man mano che si tesseva, rimanendo perciò integri. Le opere licenziate nel tempo dall’arazzeria pennese sono conservate in collezioni private, presso fondazioni e raccolte di istituti di credito e anche in edifici pubblici; nel corso degli anni hanno ricevuto apprezzamenti e premi in Italia e all’estero per la loro alta e raffinata qualità. E’ allo studio un progetto di mappatura e documentazione, almeno fotografica, di tutti gli arazzi eseguiti all’interno dell’arazzeria, che culminerà nella pubblicazione di un catalogo ragionato. Nella sale espositive a piano terra della Casa natale di Gabriele D’Annunzio, in Corso Manthonè, viene esposta una dozzina di pannelli tessili progettati da artisti diversi e tessuti dalla nostra manifattura: si tratta di un nucleo non molto ampio ma differenziato di opere che vuole dare un’idea delle varie ispirazioni, proposte ed esperienze confluite nelle ricerche dell’arazzeria contemporanea. Gli arazzi in mostra non esauriscono il ventaglio degli artisti che hanno fornito modelli per la manifattura pennese, tra i quali segnaliamo i nomi davvero notevoli di Enrico Accatino (una sua opera “Arazzo absidale” di cm 300x700 è stata distrutta in un incendio nel 1987, nella chiesa di San Luigi Gonzaga a Roma), Marcello Avenali, Afro Basaldella, Diana Baylon, Alexander Calder, Giuseppe Capogrossi, Le Corbusier (pseudonimo di Charles-Edouard Jeanneret-Gris), Antonio Paradiso. 9 10 La mostra 11 Il percorso espositivo accoglie nella prima sala tre arazzi emblematici dell’attività dell’arazzeria, molto diversi per gusto e taglio, i quali aprono e chiudono la parabola della produzione. Si devono peraltro a maestri che hanno collaborato, a vario titolo e con modalità e tempi diversi, con i laboratori di Penne. Il tentativo di riannodare il filo con la tradizione emerge in un insolito pannello figurativo dal titolo “La caccia al cinghiale” (cm 106x250 circa) di Nicola Tonelli (Foto 1). L’andamento orizzontale sottolinea l’aspetto 12 narrativo dell’opera, giocata sulla simmetria rispetto al trofeo venatorio. L’opera, per il suo soggetto, si rifà a una gloriosa tradizione che attraversa tutta l’arte secolare dei panni istoriati dal XV al XVIII secolo (“Cacce del Devonshire”, “Cacce di Massimiliano”, “Cacce” fiorentine da cartoni dello Stradano, “Cacce” da cartoni di Rubens e Snyders, “Cacce di Luigi XV”) e suscita una profonda riflessione su cosa sia potuta diventare l’arazzeria, sulle diversità anche delle dimensioni delle opere prodotte rispetto al passato, sulla sua attualità… 13 1_Nicola Tonelli_“La caccia al cinghiale”_cm 106x250 14 D el tutto diverso è l’approccio evidenziato da un’opera di Primo Conti, “Giochi sulla verticale” volgarmente detto “Arlecchino”, del 1979 (Foto 2); una figura disarticolata e decontestualizzata, spersa nella sua fragilità lineare contro uno sfondo anonimo, che sottolinea l’inconsistenza del personaggio, metafora della condizione umana. 15 2_Primo Conti_1979 “Giochi sulla verticale” (volgarmente detto “Arlecchino”)_cm 232x132 V 16 icino a loro una piccola opera del 1998, ultimo arazzo tessuto dalla manifattura, su disegno di Mario Costantini, artista pennese che in una fase della sua ricca vita artistica si è interessato ai grafismi dei segni: il titolo “Tra il geometrico e l’organico” (cm 150x100) fa riferimento a una linea materializzata e solidificata, esaltata dal contrasto con il fondo chiaro (Foto 3); l’arazzo può risultare quasi freddo e bloccato, specie se confrontato con altre opere, come il “grido” di Brindisi nell’ultima sala, ma l’esposizione congiunta vuole evidenziare le varie potenzialità del linguaggio tessile, nel quale convivono assimilazioni e contrasti. 