LA CASA DI DIO
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LA CASA DI DIO
RIVISTA INTERNAZIONALE DI ARTE, CULTURA E SPORT NUMERO 98 DIRETTORE: GIORS ONETO 7 DICEMBRE 2004 e-mail : [email protected] – fax. : 055. 272 .9077 – tel. : 0574. 562. 753 – SPIRIDON ITALIA C.P.696 – 50100 FIRENZE COPIA GRATUITA NON COMMERCIABILE IN EDIZIONE TELEMATICA E NATALIZIA LA CASA DI DIO Ogni anno a Piazza Navona compro il presepe. Mi piace scegliere le statuine dei figuranti, i paesaggi, gli addobbi. Mi piace preparare la casa di Dio. Da questo desiderio fu animato anche il re Davide, ma si sentì rispondere che non lui avrebbe costruito una dimora per Dio, ma bensì il Signore stesso se ne sarebbe fatto carico. Questa misteriosa profezia dovette lasciare stupito Davide, che infatti nel dubbio si diede alla costruzione del Tempio. Certo non poteva immaginare l’incarnazione nei dettagli. La casa di Dio, il suo indirizzo preciso, il dove abita, è un tema che appassiona tutti gli uomini, ma in particolare l’antico Israele. Dio, infatti, dicono le Scritture, non ha scelto le civiltà dei sapienti, o le culture dei periti nelle arti e nei commerci, ma si è degnato di piantare la tenda fra il popolo di Israele, che non presentava nessuna attrattiva rispetto alle altre nazioni. Nella tenda che attraversò il deserto e il mar Rosso, nel tempio in Gerusalemme, lì Dio si è accasato. Gli gnostici tremano ad una affermazione simile: il Puro, il Santo, non può scendere fra l’impuro e il malvagio, la realtà materiale non può accoglierlo se non imprigionandolo. Tutto il contrario per Israele e per il suo compimento cristiano poi: la casa di Dio è proprio il mondo. Di più, Dio abita, animandolo, un corpo umano, capeggiandolo vivifica un corpo mistico: la Chiesa. San Tommaso si spinse oltre quel “mistico” quando alla domanda: Cristo capo (testa) della Chiesa (corpo) è omogeneo alle membra del corpo? L’Aquinate rispose sì, concentrando in quella affermazione pulita la stravolgente verità del Cristianesimo. La stessa verità che dichiara pure tutte le cose, che dice che tutte le creature sono buone e che in esse non c’è veleno di morte. Tutto questo a noi sembra normale, oggi, ma ancora non lo è per la maggior parte dei nostri soci del genere umano. Un esempio? Pensate a tutte le pratiche religiose o sociali in cui si dichiarano proibiti cibi, o contatti perché generatori di impurità. Comprare il presepe a Piazza Navona è una gioia che solo il Cristianesimo può dare:il Dio di Gesù Cristo abita con noi ed è nostro commensale. Buon Natale. Serena Tajé teologa - 2 - HABEMUS PAPAM Tutto o quasi come da copione, all’assemblea di Chianciano per il rinnovamento delle cariche FIDAL. Franco Arese è il nuovo pontefice massimo dell’atletica italiana. Si è imposto alla grande raccogliendo il 91,55 % dei suffragi (era dai tempi di Primo Nebiolo, in edizione ancora democratica, che non si avevano esiti plebiscitari), ma soprattutto sembra esser riuscito a ricompattare una Federazione da anni dilaniata da faide atroci e lotte intestine. Dobbiamo in ogni caso prendere atto che se l’assemblea non si è trasformata in arena gladiatoria, come avrebbe potuto verificarsi, lo si deve oltre che al carisma di Arese, anche all’eleganza formale ed alla disponibilità di Massimo Di Giorgio, il suo antagonista, che non solo ha accettato la sentenza dei numeri ma si è messo generosamente a disposizione della nuova dirigenza. Franco Arese ha vinto alla grande. I numeri sono dalla sua, ma il suo governo non avrà vita facile sia perché dovrà appoggiarsi su un Consiglio “disequilibrato”perché chiaramente Padano e sia soprattutto perché avrà contro Regioni che contano , la Toscana, il Veneto, oltre praticamente tutto il Sud. In effetti il nuovo Presidente, uomo di buon senso oltre che capace, avrebbe voluto che le regioni più rappresentative avessero un loro uomo in Consiglio. Così dopo i lunghi pourparler della notte avvenuti sotto la saggia regia di Giomi, Bindi e Migliorini, e quelli affannosi della mattinata per i quali erano state anche aggiornate (con la scusa di problemi elettronici) le operazioni di voto, sembrava che i giochi per recuperare Tozzi, Gadenz e qualche altro, fossero riusciti. Invece all’apertura delle urne è venuta fuori la frittata anziché le …uova natalizie. Insomma, contro la logica hanno prevalso i pregiudizi radicali di alcuni irriducibili antigoliani. Le giustificazioni per tenerli fuori sono state le più singolari. Per Tozzi si è detto che la Toscana in Consiglio aveva già due rappresentanti: Giomi e la Nicolini: Senza soffermarsi che il primo è membro di diritto e la seconda ha idee ben precise. In realtà i cassati, hanno piuttosto pagato per la serietà e la lealtà con le quali hanno mantenuto sino all’ultimo l’ appoggio a Gola, quando altri assai più disinvolti di loro eran già passati, armi, bagagli e prebende dall’altra