LA CASA DI DIO

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LA CASA DI DIO
RIVISTA INTERNAZIONALE DI ARTE, CULTURA E SPORT
NUMERO 98
DIRETTORE: GIORS ONETO
7 DICEMBRE 2004
e-mail : [email protected] – fax. : 055. 272 .9077 – tel. : 0574. 562. 753
– SPIRIDON ITALIA
C.P.696 – 50100 FIRENZE
COPIA GRATUITA NON COMMERCIABILE
IN EDIZIONE TELEMATICA E NATALIZIA
LA CASA DI DIO
Ogni anno a Piazza Navona
compro il presepe.
Mi piace scegliere le
statuine dei figuranti, i
paesaggi, gli addobbi.
Mi piace preparare la casa
di Dio. Da questo desiderio
fu animato anche il re
Davide, ma si sentì
rispondere che non lui
avrebbe
costruito
una
dimora per Dio, ma bensì il
Signore stesso se ne
sarebbe fatto carico. Questa
misteriosa profezia dovette
lasciare stupito Davide, che
infatti nel dubbio si diede
alla
costruzione
del
Tempio. Certo non poteva
immaginare l’incarnazione
nei dettagli.
La casa di Dio, il suo
indirizzo preciso, il dove
abita, è un tema che
appassiona tutti gli uomini,
ma in particolare l’antico
Israele. Dio, infatti, dicono
le Scritture, non ha scelto le
civiltà dei sapienti, o le
culture dei periti nelle arti e
nei commerci, ma si è
degnato di piantare la tenda
fra il popolo di Israele, che
non presentava nessuna
attrattiva rispetto alle altre
nazioni. Nella tenda che
attraversò il deserto e il mar
Rosso, nel tempio in
Gerusalemme, lì Dio si è
accasato.
Gli gnostici tremano ad una
affermazione simile: il
Puro, il Santo, non può
scendere fra l’impuro e il
malvagio,
la
realtà
materiale
non
può
accoglierlo
se
non
imprigionandolo.
Tutto il contrario per
Israele e per il suo
compimento cristiano poi:
la casa di Dio è proprio il
mondo. Di più, Dio abita,
animandolo, un corpo
umano,
capeggiandolo
vivifica un corpo mistico:
la Chiesa.
San Tommaso si spinse
oltre quel “mistico” quando
alla domanda: Cristo capo
(testa) della Chiesa (corpo)
è omogeneo alle membra
del corpo? L’Aquinate
rispose sì, concentrando in
quella affermazione pulita
la stravolgente verità del
Cristianesimo. La stessa
verità che dichiara pure
tutte le cose, che dice che
tutte le creature sono buone
e che in esse non c’è veleno
di morte. Tutto questo a noi
sembra normale, oggi, ma
ancora non lo è per la
maggior parte dei nostri
soci del genere umano. Un
esempio? Pensate a tutte le
pratiche religiose o sociali
in cui si dichiarano proibiti
cibi, o contatti perché
generatori di impurità.
Comprare il presepe a
Piazza Navona è una gioia
che solo il Cristianesimo
può dare:il Dio di Gesù
Cristo abita con noi ed è
nostro commensale.
Buon Natale.
Serena Tajé teologa
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HABEMUS PAPAM
Tutto o quasi come da copione,
all’assemblea di Chianciano per il
rinnovamento delle cariche FIDAL.
Franco Arese è il nuovo pontefice
massimo dell’atletica italiana. Si è
imposto alla grande raccogliendo il 91,55
% dei suffragi (era dai tempi di Primo
Nebiolo, in edizione ancora democratica,
che non si avevano esiti plebiscitari), ma
soprattutto sembra esser riuscito a
ricompattare una Federazione da anni
dilaniata da faide atroci e lotte intestine.
Dobbiamo in ogni caso prendere atto che
se l’assemblea non si è trasformata in
arena gladiatoria, come avrebbe potuto
verificarsi, lo si deve oltre che al carisma
di Arese, anche all’eleganza formale ed
alla disponibilità di Massimo
Di
Giorgio, il suo antagonista, che non solo
ha accettato la sentenza dei numeri ma si
è messo generosamente a disposizione
della nuova dirigenza.
Franco Arese ha vinto alla grande. I
numeri sono dalla sua, ma il suo governo
non avrà vita facile sia perché dovrà
appoggiarsi
su
un
Consiglio
“disequilibrato”perché
chiaramente
Padano e sia soprattutto perché avrà
contro Regioni che contano , la Toscana,
il Veneto, oltre praticamente tutto il Sud.
In effetti il nuovo Presidente, uomo di
buon senso oltre che capace, avrebbe
voluto che le regioni più rappresentative
avessero un loro uomo in Consiglio. Così
dopo i lunghi pourparler della notte
avvenuti sotto la saggia regia di Giomi,
Bindi e Migliorini, e quelli affannosi
della mattinata per i quali erano state
anche aggiornate (con la scusa di
problemi elettronici) le operazioni di
voto, sembrava che i giochi per
recuperare Tozzi, Gadenz e qualche altro,
fossero riusciti. Invece all’apertura delle
urne è venuta fuori la frittata anziché le
…uova natalizie. Insomma, contro la
logica hanno prevalso i pregiudizi
radicali di alcuni irriducibili antigoliani.
