storia e messaggio di fatima - Blog di Giuseppe Casarrubea

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storia e messaggio di fatima - Blog di Giuseppe Casarrubea
STORIA E MESSAGGIO DI FATIMA
Portogallo 1917
Nel 1917, l’anno in cui avvennero i fatti straordinari che ci accingiamo a
narrare, il Portogallo stava attraversando una grave crisi economica e sociale.
Qualche anno prima la nazione era scesa in guerra a fianco degli Alleati e, mentre
i suoi figli più giovani combattevano su1 fronte francese, all’interno del Paese
imperversavano la miseria ed il caos. L’imprevidenza governativa e le lotte in
seno allo stesso Governo avevano depauperato le casse dello Stato, mentre gli
operai senza lavoro morivano di fame nei sobborghi delle grandi città. Di questa
tragica situazione il Governo aveva cercato di addossare la colpa alla Chiesa,
scatenando la più violenta lotta contro la religione che quel Paese abbia mai
conosciuto. Già nel 1911 il primo ministro Alfonso Costa, pubblicando la sua «
Legge di separazione tra Chiesa e Stato », aveva dichiarato testualmente: « Grazie
a codesta legge, fra due generazioni il Portogallo avrà eliminato totalmente il
Cattolicesimo, che è la causa principale della triste situazione in cui si dibatte il
Paese ». Da quell’anno la repressione religiosa si era fatta più violenta e capillare.
La stampa aizzava i lavoratori contro il clero, mentre i ragazzi delle scuole erano
fatti sfilare per le strade portando cartelli con scritto: « Nè Dio, nè religione »!
Bisogna però dire che la miseria, la fame e la lotta antireligiosa erano più
virulente nelle città che nelle campagne. La mancanza quasi assoluta di mezzi di
comunicazione aveva come isolato dal contagio le zone agricole dove, ad
eccezione della partenza dei giovani per il fronte, continuava la vita povera ma
dignitosa di sempre.
Fatima 1917
Fàtima è un piccolo paese del Portogallo centrale, di appena qualche dozzina di
case, raccolte attorno alla Chiesa e al camposanto. Tutt’attorno i campi in
declivio, trattenuti a stento da muretti di pietra, sono cosparsi di olivi e di elci.
Qualche tratto di terra è anche coltivato a cereali ed ortaggi che, con i prodotti
delle greggi, danno di che vivere ai pochi abitanti. Sulle colline circostanti taluni
mulini a vento macinano il grano per il pane, che verrà cotto in paese in un grande
forno comune.
Uscendo dal paese e andando verso occidente, una stradicciola di campagna
conduce ad una frazione di Fàtima chiamata Aljustrel: è qui che nacquero e
vissero i tre piccoli protagonisti della nostra storia.
Proseguendo verso occidente in mezzo ai prati si arriva ad una piccola radura
adatta al pascolo delle greggi, chiamata « Valinhos » o « Piccole valli ». Da qui,
piegando un poco verso sud, si raggiunge un luogo solitario ma tanto suggestivo
detto « Loca do Cabeço », ove alcuni grandi massi rocciosi, modellati dalle acque,
si drizzano curiosamente verso il cielo: queste due località furono teatro di
avvenimenti che narreremo tra breve. Se, partendo da Aljustrel e passando per i
Valinhos, si sale verso nord, dopo un paio di chilometri di sentiero si arriva ad
una grande spianata verde a forma di anfiteatro che gli abitanti, appunto per
questo, chiamano « Cova (o conca) da Iria »: è qui che la Madonna si manifestò ai
tre pastorelli ed è qui che sorge oggi la Basilica di Fàtima. Ricordiamo infine due
altri luoghi che interessano il nostro racconto: Villa Nuova d’Ourèm, cittadina a
qualche decina di chilometri ad oriente di Fàtima, sede dell’Amministrazione
Comunale, di un ospedale e luogo di mercato e Leirìa, sede vescovile della
Diocesi di cui Fàtima faceva parte.
I tre pastorelli di Aljustrel
Come tutti i ragazzi del loro paese, Lucia Di Gesù e i due suoi cuginetti Francesco
e Giacinta Marto, aiutavano i genitori portando a pascolare ogni giorno un piccolo
gregge di pecore e di capre appartenente alle loro famiglie. Lucia era nata ad
Aljustrel il 22 Marzo 1907 da Antonio Dos Santos e da Maria Rosa De Jesus,
ultima di altre tre sorelle e di un fratello. Francesco era nato l’11 Giugno 1908 e la
sorellina Giacinta il 10 Marzo 1910, da Manuel Pedro Marto che aveva sposato
Olimpia, una sorella del padre di Lucia, già vedova e madre di due figli, dalla
quale ebbe, oltre Francesco e Giacinta, altri sei figlioli.
Le case in cui nacquero e vissero i tre pastorelli erano simili alle altre di Aljustrel:
piccole ma robuste, con i muri passati a calce e il tetto in tegole rosse, con minute
finestre incorniciate e, nel mezzo della parete che dà sulla strada, due gradini che
conducono all’uscio di casa, sopra il quale è incisa la data della sua costruzione.
Anche all’interno tutto è piccolo, ma lindo e ordinato la cucina con il basso
camino, le camerette dei genitori e dei figli, e l’antico telaio di legno che da
generazioni prepara la stoffa per vestire la famiglia.
Dietro la casa, il recinto per le pecore e un po’ di terreno con la cisterna per la
raccolta delle acque piovane, che gli abitanti chiamano con compiacenza « o poço
», il pozzo.
Le apparizioni dell’Angelo
partendo da queste casette che i tre piccoli amici erano soliti spingere ogni giorno
il piccolo gregge delle due famiglie verso questo o quel luogo, a loro scelta, nei
dintorni di Aljustrel. Ivi
passavano assieme l’intera giornata custodendo le
pecore e giocando. A mezzogiorno prendevano il cibo che le mamme avevano
messo per loro in un piccolo sacchetto di stoffa dopo di che, prima di rimettersi a
giocare, recitavano insieme il santo Rosario.
LA PRIMA APPARIZIONE DELL’ANGELO
Un giorno piovigginoso di primavera (non possiamo precisare l’anno) i tre
fanciulli erano andati col gregge alla Loca do Cabeço dove, con loro stupore,
furono testimoni di un fatto straordinario. Di
questo fatto abbiamo la descrizione precisa fattaci dalla stessa Lucia; eccola
testualmente:
« Non posso riferire con certezza le date, perché a quel tempo io non sapevo
calcolare gli anni, i mesi e persino i giorni della settimana. Mi pare nondimeno
che debba essere stato in primavera quando l’Angelo ci apparve per la prima volta
nella Loca do Cabeço.
Salivamo su per la collina con il gregge in cerca di un riparo e, dopo aver
consumato il nostro pranzo e recitate le preghiere, vedemmo, ad una certa
distanza sulla cima degli alberi, sfuggente verso Est, una luce più bianca della
neve, che lasciava intravvedere la figura di un giovane trasparente e più
sfavillante del cristallo colpito dai raggi del sole. Quando si avvicinò di più
potemmo distinguerne meglio l’aspetto. Noi fummo sorpresi e ammutolimmo per
lo stupore. Essendosi avvicinato a noi disse: “Non temete. Io sono l’Angelo della
pace. Pregate con me “. E inginocchiandosi Egli chinò il volto fino a terra.
Guidati dallo stesso impulso soprannaturale, noi facemmo altrettanto e
ripetemmo le parole che udivamo pronunciare da Lui: ‘Mio Dio, io credo, adoro,
spero in Voi e Vi amo. Chiedo perdono per quelli che non credono, non sperano,
non Vi amano. Dopo aver ripetuto queste parole tre volte, egli si alzò e disse:
“Pregate così. I Cuori di Gesù e di Maria sono attenti alla voce delle vostre
suppliche “. Poi egli dis parve. L’atmosfera soprannaturale che ci avvolgeva era
così intensa che, per lungo tempo, a mala pena ci rendemmo conto della nostra
stessa esistenza, rimanendo nella medesima posizione e ripetendo le stesse
preghiere. Sentivamo così intimamente e intensamente la presenza di Dio, che
non tentammo neppure di parlare l’un l’altro. Il giorno seguente potemmo ancora
sentire l’influenza di questa santa atmosfera, che cominciava a scomparire solo
molto lentamente. Noi non raccontammo nulla di questa apparizione e neppure
raccomandammo l’un l’altro di mantenerla segreta. La stessa apparizione
sembrava imporci il silenzio. Essa era di una tale intima natura che non era
affatto facile parlarne. Forse perché era la prima manifestazione, ci fece una più
grande impressione ».
LA SECONDA APPARIZIONE DELL’ANGELO
Circa due mesi più tardi, verisirnilmente in agosto quando il caldo insopportabile
rendeva impossibile il lavoro nei campi, mentre i tre fanciulli si trovavano presso
il pozzo che sta dietro la casa di Lucia ecco ripetersi il fatto straordinario. Ma
ascoltiamolo dalla relazione fatta dalla stessa Lucia:
« La seconda apparizione deve essere avvenuta a metà estate quando, a motivo
dell’eccessivo caldo, conducevamo a casa il gregge nella mattinata, ritornando
nel tardo pomeriggio. Trascorrevamo le ore della siesta all’ombra degli alberi
che circondavano il pozzo nel podere chiamato Arniero che apparteneva ai miei
genitori. Improvvisamente ci apparve lo stesso Angelo. “Che cosa state facendo?
“chiese egli. ‘Pregate! Pregate tanto! I Cuori di Gesù e di Maria hanno progetti
di grazia per voi. 0ffrite preghiere e sacrifici all’Altissimo “. “In che modo
possiamo fare sacrifici? “ chiesi io. “Fate sacrificio di ogni cosa che fate e
offritelo come un atto di riparazione per i peccati dai quali Egli è offeso e per
ottenere la conversione dei peccatori. In questo modo attirerete la pace sul vostro
Paese. Io sono l’Angelo Custode, l’Angelo del Portogallo. Soprattutto accettate e
sopportate con sottomissione tutte le sofferenze che nostro Signore vi manderà “.
Queste parole ci fecero una profonda impressione, come una luce che ci fa
conoscere chi è Dio, come Egli ci ama e desidera essere amato, che ci rivela pure
il valore del sacrificio, quanto gli sia gradito e come, in base ad esso, Egli
concede la grazia della conversione dei peccatori. Per questa ragione, da quel
momento, noi cominciammo ad offrire tutto ciò che ci mortificava, non cercando
mai altre vie di mortificazione e di penitenza, se non rimanere per ore con la
fronte a terra ripetendo la preghiera che l’Angelo ci aveva insegnato ».
LA TERZA APPARIZIONE DELL’ANGELO
Verso la fine di Settembre o ai primi di Ottobre, i tre pastorelli si trovavano
ancora alla Loca do Cabeço, accanto ai grandi massi di pietra che erano diventati
il loro rifugio.
« Là recitammo il Rosario e la preghiera che l’Angelo ci aveva insegnato nella
prima apparizione.
Mentre eravamo là, Egli apparve la terza volta, portando tra le mani un calice
sormontato da un’Ostia da cui cadevano nel calice gocce di sangue. Lasciando il
calice e l’Ostia sospesi nell’aria Egli si prostrò a terra e ripetè questa preghiera tre
volte:
“SS. Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi adoro profondamente, Vi offro il
preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i
Tabernacoli del mondo, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi e indifferenze da
cui Egli è offeso. E per gli infiniti meriti del Suo Sacratissimo Cuore e del Cuore
Immacolato di Maria, Vi chiedo la conversione dei poveri peccatori “.
Quindi, alzatosi, l’Angelo prese il calice e l’Ostia. Diede l’Ostia a me e il
contenuto del calice a Giacinta e a Francesco, dicendo nello stesso tempo:
‘~Prendete e bevete il Corpo di Gesù Cristo, orribilmente oltraggiato dagli uomini
ingrati. Riparate i delitti e consolate il vostro Dio “. Ancora una volta si prostrò a
terra, ripetè tre volte la preghiera della SS. Trinità e scomparve.
Costretti dalla forza soprannaturale che ci circondava, imitammo tutto ciò che
l’Angelo aveva fatto, prostrandoci a terra e ripetendo le preghiere da lui recitate.
Sentivamo così intensamente la presenza di Dio da essere completamente
sommersi e assorbiti da essa. Ci sembrò per un tempo considerevolmente lungo,
di essere privi del nostro corpo e dei nostri sensi.
Durante i giorni seguenti. tutta la nostra attività era compresa da quello stato
soprannaturale. Internamente sentivamo una grande pace e una grande gioia, che
lasciavano l’anima come immersa in Dio ».
La prima apparizione della Vergine: Domenica 13 Maggio 1917
« Vengo dal Cielo...»
Le apparizioni dell’Angelo sarebbero certamente rimaste sconosciute a noi ed al
mondo intero, se ad esse non avessero fatto seguito altre ed ancor più straordinarie
apparizioni, delle quali i tre fanciulli di Aljustrel furono sì i soli interlocutori, ma
alle quali furono presenti folle sempre più numerose di credenti e di increduli, di
dotti e di semplici contadini... Ma vediamo come si svolsero i fatti.
Era la Domenica 13 Maggio 1917. I tre cuginetti, dopo aver assistito alla 5. Messa
nella Chiesa parrocchiale di Fàtima, tornarono ad Aljustrel per prepararsi a
condurre al pascolo il loro gregge.
Il tempo era splendido e decisero di andare, questa volta, fino alla Cova da Iria, la
grande radura a forma di anfiteatro delimitata verso Nord da una piccola altura.
« Qui, narra Lucia, mentre giocavo con Giacinta e Francesco in cima alla collina
a fare piccole mura con sassi intorno a un cespuglio di ginestra chiamato “moita
“, improvvisamente vedemmo una folgore, come di lampi.
“C’è una folgore di lampi, dissi io ai miei cugini, può darsi che venga il
temporale, sarebbe meglio andare a casa
“Sì, certo “, dissero essi.
E cominciammo a discendere la collina guidando il gregge lungo la strada.
Quando arrivammo ad un grande leccio a metà strada dal pendio, la luce sfolgorò
ancora.
Pochi passi più avanti scorgemmo una bella Signora vestita di bianco, ritta sopra
un leccio, vicino a noi. Ella era più luminosa del sole, raggiante di una luce
sfolgorante...
Colpiti da stupore, ci arrestammo davanti a questa visione. Eravamo così vicini da
essere immersi nella luce che irradiava dalla sua Persona, alla distanza di circa un
metro.
Quindi la Signora disse: “Non abbiate paura, non vi farò del male “.
“Da dove venite? “Io chiesi.
“Vengo dal Cielo “.
“Che cosa volete da me?
“Vengo per chiedervi di venire qui per sei mesi consecutivi, il giorno 13 alla
stessa ora. In seguito vi dirò cosa io voglio. E ritornerò qui ancora una settima
volta “.
“E io andrò in Cielo? “Sì ci andrai”. “E Giacinta? “Anch’ella ci andrà “. “E
Francesco?
“Vi andrà pure lui, ma prima dovrà recitare il suo Rosario
Mi sovvenne di chiedere di due ragazze morte recentemente. Esse erano mie
amiche ed erano solite venire a casa mia ad imparare a tessere con la mia sorella
maggiore.
“Maria Das Neves è in Paradiso?