parte, Sono stati tanto coerenti all’idea del ridotto da far nascere il sospetto che a buttarli in mare sia quasi stata addirittura la decisione di Gola, presa non dimentichiamolo in maniera inopinata e dalla sera al mattino, di non ricandidarsi. L’assemblea di Chianciano, alla quale era presente la quasi totalità dei delegati (ne son mancati solamente due !) è stata aperta da un lungo intervento del presidente Gianni Gola che ha ricordato tutto ciò che di positivo è stato fatto sotto la sua gestione ed ha messo in evidenza i risultati, a sua detta grandissimi, ottenuti dall’atletica italiana negli anni della sua presidenza. In particolare, quelli ottenuti contro il doping. Ha parlato delle emozioni vissute nello sport e per lo sport sotto il segno del Tricolore e si è dichiarato dispiaciuto che molti, ingenerosamente, non lo hanno capito. Non ha avuto parole dolci per chi, a suo parere, gli ha fatto la guerra, spesso, sempre a suo dire, in maniera sleale e pregiudiziale anche se ha dichiarato di non conservare rancori. “Non guferò” ha concluso, e “Non tramerò contro nessuno ed andandomene non serberò rancore ma vorrei che nessuno me ne serbasse”. Un’allocuzione fra l’autodifesa e l’autoincensamento. Fra gli altri interventi, prima che l’assemblea entrasse nel vivo, c’è stato quello di Alfio Giomi. Un intervento che ci è parecchio piaciuto soprattutto per la carica emotiva e la commozione che trasparivano dall’atteggiamento e dal tono della voce di questo personaggio che al di là, di ogni considerazione anche personale, ha sempre saputo affrontare qual si voglia situazione con coerenza ed a viso aperto. E non è poco. Gi.On. Consiglio Federale della FIDAL La prima riunione del , dopo l’elezione di Franco Arese, non è stata priva di sorprese. Le elenchiamo nell’ordine. Vicepresidenze - I due vicepresidenti federali sono, come previsto, Renato Morini e Adriano Rossi: la sorpresa consiste nel particolare che il primo, contrariamente alle previsioni, è il Vicario. Carica conquistata in forza dei consensi elettoriali riscossi a Chianciano. Per Adriano Rossi ci saranno comunque grossi incarichi e responsabilità. Così, come al solito, continuerà a tirare la carretta per gli altri… Giunta Esecutiva – Franco Arese ha indicato una lista di consiglieri di suo gradimento e cioè, oltre a Morini e Rossi, Scorzoso, Nasciuti, Migliorini, Cova, Ialenti, Angelotti. Fuori dei giochi Vultaggio, Andreatta e Catalano. Il quale ha protestato con energia ma la linea del Presidente non è cambiata. Si sapeva del veto della Lega Lombarda per Ialenti e si pensava che alla fine il Lazio avrebbe puntato su Mammone. Come è andata a finire? Nasciuti 19 voti e delega al settore tecnico; Scorzoso 18 voti e delega all’organigramma; poi Migliorini (delega alla corsa in montagna ed ai masters), sul filo di lana Ialenti (voti 8) su Catalano (voti 7). Mammone riscuote solo 2 consensi Ialenti, che ha vinto come al solito la sua personale battaglia, avrà la delega all’amministrazione ed alla gestione risorse. Angelotti fuori dal vertice: si insinua, addirittura, che non gli verrebbe affidato l’incarico promessogli del marketing e della comunicazione, che andrebbe invece a Stefano Mei. Ma non mancano le voci che vogliono una conferma, magari per breve tempò, di Marco Sicari alla comunicazione. Unica previsione rispettata l’ingresso in Giunta di Laurent Ottoz in quota atleti e di Ida Nicolini in quota tecnici. Direttore Tecnico - La gente si chiede chi sarà il Direttore Tecnico Nazionale: Arese ha la bocca cucita ed anticipa soltanto “che sarà nuovo e giovane”. Altri auspicano che sia una specie di “Enzo Rossi . quarantenne”. Ma come tutti sanno, indietro non si torna. Dato per scontato che Locatelli, interpellato in merito, avrà una sola funzione di superiore consulente, si sentono in giro moltissimi nomi, in una sarabanda che richiede conferme. L’unico che ha voglia di aprire bocca in merito è Mario Ialenti. “Tutto quello che senti dire in giro - ci dice – non ha molto fondamento. Ti parlano di Magnani e di D’Elicio? Non dare ascolto. La Giunta del 17 dicembre esaminerà una rosa di candidati da presentare al Consiglio Federale di metà gennaio. Io, a nome mio e di quanti mi sono vicini, proporrò quello di Nicola Silvaggi: riteniamo che abbia le caratteristiche dell’”uomo nuovo”. “ Inoltre – conclude - non abbiamo preclusioni anche per altri. Per esempio si fa anche il nome di Antonio La Torre, che sento da più parti. Ma è urgente orientarsi verso una persona che abbia i requisiti da tutti invocati: e non mi sembra che di giovani e nuovi ce ne siano molti in giro. Ripeto: per quanto mi riguarda punto su Silvaggi, un tecnico molto preparato e completo”. Va.Lo. -3- fuori tema Dunque, dopo quindici anni di presidenza, oltre quaranta d’attività nel nostro mondo, dopo cinquantadue minuti d’intervento, lucido, a braccio, elencando senza remore