Trittico di Beffi - Soprintendenza BSAE Abruzzo
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Trittico di Beffi - Soprintendenza BSAE Abruzzo
Il Maestro del Trittico di Beffi VERDE: PANTONE 355 COMUNE DI ACCIANO ASSOCIAZIONE CULTURALE “ CASTRUM BEFFI” DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA NEGLI ABRUZZI Testi Lucia Arbace L’idea di realizzare una mostra e quindi un catalogo sul Maestro del Trittico di Beffi è nata quando il caro amico Fosco De Paulis ha iniziato a dedicare calendari alle bellezze della Valle Subequana. Da quel momento tutti hanno potuto apprezzare le numerose opere d’arte legate al territorio ma custodite altrove e così condividere il desiderio di “riacquisire” questo importante patrimonio. La presente iniziativa vuole accrescere le conoscenze e rafforzare l’orgoglio di una comunità che, anche in occasioni difficili, ha dimostrato attaccamento ai tesori della sua terra. Con la speranza di vedere soddisfatte le aspettative, ringrazio le diverse Istituzioni che hanno creduto nel progetto. Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici dell’Abruzzo Cristiana Pasqualetti Università degli Studi dell’Aquila Un particolare ringraziamento a Fosco De Paulis Referenze fotografiche Gino Di Paolo Princeton, The Princeton Art Museum / Photo Bruce M. White Venezia, Fondazione Cini/Matteo De Fina Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, Palazzo Blu / Gronchi Fotoarte The Cleveland Museum of Art Progetto Grafico SPAZIODIPAOLO.IT Il Sindaco Fabio Camilli Il Trittico di Beffi: un’opera capace di incantare il mondo di Lucia Arbace ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Trittico (1410-1415). L’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo (da Santa Maria del Ponte a Tione). Estratto illeso dopo il sisma del 6 aprile 2009 dalle macerie del Castello dell’Aquila, il Trittico di Beffi, ha incantato centinaia di migliaia di visitatori nel corso di un lungo tour negli Stati Uniti. Selezionato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali come ambasciatore della cultura italiana, nel corso di un anno e mezzo è stato esposto presso la National Gallery di Washington, il Nevada Museum of Art a Reno e il J. Paul Getty Museum a Los Angeles, sempre accompagnato da una scheda descrittiva e da un catalogo che ne illustravano tra l’altro la complessa iconografia e la provenienza originaria dalla Chiesa di Santa Maria del Ponte, nella stupefacente Valle Subequana. Al bilancio positivo di questo lungo viaggio - che ha contribuito a far scoprire al pubblico americano luoghi incantevoli dell’Abruzzo -, si è affiancata la generosa donazione della Wiegand Foundation di Reno, la quale ha finanziato il restauro di due sculture del Museo Nazionale d’Abruzzo. Al ritorno in Italia, il Trittico di Beffi è stato presentato a Roma in Palazzo Giustiniani, nell’ambito del ciclo “Dai Musei al Senato” promosso dal Senato della Repubblica dall’8 dicembre 2010 al 16 gennaio 2011. Oggi si può apprezzare nuovamente a L’Aquila. Sin dal febbraio dello scorso anno l’opera ha trovato ospitalità presso la Banca d’Italia: protetta 24 ore su 24 da una super sorveglianza e dalla vetrina realizzata in occasione della trasferta americana, troneggia nella sala aperta al pubblico della sede cittadina, ubicata in pieno centro storico, a due passi da Piazza Duomo. In tutto questo tempo i media non hanno mai smesso di occuparsi del nostro capolavoro – tre mesi fa è apparso un lungo articolo sul Corriere della Sera -, mentre innumerevoli sono state le richieste pervenute al nostro ufficio per prestiti temporanei all’estero, tutte coraggiosamente bocciate per non sottoporre il delicato dipinto a ulteriori stress, ma soprattutto per non privare L’Aquila dell’unica opera d’arte tornata a casa dopo il terribile