“Sì “. (Penso ella avesse 16 anni)
“E Amelia?
“Ella rimarrà in Purgatorio fino alla fine del mondo “. (Mi pare avesse 18 o 20
anni)
“Volete offrire a Dio tutte le sofferenze che Egli desidera mandarvi in riparazione
dei peccati dai quali Egli è offeso, e per domandare la conversione dei peccatori?
“Sì lo vogliamo “.
“Andate dunque, perché avrete molto da soffrire, ma la Grazia di Dio vi
conforterà
Mentre pronunciava queste ultime parole (la Grazia di Dio...), Nostra Signora aprì
per la prima volta le sue mani e riversò sopra di noi una luce così intensa che
penetrò nei più reconditi recessi del nostro cuore facendoci rispecchiare in Dio
molto più chiaramente che se ci fossimo rispecchiati in uno specchio.
Poi, spinti da un interiore impulso cademmo in ginocchio, ripetendo nei nostri
cuori: “SS. Trinità, io Vi adoro! mio Dio, mio Dio, Vi amo nel SS. Sacramento! “.
Dopo alcuni momenti, Nostra Signora parlò ancora: “Dite il Rosario ogni giorno
per ottenere la pace nel mondo e la fine della guerra
Incominciò quindi ad ascendere lievemente salendo verso oriente: la luce che la
circondava sembrava aprire un sentiero di fronte a Lei, finché Ella alla fine
scomparve nell’immensità dello spazio; ecco perché noi a volte abbiamo detto di
aver visto il Cielo aprirsi ».
Durante l’apparizione solo Lucia aveva conversato con la « Signora »; Giacinta
aveva sì udite le parole, ma non aveva parlato; Francesco non aveva neppure udito
quello che la Signora diceva: tutti e tre però l’avevano vista, straordinariamente
bella, vestita con una tunica bianca che scendeva fino ai piedi e con un lungo
mantello che le copriva il capo, con la bianca corona del Rosario nella mano
destra e con i piedi poggiati su una piccola nube, al di sopra del leccio...
La loro meraviglia e la loro gioia era al colmo. Giacinta, come fuori di sé, batteva
le mani esclamando: « Che bella Signora! Che bella Signora! Era la Santa
Vergine! ».
Quel pomeriggio passò in un baleno. I tre fanciulli non sapevano staccarsi dal
leccio ove la « Signora era apparsa », e solo quando il sole stava già per
tramontare, fu Lucia a richiamare
i cuginetti alla realtà: raccolse il gregge e, raccomandando di non dire a nessuno
quanto avevano visto, riprese la strada di casa.
A casa però la piccola Giacinta non seppe tacere:
« Mammina! Io ho visto la Santa Vergine alla Cova da Iria! E anche Francesco
l’ha vista... ».
Incredula e seccata, Olimpia rivolse uno sguardo severo al figliolo in attesa di una
smentita; ma Francesco confermò quanto detto dalla sorella.
Quella sera i due genitori, ai quali Giacinta non aveva mai detto una bugia,
mandarono a letto i due bambini dicendo perplessi e pensierosi: « Ne riparleremo
domani con la mamma di Lucia ».
Lucia non aveva parlato; e quando sua madre Maria Rosa ebbe da lei la conferma
dell’accaduto, sulle prime la tacciò di bugiarda, ma poi, passando dalle minacce
alle carezze, pretendeva che la figlia smentisse il resoconto. Ma Lucia rispondeva
sempre:
« Come posso dire di non aver visto quello che ho visto? ».
Alla fine arrivarono le percosse; ma Lucia non ritirò una sillaba di quanto aveva
detto.
Si decise allora di consultare il Parroco di Fatima, e fu una decisione saggia: il
Parroco calmò Maria Rosa, persuadendola che la miglior cosa da fare era di
lasciar cadere tutto nel nulla...
La seconda apparizione della Vergine: 13 Giugno 1917
« Il mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio »
Il 13 di Giugno, giorno di 5. Antonio, è grande festa in
tutto il Portogallo: benché morto a Padova, 5. Antonio è infatti nato a Lisbona ed
è patrono della Nazione portoghese. Per di più la Chiesa parrocchiale di Fatima
era dedicata al Santo ed in paese, oltre le solenni funzioni religiose, c’era in quel
giorno la fiera, grande attrazione per tutti i bambini.
In casa Marto si era dimenticato che quello era anche il giorno dell’appuntamento
con la « Signora della Cova d’Iria », e mamma Olimpia rimase stupita quando la
piccola Giacinta le chiese di poter andare alla Cova.
« Ma come, non vuoi venire alla festa di 5. Antonio? ».
« No, mamma, rispose seria Giacinta, Sant’Antonio non è bello.., la Madonna è
molto più bella ».
Verso le ore undici di quella mattina, insieme ai tre fratelli alla Cova di Iria
c’erano almeno cinquanta persone che, o per devozione o per curiosità, vollero
essere presenti all’appuntamento.
« Dopo aver recitato il Rosario con Giacinta, Francesco e le altre persone
presenti — è sempre Lucia che racconta — noi vedemmo che si avvicinava
ancora il riflesso della luce (che noi chiamavamo lampo) e ancora, come in
Maggio, la Signora apparve sopra il piccolo leccio.
“Che cosa volete da me? “ domandai.
“Voglio che veniate qui il 13 del prossimo mese. Voglio che recitiate ogni giorno
il Santo Rosario e impariate a leggere.’ In seguito vi dirò che cosa altro voglio
Io poi chiesi alla Signora di guarire una ammalata.
“Se ella si emenderà sarà guarita quest‘anno
Appena pronunciò queste ultime parole la Signora aprì le mani e ci comunicò,
per la seconda volta, l’immensa luce che l’avvolgeva. In questa luce ci potemmo
vedere immersi in Dio. Giacinta e Francesco sembravano essere nella luce che
saliva verso il Cielo, mentre io ero in quella che scendeva verso la terra. Davanti
al palmo della mano destra della Signora c’era un cuore circondato da spine che
lo tra figgevano. Noi capimmo che si trattava del Cuore Immacolato di Maria
oltraggiato dai peccati della umanità, e quindi Ella chiedeva riparazione ».
Le parole della “ Signora” sulla sorte dei tre fanciulli (« porterò presto in cielo
Giacinta e Francesco, ma tu devi rimanere... ») divennero per essi come un
piccolo segreto che conservarono gelosamente anche nei confronti dei propri
genitori. Per questo Lucia conclude così la sua relazione:
« Questo è ciò che riferimmo, quando dicemmo che Nostra Signora ci aveva
comunicato un segreto in giugno. La Signora non ci ordinò di mantenere questo
segreto in questa occasione, ma noi ci sentivamo indotti a fare ciò da Dio ».
Dopo qualche giorno da questa seconda apparizione, nelle case e nei crocicchi
delle strade di Aljustrel e di Fàtima non si fece che parlare dei tre fanciulli. C’era
chi si indignava per la libertà loro concessa di beffarsi di tutto un paese e chi
temeva la rappresaglia delle autorità. I genitori erano molto preoccupati e la
madre di Lucia addirittura infuriata.
Fu in questa atmosfera di tensione generale che si decise di consultare una
seconda volta il Parroco di Fàtima, Don Manuel Ferreira.
Ma ascoltiamo ancora la relazione di Lucia:
« Appena mettemmo il piede sulla scala del presbitero, mia madre mi disse:
“Tu dirai al signor Parroco che hai mentito, così egli, durante la Messa di
Domenica potrà disingannare la gente, e tutto sarà finito. 4~he cose sono mai
queste di far correre la gente alla Cova da Iria per farla pregare davanti a una
pianta? “.
contrariamente a quanto io temevo, il Parroco ci ricevette gentilmente e mi
interrogò con calma su tutto quanto era accaduto.
Poi pesando bene le parole, concluse così:
“Non mi sembra che tutto ciò venga dal Cielo! Perché la Madonna sarebbe dovuta
scendere sulla terra per raccomandarci di dire tutte le sere il Rosario, quando già
lo si recita in tutta quanta la Parrocchia? Quando Nostro Signore si comunica alle
anime domanda loro sempre di rendere conto di tutto al Confessore o al Parroco!
Tutto questo potrebbe anche non essere che un inganno del demonio. Lasciamo
all’avvenire di farci conoscere la ve‘ ,,
rita... ».
Tornando a casa Lucia fu presa da un duplice sentimento:
di gioia, perché avrebbe potuto ancora tornare alla Cova senza disobbedire àl
Parroco; ma anche di timore: non aveva detto il Parroco che l’apparizione poteva
essere opera del demonio?
E ben presto il timore prese il sopravvento sulla gioia, trasformandosi in terrore. E
decise di non tornarvi mai più.
La terza apparizione della Vergine: 13 Luglio 1917
« Avete visto l’Inferno... »
Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà»
Frattanto però, indipendentemente dalle decisioni di Lucia, il concorso popolare
sui luogo delle apparizioni si faceva sempre più imponente. Davanti al piccolo
elce fu costruito un rozzo arco di trionfo sormontato da una croce, accanto al
quale parecchi pellegrini venivano tutti i giorni a pregare.
La sera del 12 Giugno una gran folla di fedeli era accampata alla cova in attesa
degli avvenimenti del giorno dopo.
« Quella sera — racconta Lucia — io chiamai i miei cugini e comunicai loro la
mia decisione di non andare alla Cova. Allora Giacinta mi disse che avrebbe
parlato lei alla Signora, ma poi si mise a piangere dicendo: “Perché non vuoi
venire con noi?
“No, io non verrò! E se la Signora chiede di me dille che non sono venuta perché
avevo paura che fosse il demonio...
Ma il giorno dopo, avvicinandosi il momento dell’appuntamento
Con la Signora, mi sentii sospinta da una forza alla quale non potei resistere. Mi
misi allora in cammino e passai da mio zio per vedere se Giacinta era ancora a
casa: la trovai con Francesco, inginocchiata ai piedi del letto, tutta in lacrime.
“Allora voi non andate? E già ora, dissi io “Senza di te non abbiamo il coraggio. Vieni con noi...
“Muovetevi allora, perché io sono già in cammino!”
Il loro volto si inondò di gioia e partirono con me ».
« Alcuni momenti dopo il nostro arrivo alla Cova da Iria, vicino al leccio, dove un
gran numero di persone stava recitando il Rosario, abbiamo visto ancora una volta
la luce lampeggiare e un minuto dopo Nostra Signora apparve sul leccio.
“Che cosa volete da me? “.
“Voglio che voi veniate qui il 13 del prossimo mese. Continuate a recitare il
Rosario tutti i giorni, in onore di Nostra Signora, per ottenere la pace nel mondo
e la fine della guerra, perché solo Ella la può ottenere “.
“Desidero che ci diciate chi siete voi, e che compiate un miracolo, così tutti
crederanno che voi ci siete veramente apparsa “.
“Continuate a venire qui ogni mese. In ottobre vi dirò chi sono e che cosa voglio
e compirò un miracolo affinché tutti possano credere “.
Qui ho fatto alcune domande in favore di alcune persone che non posso ricordare.
Ciò che ricordo è che la Signora disse che era necessario per quelle persone dire il
Rosario per ottenere le grazie durante l’anno. E continuò:
“Sacrificatevi per i peccatori, e dite spesso, specialmente quando compite
qualche sacrificio: ‘Gesù, questo è per Vostro amore, per la conversione dei
peccatori e in riparazione dei peccati commessi contro il Cuore Immacolato di
Maria “.
Dicendo queste ultime parole, la Signora aprì le mani, come aveva fatto durante i
due mesi precedenti. La luce proveniente da esse sembrava penetrare la terra e
vedemmo un mare di fuoco. Immersi in questo fuoco c’erano demoni e anime che
sembravano tizzoni trasparenti, alcuni neri o bronzei, in forme umane, portate
intorno dalle fiamme che uscivano da essi assieme a nuvole
di fumo. Essi cadevano da tutte le parti, proprio come le scintille cadono dai
grandi fuochi, leggere, oscillanti, tra grida di dolore e di disperazione, che ci
atterrirono fino a farci tremare di paura. (Deve essere stata questa vista che mi
fece gridare; la gente infatti dice di avermi sentita dare un grido).
I demoni potevano essere distinti dalla loro somiglianza a orribili ripugnanti e
sconosciuti animali, incandescenti come carboni accesi.
Atterriti e come per supplicare aiuto, alzammo gli occhi verso Nostra Signora, la
quale ci disse con gentilezza, ma anche con tristezza: “Avete visto l’inferno, dove
vanno le anime dei poveri peccatori. Al fine di salvarli Dio desidera di stabilire
nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato ».
Fin qui la Signora aveva chiesto « preghiera e penitenza »perché gli uomini
possano salvarsi dall’Inferno eterno; ma ora chiede « preghiera e penitenza »
perché l’umanità possa evitare anche i giusti castighi di Dio su questa terra:
« Se farete quanto vi ho detto, molti si salveranno e ci sarà la pace. La guerra
finirà, ma se gli uomini non cesseranno di offendere Dio, scoppierà un’altra e più
terribile guerra durante il Pontificato di Pio XI. Quando vedrete che una notte si
illuminerà di una luce sconosciuta, sappiate che quello è il segno che Dio vi dà,
che punirà il mondo per i suoi crimini con la guerra, con la fame, con la
persecuzione della Chiesa e del Santo Padre. Per impedire ciò, io verrò a chiedere
la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato e la Comunione di
riparazione nei primi sabati. Se i miei desideri saranno soddisfatti la Russia si
convertirà e regnerà la pace. Se no, la Russia diffonderà i suoi errori nel mondo,
causando guerre e persecuzioni alla Chiesa. Il buono sarà martirizzato, il 5. Padre
avrà molto da soffrire e molte nazioni saranno annientate.
Ma alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà. Il 5. Padre consacrerà la Russia
a me ed essa si convertirà e un periodo di pace sarà concesso al mondo ».
Alla fine la Signora raccomandò di non dire a nessuno alcune cose che
evidentemente non sono qui riferite. Si tratta del cosiddetto « Segreto di Fàtima »
ancora avvolto nel mistero:
« Non dire questo a nessuno. Puoi dirlo a Francesco ». Qualunque sia il
contenuto di questo segreto, ciò che conta per noi è ~non essere sordi al richiamo
della Vergine di ritornare a una vita veramente cristiana, se vogliamo evitare i castighi di Dio.
Proprio per questo la Vergine aggiunse:
« Quando recitate il Rosario, dopo ogni mistero dite:
“Gesù mio, perdonateci, preservateci dal fuoco dell’Inferno, portate in Cielo tutte
le anime, specialmente quelle più bisognose
Seguì un breve silenzio; poi chiesi:
“C’è ancora qualche cosa che volete da me?
“No, per oggi non voglio più nulla da te
E, come nelle precedenti apparizioni, Ella cominciò a salire in direzione
dell’oriente, finché scomparve nell’immensità dello spazio ».
I fanciulli messi alla prova
Durante l’ultima apparizione più di quattromila persone erano raccolte attorno al
piccolo leccio nella Cova da Iria!
I quotidiani portoghesi, non potendo più oltre ignorare il grande movimento di
folle, incominciarono a riportare servizi sui fatti di Fàtima; ma i loro giudizi
(come quello espresso da « O Seculo » del 22 Giugno 1917) erano finemente
sarcastici nei confronti dei tre fanciulli e piuttosto duri verso le autorità civili che
ancora non avevano preso posizione al riguardo: « Se l’autorità non sa ancora
niente di questo affare, il nostro articolo potrà servire da grido d’allarme! ».