le ragioni della ragione e quelle del sentimento, lasciando in esclusiva al futuro il giudizio storico sul suo periodo al vertice federale ed evocando la necessità di tenere alta l’Idea Atletica ( Giosué Poli ? ) anche dinanzi alla più invocata e radicalizzata delle Ragioni di Stato, dopo sessanta secondi di applausi, sorta d’acclamazione più che di commiato con la sala dell’Excelsior in piedi, Gianni Gola è uscito “definitivamente” dalla scena atletica. Per presenza, personalità, preparazione specifica, cultura, stile, lascia, quali che siano le stagioni avvenire, un vuoto, alla Federazione e alla disciplina. Dopo Gola è salito al microfono Franco Arese. Ha letto in ventisette minuti, male – come accadeva sistematicamente a Primo Nebiolo nelle rare occasioni in cui all’origine della scelta era la necessità di pesare le parole, i punti e le virgole – un documento programmatico, in realtà non molto oltre un rosario di problemi, quelli di sempre. Ha aggiunto, emozionato com’era giusto che fosse, poche parole a braccio, cedendo successivamente il microfono all’altro candidato, un misurato e corretto Massimo Di Giorgio, ed attendendo poi che l’Assemblea lo elevasse al vertice di via Flaminia con adesione pressoché plebiscitaria. In tale maniera, sbrigativamente sintetizzata, è avvenuto il cambio della guardia che parte consistente dell’atletica nazionale reclamava da tempo. Quanto tale cambio della guardia – fermi restando affetto, considerazione, rispetto per Franco Arese – fosse il meglio che potesse offrire il panorama dirigenziale della nostra disciplina, competerà al prossimo futuro accertare e giudicare. Ne abbiamo già scritto su queste pagine, ma non abbiamo difficoltà a ripeterlo: chi attendeva, non conoscendolo, discorsi empirei da colui che ha rivelato aver aggiunto trentaquattro chili all’immagine dell’atleta che s’affermava meravigliosamente ad Helsinki come a Torino, a Stoccolma come a Roma, ad Oslo come a Milano, è rimasto sicuramente deluso. Non è accaduto a Chianciano. Non accadrà mai. Per il semplice motivo che quei discorsi Arese non li pronuncerà mai. Per i pochi o per i tanti che hanno dell’uomo una conoscenza approssimativa è salutare ripetere come Arese sia, non certo per difetto di cultura, l’uomo del soggetto, del predicato e del complemento oggetto, e come in lui sia elementare, naturale, istintivo, sacrificare l’estetica a vantaggio dell’efficienza. Non è affetto, l’uomo, da eccessi di astrazione o da bulimia dialettica. La semplicità è il suo limite. Ma pure la sua grande forza. Ora spetta a lui - cui nei primi anni di vita, cuore, intelligenza e “natura da contadino” suggerirono “che con le gambe puoi fare tante cose”; che con l’agonismo dei primi anni Settanta, insieme soprattutto con Paola Pigni, Renato Dionisi e Marcello Fiasconaro, aprì porte d’oro ai successi azzurri delle generazioni successive; che dell’imprenditoria privata ha poi fatto la propria arma vincente – attivare un sistema produttivo credibile, proiettato al futuro medio e più lontano, moltiplicando quelle monadi di riferimento per la cui messa in pratica non sarà certo vitale conoscere le teorie del filosofo di Leipzig o quelle dell’eretico bruciato a Campo de’ Fiori. Dunque, non tanto il futuro immediato, poiché nelle fasi iniziali potrà risultare anche agevole, con le prime mosse, le prime iniziative, i primi messaggi, i primi risultati, frutto pure d’un patrimonio ereditato, svegliare il prossimo atletico, compresa la sacca parassitaria infiltrata nelle pieghe della disciplina, e procurarsi spazi mediatici in virtù della novità, della simpatia, della notorietà del personaggio di vertice. Saranno in realtà le stagioni successive a dirci se il governo che si é radunato attorno all’uomo di Centallo sarà stato lungimirante ed in condizione di dissipare quei dubbi che costituiscono il sale anche delle aspettative più consapevoli e generose, se la squadra allestita sarà stata più capace di quella precedente e non improvvisata e non compromessa, se l'ambiente verrà realmente ripulito dei contrasti, delle miserie, dei pettegolezzi degni del peggiore angiporto, spesso sollevati da personaggi della vecchia opposizione, doppiamente indecenti perché agitati in un ambiente che dovrebbe essere esclusivamente alimentato e sorretto da solarità e sorrisi. Se ciò accadrà, la “favola” dell’uomo di Centallo diverrà pure una favola della nostra atletica. Da raccontare alle generazioni successive. [email protected] ARESE numero 26 Lunga è la storia della Federazione di Atletica e lungo l’elenco di quanti, Presidenti, Vicari, Reggenti, Commissari o Delegati, da quel lontano 1897 del primo nucleo nazionale costituito dall’Unione Pedestre Torinese fino ai giorni nostri, per brevi o durevoli periodi, hanno retto il vertice federale. Quello di Arese è il ventiseiesimo nome. Ecco l’ordine cronologico: Gustavo Verona, Mario