terremoto. Pienamente condivisa è stata invece la proposta, pervenuta dal Comune di Acciano, di realizzare una fedelissima riproduzione – affidata all’occhio sapiente e alle sofisticate attrezzature fotografiche di Gino Di Paolo – a grandezza naturale per una mostra che esibisce le repliche dell’intero corpus assegnato al suo misterioso autore, ormai riconosciuto in un maestro abruzzese, Leonardo da Teramo. Citato in numerosi documenti, si può a ragione ritenere sia stato a capo di una bottega importante, con molti collaboratori, se era in grado di soddisfare esigenze molteplici padroneggiando tecniche diversissime, dalla pittura su tavola agli affreschi, dalle miniature alle sculture lignee, con un’attività svolta in diverse località della regione, da L’Aquila a Sulmona, da Ortucchio a Guardiagrele, nel corso dei primi decenni del XV secolo. Personalmente mi sono dichiarata subito favorevole a questa iniziativa che mira a far conoscere a un più vasto pubblico, opere identitarie del patrimonio ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Trittico (1410-1415). L’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo, particolare dello sportello sinistro con la Natività. artistico dell’Abruzzo di sicuro rilievo internazionale, e nel contempo stimola una rinnovata attenzione. Ma a questo punto sorge spontanea una domanda, immaginando lo sguardo interrogativo di quanti si soffermeranno dinanzi queste eccellenti riproduzioni: Perché il Trittico di Beffi è un dipinto in grado di incantare il mondo ? Come ha sottolineato Claudio Strinati, si tratta di un’opera d’arte di grande raffinatezza, fascino ed eleganza. Si può poi precisare che, pur trattandosi di capolavoro corrispondente a un gusto molto preciso - quello tipico del gotico internazionale -, è una testimonianza del passato capace di sconfiggere il tempo e passare indenne attraverso la rapida evoluzione della moda. Ciò grazie all’altissima qualità della manifattura, che si manifesta nei pigmenti brillanti d’origine naturale, rimasti inalterati dopo sei secoli, nell’oro zecchino, utilizzato come fondo e per sottolineare precisi dettagli – come ulteriore colore e fonte di luce - e nella sofisticata punzonatura delle aureole, impresse con straordinaria professionalità e tendenti ad esaltare la sacralità dei principali protagonisti. Sull’origine e sullo stile dell’autore si è già scritto tanto e ancora molto si scriverà per meglio delineare il catalogo su cui si sofferma Cristiana Pasqualetti; ma sembra qui opportuna qualche osservazione in più, partendo dalla lettura della complessa iconografia. Difatti proprio in questa trama si celano le tracce che maggiormente accreditano la matrice abruzzese dell’opera, e l’origine segnatamente teramana dell’artista, sgombrando il campo dalle pregresse attribuzioni a ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Trittico (1410-1415). L’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo, particolare dello sportello destro con la Dormitio Virginis. maestri toscani, in particolar modo senesi. Alla maestà di questa dolcissima Madonna in trono, inserita nel pannello centrale cuspidato, protetta da un sontuoso drappo di broccato sorretto da due angeli, si affianca la gradevolissima narrazione delle storie della vita di Maria. L’articolazione delle figure, soprattutto nel primo riquadro, pare sottintendere il racconto di un cantastorie che traduce con immediatezza la complessità dei vangeli, privilegiando i temi di maggiore spontaneità, a beneficio di devoti abituati al cammino lungo la via degli Abruzzi, luogo di transito delle greggi e dei mercanti in un tempo di prospera economia per questi territori dell’Appennino. Partendo dall’alto si sviluppa la storia che restituisce la sorpresa di un pellegrino, ripreso nel suo incedere lungo un