L’Autorità chiamata in causa era, di fatto, il Sig. Arturo de Oliveira Santos,
amministratore di Villa Nuova d’Ourém, capoluogo dal quale dipendeva Fàtima.
Il signor Santos si fece dunque vivo proprio la mattina del 13 Agosto: arrivò col
suo calesse ad Aljustrel verso le ore dieci, manifestando, con ostentata cortesia, di
voler assistere all’apparizione. Siccome però mancavano ancora due ore
all’appuntamento celeste, il Sindaco invitò i tre pastorelli ad andare con lui a rendere omaggio al Parroco di Fàtima.
I tre fanciulli lo seguirono ignari di quanto si stava tramando ai loro danni. Giunti
alla Canonica si videro infatti sottoposti a un fuoco di fila di domande che li
spaventarono ma non li smossero dal loro proposito di andare alla Cova.
Allora il Sindaco, cambiando tono, propose: « già l’ora dell’apparizione. Se
andiamo a piedi non arriveremo in tempo: accompagnerò io i bambini con il mio
calesse alla Cova ».
Ma appena messosi in moto, il calesse prese la direzione di Villa Nuova
d’Ourém...
Quivi giunti furono condotti nella casa del Sindaco dove la moglie, signora
Adelina, li accolse con bontà, diede loro da mangiare e li fece persino giocare con
i propri figlioletti. Ma i tre fanciulli erano pieni di tristezza, col pensiero rivolto
alla « Cova » ove la Madonna li avrebbe aspettati inutilmente e dove una
immensa folla (i testimoni parlano di ventimila persone) attendeva invano il loro
arrivo.
Fu questa l’unica vittoria del Sindaco, vittoria temporanea e, come vedremo,
controproducente.
Quella notte i tre fanciulli dormirono in casa della Signora Adelina, ma la mattina
del giorno seguente furono condotti da alcuni poliziotti al Palazzo comunale ed
invitati dal Sindaco, con promesse di doni, a negare quanto andavano raccontando
sulle apparizioni e, quanto meno, a svelare il « segreto ».
Poiché i bambini si rifiutavano di fare l’una e l’altra cosa, nel pomeriggio di
quello stesso giorno il Sindaco passò dalle lusinghe ai ricatti: fece chiudere i tre
bambini nella prigione che sta al pian terreno del Palazzo e, chiamandoli ad uno
ad uno nell’ufficio comunale che è al primo piano, minacciava di gettarli nell’olio
bollente se non avessero desistito dalle loro menzogne.
Quando uno di loro veniva chiamato, gli altri lo esortavano a morire piuttosto che
tradire la promessa fatta alla « Signora », e si davano l’appuntamento in Paradiso.
Giacinta piangeva perché voleva vedere la mamma prima di morire; e fu chiamata
per prima.
Francesco, chiamato per secondo, era più sereno e diceva:
« Se ci uccidono fra poco saremo in Paradiso... ».
Immensa fu la meraviglia e la gioia quando, dopo gli interrogatori, si ritrovarono
insieme sani e salvi, ma più grande fu la felicità di essere stati fedeli alla Vergine,
a costo della vita!
Quella sera uno psichiatra di Leiria, il Dott. Antonio Rodriguo de Oliveira, fu
chiamato per visitare i fanciulli e per stabilire se fossero soggetti... ad
allucinazioni. Ma il responso fu negativo: i bambini risultarono perfettamente sani
di mente, ed il rapporto del medico fu fatto sparire.
La quarta apparizione della Vergine: 15 Agosto 1917
« Pregate e fate sacrifici.., perché molte anime vanno all’Inferno »
La mattina del giorno i 5 il Sindaco — scoraggiato — riaccompagnò i tre
pastorelli alle loro case, con quale gioia loro e dei loro genitori ognuno può
immaginare.
Quello stesso pomeriggio Lucia, Francesco ed un fratello di questi di nome
Giovanni (Giacinta era rimasta a casa) ripresero
il loro consueto lavoro di pastorelli e, forse per non allontanarsi troppo dal paese,
condussero il gregge in un luogo vicino, abbastanza erboso, che per il
caratteristico andamento irregolare del terreno la gente chiamava « i Valinbos »,
le Piccole Valli.
In quel giorno i fanciulli erano tristi pensando al dispiacere arrecato alla «
Signora » per essere stati impediti di andare alla Cova il giorno 13, quando
avvenne il fatto che qui narreremo riprendendolo alla lettera dalla narrazione che
ne fece poi Lucia:
« Siccome è già stato detto ciò che accadde in questo giorno, non mi dilungherò
qui, ma passerò all’apparizione, che, secondo me, avvenne il 15 nel pomeriggio.
Siccome non sapevo ancora computare i giorni del mese, può darsi che mi sia
sbagliata. Ma ritengo sia stato lo stesso giorno in cui siamo tornati da Villa Nuova
de Ourém. Eravamo con le pecore in un posto chiamato Valinhos, mi
accompagnavano Francesco e suo fratello lodo, quando sentimmo qualcosa di
soprannaturale che si avvicinava e ci avvolgeva. Sospettammo fosse la Signora e
spiacenti perché Giacinta avrebbe perso la visione, chiedemmo a suo fratello Jodo
di andare a chiamarla. Siccome si rifiutava di andare gli offrii due monete ed
allora andò di corsa. Nel frattempo Francesco e io vedemmo lo sfavillio della
luce, che noi chiamavamo folgore, e dopo qualche minuto dall’arrivo di Giacinta,
vedemmo la Signora su un leccio.
“Che cosa volete da me? “
“Voglio che continuiate ad andare alla Cova da Iria il 13 e che continuiate a
recitare il Rosario ogni giorno. In Ottobre compirò un grande miracolo, così che
tutti crederanno “.
“Cosa volete che si faccia dei soldi che la gente lascia alla Cova da Iria? “.
“Procurate con essi due portantine una per te e per Giacinta da portare con due
altre ragazze vestite in bianco, l’altra per Francesco da trasportare con altri tre
ragazzi. I soldi posti sopra la portantina saranno per la festa di Nostra Signora del
Rosario, e ciò che avanzerà sarà un fondo per la costruzione di una cappella
“Vorrei chiedervi la guarigione di alcune persone malate “.
“Sì, ne guarirÒ alcune durante l’anno “.
Quindi con espressione rattristata disse:
“Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori, perché molte anime vanno
all’Inferno perché non hanno nessuno che preghi e faccia sacrifici per esse
La Signora cominciò quindi a salire, come il solito, verso est ».
Il
volto triste e le parole della Vergine che raccomanda-vano la penitenza per
la salvezza dei peccatori, accesero nei tre fanciulli un così grande desiderio di
sacrificio che li portò a cogliere ogni occasione per mortificarsi. Se vedevano
ortiche le stringevano fra le mani per offrire a Dio un atto di riparazione pei tanti
peccati che si commettono nel mondo; nelle giornate afose si astenevano dal bere,
giungendo a non prendere acqua per parecchi giorni consecutivi; trovavano mille
scuse per non mangiare la frutta come l’uva o i fichi che, per quei poveri pastorelli, era quanto di più ghiotto esistesse; talvolta davano la loro stessa merenda
alle pecore “ per soffrire la fame “, ed in seguito presero l’abitudine di darla a dei
bambini più poveri di loro che incontravano nei campi.
In questo periodo, verso la fine di agosto, che avvenne un episodio tanto eroico da
non poter essere taciuto, anche perché provocò l’intervento della Vergine stessa. I
tre pastorelli stavano andando come al solito a pascolare il gregge, quando Lucia
vide sul sentiero una corda, la raccolse e, quasi giocherellando, se la attorcigliò
attorno al braccio. Sentendone dolore, esclamò:
« Fa male! Potremmo stringercela ai fianchi e offrire questo sacrificio al Signore!
».
La corda fu subito tagliata in tre pezzi e ciascuno se la strinse alla vita, sulla
nuda carne.
La ruvidezza della corda e lo sfregamento che essa provocava mentre i bimbi
camminavano, cominciarono ad arrossire la carne e a farla sanguinare,
provocando un tale e continuo dolore che spesso Giacinta, la più piccolina, non
sapeva trattenere le lacrime. Ma diceva: « per consolare Nostro Signore e per
convertire i peccatori...
Per qualche settimana i tre bambini portarono la corda sia di giorno che di notte
finchè — come vedremo — nella apparizione del 13 Settembre la Madonna stessa
permise loro di tenerla solo durante il giorno.
I due fratellini continuarono a far uso di questo cilicio per tutta la loro breve vita,
fino all’ultima malattia, quando Francesco consegnò la corda a Lucia « perché la
mamma non la vedesse »; lo stesso fece Giacinta prima di andare all’ospedale. «
Questa corda — scriverà poi Lucia — aveva tre nodi, ed era macchiata di sangue
».
Prima di entrare in convento Lucia, temendo che le corde venissero scoperte le
bruciò, privandoci di due preziose reliquie. Ma ci resta l’insegnamento di quanto
un ideale ed un amore soprannaturali possano trasformare la vita di tre fanciulli
— e la nostra
—
in un purissimo olocausto.
La quinta apparizione della Vergine: 13 Settembre 1917
« Continuate a dire il Rosario »
Si giunse così al giorno del nuovo appuntamento.
Il 13 Settembre la « Cova » era letteralmente invasa dai pellegrini: venticinque o
trentamila, forse anche di più. Ma, a parte il - numero, ciò che sbalordisce è il
fervore che anima quella folla immensa di uomini e di donne appartenenti ad ogni
condizione sociale, che da ore se ne sta ordinata e in preghiera, in attesa
dell’arrivo dei tre fanciulli.
Ed ecco il racconto di Lucia:
Avvicinandosi l’ora mi incamminai con Giacinta e Francesco, ma a motivo della
folla che ci circondava potevamo avanzare solo con difficoltà. Le vie erano
affollatissime, tutti volevano vederci e parlarci. Signore e signori, come pure il
semplice popolo, lottavano per aprirsi un varco tra la folla e raggiungerci, e si
gettavano in ginocchio di fronte a noi supplicandoci di portare le loro petizioni
alla Signora. Molti che non avevano la possibilità di avvicinarsi a noi gridavano
da lontano: “Per amore di Dio, chiedete alla Signora di guarire mio figlio
zoppo!” gridò uno. E un altro: “E il mio che è cieco! “. E un altro ancora: ~‘E il
mio che è muto! “. “Che mio figlio e mio marito ritornino dalla guerra! “. “Che
Nostra Signora mi converta, perché sono peccatore! “. “Che mi guarisca dalla
tubercolosi! “.
Ogni specie di afflizione umana sembrava essere là. Alcuni si arrampicavano
sugli alberi o sui muri per vederci passare. Noi cercavamo di rispondere ad alcuni,
e di sollevare altri che stavano inginocchiati a terra. Grazie ad alcuni uomini che
ci aprivano il passaggio tra la folla, riuscimmo ad andare avanti.
Ora, quando leggo le meravigliose scene del Nuovo Testamento sul passaggio di
Nostro Signore attraverso la Palestina, penso alle nostre povere strade e ai
sentieri di Aljustrel, Fàtima e Cova da Iria, e ringrazio Dio, offrendogli la fede
del nostro buon popolo portoghese. E penso che se essi si umiliavano così tanto
di fronte a tre poveri bambini, solo perché ad essi è stata benevolmente concessa
la grazia di parlare con la Madre di Dio, che cosa non avrebbero fatto se
avessero visto Nostro Signore in persona davanti ad essi? Tutto ciò non ha niente
a che fare con l’argomento; è stata una distrazione della mia penna che mi ha
fatto deviare — un’inutile digressione.
Alla fine arrivammo alla Cova da Iria, e davanti al leccio incominciammo a
recitare il Rosario con il popolo. Dopo un po’ vedemmo la luce e Nostra Signora
sul leccio.
‘Continuate a dire il Rosario per la fine della guerra. In ottobre 5. Giuseppe
apparirà con il Bambino Gesù a benedire il mondo. Il Signore si compiace dei
vostri sacrifici, ma Egli non vuole che voi dormiate con la corda: cingetela solo
durante il giorno
“Mi hanno detto di chiedervi molte cose: la guarigione di alcune persone malate,
di un sordo-muto...”.
“Sì guarirò alcuni, ma non altri. In ottobre compirò un miracolo, così che tutti
crederanno “.
Incominciò quindi a salire come il solito e scomparve ».
Durante questa apparizione anche la folla fu resa partecipe di alcuni fenomeni
straordinari, quasi un primo saggio del grande miracolo promesso per il mese
successivo.
Noi stessi abbiamo ascoltato il racconto di questi fatti dal Canonico Dott.
Giuseppe Galamba de Oliveira, Vicario generale della Diocesi di Leiria che,
allora giovane seminarista, era presente alla Cova da Iria in quel 13 di Settembre.
Egli si trovava mischiato alla folla quando vide apparire nel cielo un grande globo
luminoso che si spostava lento e maestoso verso occidente.
La folla era estatica e al colmo della meraviglia quando ecco piovere dal cielo una
miriade di fiocchi bianchi, simili a petali di fiori o a fiocchi di neve. La gente
alzava le mani o stendeva i cappelli per poterli raccogliere, ma essi svanivano a
pochi metri da terra.
Oltre a ciò, una nuvoletta bianca, simile ad una fumata d’incenso si innalzò dal
leccio, mentre fu notata una sensibile diminuzione della luce solare.
Ma questi fenomeni non furono visti da tutti i presenti, contrariamente al grande
prodigio del mese seguente che ci accingiamo a narrare.
Sesta apparizione della Vergine: 13 Ottobre 1917
« Io sono la Madonna del Rosario »
Dopo questa apparizione i tre fanciulli furono visitati da parecchie persone che,
spinte da devozione o dà curiosità, volevano vederli, raccomandarsi alle loro
preghiere, sapere da loro qualcosa di più su quanto avevano visto e udito.
Tra questi visitatori va ricordato il Dott. Manuel Formigao, inviato dal Patriarcato
di Lisbona con la missione di riferire sugli avvenimenti di Fàtima, dei quali fu in
seguito il primo storico sotto lo pseudonimo di « Visconte di Montelo ». Egli fu
già presente alla Cova da Iria il 13 Settembre, ove aveva potuto vedere solo il
fenomeno della diminuzione della luce solare che egli però, un poco scettico,
attribuì a cause naturali. Su di lui fece più impressione la semplicità e la
innocenza dei tre fanciulli, e fu proprio per conoscerli meglio che il 27 Settembre
tornò a Fàtima ad interrogarli.
Con grande dolcezza ma anche con grande perspicacia li interrogò separatamente
sugli avvenimenti degli ultimi cinque mesi, prendendo nota di tutte le risposte che
ne riceveva.
Tornò a Fatima il giorno 11 Ottobre per interrogare di nuovo i fanciulli e i loro
conoscenti, pernottando a Montelo presso la famiglia Gon~ales ove raccolse altre
preziose informazioni, così da lasciarci un resoconto prezioso dei fatti, dei fanciulli e della sua... conversione.
Si giunse così alla vigilia del 13 Ottobre 1917: l’attesa per il grande prodigio
promesso dalla « Signora » era spasmodica.