17 3_Mario Costantini_1998 “Tra il geometrico e l’organico” _cm 150x100 N 18 ella seconda sala si è scelto di esporre alcuni arazzi copiati da prototipi di Giacomo Balla, il celebre pittore futurista. Si tratta di ben quattro rispetto ai sei panni che furono realizzati dalla manifattura di Penne dal 1971 al 1975, per volontà di Elica e Luce, figlie dell’artista, che a tal fine misero a disposizione alcuni modelli paterni. Nell’iniziativa ebbe un ruolo fondamentale l’azienda di arredamento pescarese Coen&Pieroni che ancora possiede alcune opere e le fece pubblicare nel 1975, in un catalogo a cura di Enrico Crispolti. I pannelli sono stati inizialmente pensati per essere realizzati in dieci copie per soggetto e come manufatti esplicitamente creati dall’arazzeria pennese su invenzioni del maestro attraverso “un processo di interpretazione che tende volutamente ad una fedeltà di lettura del modello; [sottoposto] tuttavia [ad] una interpretazione e una reinvenzione, giacché l’oggetto prodotto è evidentemente qualcosa proprio in senso materiologico, diverso dal modello stesso”. Gli arazzi erano importanti elementi dell’ambientazione futurista, oggetti artistici d’arredamento che Balla aveva utilizzato nella sua carriera per lo meno dal 1925, producendo dipinti eseguiti su tela ad arazzo che, esposti in una sua mostra a Parigi, incontrarono un grande successo. “Linea-forza del pugno di B o c c i o n i ” (cm 176x110) (Foto 4) è un arazzo a soli quattro colori, derivato da un modello originale di Balla che riprende, con uno schema grafico-strutturale totalmente astratto, il particolare di una scultura realizzata nel 1915 dove un giovane sferra un pugno al “passatismo barbuto”. Nelle successive elaborazioni i grafismi si fanno struttura e ne esaltano il dinamismo, pur nella dimensione decorativa dell’arazzo che comunque, già dal titolo, rimanda all’estetica futurista e ne prende spunto; in basso a sinistra è “firmato” “FUTURBALLA”. L’esito finale è di grande equilibrio e coerenza stilistica, pur nella estrema semplificazione (dallo stesso modello è stato tratto anche un francobollo, nel 2003). 19 4_Giacomo Balla “Linea-forza del pugno di Boccioni” _cm 110x176 G 20 li altri tre panni di Balla, anche se con diverse caratteristiche, sono più figurativi, ma connotati da un deciso decorativismo. L’elegante pannello “I Cipressi di Coturniano” (cm 231x156) (Foto 5) fa riferimento ad un paesino vicino a Siena dove l’artista aveva soggiornato. Tecnicamente si impone all’attenzione per la sua finezza: le dimensioni e l’accentuato valore decorativo sono memori di scelte estetiche ancora legate all’art decò così come la gamma cromatica, insolita, che per alcuni stilemi, ne fanno un’opera quasi simbolista. L’arazzo, da un modello originale dell’artista, è stato realizzato con ventitré nuances coloristiche, in lana ritorta, e testimonia dell’attenzione di Balla verso il soggetto dei cipressi, documentato già dai primi anni Venti. Nella parte centrale si realizza una “compenetrazione iridescente”, un vero e proprio studio sulla luce e sui suoi effetti che interessarono l’artista negli anni del suo pieno impegno futurista, dal 1912 al 1914. Sintetizzato in uno schema geometrico a triangoli colorati che si compenetrano, l’effetto della luce fra gli alberi si coglie nella parte superiore e sfuma invece nel controluce dei tronchi, per diventare piatta superficie scandita solo dal nervoso segno grafico che movimenta e separa i due colori acidi sul primo piano, un vero “tappeto di foglie”. In basso al centro, sulla bordura, l’opera è firmata “BALLA”. La realizzazione a telaio fu piuttosto complessa, come ancora ricordano le tessitrici le quali, su richiesta della committenza, dovettero smontare buona parte della zona inferiore al centro, la cui prima realizzazione non era stata totalmente soddisfacente. 