percorso in salita, colto dall’annuncio improvviso degli angeli apparsi in cielo, la vita nei campi dominati dal castello che si intravede in lontananza tra le alture, il senso del rispetto dei pastori chini in preghiera, l’amorevole abbraccio della madre che stringe a se il proprio bambino in fasce, il San Giuseppe seduto a terra accanto alla sella, pensoso forse per il suo difficile ruolo, le nutrici che preparano l’acqua tiepida per il primo bagnetto, il donatore in preghiera vestito con un sobrio soprabito con l’unico vezzo delle calze bicolori. La sequenza dei fatti in questo primo riquadro pare come rimbalzare tra i pendii scoscesi, seguendo un moto quasi a zig zag, nel calcare piuttosto la dimensione naturale dei fatti, concepiti come un’autentica lieta novella avvenuta in un mondo caotico. Viceversa nel terzo pannello la storia ha un andamento dal basso verso l’alto con un preciso sviluppo verticale e una tendenza all’astrazione e alla spiritualità, accentuata dal fondo oro e dal rigore ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Trittico (1410-1415). L’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo, particolare dello sportello destro con l’Incoronazione della Vergine. dell’impaginazione stessa. In basso è la Dormitio Virginis, ovvero la Morte della Vergine circondata dagli Apostoli, poi segue la sua anima recata in cielo da Gesù, e infine in alto l’Incoronazione di Maria delineata in una perfetta sfera circondata da una corona d’angeli. Nel Trittico si percepisce quindi l’opposizione tra la vita e la morte, la trama di un racconto in equilibrio tra naturalezza e spiritualità, che evoca negli stessi dettagli – il sontuoso broccato con le palmette mediorientali cui si affianca un trono di legno intagliato -, le evidenti tracce dell’operosità dell’uomo aperto ai contatti con mondi lontani e imprenditore capace di fare tesoro delle risorse della Natura. Su questo mondo sorveglia e incanta l’immagine serena della dolcissima Madonna con il suo Bambino che viceversa si lascia andare nella sua nudità sgambettante, e strappa il velo della mamma, volgendosi al devoto quasi a cercare complicità per il suo gesto impertinente … A cura della Soprintendenza BSAE dell’Abruzzo, nel maggio 2012 è partito il cantiere di restauro degli affreschi della Chiesa di San Silvestro, che sono qui illustrati in immagini precedenti al sisma, grazie a fondi ministeriali del P.O. 2011, per un totale di € 85.000,00. RUP: Dott. Elisa Amorosi; progettista e direzione lavori: Dott. Biancamaria Colasacco; ditta esecutrice: Carla Tomasi restauri. ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Trittico (1410-1415). L’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo, particolare dello sportello centrale. ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Adorazione dei Magi (arco trionfale); Madonna col Bambino fra Angeli musicanti (volta del presbiterio); Profeti (sottarchi); Déesis (catino absidale). L’Aquila, San Silvestro, particolare degli affreschi dell’area presbiteriale (inizi sec. XV). (Pagina seguente) ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Madonna col Bambino e Angeli musicanti. L’Aquila, San Silvestro, volta presbiteriale. Il ‘Maestro del Trittico di Beffi’: un pittore teramano a Sulmona. di Cristiana Pasqualetti ‘Maestro del Trittico di Beffi’ (Leonardo di maestro Sabino da Teramo) Maddalena in estasi (circa 1395). Parigi, G. Sarti. Proviene dall’altare maggiore della collegiata di Santa Maria del Ponte nel comune di Tione, non lungi dal borgo di Beffi, il bel trittico del Museo Nazionale d’Abruzzo che dà il nome convenzionale al maestro protagonista del passaggio dal gotico tardo al tardo-gotico nella pittura locale. A causa dei danni riportati dalla chiesa in seguito al terremoto del 13 gennaio 1915, il