Già la mattina del 12 la Cova da Iria era invasa da gente venuta da ogni parte del
Portogallo (si calcolarono essere più di 30.000 persone) che si accingeva a passare
la fredda notte all’aperto, sotto un cielo coperto di nubi.
Verso le 11 del mattino incominciò a piovere: la folla (che a quell’ora toccava le
70.000 persone) restò stoicamente sul posto, con i piedi nel fango, con gli abiti
inzuppati, in attesa dell’arrivo dei tre pastorelli.
« Avendo previsto un ritardo per la strada, — lasciò scritto Lucia — usczmmo di
casa prima. Nonostante la pioggia torrenziale, la gente si accalcava lungo la
strada. Mia madre, temendo che quello /osse l’ultimo giorno della mia vita e
preoccupata dall’incertezza di ciò che poteva accadere, volle accompagnarmi.
Lungo la via si ripetevano le scene del mese precedente, ma più numerose e più
commoventi. Le strade fan gose non impedivano alla gente di inginocchiarsi a
terra di fronte a noi nel più umile e supplichevole atteggiamento.
Giunti alla pianta di leccio, nella Cova da Iria, mossa da un impulso interiore,
dissi alle persone di chiudere gli ombrelli per recitare il Rosario ».
Tutti obbedirono, e si recitò il Rosario.
« Subito dopo vedemmo la luce e la Signora apparve sul leccio.
“Che cosa volete da me? “
“Voglio dirti che desidero che si eriga qui una Cappella in mio onore, perché io
sono Nostra Signora del Rosario. Continuate a recitare il Rosario ogni giorno.
La guerra finirà presto e i soldati ritorneranno alle loro case
“Ho molte cose da chiedervi: la guarigione di alcune persone ammalate, la
conversione dei peccatori e altre cose...
“Alcune le esaudirò, altre no. .~ necessario che si emendino, che chiedano
perdono dei loro peccati “.
Quindi con espressione triste disse: “Non offendete più Dio, Nostro Signore,
perché Egli è già troppo offeso!
Furono queste le ultime parole che la Vergine pronunciò alla Cova da Iria.
« A questo punto Nostra Signora, aprendo le mani, le fece riflettere sul sole e,
mentre saliva, il riflesso della Sua persona era proiettato sul sole stesso.
Questa è la ragione per cui io gridai forte: “Guardate il sole “. La mia intenzione
non era quella di richiamare l’attenzione della gente verso il sole, perché io non
ero conscia della loro presenza. Fui guidata a fare ciò da un impulso interiore.
Quando Nostra Signora scomparve nelle immense distanze del firmamento, oltre
al sole vedemmo 5. Giuseppe con il Bambino Gesù e Nostra Signora vestita di
bianco con un manto blu. 5. Giuseppe con il Bambino Gesù sembravano benedire
il mondo:
fecero infatti il Segno di Croce con le loro mani.
Poco dopo, questa visione scomparve e vidi Nostro Signore e la Vergine sotto le
apparenze di Addolorata. Nostro Signore fece l’atto di benedire il mondo, come
aveva fatto 5. Giuseppe.
Questa apparizione scomparve e vidi ancora Nostra Signora,
questa volta sotto le apparenze di Nostra Signora del Carmelo ».
Ma cosa videro le folle presenti in quell’ora alla Cova da Iria?
Dapprima videro una piccola nube, come d’incenso, che a tre riprese salì dal
luogo ove stavano i pastorelli.
Ma al grido di Lucia: « Guardate il sole! » tutti alzarono istintivamente lo sguardo
verso il cielo. Ed ecco che le nubi si squarciano, la pioggia cessa e appare il sole:
il suo colore è argenteo, ed è possibile fissarlo senza restarne abbagliati.
Improvvisamente il sole prende a girare vorticosamente su se stesso, emettendo in
ogni direzione luci azzurre, rosse, gialle, che colorano in modo fantastico il cielo e
la folla attonita.
Tre volte si ripete questo spettacolo, finchè tutti hanno la impressione che il sole
precipiti su di loro. Dalla moltitudine erompe un grido di terrore! C’è chi invoca:
« Dio mio, misericordia! », chi esclama: « Ave Maria », chi grida: « Mio Dio io
credo in Te! », chi confessa pubblicamente i propri peccati e chi in ginocchio nel
fango, recita l’atto di pentimento.
Il prodigio solare dura circa dieci minuti ed è visto contemporaneamente da
settantanlila persone, da semplici contadini ed uomini colti, da credenti ed
increduli, da gente venuta per vedere il prodigio annunciato dai pastorelli e gente
venuta per beffarsi di loro!
Tutti testimonieranno gli stessi fatti avvenuti nello stesso momento!
Il prodigio è visto anche da persone che si trovavano fuori della « Cova », il che
esclude definitivamente trattarsi di illusione collettiva. il caso riferito dal ragazzo
Joaquin Laureno, che
vide gli stessi fenomeni mentre si trovava ad Alburitel, paese a circa 20 chilometri
da Fàtima. Rileggiamone la testimonianza autografa:
« Avevo allora appena nove anni e frequentavo la scuola elementare del mio
paese, che dista da Fàtima 18 o 19 km. Si era verso mezzogiorno, quando fummo
sorpresi dalle grida ed esclamazioni di alcuni uomini e donne che passavano per
la strada, davanti alla scuola. La maestra,
donna Delfina Pereira Lopez, signora molto buona e pia, ma facilmente
impressionabile ed eccessivamente timida, fu la prima a correre sulla strada
senza poter impedire che noi ragazzi le corressimo dietro. Nella strada il popolo
piangeva e gridava, indicando il sole, senza dar risposta alle domande che loro
faceva la nostra insegnante. Era il miracolo, il grande miracolo che si vedeva
distintamente dall’alto del monte ove è posto il mio paese. Era il miracolo del
sole con tutti i suoi fenomeni straordinari. Mi sento incapace di descriverlo come
lo vidi e sentii allora. Io guardavo fisso il sole e mi sembrava pallido in modo da
non accecare: era come un globo di neve che girava sopra se stesso. Poi
improvvisamente parve abbassarsi a zig-zag, minacciando di cadere sulla terra.
Spaventato, corsi in mezzo alla gente. Tutti piangevano, attendendo da un
momento all’altro la fine del mondo.
Vicino stava un incredulo, che aveva passato la mattinata a ridersi dei
creduloni che facevano tutto quel viaggio a Fàtima per vedere una ragazza. Lo
guardai. Era come paralizzato, assorto, spaventato, con gli occhi fissi al sole. Poi
lo vidi tremare da capo a piedi e, levando le mani al cielo, cadere in ginocchio
nel fango
gridando: — Nostra Signora! Nostra Signora ».
Un altro fatto è testimoniato da tutti i presenti: mentre prima del prodigio solare la
folla aveva gli abiti letteralmente inzuppati di pioggia, dieci minuti dopo si trovò
con gli abiti completamente asciutti! E gli abiti non possono andare soggetti ad
allucinazioni!
Ma la grande testimone del prodigio di Fàtima è la folla stessa, unanime, precisa,
concorde nell’affermare quanto ha visto.
In Portogallo vivono ancor oggi molte persone che hanno assistito al prodigio, e
dalle quali gli autori di questo libretto hanno avuto personalmente il racconto dei
fatti.
Ma ci preme riportare qui due testimonianze non sospette:
la prima di un medico, la seconda di un giornalista incredulo.
Il medico è il Dott. Josè Proèn~a de Almeida Garret, professore all’Università di
Coimbra che, su richiesta del Dott. Formigao, rilasciò questa dichiarazione:
« . . . Le ore che io indicherò sono quelle legali, perché il governo aveva unificato
la nostra ora con quella degli altri belligerantì ».
« Io arrivai dunque verso mezzogiorno (corrispondente circa alle 10,30 dell’ora
solare: N.d.A.). La pioggia cadeva fin dalla alba, sottile e persistente. Il cielo,
basso ed oscuro, prometteva una pioggia ancora più abbondante ».
« ... Io restai sulla strada sotto la “capote” dell’automobile, un po’ al di sopra
del luogo ove si diceva che si sarebbero prodotte le apparizioni; infatti io non
osavo avventurarmi nel pantano melmoso di quel campo arato di fresco ».
« ... Dopo circa un ora, i bambini ai quali la Vergine (così almeno essi dicevano)
aveva indicato il luogo, il giorno e l’ora del t’apparizione, arrivarono. Si udirono
dei canti intonati dalla folla che li circondava ».
« A un certo momento questa massa confusa e compatta chiude gli ombrelli,
scoprendosi anche il capo con un gesto che
doveva essere di umiltà e di rispetto, e che mi suscitò stupore ed ammirazione. In
realtà la pioggia continuava a cadere con ostinazione, bagnando le teste e
inondando il suolo. Mi dissero in seguito che tutta questa gente, mettendosi in
ginocchio nel fango, aveva obbedito alla voce di una bambina! ».
« Dovevano essere circa la una e mezza (quasi mezzo giorno dell’ora solare:
N.d.A.) quando, dal luogo ove si,trovavano i bambini si alzò una colonna di fumo
leggero, esile ed azzurrino. Essa salì verticalmente fino a due metri circa al di
sopra delle teste e, a questa altezza, si dissipò.
Questo fenomeno perfettamente visibile ad occhio nudo, durò alcuni secondi. Non
avendo potuto registrare il tempo esatto della sua durata, non posso dire se durò
più o meno di un minuto. Il fumo si dissipò bruscamente e, dopo qualche tempo, il
fenomeno si riprodusse una seconda, e poi una terza volta.
« . . .Io puntai il mio binocolo da quella parte perché ero convinto che provenisse
da un incensiere nel quale si facesse bruciare dell’incenso. Più tardi, persone
degne di fede mi hanno af fermato che lo stesso fenomeno si era già prodotto il 13
del mese precedente senza che nulla venisse bruciato, nè alcun fuoco acceso ».
« Mentre continuavo a guardare il luogo delle apparizioni in una aspettativa
serena e fredda, e mentre la mia curiosità andava diminuendo perché il tempo
passava senza che nulla di nuovo attirasse la mia attenzione, udii all’improvviso
il clamore di mille voci, e vidi quella moltitudine, sparsa nel vasto campo... voltar
le spalle al punto verso il quale già da tempo s’erano diretti i desideri e le ansie,
e guardare il cielo dal lato opposto. Erano quasi le ore due ».
« Pochi istanti prima il sole aveva rotto la spessa cortina di nubi che lo
nascondeva, per brillare chiaramente e intensamente. Io pure mi girai verso quella
calamita che attirava tutti gli sguardi, e potei vederlo simile a un disco col bordo
nitido e sezione viva, ma che non offendeva la vista.
« Non mi sembrò esatto il paragone, che udii fare a Fatima, di un disco argenteo
opaco. Era di un colore più chiaro, attivo, ricco e mutevole, sf accettato come un
cristallo... Non era, come la luna, sferico; non aveva la stessa tonalità e le stesse
macchie... Neppure si con fondeva col sole velato dalla nebbia (che d’altronde
non c’era in quell’ora) perché non era oscurato, nè diffuso, nè
velato... meraviglioso che per un tempo tanto lungo la folla potesse fissare l’astro
splendente di luce e ardente di calore, senza dolore agli occhi e senza
abbagliamento e offuscamento della retina ».
« Questo fenomeno dovette durare circa dieci minuti, con due brevi interruzioni
nelle quali il sole lanciò dei raggi più brillanti e più splendenti, che ci
obbligarono ad abbassare lo sguardo ».
« Qusto disco madreperlaceo aveva le vertigini del movimento. Non era
solamente lo scintillio di un astro in piena vita, ma girava anche su se stesso con
una velocità impressionante ».
« Di nuovo si udì salire dalla folla un clamore, come un grido d’angoscia: pur
conservando la prodigiosa rotazione su se stesso, il sole stava distaccandosi dal
firmamento e, divenuto rosso come il sangue, si precipitava sulla terra,
minacciando di schiacciarci sotto il peso della sua immensa massa infuocata.
Furono momenti di terrore... »
« Durante il fenomeno solare che dettagliatamente ho descritto, nell’atmosfera si
alternavano vari colori... Intorno a me tutto, fino all’orizzonte, aveva preso il
colore violetto dell’ametista: gli oggetti, il cielo, le nubi avevano tutti lo stesso
colore. Una grande quercia, tutta violetta, proiettava la sua ombra sulla terra ».
« Dubitando di un turbamento della mia retina, cosa del resto poco probabile
perchè in tal caso non avrei dovuto vedere le cose color violaceo, chiusi gli occhi
appoggiandovi sopra le dita per impedire il passaggio della luce.
« Ria persi allora gli occhi, ma io vidi, come prima, il paesaggio e l’aria sempre
dello stesso colore violetto.
« L’impressione che se ne aveva non era quella di una eclissi. Io ho assistito ad
una eclissi totale di sole a Viseu: più la luna avanza davanti al disco solare più la
luce diminuisce, finché tutto diventa scuro e poi nero... A Fatima l’atmosfera,
benché violetta, restò trasparente fino ai confini dell’orizzonte... »
« Continuando a guardare il sole, mi accorsi che l’atmosfera era diventata più
chiara. A questo punto udii un contadino che mi stava accanto esclamare
spaventato: « Ma signora, voi siete tutta gialla! ».
« Tutto infatti era cambiato ed aveva preso i riflessi dei vecchi damaschi gialli.
Tutti sembravano ammalati d’itterizia. La mia stessa mano mi appariva
illuminata di giallo.... »
« Tutti questi fenomeni che ho enumerato e descritto, io li ho osservati in uno
stato d’animo calmo e sereno, senza emozioni od angosce ».
« Spetta ora ad altri spiegarli ed interpretarli ».
Ma la testimonianza più probante sulla realtà dei fatti avvenuti alla « Cova da Iria
», ci è fornita da un giornalista allora famoso il Sig. M. Avelino de Almeida,
Redattore Capo del quotidiano anticlericale di Lisbona « O Seculo ».
Egli si recò alla Cova da Iria la mattina del 13 Ottobre dopo aver pubblicato sul
suo giornale un articolo beffardo che manifestava l’animo non solo indifferente ed
incredulo, ma anche ostile con cui si preparava a guardare gli avvenimenti e a
scriverne il resoconto promesso ai suoi lettori.
Suo malgrado, la sera dello stesso giorno egli dovette prendere la penna per
smentire i suoi pronostici e, forse, i suoi desideri: alla Cova da Iria lui aveva visto
« danzare » il sole!
L’articolo uscì in prima pagina sul numero di « O Seculo »del 13 Ottobre 1917,
ed aveva per titolo: « Cose meravigliose:
Come il sole ha danzato in pieno mezzogiorno a Fàtima ». Di esso noi riportiamo
solo il piccolo tratto segnato in rosso sulla illustrazione che lo riproduce,
riconoscendo all’autore l’onestà di una testimonianza che gli verrà rimproverata
dai colleghi. Ecco il testo:
« . . .Si assiste allora ad uno spettacolo unico ed incredibile per chi non ne è stato
testimone. Dall’alto della strada, intasata di carri e affollata da parecchie
centinaia di persone alle quali è mancato il coraggio di scendere nei campi fan
gosi, si vede l’immensa folla girarsi verso il sole, ormai libero dalle nubi, in
pieno mezzogiorno.
