Scheda n. 4 - Mistero grande che inonda gli sposi
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Scheda n. 4 - Mistero grande che inonda gli sposi
IO CREDO in Gesù Cristo che fu crocifisso, morì e fu sepolto SCHEDA N. 4 “Mistero grande che inonda gli sposi” Dalla Lettera di S. Paolo agli Efesini (5,1-2a.21-33) 1Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, 2e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi. 21Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: 22le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; 23il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. 24E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto. 25E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, 26per renderla santa, purificandola con il lavacro dell‟acqua mediante la parola, 27e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa,senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. 28Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. 29Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, 30poiché siamo membra del suo corpo. 31Per questo l‟uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. 32Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! 33Così anche voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito. 1 Leggiamo il significato1 L‟autore di Efesini sta proponendo un codice domestico (Ef 5,21-6,9), perché il battezzato esprima anche in famiglia la propria radicale adesione al Signore. Ebbene, dopo l‟enunciazione del principio generale di una vicendevole sottomissione (v.21), vi è l‟istruzione alle mogli, che adduce due tipi di motivazioni: una considerazione di carattere naturale (v. 23° “il marito è il capo della moglie”) e una di carattere cristologico (vv. 23b-24: il rapporto vicendevole nella coppia ricalca quello tra Cristo e la Chiesa!). Anche se il linguaggio sembra risuonare maschilista, bisogna dire che, a dispetto dell‟apparenza, la vita cristiana stessa, e non solo quella matrimoniale, è fatta di sottomissione reciproca (“siate sottomessi gli uni agli altri”). Il centro del brano è però la motivazione cristologica di questa catechesi sulla vita coniugale. L‟istruzione ai mariti sviluppa, infatti, ulteriormente la motivazione cristologica precedente e propone alcune linee di una teologia cristiana del matrimonio (vv.25-33): la relazione salvifica di Cristo verso la Chiesa che si attua nell‟amore e nel dono di sé è prototipo, fonte e modello della relazioni sponsali dei cristiani. E’ così consentito al lettore di scoprire le radici dello statuto ‘teologico’ del Matrimonio. Appaiono decisivi in particolare i vv. 25 e 31-32. “E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (v.25). E‟ da notare il verbo agapàn che nel Nuovo Testamento indica l‟amore gratuito e 1 Liberamente tratto da: R.Bonetti, M.Zattoni–G. Gillini, L‟Acqua e il Vino: verso Cana, Effatà Editrice, Cantalupa (TO), 2009 disinteressato di Dio, in Cristo, verso l‟umanità e dell‟uomo verso il suo prossimo. E’ un amore che cerca il bene dell’altro anche quando è impegnativo, difficile; trasposto nell‟ambito coniugale si applica a tutte le manifestazioni della vita in comune e deve essere costante nel tempo, così come è fedele ed irrevocabile l‟amore con cui Cristo ha amato la sua Chiesa. “Per questo l‟uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!” (vv.31-32). Qui si fa un percorso inverso e si procede „dal basso‟, dalla relazione sponsale della coppia, per applicarla al rapporto Cristo-Chiesa e non più viceversa. Questo evidenzia la qualità simbolica dell’amore nuziale, la sua capacità di annunziare realmente, nel concreto del vissuto familiare, il trascendente amore di Cristo. La citazione di Gn 2,24 è oggetto di una interpretazione originale: in Cristo si compie la verità della creazione del progetto divino sul rapporto uomo-donna. Avviene così che il mistero del rapporto sponsale trapassi a qualificare il rapporto di Cristo con la Chiesa, il quale a sua volta riverbera una nuova luce sulla relazione coniugale. C‟è chi interpreta il brano di Ef 5 assimilando il capo-Cristo alla posizione del marito e la Chiesa-sposa alla posizione della moglie. Partendo da questa interpretazione, parrebbe perciò giustificato, ed ascrivibile alla stessa Parola di Dio, presentare il marito come colui che esercita il ruolo del capo e la moglie il ruolo di chi – e solamente – è chiamato alla sottomissione… Ma, l‟Apostolo Paolo chiama tutti i discepoli di Cristo alla sottomissione reciproca, avendo come unico riferimento –per tutti- il Cristo Sposo della Chiesa. Occorre perciò distinguere e non fare confusione tra ciò che risponde semplicemente ai costumi di un popolo, con le relative attribuzioni di „ruolo‟, e ciò che risponde all‟ ”ethos” della redenzione, per superare quei