dipinto fu rimosso dall’altare e per lungo tempo tenuto in deposito in casa della guardia campestre Luigi Massucci per conto della Real Soprintendenza alle Gallerie e ai Musei. Nel 1923 la Direzione Generale delle Belle Arti dispose che il trittico fosse custodito per motivi di sicurezza nel Museo Peligno di Sulmona o nel Museo Civico dell’Aquila, ove poi fu effettivamente trasferito. Nella tavola centrale è rappresentata la Madonna col Bambino in trono e due angeli; sullo sportello di sinistra sono raffigurate la Natività e l’Adorazione dei pastori con un donatore, su quello di destra la Dormitio e l’Incoronazione della Vergine. Al trittico, che Bernard Berenson aveva assegnato a Francesco di Gentile da Fabriano, e Luigi Serra a pittore umbro-marchigiano, Enzo Carli accostò la tavola detta “delle Sette Parole” proveniente dalla chiesa di Santa Maria Paganica all’Aquila, argomentando per la formazione senese del pittore, che egli vedeva svolta in prossimità di Taddeo di Bartolo. Un importante momento nella storia critica del trittico si ebbe nel 1948, quando Ferdinando Bologna vi riconobbe il responsabile della smagliante decorazione presbiteriale di San Silvestro all’Aquila, riscoperta neppure due anni prima sopra la settecentesca controvolta a incannucciato dell’edificio sacro. Lo studioso è tornato più volte sull’argomento per incrementare il catalogo del pittore, ribadirne l’estrazione non abruzzese e precisare ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Dormitio Virginis (1390-1395). Collezione privata (dalla chiesa di San Francesco a Teramo?). ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Tentazioni di San Benedetto (fine sec. XIV). Ex New York, The Metropolitan Museum of Art, Lehman Collection (ritaglio dall’Antifonario Acquaviva) i punti di riferimento della sua educazione toscana, con particolare riguardo a Martino di Bartolomeo, a Giovanni di Pietro da Napoli e a Jacopo di Mino del Pellicciaio (Bologna 1987 e 2002). Le opere che il Bologna ha via via radunato intorno al ‘Maestro del Trittico di Beffi’ costituiscono un insieme che mantiene ancora intatta la sua coerenza stilistica, a meno che per pigrizia filologica non si voglia negare capacità di crescita a un pittore in grado di realizzare la campagna decorativa di San Silvestro all’Aquila, ove gli interventi della bottega saranno stati ovviamente più massicci che in un trittico di contenute dimensioni: si può star certi, però, che a mettere la firma sul contratto fu il maestro, qualunque fosse il suo nome. Il catalogo del pittore si è dunque arricchito di opere anche su tavola: una grande Dormitio Virginis in collezione privata, di sicura destinazione francescana per via di ben quattro ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Natività (fine sec. XIV). Princeton, Princeton University Art Museum, y1958-17 (foglio staccato dall’Antifonario Acquaviva). santi dell’ordine ivi raffigurati; due fiorite cuspidi di polittico con un Profeta e un Evangelista nelle collezioni di Palazzo Blu a Pisa, di provenienza ignota; il dittico coi Santi Onofrio e Maddalena del Museo Civico di Sulmona, proveniente dalla chiesa del locale eremo di Sant’Onofrio. Il maestro fu attivo anche nel campo dell’illustrazione libraria, avendo contribuito alla decorazione del ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Annunciazione (fine sec. XIV). Venezia, Gabinetto Disegni e Stampe della Fondazione Cini, inv. 2115.168 (ritaglio dall’Antifonario Acquaviva). ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Incoronazione della Vergine (fine sec. XIV). Cleveland, The Cleveland Museum of Art, inv. 1953.24 (foglio staccato dall’Antifonario Acquaviva). ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Tentazioni di San Benedetto (fine sec. XIV). Venezia, Gabinetto Disegni e Stampe della Fondazione Cini, inv. 2116.169 (ritaglio dall’Antifonario Acquaviva). ‘Maestro di Beffi’: San Matteo (1400-1405). Chieti, Archivio Arcivescovile, Messale Orsini (da San Francesco a Guardiagrele), c. 110v, iniziale istoriata I(n illo tempore), particolare. ‘Maestro di Beffi’: San Giovanni Evangelista (1400-1405). Chieti, Archivio Arcivescovile, Messale Orsini, c. 137v, iniziale istoriata I(n illo tempore). ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Madonna col Bambino Chieti, Archivio Arcivescovile, Messale Orsini, c. 312r, iniziale istoriata S(alve Sancta Parens), particolare. Messale Orsini di Chieti, originariamente destinato alla chiesa di San Francesco a Guardiagrele (1400-1405 circa) ed essendo il responsabile delle miniature tabellari dei fogli superstiti di uno smembrato Antifonario commissionato da un esponente della famiglia Acquaviva, forse identificabile con Andrea Matteo I duca d’Atri e signore di Teramo, ove fu assassinato nel 1407. A questa variegata produzione occorre aggiungere la tavola con la Maddalena in estasi nella Galleria Sarti a Parigi (De Marchi 2002), il modellato e la veste pittorica di due sculture lignee, ossia i Santi Andrea e Antonio abate provenienti da Sant’Orante a Ortucchio, conservati nel Museo Civico di Sulmona (Pasqualetti 2010a), due iniziali ritagliate individuate da Gaudenz Freuler nella collezione Zeileis a Rauris, e una cuspide di polittico con Dio Padre già in collezione romana. Quanto alla formazione ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Déesis. L’Aquila, San Silvestro, catino absidale. ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Angelo viellatore. L’Aquila, San Silvestro, particolare degli affreschi della volta del presbiterio. del maestro, l’opulenza delle carni tese e come enfiate, gli occhi allungatissimi fra le palpebre carnose, le fisionomie ferine che connotano i personaggi del ciclo di San Silvestro più che far pensare all’ambito senese inducono a cercare riscontri in quello bolognese già chiamato in causa nel 1948 da Cesare Brandi a proposito del trittico eponimo e dalla critica più recente non solo per le prime prove del pittore, quali la Maddalena parigina e la Dormitio Virginis in collezione privata (De Marchi 2002 e 2008), ma anche per gli smalti delle opere più antiche di Nicola da Guardiagrele, palesemente in debito con i modi del maestro (Romano 1988 e 2008). Nelle miniature tabellari dell’Antifonario Acquaviva, ove non mancano evidenti rimandi al neogiottismo padano e persino alla Lombardia fin de siècle, i profili delle mensole dei portali e delle finestre ricalcano analoghi dettagli architettonici delle Storie ‘Maestro del Trittico di Beffi’: David. L’Aquila, San Silvestro, particolare dei Profeti nei sottarchi della volta del presbiterio. di Santa Caterina d’Alessandria affrescate nel 1366 da Andrea de’ Bartoli da Bologna nella cappella funeraria del cardinale Egidio de Albornoz nella Basilica Inferiore di Assisi, da altri evocate anche per gli spunti paesaggistici della Maddalena Sarti. Lo stampo emiliano-adriatico della formazione del pittore induce a prendere in considerazione l’ipotesi che il ‘Maestro del Trittico di Beffi’ altri non sia che il «magister Leonardus de Teramo pictor», figlio di un maestro Sabino, documentato a Sulmona dal 1385, civis dal 1394, e lì ancora attivo nel 1435, anno in cui è ripetutamente menzionato nel testamento del suo socio Cicco di Pietro. È peraltro di un’evidenza quasi palmare il fatto che i luoghi della vita e dell’attività di Leonardo coincidano pressoché perfettamente con le tappe e con le commissioni del ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Teramo, sua città d’origine; Sulmona, dove Leonardo si trasferisce almeno dal 1385; Guardiagrele, dove il nome di «Leonardus de Teramo habitator Sulmone» era tramandato da un’iscrizione letta da Anton Ludovico Antinori su un altare dipinto dal maestro nel 1417 intitolato alla Madonna del Suffragio nella chiesa di Sant’Antonio abate; infine l’Aquila, destinataria di almeno una delle tre statue lignee («Sancto Blascio in Carmi de Aquila») intagliate e policromate che sono ricordate nel succitato testamento del suo socio sulmonese (Pasqualetti 2010a-c). Il fatto che il pur modesto Giovanni da Sulmona, firmatario di una custodia d’altare (1435) e responsabile dei capicroce del Crocifisso del locale Museo Civico, possa considerarsi un discepolo del ‘Maestro del Trittico di Beffi’ – da cui ereditò probabilmente anche i rapporti di committenza, giacché le opere appena citate provengono da Sant’Orante a Ortucchio – costituisce un puntello non irrilevante per l’ipotesi della localizzazione della bottega nella città peligna. La stessa conclusione s’impone davanti alla constatazione che Sulmona fu il prevalente benché non esclusivo centro d’azione del ‘Maestro della Cappella Caldora’, altro e ben più notevole creato del ‘Maestro del Trittico di Beffi’: i suoi esordi, di solito fissati fra il 1408 degli affreschi di Santa Scolastica a Subiaco e il 1412 del ciclo eponimo nella Badia Morronese, ma che vanno anticipati agli anni del pontificato di Innocenzo VII Migliorati (1404-1406), ebbero difatti luogo quando Leonardo da Teramo era già nell’avanzata maturità, per cui i suoi allievi dovevano aver da qualche tempo intrapreso una carriera autonoma (Pasqualetti 2010c). Quanto alla città di origine del ‘Maestro del Trittico di Beffi’, l’importante attività di miniatore – oltreché di pittore – da lui svolta non può inoltre non richiamare alla mente che proprio Teramo vantava una lunga tradizione nel campo della decorazione e illustrazione di manoscritti: dal Berardo miniatore di un antifonario proveniente dal monastero di San Benedetto a Gabiano presso San Flaviano, al Muzio di Cambio autore dei minii della Biblia aprutina della Biblioteca Apostolica Vaticana, e all’Agostino di Leonardo dei perduti antifonari di Santa Maria di Propezzano datati 1390, che è lo stesso anno della commissione del mai rintracciato antifonario per Santo Spirito in Sassia al celebre maestro Zàcara, «optimo perito et famoso cantore, scriptore et miniatore», almeno dal 1391 cantore pontificio e dal 1412 circa maestro di cappella dell’antipapa Giovanni XXIII. Alla luce della più che plausibile identità del ‘Maestro del Trittico di Beffi’ con Leonardo da Teramo assume un rilievo ancora maggiore quanto è stato di recente osservato circa il prestigio dei paliotti figurati veneziani lungo la costa orientale della Penisola, con particolare riferimento all’anconetana Dormitio Virginis di Olivuccio di Ciccarello, accostata a quella del maestro abruzzese per via delle comuni affinità con la pittura bolognese (De Marchi 2008). La fortuna adriatica degli antependia è dimostrata dal fatto che, ormai in pieno Quattrocento, si commissionò proprio a Nicola da Guardiagrele il celebre “parato di San Berardo” per l’altare maggiore della Cattedrale di Teramo: l’opera ha peraltro dimensioni quasi identiche (cm 148x245) a quelle della Dormitio ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Albero delle Sette Parole. L’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo (da Santa Maria Paganica). in collezione privata ed era destinata a sostituire un’altra tabula in argento trafugata durante il saccheggio della città nel 1416. All’autorità dei modelli lagunari rinviano, del resto, il soggetto stesso del paliotto in collezione privata – accomunato anche sotto questo rispetto alla Dormitio di Olivuccio di Ciccarello – e persino il dominante abbinamento dell’oro con il rosso, così insolito rispetto alle