L’astro ha l’aspetto di un disco d’argento pallido, ed è possibile fissarlo con gli
occhi senza soffrirne la minima molestia. Esso non brucia, non acceca. La si
direbbe una eclisse.
Ma ecco prorompere dalla folla un clamore immenso, mentre possiamo udire le
persone più vicine che gridano: “Miracolo! Miracolo! Meraviglia! Meraviglia! “.
Sotto gli occhi sbalorditi di questa folla il cui atteggiamento ci trasporta ai tempi
biblici, che piena di terrore, a testa scoperta, fissa il cielo, il sole ha tremato, il
sole si è scosso bruscamente in un modo prima mai visto e, al di fuori di tutte le
leggi cosmiche, il sole, per esprimerci con il tipico linguaggio dei contadini, “ha
danzato “! ».
Se la storia è basata sulle testimonianze, noi pensiamo che il « miracolo del sole »
così circostanziato nel tempo, nel luogo e nella finalità abbia, come pochi altri
avvenimenti della storia, le carte in regola per essere riconosciuto da tutti come un
fatto storico: un fatto storico nel quale il credente riconosce l’intervento di Dio
avallante il messaggio di Fatima, e nel quale l’incredulo può ravvisare un
richiamo sulla stoltezza della propria incredulità.
I tre pastorelli dopo le apparizioni
Il modo migliore per capire e rivivere il messaggio di Fatima è di osservare come
i tre pastorelli, che per primi e direttamente lo hanno ricevuto dalla Vergine, lo
abbiano capito e vissuto.
Ci accorgeremo che per essi non ebbe grande importanza il « segreto » loro
comunicato nel mese di Luglio (segreto sul quale si sono appuntati in modo quasi
esclusivo gli occhi e le attese di molti fedeli) ma piuttosto la « conversione » ad
una vita cristiana più autentica che la Vergine chiese ad essi ed a tutta l’umanità.
Per questo tracceremo un breve profilo biografico di Francesco, di Giacinta e di
Lucia, soffermandoci specialmente sul periodo che seguì le apparizioni e
sforzandoci di mettere in luce quell’aspetto particolare del messaggio della
Madonna che ognuno di essi seppe far proprio e rivivere con particolare intensità.
Francesco: « consolare Gesù »
Come il lettore avrà certamente notato, durante le apparizioni a Francesco toccò
l’ultimo posto: mentre le sue due compagne vedevano la Madonna e ne udivano la
voce, lui dovette accontentarsi di vederla soltanto.
Ma è proprio questa circostanza, un poco umiliante specialmente nei confronti
della sorella più giovane, che mette in luce la grandezza (vorremmo dire la
superiorità) della virtù di Francesco. Mai si è lamentato per questa posposizione,
ma con semplicità ha riconosciuto la cosa come normale. Ha accettato le parole
della Vergine così come le compagne gliele hanno riferite, e sulla loro
testimonianza le ha credute e le ha messe alla base della propria vita.
Di poche parole, Francesco ha nondimeno un grande influsso sull’atteggiamento
delle due compagne, che lo vedono serio e riflessivo in tutto, sempre pronto a
scegliere l’ultimo posto o le mansioni più umili.
Il suo carattere riservato gli fa preferire di pregare da solo:
spesso lascia con una scusa le amiche e si ritira in qualche luogo solitario, oppure
in Chiesa vicino a « Gesù nascosto », ove rimane ore ed ore a « pensare », come
lui stesso si esprime per indicare la preghiera.
Ma a cosa « pensava » Francesco?
« Io penso a consolare Nostro Signore che è afflitto a causa di tanti peccati ».
Questa ansia di riparazione che si innestava su una natura così ben disposta alla
compassione e al sacrificio, diverrà l’anima della vita spirituale di Francesco.
Un giorno del Novembre 1917 Lucia gli aveva domandato:
« Cosa ti piace di più: consolare Nostro Signore o convertire i peccatori perché
non vadano all’Inferno? »
« A scegliere — rispose Francesco — io preferisco consolare Nostro Signore.
Non ti ricordi come era triste la Madonna il mese scorso quando chiese che non si
offendesse più Nostro Signore che è già troppo o/leso? Io voglio consolare Nostro
Signore; ma mi piacerebbe anche convertire i peccatori perché non Lo offendano
più! ».
All’inizio dell’anno 1918 Francesco cadde gravemente ammalato colpito dalla
influenza detta « spagnola » che tante vittime fece nella intera Europa del dopo
guerra. Presto l’influenza degenerò in polmonite e solo le cure di mamma Olimpia
valsero a rimetterlo in piedi. Ma Francesco sapeva che ben presto la Madonna lo
avrebbe portato in Cielo!
Nelle belle giornate provò ad uscire di casa incamminandosi lentamente verso la
Cova da Iria. Alle buone persone che si rallegravano con lui per il miglioramento
e che gli promettevano di pregare per la sua guarigione, rispondeva
invariabilmente con un fare sereno ma che impressionava fortemente: inutile che
preghiate per questo. Io non otterrò mai la grazia della guarigione ».
Alla fine di Febbraio fece una ricaduta e incominciò ad essere afflitto da un
terribile mal di testa.
Giacinta e Lucia erano sempre al suo capezzale. Lucia gli disse un giorno:
« Offri le tue sofferenze per i peccatori! ».
Ma Francesco le rispose:
« Prima di tutto le offro per consolare Gesù... ».
Durante questa malattia Francesco portava ancora la corda ai fianchi. Un giorno la
consegnò a Lucia dicendole:
« Prendila prima che la mamma la veda: ora non posso più portarla ».
Verso i primi di Aprile la sua salute peggiorò: volle confessarsi e ricevere la
Comunione. Avendo chiesto a Lucia e a Giacinta di dirgli se l’avevano visto
commettere qualche peccato, e avendo avuto per risposta che qualche volta aveva
disubbidito, aveva preso qualche spicciolo al papà, aveva litigato con i
compagni... Francesco esclamò:
« Questi peccati li ho già confessati, ma li confesserò ancora. Chissà se per questi
peccati sono stato io la causa per cui il Signore è così triste. ».
Il 2 Aprile il Parroco venne a confessarlo ed il giorno dopo, il 3 Aprile, Francesco
poté fare la sua prima ed ultima Comunione.
Il colloquio con « Gesù nascosto » (questa volta nascosto dentro di lui) durò
parecchio tempo. Improvvisamente chiese: « Mamma, potrò ricevere Nostro
Signore nuovamente? »La mamma fece cenno di sì.
Chiese allora a Lucia di recitare il Rosario ad alta voce perché lui non poteva più
parlare. Ma durante il Rosario Giacinta, sapendo che Francesco stava per
lasciarla, vinta dall’emozione scoppiò a dire:
« Quando sarai in cielo fa tanti complimenti per me a Nostro Signore e alla Santa
Vergine. Di’ loro che io soffrirò tutto quello che essi vorranno per i peccatori e
per fare riparazione al cuore Immacolato di Maria... ».
A notte inoltrata mamma Olimpia invitò tutti ad uscire per lasciar riposare il
piccolo malato. Lucia disse: « Francesco, questa notte tu vai in Paradiso; non
dimenticarci... « Non vi dimenticherò ».
« Allora, arrivederci in Cielo... ». « Arrivederci in Cielo! ».
Il giorno seguente lo passò pregando e chiedendo perdono a tutti. Verso le 10 di
sera, improvvisamente disse alla mamma: « Mamma, guarda che bella luce, là,
vicino alla porta... ». E dopo un momento:
« Ora non la vedo più ».
Dopo queste parole il suo viso si illuminò di un sorriso meraviglioso e, senza
soffrire, il piccolo pastorello di Aljustrel andò a contemplare in Cielo quel « Gesù
nascosto » che aveva tanto amato sulla terra.
Giacinta:
« salvare dall’Inferno i poveri peccatori »
L’apparizione del 1~ Luglio fu certamente quella che più si impresse nell’animo
della piccola Giacinta. Le parole della Madonna « sacrificatevi per i peccatori » e
la visione dell’Inferno nel quale essi cadono, polarizzarono tutti i suoi sentimenti
e le sue aspirazioni. La ragazzina spensierata, giocherellona ed anche un po’
scontrosa divenne da quel giorno riflessiva ed impegnata.
Prima delle apparizioni, per fare in fretta a dire il Rosario, pronunciava solo, le
prime due parole dell’Ave Maria: « Ave Maria », e rispondeva « Santa Maria »!
Dopo le apparizioni ella recitava il Rosario lentamente, con grande attenzione,
riuscendo ad ottenere, con quel garbo grazioso che la rendeva irresistibile, che
tutte le sere fosse recitato anche in casa sua:
« Mammina bella, io ho già detto il mio Rosario, ma voi no...
Ma oltre che alla preghiera Giacinta si convertì alla mortificazione: « Sacrificatevi
per i peccatori » aveva chiesto la Madonna.
Da quel giorno ogni occasione fu buona per far sacrifici, dalla corda portata ai
fianchi, di cui abbiamo parlato, all’offerta della propria merenda ed anche del
proprio pasto ad alcuni fanciulli poveri.
Temendo per la salute della cuginetta, Lucia le diceva:
« Giacinta, mangia ».
« No », rispondeva; « voglio fare questo sacrificio per i peccatori che mangiano
troppo! »
La visione dell’Inferno l’aveva terrorizzata: non per sè, che sapeva sarebbe andata
in Paradiso, ma per i peccatori. Alle volte esclamava: « Ma perché la Madonna
non mostra l’Inferno ai peccatori?... Se essi lo vedessero non farebbero più
peccati e non vi cadrebbero! ».
Già durante la malattia di Francesco, Giacinta era stata colpita dalla febbre
spagnola. Ella tuttavia non fece pesare la propria infermità sui suoi cari, cercando
invece di far convergere tutte le attenzioni sul fratellino più grave di lei.
Un giorno Giacinta mandò a chiamare Lucia e le disse:
« Mentre ero da Francesco nella sua camera, la Santa Vergine è venuta a trovarci.
Ella ha detto che verrà presto a pren
dere Francesco per portarlo in Cielo... Ella m’ha detto che io andrò in un
Ospedale e che soffrirò molto, ma che devo sopportare tutto per la conversione
dei peccatori ».
Costretta a letto e dovendo essere servita dagli altri, pur avendo una forte sete non
chiedeva da bere. Il latte le ripugnava, ma lo beveva senza farsi pregare dalla
mamma e con delle scuse rifiutava l’uva che invece l’attirava. « Questa notte —
confiderà a Lucia — ho sofferto molto e ho voluto fare il sacrificio di non girarmi
nel letto. Non sono riuscita a dormire neanche un minuto. Ma era per i peccatori...
Intanto le sue sofferenze si facevano di giorno in giorno più gravi, specie dopo la
morte di Francesco.
« Come stai? » le chiedeva spesso Lucia.
« Tu sai che sto male... Ho un forte dolore al fianco, ma non dico niente e lo offro
per i peccatori ».
I medici tuttavia si accorsero presto della gravità del male che l’àveva colpita e
diagnosticarono una pleurite purulenta al polmone sinistro, consigliando il
ricovero in Ospedale.
Il ricovero avvenne nell’Ospedale 5. Agostino di Villa Nuova de Ourèm, e si
protrasse per i mesi di Luglio e di Agosto del 1919. L’unico suo sollievo erano le
visite della mamma e quelle di Lucia, che andò a trovarla due volte. Ma noi
pensiamo che la sua gioia più grande fu quella di poter guardare, attraverso la
finestra della sua cameretta, la Chiesa parrocchiale nella quale Gesù se ne stava
nascosto, e di intrattenersi con Lui in dolcissimi colloqui fatti di fede e di amore.
In Agosto, poiché il suo stato di salute non migliorava, i genitori decisero di
riportarla a casa.
Una fistola si era aperta nel fianco sinistro e dalla piaga usciva pus abbondante.
Alle persone che venivano a visitarla Giacinta nascondeva le sue sofferenze, che
confidava solo a Lucia, raccomandandole però di non dir nulla a nessuno,
nemmeno alla mamma, che ne avrebbe sofferto. Doveva saperlo solo Gesù.
A Lucia, che tutte le mattine prima di recarsi a scuola passava a salutarla, Giacinta
diceva invariabilmente con quel suo modo di esprimersi così pieno di affetto: «
Oggi va in Chiesa e di’ a Gesù che gli mando tanti complimenti, che l’amo molto!
».
Un giorno Giacinta disse a Lucia che la Madonna era venuta a visitarla nella sua
stanzetta: « Ella m’ha annunciato che io andrò a Lisbona in un altro Ospedale, che
non rivedrò più nè te nè i miei genitori, e che dopo aver molto sofferto morrò sola.
M’ha detto di non aver paura perché Ella stessa verrà a prendermi per il Cielo ».
Ciò che più preoccupò Giacinta dopo questa visione, fu il pensiero di « morire
sola ». Questa bimba tanto affettuosa e tanto legata ai suoi cari e a Lucia soffriva
immensamente a tale prospettiva, e ripeteva: « O Gesù, io penso che potrete
convertire tanti peccatori. Questo sacrificio è così grande... ».
Verso la metà di Gennaio del 1920 giunse a Fatima il Dottor Enrico Lisbona,
rinomato medico della capitale, che visitò Giacinta e assicurò che sarebbe stato
possibile salvarla se la si fosse portata a Lisbona per una operazione. Una buona
famiglia di Lisbona si offerse di ospitarla nella propria casa durante l’attesa del
ricovero e così, dopo le prime incertezze, i genitori acconsentirono.
Giacinta, vedendo così realizzarsi le parole della Vergine, non si oppose, ma
chiese soltanto di poter vedere ancora una volta la Cova da Iria. Allora la mamma
si fece imprestare una piccola asina, vi fece salire la bimba e ve la portò. L’ultimo
chilometro Giacinta lo volle farle a piedi, recitando il Rosario. Venne così il
giorno degli addii.
Olimpia accompagnò la figlia fino alla capitale, ove rimase otto giorni con lei. A
Lisbona però i signori che avevano promesso di ospitarla, vedendo il grave stato
della piccola, non si sentirono di accoglierla (se avessero potuto prevedere quale
perdita sarebbe stato per loro questo diniego!) per cui mamma Olimpia chiese che
fosse accolta nell’Orfanotrofio di Nostra Signora dei Miracoli, diretto allora dalla
Madre Maria Godinho.
Sull’esempio di Giacinta che volle, benché malata, percorrere a piedi l’ultimo
chilometro per arrivare alla Cova, oggi i pellegrini, in spirito di penitenza,
percorrono in ginocchio il piazzale antistante la basilica, lasciando sul selciato
tracce di sangue.
L’Orfanotrofio è in Via de la Estrela N. 17, ed ha una propria Chiesetta, alla quale
si può accedere anche dalla strada. Una piccola stanza del primo piano,
comunicante con il dormitorio delle bambine, ha una grata di ferro aperta sulla
Chiesa, attraverso la quale si può vedere il Tabernacolo. A questa notizia il volto
di Giacinta si illuminò di gioia; la Madre Godinho lascerà poi scritto che «
Giacinta andava spesso in questa stanza e vi restava a lungo a guardare il
Tabernacolo: il suo atteggiamento, ma SoprattuttO i suoi occhi fissi su Gesù,
facevano impressione ». Un giorno che era a letto e soffriva molto, la Madre
Superiora andò a visitarla. Ma la bambina le disse:
« Ritorni più tardi, Madre, perché sto aspettando la Santa Vergine ». E come
trasfigurata guardava fissamente nella direzione donde veniva la Madonna.