Luigi Mina, Attilio Brunialti, Romeo Gallenga Stuart (con referendum postale), Edgardo Longoni, Giuseppe Fusinato, Pietro Belloni, Antonio Revedin, Alberto Buriani, Leandro Arpinati, Augusto Turati, Luigi Ridolfi, Gaetano Simoni, Ettore Rossi, Virgilio Tommasi, Gaetano Simoni, Angelo Vigani, Bruno Zauli, Luigi Ridolfi, Gaetano Simoni, Giosué Poli, Vittorio Brunori, Primo Nebiolo, Adriano Rossi, Gianni Gola, Franco Arese. - 4 - Gola saluta con tanta amarezza Il Generale Gianni Gola, Presidente della FIDAL, prima di lasciare ha salutato ufficialmente il mondo dell’atletica leggera nel corso di “Atletica 2004”, la cerimonia indetta per consegnare riconoscimenti agli Atleti ed alle Società che maggiormente si sono distinti nel corso della stagione.In quell’occasione la nostra testata era rappresentata da Augusto Frasca e dal sottofirmato Vanni Loriga, che ricopriva il duplice incarico di “inviato” della nostra pubblicazione e di accompagnatore di Francesco Massara, primogenito di Salvatore Massara alla cui memoria è stato assegnato il Premio Alfredo Berra. Belle parole in ricordo di Salvatore sono state pronunciate da Franco Bragagna e dal Presidente Gola. A cui va reso l’onore delle armi anche per come ha ricordato il suo periodo di Presidenza Federale, senza alcun cenno di risentimento per le vicende e le situazioni che lo hanno portato a rinunciare ad una ulteriore candidatura, proprio nel momento in cui il labaro della FIDAL si è fregiato di due strepitose medaglie d’oro e del bronzo di Gibilisco. I due successi olimpici racchiudono anche un significato simbolico altissimo: con Ivano Brugnetti sui venti chilometri si sono aperti i Giochi di Atene e con Stefano Baldini nella Maratona si sono conclusi. Con il corollario di tre miliardi di telespettatori che subito dopo hanno assistito alla premiazione del maratoneta azzurro, nel tripudio dell’Inno di Mameli cantato in mondovisione. Abbiamo avuto l’impressione che Gola terminasse la sua corsa ai massimi vertici della FIDAL proprio con la spirito di un Maratoneta, che mai si ritirerebbe dalla gara ma che, una volta superato il traguardo, si siede sul prato e si slaccia le scarpe con infinito senso di liberazione. Invece non è proprio così. Abbiamo avvicinato Gianni Gola subito dopo le premiazioni e gli abbiamo chiesto di sintetizzare, in uno slogan, il suo periodo di Presidenza, iniziato esattamente il 23 aprile 1989 che si concluderà, come tutti sanno, il 28 novembre 2004. Ancora una volta, ed anche di questo gli dobbiamo dare atto, non ha evitato il confronto diretto e non si è rifugiato dietro le cortine fumogene del linguaggio politichese. La sua risposta è stata lunga, articolata e molto esplicita. Dobbiamo riassumere i suoi concetti e lo faremo molto fedelmente: pensiamo d’altronde che li potrà esporre, con maggiore vigore e completezza, proprio nella sua Relazione all’Assemblea. Gianni Gola ha voluto evidenziare comunque come il suo operato sia stato valutato con sistemi di misura sempre differenti: quando l’atletica italiana vinceva le medaglie, contavano invece i piazzamenti; quando c’erano questi ultimi, ci si domandava dove fossero le medaglie. Quando c’erano tutti e due, la critica emergeva egualmente assai severa. “Dopo Spalato 1990 - mi contesta direttamente – proprio tu mi chiedesti a muso duro quali fossero gli stanziamenti federali per il Settore Tecnico. Questo al termine di un campionato europeo in cui avevamo vinto 5 ori, 2 argenti, 5 bronzi e piazzato altri 16 atleti in finale” “ Dopo i Mondiali di Goteborg 1995 – questa volta rivolto all’opposizione interna - le sei medaglie italiane non avevano nessun valore”. “ Dopo Atene 2004 – e si rivolge alla stampa – nessuno ha pubblicato il medagliere dell’Atletica. Forse perché questa volta dava ragione a noi e non ad altri, che di volta in volta mi sono stati indicati ad esempio: perché non fate come i Polacchi, o come i Francesi, o come gli Inglesi o come i Tedeschi?Ogni volta indicando un nuovo modello, peraltro immediatamente da dimenticare quando non era più superiore a noi? E’ stato detto, fra l’altro, che molti tecnici di valore sono ignorati dalla Federazione. Qualcuno ha parlato anche di Gigliotti: che invece figura ufficialmente fra i nostri collaboratori regolarmente retribuiti e per il quale è stata creata la figura nuova di responsabile nazionale della Maratona.” “ Non è poi mai esistita una pagella di riferimento per dire quando si era bravi o cattivi: ogni volta c’era una novità nella valutazione. E nessuno che, fra tanti critici, abbia mai sottolineato come i problemi esistano per tutti. Un altro esempio? Oggi, alla festa dell’Atletica svolta a pochi metri dal CONI, alla festa dello sport base per l’Olimpiade ed il secondo nel medagliere olimpico italiano, non è presente né il Presidente Petrucci né il Segretario Generale Pagnozzi: questa è la considerazione