Le giustificazioni per tenerli fuori sono
state le più singolari. Per Tozzi si è detto
che la Toscana in Consiglio aveva già
due rappresentanti: Giomi e la Nicolini:
Senza soffermarsi che il primo è membro
di diritto e la seconda ha idee ben
precise.
In realtà i cassati, hanno piuttosto pagato
per la serietà e la lealtà con le quali
hanno mantenuto sino all’ultimo l’
appoggio a Gola, quando altri assai più
disinvolti di loro eran già passati, armi,
bagagli e prebende dall’altra parte, Sono
stati tanto coerenti all’idea del ridotto da
far nascere il sospetto che a buttarli in
mare sia quasi stata addirittura la
decisione
di
Gola,
presa
non
dimentichiamolo in maniera inopinata e
dalla sera al mattino, di non ricandidarsi.
L’assemblea di Chianciano, alla quale
era presente la quasi totalità dei delegati
(ne son mancati solamente due !) è stata
aperta da un lungo intervento del
presidente Gianni Gola che ha ricordato
tutto ciò che di positivo è stato fatto sotto
la sua gestione ed ha messo in evidenza i
risultati, a sua detta grandissimi, ottenuti
dall’atletica italiana negli anni della sua
presidenza. In particolare, quelli ottenuti
contro il doping. Ha parlato delle
emozioni vissute nello sport e per lo
sport sotto il segno del Tricolore e si è
dichiarato dispiaciuto
che
molti,
ingenerosamente, non lo hanno capito.
Non ha avuto parole dolci per chi, a suo
parere, gli ha fatto la guerra, spesso,
sempre a suo dire, in maniera sleale e
pregiudiziale anche se ha dichiarato di
non conservare rancori. “Non guferò”
ha concluso, e “Non tramerò contro
nessuno ed andandomene non serberò
rancore ma vorrei che nessuno me ne
serbasse”.
Un’allocuzione
fra
l’autodifesa e l’autoincensamento.
Fra gli altri interventi, prima che
l’assemblea entrasse nel vivo, c’è stato
quello di Alfio Giomi. Un intervento che
ci è parecchio piaciuto soprattutto per la
carica emotiva e la commozione che
trasparivano dall’atteggiamento e dal
tono della voce di questo personaggio
che al di là, di ogni considerazione anche
personale, ha sempre saputo affrontare
qual si voglia situazione con coerenza ed
a viso aperto. E non è poco.
Gi.On.
Consiglio Federale della FIDAL
La prima riunione
del
, dopo l’elezione di
Franco Arese, non è stata priva di sorprese. Le elenchiamo nell’ordine.
Vicepresidenze - I due vicepresidenti federali sono, come previsto, Renato Morini e Adriano Rossi: la sorpresa
consiste nel particolare che il primo, contrariamente alle previsioni, è il Vicario. Carica conquistata in forza dei
consensi elettoriali riscossi a Chianciano. Per Adriano Rossi ci saranno comunque grossi incarichi e responsabilità.
Così, come al solito, continuerà a tirare la carretta per gli altri…
Giunta Esecutiva – Franco Arese ha indicato una lista di consiglieri di suo gradimento e cioè, oltre a Morini e Rossi,
Scorzoso, Nasciuti, Migliorini, Cova, Ialenti, Angelotti. Fuori dei giochi Vultaggio, Andreatta e Catalano. Il quale ha
protestato con energia ma la linea del Presidente non è cambiata. Si sapeva del veto della Lega Lombarda per Ialenti e
si pensava che alla fine il Lazio avrebbe puntato su Mammone. Come è andata a finire? Nasciuti 19 voti e delega al
settore tecnico; Scorzoso 18 voti e delega all’organigramma; poi Migliorini (delega alla corsa in montagna ed ai
masters), sul filo di lana Ialenti (voti 8) su Catalano (voti 7). Mammone riscuote solo 2 consensi
Ialenti, che ha vinto come al solito la sua personale battaglia, avrà la delega all’amministrazione ed alla gestione
risorse. Angelotti fuori dal vertice: si insinua, addirittura, che non gli verrebbe affidato l’incarico promessogli del
marketing e della comunicazione, che andrebbe invece a Stefano Mei. Ma non mancano le voci che vogliono una
conferma, magari per breve tempò, di Marco Sicari alla comunicazione.
Unica previsione rispettata l’ingresso in Giunta di Laurent Ottoz in quota atleti e di Ida Nicolini in quota tecnici.
Direttore Tecnico - La gente si chiede chi sarà il Direttore Tecnico Nazionale: Arese ha la bocca cucita ed anticipa
soltanto “che sarà nuovo e giovane”. Altri auspicano che sia una specie di “Enzo Rossi . quarantenne”. Ma come tutti
sanno, indietro non si torna. Dato per scontato che Locatelli, interpellato in merito, avrà una sola funzione di
superiore consulente, si sentono in giro moltissimi nomi, in una sarabanda che richiede conferme. L’unico che ha
voglia di aprire bocca in merito è Mario Ialenti.