In realtà Giacinta confidò alla Madre Godinho diversi messaggi ché la Madonna
le aveva comunicato durante la sua permanenza all’Orfanotrofio. Il contenuto di
alcuni di essi è tanto superiore all’età della bambina che è impossibile dubitare
della loro provenienza celeste. In nota, a piede di pagina, ne riportiamo alcuni tra i
più significativi.
Un giorno che la Superiora le domandò dove avesse appreso queste cose, Giacinta
rispose:
« I la Vergine che me le ha dette. Qualcuna però l’ho pensata io stessa: a me piace
tanto pensare ».
Il giorno 22 Febbraio, festa della Purificazione della Madonna, Giacinta fu
trasportata all’Ospedale « Dona Estefania »di Lisbona per essere operata. Prima di
lasciare l’Orfanotrofio volle fare la Comunione e si fermò a lungo accanto alla
grata che guardava nella Cappella.
Anche all’Ospedale Giacinta usciva con certe espressioni che rivelavano una
maturità straordinaria, ben superiore a quella di una bambina di 10 anni. Quando
qualche visitatrice o qualche infermiera attraversava la sala vestita poco
modestamente ella diceva:
* « A che serve tutto questo? Se sapessero che cosa è l’eternità... ».
Quando qualche medico usciva in espressioni di scetticismo o di incredulità,
diceva: « Poveretti, essi non sanno quello che li attende... ».
Fu operata il martedì 1 Febbraio. Per la grande debolezza non fu possibile darle il
cloroformio e le fu praticata solo l’anestesia locale.
Le furono asportate due costole, già distrutte dal male, dal che i medici poterono
arguire quanto atroci fossero state le sofferenze sopportate dalla piccola.
I dolori dell’operazione furono tuttavia gli ultimi della sua vita; ai medici che la
incoraggiavano dicendo che l’operazione era riuscita perfettamente, ella disse:
« inutile, io non guarirò. La 5. Vergine mi è apparsa di nuovo. Ella mi ha
promesso di venire presto a prendermi e mi ha tolto tutti i dolori ».
Il venerdì 20 Febbraio, sapendo che quello sarebbe stato il giorno della sua morte,
chiese i sacramenti. Il Parroco della Chiesa dei Santi Angeli venne a confessarla
ma, vedendola in apparente buona salute, non ritenne opportuno darle subito la
Comunione nostante le insistenze della piccola; e se ne andò promettendole di
tornare l’indomani mattina per portarle l’Eucaristia. Ma la sera stessa, verso le
22,30, spirò.
Alla sua morte assistette solo una buona infermiera, Aurora Gomes, la mia «
Aurorina », come la chiamava Giacinta.
Lontano dalla sua casa, dalla sua mamma, dalla sua Lucia e, soprattutto, senza
aver potuto ricevere Gesù, ella « moriva tutta sola », offrendo così alla Madonna
l’ultimo sacrificio della sua vita.
Lucia: «diffondere nel mondo la devozione al Cuore Immacolato di Maria »
Dopo il 1920 dei tre pastorelli che videro la Madonna solo Lucia era rimasta su
questa terra.
Senonchè nel 1925 la Madonna le apparve nuovamente con a fianco Gesù
bambino.
La Vergine posò la Sua mano sulle spalle di Lucia, mentre con l’altra mano
sosteneva un cuore circondato da acute spine. Nello stesso tempo il Bambino
Gesù parlò:
« Abbiate compassione del Cuore della Vostra Santa Madre coperto di spine con
cui uomini ingrati lo trafiggono ad ogni momento e non c e nessuno che li scuota
con un atto di riparazione ».
Quindi la 5. Vergine disse a Lucia:
« Figlia mia, guarda il mio Cuore sormontato da spine, con cui uomini ingrati lo
trafiggono ad ogni momento con le loro bestemmie e la loro ingratitudine. Tu
almeno cerca di consolarmi e di’ che io prometto di assistere nell’ora della morte
con tutte le grazie necessarie per la loro salvezza tutti coloro che il primo sabato
per cinque mesi consecutivi si confessano e ricevono la Comunione recitando 5
decine di Rosario e mi fanno compagnia per un quarto d’ora meditando i misteri
del Rosario in riparazione ».
Questa visione fu decisava per il suo avvenire: l’anno dopo (aveva allora 19 anni)
entrò nel Noviziato delle Suore Dorotee a Tuy ove emise i voti religiosi col nome
di Suor Maria dell’Addolorata.
Nel 1948, desiderando offrire a Dio una vita più austera e più raccolta, entrò fra le
Carmelitane Scalze di Coimbra ove prese il nome di Suor Maria del Cuore
Immacolato in omaggio alla missione cui si sentiva chiamata di diffondere nel
mondo la devozione al Cuore Immacolato di Maria, specialmente attraverso la
pratica dei primi cinque Sabati del mese.
A noi pare che l’umanità di oggi, sempre più disattenta ai problèmi eterni e tesa
tutta a crearsi un utopico paradiso terrestre, non abbia ascoltato il richiamo di
Fatima.
Ma proprio per questo, prima che sia troppo tardi, esso ci deve scuotere dal
torpore e avviarci nuovamente a quella vita di fede in Dio, di preghiera, di carità e
di sacrificio che Gesù e Maria ci hanno insegnato come l’unica via che conduce
alla salvezza.
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IL MESSAGGIO DI FATIMA
Congregazione per la Dottrina della Fede
PRIMA E SECONDA PARTE DEL
« SEGRETO »
nella redazlone fattane da Suor lucia nella « terza memorla» del 31 agosto 1941,
desfinata al Vescovo di leiria-Fatima
Dovrò, perciò parlare un po' del segreto e rispondere al primo punto interrogativo.
Cos'è il segreto. Mi pare di poterlo dire, perché dal Cielo ne ho già il permesso. I
rappresentanti di Dio in terra mi hanno pure autorizzata, varie volte in varie
lettere, una delle quali credo sia conservata dall'Ecc. V Rev.ma, quella del P
Giuseppe Bernardo Gonçalves, nella quale mi ordina di scrivere al Santo Padre.
Uno dei punti che mi indica, è la rivelazione del segreto. Qualcosa ho detto, ma
per non allungare troppo quello scritto, che doveva essere breve, mi limitai
all'indispensabile lasciando a Dio l'opportunità d'un momento più favorevole. Ho
già esposto nel secondo scritto, il dubbio che mi tormentò dal 13 giugno al 13
luglio, e che in quest'apparizione svanì.
Bene. Il segreto consta di tre cose distinte, due delle quali sto per rivelare.
La prima dunque, fu la visione dell'inferno.
la Madonna ci mostrò un grande mare di fuoco, che sembrava stare sotto terra.
Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e
nere o bronzee, con forma umana che fluttuavano nell'incendio, portate dalle
fiamme che uscivano da loro stesse insieme a nuvole di fumo, cadendo da tutte le
parti simili al cadere delle scintille nei grandi incendi, senza peso né equilibrio, tra
grida e gemiti di dolore e disperazione che mettevano orrore e facevano tremare
dalla paura. I demoni si riconoscevano dalle forme orribili e ributtanti di animali
spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti e neri. Questa visione durò un momento.
E grazie alla nostra buona Madre del Cielo, che prima ci aveva prevenuti con la
promessa di portarci in Cielo (nella prima apparizione), altrimenti credo che
saremmo morti di spavento e di terrore.
In seguito alzammo gli occhi alla Madonna che ci disse con bontà e tristezza:
«Avete visto l'inferno dove cadono le anime dei poveri peccatori. Per salvarle,
Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al Mio Cuore Immacolato. Se faranno
quel che vi dirò, molte anime si salveranno e avranno pace. la guerra sta per
finire; ma se non smetteranno di offendere Dio, durante il Pontificato di Pio XI ne
comincerà un'altra ancora peggiore. Quando vedrete una notte illuminata da una
luce sconosciuta, sappiate che è il grande segno che Dio vi dà che sta per castigare
il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per impedirla, verrò a chiedere la
consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice
nei primi sabati. Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e
avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, pro-movendo guerre e
persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto
da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Finalmente, il Mio Cuore Immacolato
trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà
concesso al mondo un periodo di pace ».
TERZA PARTE DEL «SEGRETO»
«J.MJ. la terza parte del segreto rivelato il 13 luglio 1917 nella Cova di IriaFatima.
Scrivo in atto di obbedienza a Voi mio Dio, che me lo comandate per mezzo di
sua Ecc.za Re~a il Signor Vescovo di Leiria e della Vostra e mia Santissima
Madre.
Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra
Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra;
scintillando emetteva fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo; ma si
spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua
mano destra verso di lui: l'Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce
forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa
che è Dio: "qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio
quando vi passano davanti" un Vescovo vestito di Bianco "abbiamo avuto il
presentimento che fosse il Santo Padre". Vari altri Vescovi, Sacerdoti, religiosi e
religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce di
tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di
arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo
vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che
incontrava nel suo cammino; giunto al-la cima del monte, prostrato in ginocchio
ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono
vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli
altri i Vescovi Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e
donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c'erano due Angeli
ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il
sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio. Tuy 1-1944».
INTERPRETAZIONE DEL « SEGRETO »
Lettera di GIOVANNI PAOLO Il a Suor Maria Lucia
Nel tripudio delle feste pasquali Le porgo l'augurio di Gesù Risorto al discepoli:
«la pace sia con te!».
Sarò lieto di poterla incontrare nell' atteso giorno della beatificazione di Francesco
e Giacinta che, a Dio piacendo proclamerò il 13 maggio p.v.
Siccome però in quel giorno non ci sarà il tempo per un colloquio, ma solo per un
breve saluto,
ho incaricato appositamente di venire a parlare con Lei Sua Eccellenza Monsignor
Tarcisio Bertone, Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede. E la
Congregazione che collabora più strettamente col Papa per la difesa della vera
fede cattolica, e che ha conservato, come Lei sa, dal 1957, la Sua lettera
manoscritta contenente la terza parte del segreto rivelato il 13 luglio 1917 nella
Cova di Iria, Fatima.
Monsignor Bertone, accompagnato dal Vescovo di Leiria, Sua Eccellenza
Monsignor Serafim de Sousa Ferreira e Silva, viene a mio nome per fare qualche
domanda sull'interpretazione della «terza parte del segreto ».
Reverenda Suor Maria Lucia, parli pure apertamente e sinceramente a Monsignor
Bertone, che riferirà direttamente a me le Sue risposte.
Prego ardentemente la Madre del Risorto per Lei, per la Comunità di Coimbra e
per tutta la Chiesa. Maria, Madre dell'Umanità pellegrina, ci tenga sempre stretti a
Gesù, Suo Figlio diletto e nostro Fratello, Signore della vita e della gloria.
Con una speciale benedizione apostolica.
GIOVANNI PAOLO Il
Vaticano, 19 aprile 2000.
COLLOQUIO AVUTO CON SUOR MARIA LUCIA DE JESUS
E DO CoRACAO IMACULADO
L’appuntamento di Suor Lucia con Sua Ecc.za Mons. Tarcisio Bertone, Segretario
della Congr~ gazione per la Dottrina della Fede, incaricato dal Santo Padre, e Sua
Ecc.za Mons. Serafim de Sousa Ferreira e Silva, Vescovo di Leiria-Fatima, è
avvenuto giovedi 27 aprile u.s., nel Carmelo di Santa Teresa di Coimbra.
Suor Lucia era lucida e serena; era molto contenta dell' andata a Fatima del Santo
Padre per la Beatificazione di Francesco e Giacinta, da lei tanto attesa.
Il Vescovo di Leiria-Fatima lesse la lettera autografa del Santo Padre che spiegava
i motivi della visita. Suor Lucia se ne senti onorata e la rilesse personalmente
contemplandola nelle proprie mani. Si disse disposta a rispondere francamente a
tutte le domande.
A questo punto Sua Ecc.za Mons. Tarcisio Bertone le presenta le due buste:
quella esterna e quella con dentro la lettera contenente la terza parte del « segreto»
di Fatima ed essa dice subito, toccandola con le dita: « è la mia carta», e poi leggendola: « è la mia scrittura».
Con l'aiuto del Vescovo di Leiria-Fatima, viene letto e interpretato il testo
originale, che è in lingua portoghese. Suor Lucia condivide l'interpretazione
secondo cui la terza parte del «segreto »consiste in una visione profetica,
paragonabile a quelle della storia sacra. Essa ribadisce la sua convinzione che la
visione di Fatima riguarda soprattutto la lotta del comunismo ateo contro la
Chiesa e i cristiani, e descrive 1' immane sofferenza delle vittime della fede nel
XX secolo.
Alla domanda: « Il personaggio principale della visione è il Papa?», Suor Lucia
risponde subito di sì e ricorda che i tre pastorelli erano molto addolorati della
sofferenza del Papa e Giacinta ripeteva: « Coitadinho do Santo Padre, tenho
muita pena dos pecadores!» (« Poverino il Santo Padre, ho molta pena per i
peccatori! »). Suor Lucia continua: « Noi non sapevamo il nome del Papa, la Signora non ci ha detto il nome del Papa, non sapevamo se era Benedetto XV o Pio
XII o Paolo VI o Giovanni Paolo Il, però era il Papa che soffriva e faceva soffrire
anche noi».
Quanto al passo concernente il Vescovo vestito di bianco, cioè il Santo Padre come subito percepirono i pastorelli durante la « visione » che è colpito a morte e
cade per terra, Suor Lucia condivide pienamente l'affermazione del Papa: « fu una
mano materna a guidare la traiettoria della pallottola e il Papa agonizzante si
fermò sulla soglia della morte » (Giovanni Paolo Il, Meditazione dal Policlinico
Gemelli ai Vescovi Italiani, 13 maggio 1994).
Poiché Suor Lucia, prima di consegnare all'allora Vescovo di Leiria-Fatima la
busta sigillata contenente la terza parte del « segreto », aveva scritto sulla busta
esterna che poteva essere aperta solo dopo il 1960, o dal Patriarca di Lisbona o dal
Vescovo di Leiria, Sua Ecc.za Mons. Bertone le domanda: «perché la scadenza
del 1960? E stata la Madonna ad indicare quella data?». Suor Lucia risponde:
«Non è stata la Signora, ma sono stata io a mettere la data del 1960 perché
secondo la mia intuizione, prima del 1960 non si sarebbe capito, si sarebbe capito
solo dopo. Ora si può capire meglio. Io ho scritto ciò che ho visto, non spetta a me
l'interpretazione, ma al Papa».
Infine viene menzionato il manoscritto non pubblicato che Suor Lucia ha
preparato come nsposta a tante lettere di devoti della Madonna e di pellegrini.
Uopera reca il titolo « Os apelos da Mensagen de Fatima » e raccoglie pensieri e
riflessioni ché esprimono i suoi sentimenti e la sua limpida e semplice spiritualità,
in chiave catechistica e parenetica. Le è stato chiesto se era contenta che fosse
pubblicato, ed ha risposto: «Se il Santo Padre è d'accordo, io sono contenta,
altrimenti obbedisco a ciò che decide il Santo Padre ». Suor Lucia desidera
sottoporre il testo all' approvazione dell’Autorità ecclesiastica, e nutre la speranza
di contribuire con il suo scritto a guidare gli uomini e le donne di buona volontà
nel cammino che conduce a Dio, termine ultimo di ogni umana attesa.
