Quanto conta la Fortuna nel Texas Hold`Em
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Quanto conta la Fortuna nel Texas Hold`Em
Quanto conta la Fortuna nel Texas Hold’Em Il Texas Hold’Em, come la maggior parte dei giochi, presenta sia aspetti legati alla fortuna che alla abilità. Questa affermazione, seppure arbitrariamente, la possiamo ragionevolmente dare per vera. La vera domanda che affrontiamo è quale peso dare alle due componenti. Lo scenario classico all’interno di cui muoversi è solitamente il seguente: un gioco è di azzardo quando è principalmente influenzato dalla fortuna, mentre è uno “skill games” quando l’abilità è preponderante. Io non amo questo approccio al problema perchè ha molti limiti: infatti, se per “preponderante” intendiamo una cifra superiore al 50% da un punto di vista matematico, allora davvero trascuriamo la realtà dei fatti e le conseguenze di tale ragionamento. Immaginiamo di essere in grado di poter asserire, tramite qualche astruso conto, che l’abilità pesi nel Poker circa il 20%. Secondo un criterio di preponderanza, vorrebbe allora dire che è un gioco di azzardo. Tutto ciò è quantomeno riduttivo. Ragioniamo aiutandoci con un esempio: un casinò alla roulette ha un piccolo vantaggio sui giocatori. Nel singolo colpo, la fortuna è certamente preponderante anche per il casinò, perché vi saranno moltissimi colpi in cui perde dei soldi. Però, con tale microscopico vantaggio, un casinò riesce a mantenere strutture faraoniche, stipendiare centinaia di dipendenti, offrire vitto e alloggio, pagare molte tasse e conseguire un utile. Il tutto pagando 36 volte ciò che invece ha una possibilità su 37 di accadere! La roulette, dunque, presa a simbolo, è certamente puro azzardo, ma per il giocatore, NON certo per il casinò. Poco importa ad un casinò serio se oggi ha vinto o perso. Alla lunga vince e lo sa perfettamente, infatti continua a stipendiare i dipendenti e a offrire da bere anche se quel giorno sta perdendo. Un buon giocatore di Poker può aspirare ad essere un casinò in miniatura: nel singolo colpo sa che la fortuna deciderà in larga parte l’esito, ma lui continua a sfruttare la sua superiore abilità per assicurarsi un piccolo vantaggio partita dopo partita. Tale minuscolo margine, vola via al primo colpo di vento fatto da una carta, ma il suo continuo costruire è invece resistente anche ad un terremoto. Del resto, anche il caso ha le sue regole. Come è facile intuire allora, “preponderante” deve avere un significato diverso da quello prettamente matematico: cominciamo ad ampliare il concetto aggiungendo degli elementi. A mio parere, un gioco può essere definito di “abilità”, quando tale dote permette in concreto di vincere nel corso del tempo. Una volta rispettato tale criterio, il peso specifico e la quantificazione matematica della componente abilità diventa poco rilevante. Cerchiamo di analizzare il concetto nei limiti del possibile: 1) Innanzi tutto l’abilità deve essere presente, ma questo è facilmente dimostrabile nel Poker. Abbiamo dato tale presenza per vera, a conferma empirica del fatto basterebbe citare per esempio gli innumerevoli libri scritti sull’argomento, i programmi sviluppati, le infinite discussioni su come giocare oppure come molte persone vivano dei proventi del gioco. 2) L’abilità deve essere effettivamente utilizzata. Questo è un concetto già più complesso da dimostrare. Un torneo in cui si parte con 1.000 chips a bui 300-600 permette di usare l’abilità? È questo un vero ostacolo per definire il Poker come gioco di abilità? La risposta è semplice in entrambi i casi: NO. Se una partita di tennis venisse giocata sul singolo punto, ci sarebbero giocatori che vincono il grande Slam? Se una partita di bridge fosse giocata su un singolo board, qualcuno vincerebbe di frequente? Il tennis è un gioco di azzardo? No ovviamente, sono le modalità attraverso cui si esplica il gioco che permettono al migliore di affermarsi. Un torneo di poker fatto bene equivale ad una partita a tennis disputata su 5 set. Stabilire il momento in cui si applica davvero l’abilità è impossibile, questo è certo. 3) L’abilità deve permettere in concreto di vincere. Vincere in concreto è un concetto che necessita di molte precisazioni. Infatti, in un gioco di abilità potrei avere un vantaggio sugli altri perché gioco meglio, ma la mia situazione potrebbe ancora essere svantaggiosa da un punto di vista matematico. Ho un edge del 20% sui miei avversari. Il torneo costa 100 euro + 50 di fee. Il torneo è ben strutturato, la mia abilità viene pienamente messa a frutto, dunque posso essere certo che dopo milioni di tornei simili, avrò un cash out medio di 120 euro per evento. L’abilità mi permette in concreto di vincere? No. Perdo 30 euro a torneo eppure sono il più forte nella sala! Qui tornerebbe utile una quantificazione matematica dell’abilità, ma è cosa che reputo impossibile e comunque varia da soggetto a soggetto e inoltre è influenzata dal contesto. Ecco che vincere in CONCRETO è un concetto che sembra semplice in astratto, ma in realtà è ambiguo. E ancora: anche un giocatore molto capace, il quale gioca mediamente colpi profittevoli in virtù della sua superiore abilità, può comunque essere coinvolto all’interno di una dinamica in cui la fortuna è tutto. Questo accade non appena si gioca a cifre diverse: torneo da 1 milione di iscrizione, dove il peggiore giocatore della terra incredibilmente arriva primo e per tutta la vita risulterà un vincente, perché torna ora ai suoi tornei da 10 