altre opere note del ‘Maestro del Trittico di Beffi’. I risentimenti bolognesi così trasparenti da spingere in passato alcuni autorevoli studiosi ad attribuire opere del pittore abruzzese a Lippo di Dalmasio e a Pietro di Giovanni Lianori rendono oltremodo sostenibile l’ipotesi che la Dormitio Virginis appartenga alla fase iniziale del percorso del possibile Leonardo. Tipologia e soggetto, plausibile origine dell’autore e antichità che il dipinto occupa nella sua carriera suggeriscono, insomma, di individuare proprio a Teramo la primitiva destinazione dell’opera. Il precoce e definitivo trasferimento di Leonardo a Sulmona può spiegare inoltre le importanti tangenze fra l’opera del ‘Maestro del Trittico di Beffi’ e l’arte orafa locale. Che il dialogo con gli orafi sulmonesi precedesse l’incontro con Nicola da Guardiagrele è dimostrato anche dal fatto che i riccioli d’oro corposi e anguiformi del paffutissimo Gesù in grembo alla Madre nel trittico eponimo paiono essere stati direttamente esemplati su quelli dell’altrettanto florido Bambino del gruppo detto la “Pasquarella” (1412), capolavoro dell’oreficeria peligna destinato al Tesoro di San Francesco a Castelvecchio Subequo: un’opera che anche sul piano del formulario anatomico rivela altre coincidenze con i sacri protagonisti del trittico di Beffi (Pasqualetti 2010c). In conclusione non può affatto escludersi che anche Nicola da Guardiagrele abbia mosso i suoi primi passi nella bottega impiantata da Leonardo a Sulmona: una città la cui tradizione orafa pesò – come è noto – in maniera determinante sulla formazione del maestro guardiese. Le affinità formali rilevate dalla critica fra le placchette a smalto dell’ostensorio di Atessa (1418) – una delle sue prime opere documentate –, e il corpus del ‘Maestro del Trittico di Beffi’ suggeriscono uno stretto collegamento fra il giovane orafo e il più anziano pittore. La predilezione di Nicola per gli smalti, declinata in un ventaglio di tecniche molto ampio, e le abilità che saranno professate dai suoi tre figli nel campo della pittura rendono plausibile l’ipotesi che prima di specializzarsi nell’ambito dell’oreficeria egli si sia addestrato proprio come pittore nella bottega del ‘Maestro del Trittico di Beffi’, sebbene la sua attività in questo campo sia documentata – non potendosi qui affrontare la questione del libro di preghiere del Musée Condé a Chantilly – da un unico quadretto, firmato, raffigurante la Madonna dell’Umiltà e Angeli (Firenze, Galleria degli Uffizi), proveniente da una collezione privata aquilana e databile non oltre il secondo decennio del Quattrocento (Pasqualetti 2010c). ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Profeta; Evangelista (1410-1415). Pisa, Palazzo Blu. Bibliografia ‘Maestro del Trittico di Beffi’: Sant’Andrea; Sant’Antonio (1425 circa). Sulmona, Museo Civico (da Sant’Orante a Ortucchio). ‘Maestro del Trittico di Beffi’: I Santi Onofrio e Maddalena con una donatrice (1425 circa). Sulmona, Museo Civico (dalla chiesa dell’eremo di Sant’Onofrio). L. Arbace, Viaggio intorno al Trittico di Beffi: Arte come libertà, il fascino del tardo gotico italiano, in Il Trittico di Beffi. Conservare il Patrimonio Culturale dell’Abruzzo, Grafiche Speed, Milano 2010. Bologna 1948 = F. Bologna, in 1a Mostra di opere restaurate, catalogo della mostra (luglio 1948), L’Aquila, Soprintendenza ai Monumenti e alle Gallerie, 1948, pp. 9-10 n. 1. Bologna 1987 = F. Bologna, La «Madonna» di Cese e il problema degli esordi di Andrea Delitio, in Architettura e Arte nella Marsica 1984-1987, II, Arte, catalogo della mostra (L’Aquila 1987), L’Aquila-Roma, Japadre, 1987, pp. 1-30: 20-24 nota 19. Bologna 2002 = F. 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Finito di stampare nel mese di Giugno 2012 da Poligrafica Mancini