Il colloquio si conclude con uno scambio di rosari: a Suor Lucia viene consegnato
quello donato dal Santo Padre, ed ella, a sua volta, consegna alcuni rosari da lei
personalmente confezionati.
la benedizione impartita a nome del Santo Padre chiude l'incontro.
Fatima, 13 maggio 2000.
COMMENTO TEOLOGICO
Chi legge con attenzione il testo del cosiddetto terzo « segreto » di Fatima, che
dopo lungo tempo per disposizione del Santo Padre viene qui pubblicato nella sua
interezza, resterà presumibilmente deluso o meravigliato dopo tutte le
speculazioni che sono state fatte. Nessun grande mistero viene svelato; il velo del
futuro non viene squarciato. Vediamo la Chiesa dei martiri del secolo ora trascorso rappresentata mediante una scena descritta con un linguaggio simbolico di
difficile decifrazione. E questo ciò che la Madre del Signore voleva comunicare
alla cristianità, all' umanità in un tempo di grandi problemi e angustie? Ci è di
aiuto all'inizio del nuovo millennio? Ovvero sono forse solamente proiezioni del
mondo interiore di bambini, cresciuti in un ambiente di profonda pietà, ma allo
stesso tempo sconvolti dalle bufere che minacciavano il loro tempo? Come
dobbiamo intendere la visione, che cosa pensarne?
Rivelazione pubblica e rivelazioni private - il loro luogo teologico
Prima di intraprendere un tentativo di interpretazione, le cui linee essenziali si
possono trovare nella comunicazione che il Cardinale Soda-no ha pronunciato il
13 maggio di quest'anno alla fine della celebrazione eucaristica presieduta dal
Santo Padre a Fatima, sono necessarie alcune chiarificazioni di fondo circa il
modo in cui, secondo la dottrina della Chiesa, devono essere compresi all'interno
della vita di fede fenomeni come quello di Fatima. L’insegnamento della Chiesa
distingue fra la « rivelazione pubblica » e le « rivelazioni private ». Fra le due
realtà vi è una differenza non solo di grado ma di essenza. Il termine « rivelazione
pubblica » designa l'azione rivelativa di Dio destinata a tutta quanta l'umanità, che
ha trovato la sua espressione letteraria nelle due parti della Bibbia: l'Antico ed il
Nuovo Testa-mento. Si chiama « rivelazione », perché in essa Dio si è dato a
conoscere progressivamente agli uomini, fino al punto di divenire egli stesso uomo, per attirare a sé e a sé riunire tutto quanto il mondo per mezzo del Figlio
incarnato Gesù Cristo. Non si tratta quindi di comunicazioni intellettuali, ma di un
processo vitale, nel quale Dio si avvicina all'uomo; in questo processo poi naturalmente si manifestano anche contenuti che interessano l'intelletto e la
comprensione del mistero di Dio. Il processo riguarda l'uomo tutto intero e così
anche la ragione, ma non solo essa. Poiché Dio è uno solo, anche la storia, che
egli vive con l'umanità, è unica, vale per tutti i tempi ed ha trovato il suo
compimento con la vita, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo. In Cristo Dio ha
detto tutto, cioè se stesso, e pertanto la rivelazione si è conclusa con la
realizzazione del mistero di Cristo, che ha trovato espressione nel Nuovo
Testamento. Il Catechismo della Chiesa Cattolica cita, per spiegare questa
definitività e completezza della rivelazione, un testo di san Giovanni della Croce:
«Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva
parola, ci ha detto tutto in una sola volta in questa sola Parola... Infatti quello che
un giorno diceva parzialmente ai profeti, l'ha detto tutto nel suo Figlio... Perciò
chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non
solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo
sguardo unicamente in Cristo e va cercando cose diverse e novità» (CCC 65, 5.
Giovanni della Croce, Salita al Monte Carmelo, Il, 22).
Il fatto che l'unica rivelazione di Dio rivolta a tutti i popoli è conclusa con Cristo e
con la testimonianza a lui resa nei libri del Nuovo Testa-mento vincola la Chiesa
all'evento unico della st(> ria sacra e alla parola della Bibbia, che garantisce e
interpreta questo evento, ma non significa che la Chiesa ora potrebbe guardare
solo al passato e sarebbe così condannata ad una sterile ripetizione. Il CCC dice al
riguardo: .... anche se la Rivelazione è compiuta, non è però completamente
esplicitata; toccherà alla fede cristiana coglierne gradualmente tutta la portata nel
corso dei secoli» (n. 66). I due aspetti del vincolo con l'unicità dell'evento e del
progresso nella sua comprensione sono molto bene illustrati nei discorsi d'addio
del Signore, quando egli congedandosi dice ai discepoli: «Molte cose ho ancora
da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però
verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà
da sé... Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà» (Gv
16,12-14). Da una parte, lo Spirito fa da guida e cosi dischiude una conoscenza,
per portare il peso della quale prima mancava il presupposto - è questa l'ampiezza
e la profondità mal conclusa della fede cristiana. Dall'altra parte, questo guidare è
un « prendere » dal tesoro di Gesù Cristo stesso, la cui profondità inesauribile si
manifesta in questa conduzione ad opera dello Spirito. Il Catechismo cita al
riguardo una profonda parola di Papa Gregorio Magno: « Le parole divine
crescono insieme con chi le legge» (CCC 94, 5. Gregorio, in Ez 1,7,8). Il Concilio
Vaticano Il indica tre vie essenziali, in cui si realizza la guida dello Spirito Santo
nella Chiesa e quindi la « crescita della Parola»: essa si compie per mezzo della
meditazione e dello studio dei f~ deli, per mezzo della profonda intelligenza, che
deriva dall'esperienza spirituale e per mezzo della predicazione di coloro « i quali
con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma certo di verità» (Dei
Verbum, 8).
In questo contesto diviene ora possibile intendere correttamente il concetto di «
rivelazione privata», che si riferisce a tutte le visioni e rivelazioni che si
verificano dopo la conclusione del Nuovo Testamento; quindi è la categoria, all'interno della quale dobbiamo collocare il messaggio di Fatima. Ascoltiamo
ancora al riguardo innanzitutto il CCC: «Lungo i secoli ci sono state delle
rivelazioni chiamate "private", alcune delle quali sono state riconosciute dall'
autorità della Chiesa... Il loro ruolo non è (quello... di "completare" la Rivelazione
definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata
epoca storica » (n. 67) Vengono chiarite due cose:
1. Lautorità delle rivelazioni private è essenzialmente diversa dall'unica
rivelazione pubblica: questa esige la nostra fede; in essa infatti per mezzo di
parole umane e della mediazione della comunità vivente della Chiesa Dio stesso
parla a noi. La fede in Dio e nella sua Parola si distingue da ogni altra fede,
fiducia, opinione umana. La certezza che Dio parla mi dà la sicurezza che incontro la verità stessa e cosi una certezza, che non può verificarsi in nessuna
forma umana di conoscenza. E la certezza, sulla quale edifico la mia vita e alla
quale mi affido morendo.
2. La rivelazione privata è un aiuto per questa fede, e si manifesta come credibile
proprio perché mi rimanda all'unica rivelazione pubblica. Il Cardinale Prospero
Lambertini, futuro Papa Benedetto XIV dice al riguardo nel suo trattato classico,
divenuto poi normativo sulle beatificazioni e canonizzazioni: «Un assentimento di
fede cattolica non è dovuto a rivelazioni approvate in tal modo; non è neppure
possibile. Queste rivelazioni domandano piuttosto un assentimento di fede umana
conforme alle regole della prudenza, che ce le presenta come probabili e piamente
credibili». Il teologo fiammingo E. Dhanis, eminente conoscitore di questa
materia, afferma sintetica-mente che l'approvazione ecclesiale di una rivelazione
privata contiene tre elementi: il messaggio relativo non contiene nulla che
contrasta la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono
autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione (E. Dhanis, Sguardo
su Fatima e bilancio di una discussione, in: La Civiltà Cattolica 104, 1953 Il, pp.
392406, in particolare 397). Un tale messaggio può essere un valido aiuto per
comprendere e vivere meglio il Vangelo nell'ora attuale; perciò non lo si deve
trascurare. E un aiuto, che è offerto, ma del quale non è obbligatorio fare uso.
Il criterio per la verità ed il valore di una rivelazione privata è pertanto il suo
orientamento a Cristo stesso. Quando essa ci allontana da lui, quando essa si
rende autonoma o addirittura si fa passare come un altro e migliore disegno di
salvezza, più importante del Vangelo, allora essa non viene certamente dallo
Spirito Santo, che ci guida all'interno del Vangelo e non fuori di esso. Ciò non
esclude che una rivelazione privata ponga nuovi accenti, faccia emergere nuove
forme di pietà o ne approfondisca e ne estenda di antiche. Ma in tutto questo deve
comunque trattarsi di un nutrimento della fede, della speranza e della carità, che
sono per tutti la via permanente della salvezza. Possiamo aggiungere che le rivelazioni private sovente provengono innanzitutto dalla pietà popolare e su di essa si
riflettono, le danno nuovi impulsi e dischiudono per essa nuove forme. Ciò non
esclude che esse abbiano effetti anche nella stessa liturgia, come ad esempio
mostrano le feste del Corpus Domini e del Sacro Cuore di Gesù. Da un certo
punto di vista nella relazione fra liturgia e pietà popolare si delinea la relazione fra
Rivelazione e rivelazioni private: la liturgia è il criterio, essa è la forma vitale
della Chiesa nel suo insieme nutrita direttamente dal Vangelo. La religiosità
popolare significa che la fede mette radici nel cuore dei singoli popoli, così che
essa viene introdotta nel mondo della quotidianità. La religiosità popolare è la prima e fondamentale forma di «inculturazione »della fede, che si deve
continuamente lasciare orientare e guidare dalle indicazioni della liturgia, ma che
a sua volta feconda la fede a partire dal cuore.
Siamo così già passati dalle precisazioni piuttosto negative, che erano
innanzitutto necessarie, alla determinazione positiva delle rivelazioni private:
come si possono classificare in modo corretto a partire dalla Scrittura? Qual è la
loro categoria teologica? La più antica lettera di san Paolo che ci è stata
conservata, forse il più antico scritto in assoluto del Nuovo Testamento, la prima
lettera ai Tessalonicesi, mi sembra offrire un'indicazione. l'apostolo qui dice:
«Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete
ciò che è buono » (5, 1~ 21). In ogni tempo è dato alla Chiesa il carisma della
profezia, che deve essere esaminato, ma che anche non può essere disprezzato. Al
riguardo occorre tener presente che la profezia nel senso della Bibbia non
significa predire il futuro, ma spiegare la volontà di Dio per il presente e quindi
mostrare la retta via verso il futuro. Colui che pr~ dice l'avvenire viene incontro
alla curiosità della ragione, che desidera squarciare il velo del futuro; il profeta
viene incontro alla cecità della volontà e del pensiero e chiarisce la volontà di Dio
come esigenza ed indicazione per il presente. l'importanza della predizione del
futuro in qu~ sto caso è secondaria. Essenziale è l'attualizzazione dell'unica
rivelazione, che mi riguarda profondamente: la parola profetica è avvertimento o
anche consolazione o entrambe insieme. In questo senso si può collegare il
carisma della profezia con la categoria dei « segni del tempo », che è stata rimessa
in luce dal Vaticano Il: «... Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come
mai questo tempo non sapete giudicarlo?» (Lc 12,56). Per «segni del tempo » in
questa parola di Gesù si deve intendere il suo proprio cammino, egli stesso.
Interpretare i segni del tempo alla luce della fede significa riconoscere la presenza
di Cristo in ogni tempo. Nelle rivelazioni private riconosciute dalla Chiesa quindi anche in Fatima - si tratta di questo: aiutarci a comprendere i segni del
tempo ed a trovare per essi la giusta risposta nella fede.
La struttura antropologica delle rivelazioni private
Dopo che con queste riflessioni abbiamo cercato di determinare il luogo teologico
delle rivelazioni private, prima di impegnarci in un'interpretazione del messaggio
di Fatima, dobbiamo ancora brevemente cercare di chiarire un poco il loro
carattere antropologico psicologico). l'antropologia teologica distingue in questo
ambito tre forme di percezione o «visione »: la visione con i sensi, quindi la
percezione esterna corporea, la percezione interiore e la visione spirituale (visio
sensibilis - imaginativa - intellectualis). È chiaro che nelle visioni di Lourdes,
Fatima, ecc. non si tratta della normale percezione esterna dei sensi: le immagini e
le figure, che vengono vedute, non si trovano esteriormente nello spazio, come vi
si trovano ad esempio un albero o una casa. Ciò èdel tutto evidente, ad esempio,
per quanto riguarda la visione dell'inferno (descritta nella prima parte del «
segreto » di Fatima) o anche la visione descritta nella terza parte del « segreto »,
ma si può dimostrare molto facilmente anche per le al-tre visioni, soprattutto
perché non tutti i presenti le vedevano, ma di fatto solo i «veggenti ». Così pure è
evidente che non si tratta di una «visione »intellettuale senza immagini, come essa
si trova negli alti gradi della mistica. Quindi si tratta della categoria di mezzo, la
percezione interiore, che certamente ha per il veggente una forza di pr~ senza, che
per lui equivale alla manifestazione esterna sensibile.
Vedere interiormente non significa che si tratta di fantasia, che sarebbe solo un'
espressione dell'immaginazione soggettiva. Piuttosto significa che l'anima viene
sfiorata dal tocco di qualcosa di reale anche se sovrasensibile e viene resa capace
di vedere il non sensibile, il non visibile ai sensi -una visione con i « sensi interni
». Si tratta di veri « oggetti », che toccano l'anima, sebbene essi non appartengano
al nostro abituale mondo sensibile. Per questo si esige una vigilanza interiore del
cuore, che per lo più non c‘e a motivo della forte pressione delle realtà esterne e
delle immagini e pensieri che riempiono l'anima. La persona viene condotta al di
là della pura esteriorità e dimensioni più profonde della realtà la toccano, le si
rendono visibili. Forse si può così comprendere perché proprio i bambini siano i
destinatari preferiti di tali apparizioni: l'anima è ancora poco alterata, la sua
capacità interiore di percezione è ancora poco deteriorata. « Dalla bocca dei
bambini e dei lattanti hai ricevuto lode», risponde Gesù con una frase del Salmo 8
(v~ 3) alla critica dei Sommi Sacerdoti e degli anziani, che trovavano inopportuno
il grido di osanna dei bambini (Mt 21,16).
La « visione interiore » non è fantasia, ma una vera e propria maniera di
verificare, abbiamo detto. Ma comporta anche limitazioni. Già nella visione
esteriore è sempre coinvolto anche il fattore soggettivo: non vediamo l'oggetto
puro, ma esso giunge a noi attraverso il filtro dei nostri sensi, che devono
compiere un processo di traduzione. Ciò è ancora più evidente nella visione interiore, soprattutto allorché si tratta di realtà, che oltrepassano in se stesse il nostro
orizzonte. Il soggetto, il veggente, è coinvolto in modo ancora più forte. Egli vede
con le sue possibilità concr~ te, con le modalità a lui accessibili di rappresentazione e di conoscenza. Nella visione interiore si tratta in modo ancora più ampio
che in quella esteriore di un processo di traduzione, così che il soggetto è
essenzialmente compartecipe del formarsi, come immagine, di ciò che appare.
l'immagine può arrivare solo secondo le sue misure e le sue possibilità. Tali
visioni pertanto non sono mai semplici « fotografie» dell' aldilà, ma portano in sé
anche le possibilità ed i limiti del soggetto che percepisce.