21 5_Giacomo Balla “I Cipressi di Coturniano”_cm 201x148 “ 22 Linee-forza di mare” (cm 148x201) (Foto 6) è tratto da un modello originale a tempera su carta relativo alla sola metà destra, del 1919, anno in cui, in vacanza a Viareggio, Balla osserva a fondo il mare e i suoi flutti; è il primo dei sei arazzi dell’artista realizzati dalla manifattura pennese, con trama in lana ritorta, a soli sei colori, eseguito in due redazioni. Nel 2009 è passata in vendita da Christie’s una tempera su cartone “Linee di forza: velmare” del 1919-25 che, senza l’elemento centrale, è molto vicina alla composizione del nostro pannello. E’ un arazzo solo apparentemente figurativo, che in realtà declina la suggestione concreta del mare e del cielo e delle correnti d’aria e d’acqua in una immagine di puro gioco di forme regolari e definite, linee curve, simmetriche, aperte e fluttuanti. 23 6_Giacomo Balla_“Linee-forza di mare”_cm 148x201 Il 24 quarto pannello, dal titolo “Terracina” (cm177x98) (Foto 7), arazzo a 17 colori, in lana ritorta, origina da una tempera su carta relativa alla metà sinistra della composizione, databile all’inizio degli anni Trenta. Il tema viene studiato dall’inizio degli anni ’20 e, nei suoi sviluppi successivi, mostra un luogo “reale”, di mare, però trasfigurato e reso in forma naif, in una atmosfera quasi metafisica. Tinte squillanti vengono accostate e armonizzate; l’artificio di guardare la natura in ciò che essa ha di puro e di intimo, la freschezza dei colori, il mare colto da un davanzale e scandagliato nelle luci, negli edifici semplificati e tutti uguali che si affacciano sulla costa, nelle vele iridescenti con sguardo sintetico permangono anche nella traduzione tessile. All’orizzonte, stilizzato, l’inconfondibile profilo del promontorio del Circeo e una “infantilità” di fondo che muove l’aria. 25 7_Giacomo Balla_“Terracina”_cm 98x177 A 26 ccanto agli arazzi desunti dai modelli di Giacomo Balla è un omaggio a Fernando Di Nicola (1933-2007) che questi panni volle mettere in produzione a Penne, catturandone lo spirito. Il maestro ha creato il modello di “Volo” (cm 147x99) (Foto 8) come una piccola composizione ancora futurista negli esiti, ma nata dalla sintesi fra una gestualità libera e un rigoroso equilibrio: è oggi proprietà della Maison Brioni - come un altro Brindisi, “La famiglia”, un’opera di Diana Baylon, “Motivo astratto”, e un panno di Mario Costantini - che normalmente la espone nella propria sede di Penne. Il Volo è un’opera costruita su linee che si dilatano e si amplificano come i cerchi di un sasso lanciato nell’acqua o appunto, come uno stormo di uccelli scomposto e ricomposto in volo. Si intona bene, nell’economia della mostra, con i panni di Balla dei quali, palesemente, risente l’eco. La terza sala della mostra è interamente dedicata ad Afro Basaldella, e alle sue magistrali creazioni. E’ esposto in mostra il primo arazzo tessuto dalla manifattura come “prova” per l’affidamento di due grandi panni commissionati dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma a tutt’oggi visibili nelle sale, quel “Senza titolo” del 1968 (Foto 9) che è diventato l’icona/simbolo dell’arazzeria stessa. Si tratta di un’opera “tradotta” in arazzo da un dipinto dell’artista, il quale, appassionato sperimentatore, affermava che “se una cosa funziona, allora funziona con qualsiasi tecnica”. La composizione, ancora molto gestuale e “immediata”, è tradotta sapientemente dalle arazziere e, rispetto alle opere successive (fatta eccezione per “I cipressi” di Balla che presenta le stesse caratteristiche tecniche) è tessuta con una orditura più fine che consente una resa dettagliatissima dei segni e, soprattutto, dei sottilissimi passaggi coloristici. 