riservata a tanta gente di ottima volontà che ha lavorato insieme a me ed al Consiglio Federale. Lascio questo mondo che in molti hanno criticato per i risultati, giudicati sotto un’ottica deformante: si sono dedicati a questa forma di valutazione non potendo certo accusarmi di aver rubato o di aver commesso altre cose illecite”. Abbiamo riassunto, come premesso, il pensiero e lo sfogo di Gola. Ma dobbiamo ricorrere ad una precisazione: a Spalato noi facemmo notare che tutti i medagliati provenivano, ovviamente, dal lavoro di precedenti gestioni e che vedevamo un futuro meno roseo se non si fosse investito proprio nel settore tecnico. Non vogliamo esercitare il diritto di pignolaggine e non sarebbe il momento per farlo, ma dopo Spalato ’90 (medaglie 5+2+5) abbiamo avuto, in campo europeo, Helsinki’94 con 2+3+3 (sempre con la vecchia guardia); Budapest ’98 con 2+4+3 e Monaco 2002 con 1+0+3 . Il che, chiedendo sempre scusa per la pignoleria, non ci sembra un gran progresso. Vanni Loriga . - 5 - MARATONA DI MILANO Archiviata la Citroen Milano City Marathon, con l'ennesima dimostrazione che il capoluogo lombardo non è avvezzo a questo tipo di manifestazioni. Nonostante lo sforzo de "La Gazzetta dello Sport" che è partita per tempo annunciando l'avvenimento. Nonostante gli avvisi posizionati sui cartelli luminosi all'ingresso della metropoli. Nonostante tutto. La maratona si è disputata all'insegna del "chissenefrega". Traduzione: "oggi è domenica esco con l'auto e se mi trovo davanti 5000 ossessi che invadono la città di corsa e non mi fanno circolare, strombazzo come un pazzo". Nessuno sapeva nulla, o quasi,anche perchè la rosea viene letta da coloro che seguono il calcio. Altro punto, a Milano puoi piazzare qualsiasi avvenimento agonistico di importanza mondiale, ma la gente vuole solo il Milan o l'Inter, se poi per caso la stessa domenica della maratona allo Stadio Meazza c'è il derby d'Italia, apriti cielo..... Prima di affrontare l'argomento Vip, trattato sempre dalla rosea (ma non è un quotidiano sportivo?), occorre fare un passo indietro, di una settimana,esattamente domenica 21 novembre. Quel giorno a Milano l'Amministrazione Regionale aveva fissato la domenica ecologica. Quindi niente auto, aria respirabile e via dicendo. Perchè allora non posticiparla di una settimana. Un segreto che neppure Roberto Formigoni è riuscito a spiegare, incalzato dalle domande di quel mago della comunicazione che è Pasquale Di Molfetta,in arte Linus, noto dj di Radio 105. A onor del vero, Linus, non ha mai fatto queste domande nella conferenza stampa di due giorni prima. Si è però premurato di affermare, dopo aver chiuso la sua maratona:"se c'è questo caos automobilistico il prossimo anno non corro". Per la serie.......Vip, Vippissimi e Vippetti. Chi sono. Io ne ho visti pochi. Però al via in tenuta ginnica pronti a "subire" le interviste: Roberto Formigoni,Presidente della Regione Lombardia, Mario Mauro Deputato Europeo di Forza Italia e, Il nome di battesimo non lo ricordo, Lupi, deputato di Forza Italia. La sinistra, visto che sta all'opposizione ha disertato.... Al via anche la stupenda Hellen Hidding testimonial di Run for Good, poi Stefano Baldini testimonial della maratona e Damiano Cunego testimonial di ..... è giusto tirarsela dopo la vittoria la Giro d'Italia. Crescerà,crescerà, non si statura, ma capirà l'importanza di sapersi comportare. Si ripete il tutto e io ci aggiungo, forse, il prossimo anno la prima domenica di dicembre, così ha sentenziato Angelo Zomegnan neo responsabile Rcs-Events, nonchè per anni prima firma della Gazzetta per il Giro d'Italia. Runner …E QUELLA DI FIRENZE Calato il sipario sulla 21^ Firenze Marathon è possibile fare, al di là delle emozioni e delle suggestioni, considerazioni oggettive sui reali valori. La corsa, in pratica, ha avuto due facce: una tecnica abbastanza apprezzabil per le prestazioni dei primi tre classificati, ovvero i keniani Banjamin Kiprotich Korir 2 ore 11’ 34”, Mark Sains 2,11’,39”, David Kiprotich 2.12’.34”, l’altra nell’ambito della normalità con l’azzurro Giovanni Ruggiero, sesto al traguardo di piazza Santa Croce, in 2 ore 17’ 25” e primo degli italiani seguito dai “veterani” indistruttibili Giorgio Calcaterra e Emanuele Zanucci. I keniani attratti dal bonus ( 5 mila euro) vincolato al miglioramento del record stabilito dal loro connazionale Daniel Tirwa Too in 2 ore 10’ 38” nel 2001, avevano studiato un piano con l’aiuto di Abel Yakoot nel ruolo di “lepre”. Il piano ha funzionato sino al trentesimo chilometro con passaggi di 15’02 al quinto chilometro, 30’16” al decimo, 1 ora 04’ 27” a metà percorso, 1 ora 24’ 40” al ventisettesimo chilometro, ma quando Abel Yakoot si è fermato il quartetto al comando (Saina, Kiprotich, Kiproptic e Mayo) non è stato in grado di mantenere l’andatura. Così il tentativo di record è fallito. Stessa sorte, purtroppo, è