Ciò lo si può mostrare in tutte le grandi visioni dei santi; naturalmente vale anche
per le visioni dei bambini di Fatima. Le immagini da essi delineate non sono
affatto semplice espressione della loro fantasia, ma frutto di una reale percezione
di origine superiore ed interiore, ma non sono neppure da immaginare come se per
un attimo il velo dell' aldilà venisse tolto ed il cielo nella sua pura essenzialità
apparisse, così come un giorno noi speriamo di vederlo nella definitiva unione
con Dio. Le immagini sono piuttosto, per così dire, una sintesi dell'impulso
proveniente dall'Alto e delle possibilità per questo disponibili del soggetto che
percepisce, cioè dei bambini. Per questo motivo il linguaggio immaginifico di
queste visioni è un linguaggio simbolico. Il Cardinal Sodano dice al riguardo: ....
non descrivono in senso fotografico i dettagli degli avvenimenti fu-turi, ma
sintetizzano e condensano su un medesimo sfondo fatti che si distendono nel
tempo in una successione e in una durata non precisate ». Questo addensamento di
tempi e spazi in un'unica immagine è tipica per tali visioni, che per lo più possono
essere decifrate solo a posteriori. Non ogni elemento visivo deve, al riguardo, av~
re un concreto senso storico. Conta la visione come insieme, e a partire
dall'insieme delle immagini devono essere compresi i particolari. Quale sia il
centro di un'immagine, si svela ultimamente a partire da ciò che è il centro della «
profezia »cristiana in assoluto: il centro è là dove la visione diviene appello e
guida verso la volontà di Dio.
Un tentativo di interpretazione del « segreto » di Fatima
La prima e la seconda parte del « segreto » di Fatima sono già state discusse così
ampiamente dalla letteratura relativa, che non devono qui essere illustrate ancora
una volta. Vorrei solo brevemente richiamare l'attenzione sul punto più si-
gnificativo. I bambini hanno sperimentato per la durata di un terribile attimo una
visione dell'inferno. Hanno veduto la caduta delle « anime dei poveri peccatori ».
Ed ora viene loro detto perché sono stati esposti a questo istante: per « salvarle » per mostrare una via di salvezza. viene in mente la frase della prima lettera di
Pietro: « meta della vostra fede è la salvezza delle anime » (1,9). Come via a
questo scopo viene indicato - in modo sorprendente per persone provenienti
dall'ambito culturale anglosassone e tedesco -: la devozione al Cuore Immacolato
di Maria. Per capire questo può bastare qui una breve indicazione. «Cuore»
significa nel linguaggio della Bibbia il centro dell'esistenza umana, la confluenza
di ragione, volontà, temperamento e sensibilità, in cui la persona trova la sua unità
ed il suo orientamento interiore. Il « cuore immacolato » è second9 Mt 5,8 un
cuore, che a partire da Dio è giunto ad una perfetta unità interiore e pertanto
«vede Dio». « Devozione » al Cuore Immacolato di Maria pertanto è avvicinarsi a
questo atteggiamento del cuore, nel quale il flat - « sia fatta la tua volontà» diviene il centro informante di tutta quanta l'esistenza. Se qualcuno volesse
obiettare che non dovremmo però frapporre un essere umano fra noi e Cristo,
allora si dovrebbe ricordare che Paolo non ha timore di dire alle sue comunità:
imita-temi (iCor 4,16; Fu 3,17; lTs 1,6; ~Fs 3,7.9). Nel-l'apostolo esse possono
verificare concretamente che cosa significa seguire Cristo. Da chi però noi
potremmo in ogni tempo imparare meglio se non dalla Madre del Signore?
Arriviamo così finalmente alla terza parte del « segreto » di Fatima qui per la
prima volta pubblicato integralmente. Come emerge dalla documentazione
precedente, l'interpretazione, che il Cardinale Sedano ha offerto nel suo testo del
13 maggio, è stata dapprima presentata personalmente a Suor Lucia. Suor Lucia al
riguardo ha innanzitutto osservato che ad essa era stata data la visione, ma non la
sua interpretazione. l'interpretazione, diceva, non compete al veggente, ma alla
Chiesa. Essa però dopo la lettura del testo ha detto che questa interpretazione
corrispondeva a quanto essa aveva sperimentato e che essa da parte sua
riconosceva questa interpretazione c<> me corretta. In quanto segue quindi si
potrà solo cercare di dare un fondamento in maniera a~ profondita a questa
interpretazione a partire dai criteri finora sviluppati.
Come parola chiave della prima e della seconda parte del « segreto » abbiamo
scoperto quella di « salvare le anime», così la parola chiave di questo « segreto »
è il triplice grido: « Penitenza, Penitenza, Penitenza!». Ci ritorna alla mente
l'inizio del Vangelo: «paenitemini et credite evangelio »~c 1,15). Comprendere i
segni del tempo significa: comprendere l'urgenza della penitenza - della
conversione - della fede. Questa è la risposta giusta al momento storico, che è
caratterizzato da grandi pericoli, i quali verranno delineati nelle immagini
successive. Mi permetto di inserire qui un ricordo personale; in un colloquio con
me Suor Lucia mi ha detto che le appariva sempre più chiaramente come lo scopo
di tutte quante le apparizioni sia stato quello di far crescere sempre più nella fede,
nella speranza e nella carità - tutto il resto intendeva solo portare a questo.
Esaminiamo ora un poco più da vicino le singole immagini. l'angelo con la
spada di fuoco a sinistra della Madre di Dio ricorda analoghe immagini
dell'Apocalisse. Esso rappresenta la minaccia del giudizio, che incombe sul
mondo. La prospettiva che il mondo potrebbe essere incenerito in un mare di
fiamme, oggi non appare assolutamente più come pura fantasia: l'uomo stesso ha
preparato con le sue invenzioni la spada di fuoco. La visione mostra poi la forza
che si contrappone al potere della distruzione - lo splendore della Madre di Dio, e,
proveniente in un certo modo da questo, l'appello alla penitenza. In tal modo
viene sottolineata l'importanza della libertà dell'uomo: il futuro non è affatto
determinato in modo immutabile, e l'immagine, che i bambini videro, non è
affatto un film anticipato del futuro, del quale nulla potrebbe più essere cambiato.
Tutta quanta la visione avviene in realtà solo per richiamare sullo scenario la
libertà e per volgerla in una direzione positiva. Il senso della visione non è quindi
quello di mostrare un film sul futuro irrimediabilmente fissato. Il suo senso è
esattamente il contrario, quello di mobilitare le forze del cambiamento in bene.
Perciò sono totalmente fuorvianti quelle spiegazioni fatalistiche del « segreto »,
che ad esempio dicono che l'attentatore del 13 maggio 1981 sarebbe stato in
definitiva uno strumento del piano divino guidato dalla Provvidenza e che
pertanto non avrebbe potuto agire liberamente, o altre idee simili che circolano.
La visione parla piuttosto di pericoli e della via per salvarsi da essi.
Le frasi seguenti del testo mostrano ancora una volta molto chiaramente il
carattere simbolico della visione: Dio rimane l'incommensurabile e la luce che
supera ogni nostra visione. Le persone umane appaiono come in uno specchio.
Dobbiamo tenere continuamente presente questa limitazione interna della visione,
i cui confini vengono qui visivamente indicati. Il futuro si mostra solo « come in
uno specchio, in maniera confusa» (cfr iCor 13,12). Prendiamo ora in considerazione le singole immagini, che seguono nel testo del « segreto». Il luogo
dell'azione viene descritto con tre simboli: una ripida montagna, una grande città
mezza in rovina e finalmente una grande croce di tronchi grezzi. Montagna e città
simboleggiano il luogo della storia umana: la storia come faticosa ascesa verso
l'alto, la storia come luogo dell'umana creatività e convivenza, ma allo stesso
tempo come luogo delle distruzioni, nelle quali l'uomo annienta l'opera del suo
proprio lavoro. La città può essere luogo di comunione e di progresso, ma anche
luogo del pericolo e della minaccia più estrema. Sulla montagna sta la croce meta e punto di orientamento della storia. Nella croce la distruzione è trasformata
in salvezza; si erge come segno della miseria della storia e come promessa per
essa.
Appaiono poi qui delle persone umane: il vescovo vestito di bianco (« abbiamo
avuto il presentimento che fosse il Santo Padre »), altri vescovi, sacerdoti,
religiosi e religiose e finalmente uomini e donne di tutte le classi e gli strati sociali. Il Papa sembra precedere gli altri, tremando e soffrendo per tutti gli orrori, che
lo circondano. Non solo le case della città giacciono mezze in rovina - il suo
cammino passa in mezzo ai cadaveri dei morti. La via della Chiesa viene cosi
descritta come una Via Crucis, come un cammino in un tempo di violenza, di
distruzioni e di persecuzioni. Si può trovare raffigurata in questa immagine la
storia di un intero secolo. Come i luoghi della terra sono sinteticamente raffigurati
nelle due immagini della montagna e della città e sono orientati alla croce, così
anche i tempi sono presentati in modo contratto: nella visione noi possiamo riconoscere il secolo trascorso come secolo dei martiri, come secolo delle
sofferenze e delle persecuzioni della Chiesa, come il secolo delle guerre mondiali
e di molte guerre locali, che ne hanno riempito tutta la seconda metà ed hanno
fatto sperimentare nuove forme di crudeltà. Nello « specchio » di questa visione
vediamo passare i testimoni della fede di decenni. Al riguardo sembra opportuno
menzionare una frase della lettera che Suor Lucia scrisse al Santo Padre il 12
maggio 1982: « la terza parte del "segreto" si riferisce alle parole di Nostra
Signora: "Se no (1a Russia) spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo
guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà
molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte"».
Nella via Crucis di un secolo la figura del Papa ha un ruolo speciale. Nel suo
faticoso salire sulla montagna possiamo senza dubbio trovare richiamati insieme
diversi Papi, che cominciando da Pio X fino all'attuale Papa hanno condiviso le
sofferenze di questo secolo e si sono sforzati di procedere in mezzo ad esse sulla
via che porta alla croce. Nella visione anche il Papa viene ucciso sulla strada dei
martiri. Non doveva il Santo Padre, quando dopo l'attentato del 13 maggio 1981 si
fece portare il testo della terza parte del « segreto », riconoscervi il suo proprio
destino? Egli era stato molto vicino alla frontiera della morte ed egli stesso ha
spiegato la sua salvezza con le seguenti parole: .... fu una mano materna a guidare
la traiettoria della pallottola e il Papa agonizzante si fermò sulla soglia della
morte» (13 maggio 1994). Che qui una « mano materna » abbia deviato la pallottola mortale, mostra solo ancora una volta che non esiste un destino immutabile,
che fede e preghiera sono potenze, che possono influire nella storia e che alla fine
la preghiera è più forte dei proiettili, la fede più potente delle divisioni.
La conclusione del « segreto » ricorda immagini, che Lucia può avere visto in
libri di pietà ed il cui contenuto deriva da antiche intuizioni di fede. E una visione
consolante, che vuole rendere permeabile alla potenza risanatrice di Dio una storia
di sangue e lacrime. Angeli raccolgono sotto i bracci della croce il sangue dei
martiri e irrigano così le anime, che si avvicinano a Dio. Il sangue di Cristo ed il
sangue dei martiri vengono qui considerati insieme: il sangue dei martiri scorre
dalle braccia della croce. Il loro martirio si compie in solidarietà con la passione
di Cristo, diventa una cosa sola con essa. Essi completano a favore del corpo di
Cristo, ciò che ancora manca alle sue sofferenze (cfr. Col 1,24). La loro vita è
divenuta essa stessa eucaristia, inserita nel mistero del chicco di grano che muore
e diventa fecondo. Il sangue dei martiri è seme di cristiani, ha detto Tertulliano.
Come dalla morte di Cristo, dal suo costato aperto, è nata la Chiesa, cosi la morte
dei testimoni è feconda per la vita futura della Chiesa. La visione della terza parte
del « segreto », così angustiante al suo inizio, si conclude quindi con una
immagine di speranza: nessuna sofferenza è vana, e proprio una Chiesa
sofferente, una Chiesa dei martiri, diviene segno indicatore per la ricerca di Dio
da parte dell'uomo. Nelle amorose mani di Dio non sono accolti soltanto i
sofferenti come Lazzaro, che trovò la grande consolazione e misteriosamente
rappresenta Cristo, che volle divenire per noi il povero Lazzaro; vi è qualcosa di
più: dalla sofferenza dei testimoni deriva una forza di purificazione e di
rinnovamento, perché essa è attualizzazione della stessa sofferenza di Cristo e
trasmette nel presente la sua efficacia salvifica.
Siamo così giunti ad un'ultima domanda: Che cosa significa nel suo insieme (nelle
sue tre parti) il « segreto » di Fatima? Che cosa dice a noi? Innanzitutto dobbiamo
affermare con il Cardinale Sodano: .... le vicende a cui fa riferimento la terza parte
del "segreto" di Fatima sembrano ormai appartenere al passato». Nella misura in
cui singoli eventi vengono rappresentati, essi ormai appartengono al passato. Chi
aveva atteso eccitanti rivelazioni apocalittiche sulla fine del mondo o sul futuro
corso della storia, deve rimanere deluso. Fatima non ci offre tali appagamenti
della nostra curiosità, come del resto in generale la fede cristiana non vuole e non
può essere pastura per la nostra curiosità. Ciò che rimane l'abbiamo visto subito
all'inizio delle nostre riflessioni sul testo del « segreto »: l'esortazione alla
preghiera come via per la « salvezza delle anime » e nello stesso senso il richiamo
alla penitenza e alla conversione.
Vorrei alla fine riprendere ancora un'altra parola chiave del « segreto » divenuta
giustamente famosa: « il Mio Cuore Immacolato trionferà». Che cosa significa? Il
Cuore aperto a Dio, purificato dalla contemplazione di Dio è più forte dei fucili e
delle armi di ogni specie. Il fiat di Maria, la parola del suo cuore, ha cambiato la
storia del mondo, perché essa ha introdotto in questo mondo il Salvatore - perché
grazie a questo « Sì» Dio poteva diventare uomo nel nostro spazio e tale ora
rimane per sempre. Il maligno ha potere in questo mondo, lo vediamo e lo
sperimentiamo continuamente; egli ha potere, perché la nostra libertà si lascia
continuamente distogliere da Dio. Ma da quando Dio stesso ha un cuore umano ed
ha così rivolto la libertà dell'uomo verso il bene, verso Dio, la libertà per il male
non ha più l'ultima parola. Da allora vale la parola: « Voi avrete tribolazione nel
mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo» (Gv 16,33). Il messaggio di
Fatima ci invita ad affidarci a questa promessa.
JOSEPH CARD. RATZINGER
Prefetto della Congregazione perla Dottrina della Fede
da:
http://www.preghiereagesuemaria.it/libri/storia%20e%20messaggio%20di%20fati
ma.htm