comportamenti, e quegli usi, in contrasto con la Comunione d‟amore propria di Dio, vissuta dal Signore Gesù e trasmessaci dagli Apostoli. La parola al Magistero della Chiesa Dalla Lettera Apostolica „Mulieris Dignitatem’ di Giovanni Paolo II, 1988 «Le mogli siano sottomesse ai loro mariti come al Signore; il marito, infatti, è capo della moglie» (5, 22-23). L'autore sa che questa impostazione, tanto profondamente radicata nel costume e nella tradizione religiosa del tempo, deve essere intesa e attuata in un modo nuovo: come una «sottomissione reciproca nel timore di Cristo» (cf. Ef 5, 21); tanto più che il marito è detto «capo» della moglie come Cristo è capo della Chiesa, e lo è al fine di dare «se stesso per lei» (Ef 5, 25) e dare se stesso per lei è dare perfino la propria vita. Ma, mentre nella relazione Cristo-Chiesa la sottomissione è solo della Chiesa, nella relazione marito-moglie la «sottomissione» non è unilaterale, bensì reciproca! (MD n. 24) La consapevolezza che nel matrimonio c'è la reciproca «sottomissione dei coniugi nel timore di Cristo», e non soltanto quella della moglie al marito, deve farsi strada nei cuori, nelle coscienze, nel comportamento, nei costumi. E' questo un appello che non cessa di urgere, da allora, le generazioni che si succedono, un appello che gli uomini devono accogliere sempre di nuovo. L'apostolo scrisse non solo: «In Gesù Cristo (...) non c'è più uomo né donna», ma anche: «Non c'è più schiavo né libero». E tuttavia, quante generazioni ci sono volute perché un tale principio si realizzasse nella storia dell'umanità con l'abolizione dell'istituto della schiavitù! E che cosa dire delle tante forme di schiavitù, alle quali sono soggetti uomini e popoli, non ancora scomparse dalla scena della storia? La sfida, però, dell'«ethos» della redenzione è chiara e definitiva. Tutte le ragioni in favore della «sottomissione» della donna all'uomo nel matrimonio debbono essere interpretate nel senso di una «reciproca sottomissione» di ambedue «nel timore di Cristo». La misura del vero amore sponsale trova la sua sorgente più profonda in Cristo, che è lo Sposo della Chiesa, sua Sposa. (MD n. 24) Cristo è entrato in questa storia e vi rimane come lo Sposo che «ha dato se stesso». «Dare» vuol dire «diventare un dono sincero» nel modo più completo e radicale: «Nessuno ha un amore più grande di questo» (Gv 15, 13). In tale concezione, per mezzo della Chiesa, tutti gli esseri umani - sia donne che uomini - sono chiamati ad essere la «Sposa» di Cristo, redentore del mondo. In questo modo «essere sposa», e dunque il «femminile», diventa simbolo di tutto l'«umano», secondo le parole di Paolo: «Non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3, 28). Dal punto di vista linguistico si può dire che l'analogia dell'amore sponsale secondo la Lettera agli Efesini riporta ciò che è «maschile» a ciò che è «femminile», dato che, come membri della Chiesa, anche gli uomini sono compresi nel concetto di «Sposa»… Nella Chiesa ogni essere umano - maschio e femmina - è la «Sposa», in quanto accoglie in dono l'amore di Cristo redentore, come pure in quanto cerca di rispondervi col dono della propria persona. (MD n. 25) 2 Applichiamo alla nostra vita2 “Poiché lo dici tu, lo farò”: incredibile, quella era la medicina che lo psicoterapeuta aveva suggerito ad una moglie in riferimento al marito, in vista di „guarire‟ il figlio adolescente lanciato nelle sfide, nelle trasgressioni, nelle provocazioni e nelle male parole verso la madre. La quale si aspettava di essere difesa dal marito che invece latitava. Ma quando la moglie fece realmente atti di sottomissione al marito, il figlio fu veramente spiazzato: quel padre che gli sembrava così sottomesso e vigliacco, veniva „obbedito‟ dalla moglie, quando faceva qualche richiesta esplicita. E così fu chiaro che la sottomissione reciproca non solo non era una bella fantasia, ma diventava una reale medicina contro lo strapotere del figlio adolescente. Ha ragione Paolo in questa inimitabile catechesi sui rapporti coniugali: egli pare sbilanciarsi soltanto nella richiesta di sottomissione alle mogli, mentre ai mariti viene chiesto soltanto (!) di amare la moglie come il proprio corpo; ma questa è una lettura superficiale, poiché non solo non è lecito astrarre una frase dal suo contesto (v. 21 siate sottomessi gli uni agli altri), ma perché ‘l’essere soggetta’ da parte della moglie e l’amare (nel senso di agapàn, come dice l‟esegeta) la propria moglie come il proprio corpo da parte del marito non sono che due facce della sottomissione reciproca. Un marito che „ami‟ gratuitamente e disinteressatamente, cioè senza pretese di diritti acquisiti, è una novità „antropologica‟ nel contesto sociale del tempo, certamente molto di più di una moglie sottomessa! Ma tutto questo ancora su un piano umano: la novità sconvolgente, come dice l‟esegeta, è che questo piano incarna l‟annuncio dell‟amore fedele reciproco tra Cristo e la Chiesa! L’amore sponsale di due coniugi battezzati mostra l’incredibile apertura sul mistero d’amore tra Cristo e la Chiesa. E nel medesimo tempo esso, l’amore sponsale, scopre la propria radice ultima: la sottomissione reciproca come la grazia che viene da Cristo Gesù che fa “santa e immacolata” la sua Sposa. Se l‟autore di efesini si fosse prefisso di esaltare il rapporto coniugale, non avrebbe potuto fare di più: oltre non si può andare; siamo infatti alle soglie del mistero. Tanto noi coniugi dobbiamo all‟Incarnazione. 