toccato alla keniana Florence Japkemoi Barsosio, che dal primo all’ultimo metro ha lottato col cronometro senza punti di riferimento in quanto Marcella Mancini, trentatreenne di Ascoli Piceno, prima delle italiane è arrivata dopo 5’29”. In questo quadro è da rilevare che il livello della Firenze Marathon è cresciuto notevolmente come dimostrano le cifre: 344 hanno compiuto i 42 km. E 195 metri in meno di tre ore, oltre quattromila hanno concluso la gara nel tempo massimo di sei ore. Non si deve altresì sottacere il lodevole impegno organizzativo anche nelle iniziative collaterali e il successo del “Ginky minirun” con quasi duemila ragazzi (molti accompagnati da nonni e genitori) di quarantuno scuole elementari e medie inferiori fiorentine. Anche quest’anno, purtroppo, le proteste da parte di diversi automobilisti, probabilmente disinformati sui divieti e le temporanee deviazioni sul percorso, hanno raggiunto toni esasperati ed in un caso anche violenti nei confronti di un vigile urbano in servizio sul percorso. Non sappiamo quali limiti o forme siano possibili per migliorare l’organizzazione della Firenze Marathon considerata la configurazione urbanistica della città, ma certo che lo svolgimento di un evento internazionale con cinquemila partecipanti (duemila stranieri) comporta, inevitabilmente, sotto tutte le latitudini qualche disagio. Carlino Mantovani - 6 - Morte di un dittatore. E’ morto Arafat, a Dio piacendo. Dal suolo del pianeta se ne è andato un dittatore in piena regola, uno di quei personaggi che Marx indicava come “affamatori del popolo”. Proprio lui, sì è morto proprio un residuato del postcolonialismo che solo nelle estreme periferie dell’impero poteva mantenersi in vita e in uso. Del tutto demodé, se ci consentite, assolutamente fuori tempo e fuori luogo. Armato fino ai denti, bombarolo della prim’ora, sorriso in faccia all’ONU e pistola nella fondina, bambini nel letto e striscioni del Corano al muro. Uno così era ancora in circolazione fino a pochi giorni fa. Una faccia come quella lì troneggiava accanto a quella di Diliberto (Comunisti Italiani) in cartelloni un metro per uno e mezzo con slogan: “con Arafat”. A uno così sono stati fatti gli omaggi da Chirac, e telegrammi sono arrivati da tutto il mondo. E poi guai se si osa dire che magari di legalizzare le coppie omosessuali proprio non ci andrebbe, ma se così decide il popolo… Queste contraddizioni coabitano nel nostro pianeta globalizzato. Gli stessi governi che si battono per il grano biologico e che occultano le faccine dei bimbi minori negli spot pubblicitari, armano, rimpinzano di soldi, danno il Nobel e accettano uno come Arafat. Ma quello che stupisce è che nemmeno davanti alle evidenze si arretra. La sinistra demagogica che proprio quel tipo di soggetti dovrebbe avvertire come acerrimi nemici della causa del popolo, invece li esalta e li acclama. Come non vedere il male portato alla causa palestinese da un Arafat & co.? Di questo dovremo interrogarci ancora a lungo e ne avremo per credo altri vent’anni, dato l’andazzo. Non resta che aspettare la morte di un altro didattore, la cui follia ha trascinato nella miseria materiale e umana una nazione intera: Fidel Castro. Senza nulla togliere, ovviamente, al fascino indiscusso del Leader maximo cubano…di cui ci piacerebbe sognare in romanzi d’avventura piuttosto che leggere nella pagina degli esteri. Aspettiamo, ma chiediamoci anche, e con preoccupazione, come si possa nascere socialista e morire jihadista. La Mariposa DA CHE PARTE TIRA IL VENTO DEGLI STUPIDI Pagina 13 del Corrierone del 17 , forse per coincidenze cabalistiche, è per metà dedicata al “Marine (che) spara a bruciapelo sul ferito”. L’estensore del pezzo prova orrore per il gesto senza dubitare nemmeno che il nemico che sta di fronte al marine può pur sempre essere una trappola. Ma la stessa pagina ha pure due colonne (su ½ pagina) dedicate a Zarkawi, il super ricercato giordano che ha appena sgozzato Margaret Hassan, la volontaria britannica , rea d’essere occidentale ed alla quale il Corrierone ha dedicato, della stessa pagina, ben quattro colonne. Quando si dice esser masochisti. --- Dall’uscita dell’ultimo numero di Spiridon abbiamo preparato una serie di “speciali” indirizzati ai nostri lettori per via telematica. Chi non li avesse avuti e fosse interessati a riceverli può richiederli fornendoci il proprio indirizzo e-mail. - 7 - Maratona italiana con 10000 concorrenti… Che bella notizia, peccato che una parte di questi diecimila corressero a Firenze ed un’altra a Milano. Già, perché visto che di maratone con alti numeri di concorrenti ne annoveriamo tante, possiamo tranquillamente permetterci il lusso di organizzarne due o tre contemporaneamente: com’è successo quest’anno con la Florence Marathon e la Milano City Marathon! Naturalmente a far la parte del leone è stata la gara meneghina