8_Fernando Di Nicola_“Volo”_cm 199x47 9_Afro Basaldella_1968_“Senza Titolo” Particolare 27 9_Afro Basaldella_1968_“Senza Titolo”_cm 150x220 S 30 i prosegue con altre due opere da Afro del 1973 e del 1975 tratte direttamente da suoi dipinti, dal linguaggio forte, astratto, poco gestuale, con titoli suggestivi ed evocativi della realtà: “La chiave” (cm 209x170), a 14 colori (Foto 10) e “La forcola” (lo scalmo a forcella delle imbarcazioni, tipiche nelle valli da pesca di Veneto e Friuli Venezia Giulia, nelle quali si rema in piedi) cm 182x224, arazzo a dieci colori (Foto 11): qui le geometrie chiuse e compatte, le ampie, piatte superfici si accordano in un grande equilibrio e si armonizzano in una scalatura morbida di marroni bruciati, gialli carichi, rossi intensi dove il colore è anche forma. 10_Afro Basaldella_“La chiave”_cm 170x209 11_Afro Basaldella_“La forcola”_cm 182x224 31 G 32 li arazzi sono esposti accanto a un pannello “espressionista” con chiari intenti informali degli anni ‘70 “Figura” (cm 150x100 circa) (Foto 12), giocato su una minima gamma di nuances ma di grande impatto visivo, coloristico ed emotivo, tratto da Remo Brindisi, pittore verista del Novecento Italiano, che ha frequentato la Scuola d’Arte di Penne, dove il padre Giuseppe insegnava scultura in legno: diversi arazzi sono stati realizzati dalla manifattura sulla base di suoi modelli. 33 12_Remo Brindisi_“Figura”_cm 150x100 A corredo della mostra sono esposte, accanto a materiale documentario, le immagini di opere eseguite dall’arazzeria da dipinti di Alexander Calder, Giuseppe Capogrossi (di proprietà della BNL di Pescara), Diana Baylon e Le Corbusier. Inoltre viene proiettato un estratto del video-documentario “Fili d’arte. Visita all’arazzeria pennese” girato dalla RAI nel 1982 su Penne e la manifattura, il quale mostra dal vivo la quotidianità dell’attività nei momenti più salienti. 34 “Soggetti, dimensioni e materiali sono cambiati nei secoli, ma l’antica tecnica della tessitura ad arazzo che intreccia orditi e trame è sempre la stessa…. “ Scorcio Arazzeria pennese Note sull’attività del laboratorio Le notizie che seguono sono state raccolte direttamente dai ricordi delle tessitrici e costituiscono una testimonianza e un piccolo omaggio a quanti hanno materialmente eseguito gli arazzi. Dal punto di vista tecnico, fatta eccezione per “Senza titolo” del 1968 e “I cipressi” - di intreccio molto più fine - tutti gli altri panni presentano una matericità accentuata, sottolineata dalla naturale cannellatura data dagli orditi, in numero di 4/5 per centimetro. La trama, sempre in lana, ha il compito di rendere gli effetti cromatici voluti dagli artisti. E vi riesce benissimo, grazie all’abilità delle tessitrici guidate spesso, oltre che dai tecnici, dagli stessi pittori. E’ ancora vivo il ricordo di come Capogrossi e Afro in particolare fossero molto presenti, interessati e coinvolti nelle varie fasi della traduzione tessile. La signora Elvira Ridolfi lavorava sempre con Giuditta Tartaglia, moglie di Nicola Tonelli, la tessitrice che rappresenta l’elemento di continuità di tutta l’attività della manifattura; ne “I cipressi” con la coppia Ridolfi/Tartaglia ebbe a lavorare, al centro, per un periodo limitato, anche Lina D’Addazio. Hanno operato per anni anche le cugine Anna e Maria di Martino, la seconda coppia storica, del gruppo pennese. Una caratteristica organizzativa era che tutti lavoravano alla pari, senza gerarchie. Nel 1991 rimane la sola signora Giuditta; le nuove ragazze erano reclutate a scuola; “Il volo”, ad esempio è stato tessuto dalla signora Lolita, nuora di Fernando Di Nicola, insieme ad altre due ragazze. 35 Nessuna parte di questo quaderno può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti. Tutti i diritti riservati. Finito di stampare nel mese di luglio 2011 da Poligrafica Mancini