euro. O ancora, immaginate che solo voi avete diritto a giocare con 1 euro due schedine del superenalotto, quando gli italiani ne possono giocare solo una a quella cifra. Avete un edge al superenalotto? Si paragonati agli altri, no nei riguardi del gioco. Resta puro azzardo. Volendo, si può anche teorizzare che questo vincere in concreto non sia importante, l’abilità è presente perché insita nel gioco. Se vado in Australia in prima classe a giocare a scacchi con nulla in palio, gli scacchi restano pur sempre un gioco di abilità! Inoltre, vincere la coppa può essere soddisfacente, indipendentemente dalle spese affrontate e dal ritorno economico. Visto che però facciamo un discorso pratico e per nulla rigoroso da teoricamente, io preferisco considerarlo elemento essenziale, perché la realtà dei fatti è che il vero motore del gioco è la vincita in denaro. 4) Il tutto deve valere nel lungo periodo. Cosa è il lungo periodo? Anche in matematica e statistica il concetto è vago. Lanciando una monetina 10.000 volte avrò il lungo periodo oppure serve un milione di tiri? Un campione statistico di 10.000 italiani rispecchia la popolazione? Oppure ne servono 10 milioni? E se i 10 milioni vivono tutti nel Sud Italia è un buon campionamento? È ancora gioco di abilità se non basta una vita media per ottenere il lungo periodo? Difficile dirlo nel Poker, io non credo che servano numeri enormi anche perché una volta raggiunto il miliardo di colpi magari sono cambiate le condizioni! Dunque? Anche qui la regoletta a portata di mano non esiste. Cerchiamo di essere pratici: i giocatori forti a fine anno vincono sempre, nei fatti è molto più semplice di quello che sembra. Per di più, pochissimi sono i giocatori rispettosi dei parametri che permetterebbero di dare una parvenza di scientificità alla affermazione (sempre che sia possibile), molti trasgrediscono una o più delle affermazioni. Queste trasgressioni non fanno altro che dimostrare come un rigore logico troppo ferreo non serva per affermare che esiste abilità nel gioco. Infatti alla fine vincono sempre gli stessi. Anzi, il Poker si dimostra gioco di abilità, nonostante tanti giocatori ce la mettano tutta per complicare l’analisi! Veniamo però alle obiezioni più gettonate riguardo al ragionamento fatto sinora: - parli di abilità perché vengono scritti libri, si discute dei colpi, si fanno elucubrazioni matematiche e calcoli statistici. In libreria però è anche pieno di libri che spiegano come fare l’oroscopo o come diventare milionari in 10 giorni: Respinta, non serve neanche argomentare. L’abilità nel Poker è fuori di dubbio, noi ragioniamo su quanto conti, non se esista; - nessuno vince due volte in fila il campionato del mondo: Respinta. Qualcuno lo ha fatto quando gli iscritti erano pochi. Oggi sono talmente tanti che è quasi impossibile; - ma a calcio vincono sempre le stesse tre o quattro squadre lo scudetto: Respinta. Il campionato ha una ventina di squadre. Allargatelo a 7.000; - a scacchi però vince sempre lo stesso e vincerebbe anche se ci fossero 7.000 iscritti al campionato del mondo: Accolta. Gli scacchi sono un gioco dove la fortuna è pari a zero, nel Poker invece abbiamo detto che nel singolo colpo conta molto, nessuno lo sta negando. Il campione del mondo in carica può perdere contro un bambino. A scacchi sicuramente l’abilità pesa molto più che nel Poker; - anche i più forti giocatori del mondo, che ogni giorno si mettono in condizione di vincere ed hanno dunque la possibilità di far lavorare il concetto di lungo periodo, sono andati “broke” nel corso della loro vita e lo confessano candidamente: Respinta. Tanti imprenditori hanno chiuso, oppure grandi manager hanno nel loro curriculum un licenziamento. Hanno commesso un errore, non è una dimostrazione che l’abilità non esista; - non è vero che le persone vivono di proventi da gioco, ormai è un mercato pieno di sponsor e possibilità di profitto, per cui alla notorietà si aggiungono benefit esterni, lasciati a loro stessi non avrebbero un reddito sufficiente: Respinta. Esistono giocatori che vivono nell’anonimato più totale che hanno guadagni abbondanti e regolari; - capisco il ragionamento, ma un giocatore del tutto incapace può vincere un torneo! Questa è dunque la prova, ragionando a contrario che non serve abilità per vincere: Respinta. Si, un giocatore pessimo può vincere, ma non dimostra nulla, i giochi dove non si può vincere sono semplicemente giochi dove l’abilità è fondamentale sempre, nel Poker è fondamentale solo se si ripetono le situazioni un numero sufficiente di volte. Il singolo colpo o il singolo evento sono assolutamente dominati dalla fortuna. Nel prossimo articolo parleremo della “illusione della fortuna” per completare il discorso e mettere ancora più in evidenza come tante impressioni siano fallaci. Ma proviamo a chiudere il ragionamento con un’affermazione fumosa e poco concreta, ma che a mio parere è la vera demarcazione tra gioco di azzardo e gioco di abilità. Tutti i giochi di “azzardo” puntano sulla speranza della gente, il Poker NO Questa affermazione ha molti riflessi, l’azzardo spinge verso un affidarsi all’irrazionale, alla superstizione, alla pigrizia, all’ingiustizia. Il Poker suscita una pulsione verso qualcosa di diverso: vi sono molte decisioni da prendere, nasce la voglia di apprendere, perfezionare le capacità, si capisce subito che serve dedizione, impegno e coraggio. Tutte cose da fare in prima persona senza affidarsi a niente e nessuno. Una differenza non di poco conto.