che, seppure proterviamente inserita nella data tradizionalmente riservata a Firenze, ha avuto, denari permettendo, il meglio di tutto. Il numero più alto di concorrenti, la diretta televisiva ed il maggior spazio sulla stampa. Insomma un incasinamento tanto interessante e ben riuscito da far sorgere alcuni interrogativi. Tanto per cominciare ci si deve domandare perché la Fidal avesse accettato lo spostamento di data di Milano. C’è chi dice che lo abbia fatto per dare spazio al campionato italiano di Palermo della settimana prima, campionato rivelatasi per altro, una delle più mediocri maratone di tutti i tempi, assegnata alla Sicilia per ragioni elettorali. Si era in tempi in cui Gola era ancora intenzionatissimo a ricandidarsi alla presidenza Fidal. Ma c’è anche la tesi secondo la quale gli organizzatori della Milano City Marathon si propongono una duplice operazione di mercato, una a breve e l’altra a lungo respiro e cioé situare la loro creatura nel momento più propizio rispetto ad altre maratone internazionali e cercare l’acquisizione di una posizione d’oligopolio da condividere con altre poche maratone italiane. Quelle che già van per la maggiore. E prima o poi riusciranno, purtroppo, a far “sparire” la concorrente fiorentina relegandola al ruolo di maratona dei tapascioni. E ci riusciranno grazie al potere del denaro e sia perché ci sembra che gli amici di Firenze non abbiano alcuna intenzione di cambiare registro, magari avvalendosi d’una struttura organizzativa a più largo respiro che comporterebbe il rischio di far perdere a qualcuno l’attuale posizione (seppur modesta) di rendita. In senso di economia politica, sia ben chiaro. Ed è un vero peccato, perché Firenze si meriterebbe ben altro considerando anche il fatto che il richiamo della Città con il suo fascino storico, artistico e culturale è sicuramente un punto di riferimento privilegiato. La Maratona di Milano ha dalla sua anche il vantaggio di essere la maratona della Gazzetta, un connubio che a dire il vero ci crea perplessità non indifferenti. Onestamente abbiamo infatti l’impressione che esso possa nascondere conflitti di potere e d’interesse non indifferenti .In ogni caso non si sembra un’abbinamento molto elegante. Gli organizzatori della Milano Marathon sono di avviso contrario (e vorremmo vedere) ma le nostre perplessità sono legittimate dalla stessa Gazzetta dello sport che nel numero del lunedì successivo ha generosamente riservato alla Maratona di Firenze un dodicesimo (1/12) della pagina dedicata alla Maratona di Milano. Quando si dice pluralità dell’informazione. E’ vero che fra le due manifestazioni c’è un abisso sul piano organizzativo, promozionale, estetico, ecc. ma se ad organizzare la ipernominata (Citroen- MilanoCityMarathon) corsa meneghina fosse, che so io, Il Rinascimento di Lodi, la rosea ne scriverebbe con altrettanta enfasi ? E si darebbe tanto da fare (e ci sembra che tutte le armi siano buone oltre a quelle dei danée) per farsi cucire su misura date comode ed interventi televisivi a sua dimensione, se il caso anche a danno dello concorrenze scomode ? Mi si dirà di sì, ma farei fatica a crederci. Per la cronaca Il Corriere dello sport- Stadio alle due maratone ha dedicato, congiuntamente, 13 righe e ½ + il titolo: “Maratone keniane - ma brilla la Marconi”. Si dirà che la” Rosea” organizza il Giro d’Italia senza sollevare imbarazzo. Verissimo anche perché non ci risulta che il Giro porti via spazio ad altre analoghe manifestazioni. Quello della Maratona ci sembra un caso ben diverso. Che dire della gara vera e propria? Doveva essere dominio kenyano e dominio keniano è stato .La battaglia per la vittoria si è sviluppata all'altezza del 30. km, quando le lepri si sono fatte da parte e Cheribo ha piazzato la sua progressione irresistibile.. Alle sue spalle Kipchumba ed Enock Mitei, mentre il primo degli italiani è stato Vito Sardella: ottavo posto in 2:17. Fra le donne si sognava la vittoria di Gloria Marconi e la fiorentina ci ha fatti sognare sino a metà gara dove transitava insieme alla keniana Jeptoo in 1:13:30. L’azzurra, che tornava alla maratona dopo un anno, ha - chiuso al secondo posto in 2:31:53. S’è parlato di “lepri” ed a proposito di “lepri” dobbiamo segnalare la straordinaria trovata della Gazzetta. Infatti attraverso la “Rosea” abbiamo scoperto che in atletica non ci sono più solo le due canoniche categorie ”maschil” e “femminili”. Sul numero della vigilia l’estensore della lista dei partenti, anzi dei protagonisti oltre ad elencare i migliori venti “Uomini” e “Donne” iscritti ha puntigliosamente riportato (sempre in grassetto) quelli della categoria… “Lepri”. Sebbene il “Trio Lescano” di Mamma RAI goda della facoltà di bilocazione, l’emittente pubblica ha giustamente seguito in diretta una sola delle due gare: quella milanese, lasciando a Firenze qualche briciolina, buttata, qua e la con signorile supponenza. Vediamo cosa ne è venuto fuori dalla testimonianza d’una corrispondente di Spiridon. “Una catastrofe di diretta TV........ Complimenti a Mamma RAI. Sono stati più di mezz'ora a inquadrare il traguardo, i passanti, il Duomo (sarà anche bello, ma le guglie son sempre quelle), si vedeva che non sapevano che inventarsi. Sinceramente mi sono chiesta più volte dov’ erano quelli che correvano, perchè non ce ne era neppure l'ombra. Non metto in dubbio la bravura dei cronisti, che per fortuna sono ricorsi ad altri filmati, tipo la vittoria del nuovo presidente della Fidal agli europei di Helsinki, la vittoria di Baldini ad Atene., hanno avuto numerose interviste, credo ben programmate, e con i nomi giusti. In merito a questo non posso giudicare, perchè erano nomi per me sconosciuti, ma immagino che per il popolo delle maratone abbiano un certo significato. Alla fine sono stati costretti ad ammettere, a malincuore, di non poter avere delle immagini in diretta, perchè gli elicotteri non si sono potuti alzare a causa della nebbia, un evento che seppure non strano a 8 fine novembre, non potevano calcolare, nè gli organizzatori, nè la Rai). Hanno iniziato a mandare immagini in differita dal quinto km, anche perchè come inquadrature hanno toccato il massimo quando hanno fatto vedere uno schermo gigante con i Beasty boys, nemmeno fossimo su Mtv! Hanno insistito molto sul fatto che il percorso della Mi Marathon era spettacolare, che toccava i punti più belli di Mi, hanno avuto perfino la trovata di far vedere due immagini tipo francobollo: su una si vedevano i maratoneti e sull'altra i monumenti di maggior importanza toccati dal tracciato. Il tutto condito con approfondimenti storico-artistici da parte di un commentatore. Ora, per me, sentir elogiare la stazione centrale di Mi come un gioiello architettonico, ha fatto rabbrividire. Non ne metto in dubbio il valore, ma se la confrontiamo con quella di Fi, a opera del Michelucci e compagni, presente su tutti i libri di storia dell'arte, sicuramente ci perde. Tralasciamo l'esaltazione dei Navigli, e dei viali di Circonvallazione, questi ultimi, in particolare, non hanno nulla da invidiare alle più anonime e grigie periferie urbane che trovi ovunque in Europa. Io a Milano sono stata, la conosco abbastanza, la trovo triste e squallida”, Ed a Firenze ch’è successo? Beh siamo stati nel prevedibile onesto binario di onesta mediocrità. E’ vero che all’arrivo c’erano la Banda dei Carabinieri a far numero in tribuna (!) e gli sbandieratori del Calcio in costume e l’onnipresente consigliere regionale Fidal Giani a far gli onori di casa nell’invero estemporaneo buffet allestito sulla tribuna, pensiamo d’onore, ma sul piano tecnico s’è visto proprio pochino. Forse la cosa migliore è stato il sorprendente rientro di Mario Vaiani Lisi, ultra cinquantenne, entro le tre ore. Giors - UN PO’ PER…CLELIA E UN PO’ PER NON MORIRE Può sembrare ridicolo ma a volte sarebbe opportuno insegnare anche ai gatti ad arrampicare. Vi spieghiamo questa sorta di proverbio che sinceramente avrebbe potuto adattarsi benissimo alla conferenza stampa dell'ultima Maratona di Milano. Allestita da RCS Eventi. Di certo non gli ultimi arrivati: sono coloro che gestiscono, tanto per intenderci, il Giro d'Italia, con annessi e connessi. Perciò facile come bere un bicchiere d'acqua, ci verrebbe da pensare.. Invece no. Gestita da quel drago della comunicazione che risponde al nome di Pasquale Di Molfetta, in arte Linus. L'accoppiata BaldiniLima al loro primo incontro ufficiale dopo il fattaccio olimpico hanno risposto alle domande di Linus. Tra le quali spiccava inevitabilmente anche questa rivolta a Stefano Baldin:. "Ti sei mai scusato con Lima". Di cosa? Vorremmo saperlo. Poi i due, invece che rispondere alle domande dei presenti in sala, sono stati dirottati in un'angusta saletta per essere fotografati e ripresi dalle tv presenti: La carta stampata? Carta straccia. Pareva di essere nella cosiddetta zona mista alla fine di un meeting, dove tutti si accalcano per avere le impressioni dei protagonisti. Sul banco degli "imputati" pardon di coloro che reggevano le fila della conferenza stampa anche una leggiadra fanciulla Hellen Hidding, nota per aver preso parte a "Mai dire Gol" qualche anno fa. La sua presenza è stata completamente ignorata da Pasquale Di Molfetta, in arte Linus. Quest'ultimo però non ha peso occasione di ricordare che pure lui correrà la maratona, che l'ha già corsa a New York eccetera eccetera. Per la serie: chi se ne importa. Non è finita il giorno successivo Linus, pardon Pasquale Di Molfetta compariva su SportWeek inserto della Gazzetta dello Sport in copertina con una maglietta griffata Nike, mentre la maratona è sponsorizzata Diadora. All'interno Linus abbracciato alla moglie su di una Limousine. Sorge una domanda ma anche a lui saranno abbassate le tasse? Runner