3 Ancora sul dono si sé: un sacrificio esposto alla morte e che vince la morte.3 Nella vita degli sposi il dono non può limitarsi a qualcosa che passa, ad un pacchetto ben confezionato: gli infiniti, piccoli doni sono i precursori del fatto che nelle retrovie del cuore e nel lavorìo della mente si sta preparando un dono inusitato, un dono che non lascia dietro di sé nulla, un dono che coincide col donatore. E‟ un mistero come ciò avvenga, come in questo “lavorìo” sia in azione lo Spirito, come il dono totale e non più ritrattabile accada in quella storia, in quel luogo di coppia, in quel sì definitivo. Fatto è che uno dice all‟altro: “ciò che ti dono sono io stesso e non ho più intenzione di tirarmi indietro, mi comprometto totalmente con te, perfino indipendentemente da te: è il mistero della croce”. 2 Liberamente tratto da: R.Bonetti, M.Zattoni–G. Gillini, L‟Acqua e il Vino: verso Cana, Effatà Editrice Liberamente tratto da: R.Bonetti, P.Rota Scalabrini, M.Zattoni – G. Gillini, Innamorati e Fidanzati, Ed. San paolo, Cinisello Balsamo, 2003 3 Noi cristiani abbiamo la certezza che il sacrificio di Gesù (il suo Corpo donato) è la molla segreta che rende possibile questo “sacrificio spirituale”: è la sua morte che abilita tutti gli uomini a passare attraverso il dolore senza che esso diventi un buco nero che li inghiotte. E’ questo il significato del “Io ho vinto la morte”. Questo dono di sé irrevocabile guida l‟amore umano a pensare sia l‟esercizio della sessualità intesa in modo maturo e pieno sia l‟orizzonte della indissolubilità, poiché ambedue questi aspetti dicono che il dono di sé non lascia fuori nulla. Infatti, il dono di sé coincide con la vita; se non è un astratto desiderio o perfino un autoinganno, il donare se stessi non è altro che donare la propria vita, ogni giorno, “fino a che morte non ci separi”. L’altro diventa titolare della mia vita, nel senso che, nel concreto, la dedico a lui, con gesti feriali e semplici, poniamo perfino nel preparare il tipo di insalata che gli/le piace o nell‟invitarlo/a fuori a cena. E‟ chiaro che quando si dona tutto ciò che si ha, e cioè la propria vita, non ci si può sottrarre all’esperienza del dolore: e cioè che l’altro rifiuti o distorca il dono; o, peggio, lo accetti con indifferenza o come dovuto. Lo Sposo Gesù ha accettato questo rischio e continua ad accettarlo. Egli sapeva bene che il suo dono era nelle mani degli uomini; e perché mai il dono dell’amante all’amato non dovrebbe essere, allo stesso modo, dono di sé posto nelle mani dell’altro?... Dono nelle mani di quell‟uomo/donna che “rimane” nella sua fragilità e nelle sue paure? Lo Sposo-Cristo non ha cullato la fantasia che noi capissimo tutto, che fossimo sempre pronti a rispondere, che non fossimo umani. Eppure il suo dono è rimasto irrevocabile. Per l’approfondimento - Invitiamo a leggere personalmente, più volte, e senza fretta, il brano proposto. La prima lettura consigliamo di farla per una parte più ampia: orientativamente dall‟inizio del capitolo 4, fino a 6,9. - “Sottomissione” è un termine che facciamo fatica a far diventare „nostro‟. Eppure è alla libera sottomissione che l‟Apostolo invita tutti i credenti. Per il „mondo‟, sottomissione è sinonimo di debolezza… e forse anche per noi è così… Cerco di identificare concretamente quali azioni o quali comportamenti della mia sposa (o del mio sposo) possano essere ricondotti a scelte di sottomissione nei miei confronti. Identifico anche quelle azioni o comportamenti che ho vissuto e che vivo come mie scelte di sottomissione nei confronti della mia sposa (o del mio sposo). Poi ne parliamo insieme. - La relazione di Cristo-capo con la sua Chiesa-sposa è il grande mistero di donazione in cui ci immerge il Sacramento del Matrimonio. Il modo di essere ‘capo’ di Cristo è ‘nel servizio’: “Non sono venuto per essere servito, ma per servire”, ha detto il Signore. Dunque, un capo-servo… In un primo momento personalmente, cerco di individuare, nella nostra relazione di coppia, quando (pensando a fatti concreti) „ho servito‟ il nostro amore. Poi ne parliamo insieme.