“Tutto quello che senti dire in giro - ci dice – non ha molto fondamento. Ti parlano di Magnani e di D’Elicio? Non
dare ascolto. La Giunta del 17 dicembre esaminerà una rosa di candidati da presentare al Consiglio Federale di
metà gennaio. Io, a nome mio e di quanti mi sono vicini, proporrò quello di Nicola Silvaggi: riteniamo che abbia le
caratteristiche dell’”uomo nuovo”.
“ Inoltre – conclude - non abbiamo preclusioni anche per altri. Per esempio si fa anche il nome di Antonio La
Torre, che sento da più parti. Ma è urgente orientarsi verso una persona che abbia i requisiti da tutti invocati: e
non mi sembra che di giovani e nuovi ce ne siano molti in giro. Ripeto: per quanto mi riguarda punto su Silvaggi,
un tecnico molto preparato e completo”. Va.Lo.
-3-
fuori tema
Dunque, dopo quindici anni di presidenza, oltre quaranta d’attività nel nostro mondo, dopo cinquantadue
minuti d’intervento, lucido, a braccio, elencando senza remore le ragioni della ragione e quelle del
sentimento, lasciando in esclusiva al futuro il giudizio storico sul suo periodo al vertice federale ed
evocando la necessità di tenere alta l’Idea Atletica ( Giosué Poli ? ) anche dinanzi alla più invocata e
radicalizzata delle Ragioni di Stato, dopo sessanta secondi di applausi, sorta d’acclamazione più che di
commiato con la sala dell’Excelsior in piedi, Gianni Gola è uscito “definitivamente” dalla scena
atletica. Per presenza, personalità, preparazione specifica, cultura, stile, lascia, quali che siano le
stagioni avvenire, un vuoto, alla Federazione e alla disciplina.
Dopo Gola è salito al microfono Franco Arese. Ha letto in ventisette minuti, male – come accadeva
sistematicamente a Primo Nebiolo nelle rare occasioni in cui all’origine della scelta era la necessità di
pesare le parole, i punti e le virgole – un documento programmatico, in realtà non molto oltre un rosario
di problemi, quelli di sempre. Ha aggiunto, emozionato com’era giusto che fosse, poche parole a braccio,
cedendo successivamente il microfono all’altro candidato, un misurato e corretto Massimo Di Giorgio,
ed attendendo poi che l’Assemblea lo elevasse al vertice di via Flaminia con adesione pressoché
plebiscitaria. In tale maniera, sbrigativamente sintetizzata, è avvenuto il cambio della guardia che parte
consistente dell’atletica nazionale reclamava da tempo. Quanto tale cambio della guardia – fermi
restando affetto, considerazione, rispetto per Franco Arese – fosse il meglio che potesse offrire il
panorama dirigenziale della nostra disciplina, competerà al prossimo futuro accertare e giudicare.
Ne abbiamo già scritto su queste pagine, ma non abbiamo difficoltà a ripeterlo: chi attendeva, non
conoscendolo, discorsi empirei da colui che ha rivelato aver aggiunto trentaquattro chili all’immagine
dell’atleta che s’affermava meravigliosamente ad Helsinki come a Torino, a Stoccolma come a Roma, ad
Oslo come a Milano, è rimasto sicuramente deluso. Non è accaduto a Chianciano. Non accadrà mai. Per
il semplice motivo che quei discorsi Arese non li pronuncerà mai. Per i pochi o per i tanti che hanno
dell’uomo una conoscenza approssimativa è salutare ripetere come Arese sia, non certo per difetto di
cultura, l’uomo del soggetto, del predicato e del complemento oggetto, e come in lui sia elementare,
naturale, istintivo, sacrificare l’estetica a vantaggio dell’efficienza. Non è affetto, l’uomo, da eccessi di
astrazione o da bulimia dialettica. La semplicità è il suo limite. Ma pure la sua grande forza. Ora spetta
a lui - cui nei primi anni di vita, cuore, intelligenza e “natura da contadino” suggerirono “che con le
gambe puoi fare tante cose”; che con l’agonismo dei primi anni Settanta, insieme soprattutto con Paola
Pigni, Renato Dionisi e Marcello Fiasconaro, aprì porte d’oro ai successi azzurri delle generazioni
successive; che dell’imprenditoria privata ha poi fatto la propria arma vincente – attivare un sistema
produttivo credibile, proiettato al futuro medio e più lontano, moltiplicando quelle monadi di riferimento
per la cui messa in pratica non sarà certo vitale conoscere le teorie del filosofo di Leipzig o quelle
dell’eretico bruciato a Campo de’ Fiori. Dunque, non tanto il futuro immediato, poiché nelle fasi iniziali
potrà risultare anche agevole, con le prime mosse, le prime iniziative, i primi messaggi, i primi risultati,
frutto pure d’un patrimonio ereditato, svegliare il prossimo atletico, compresa la sacca parassitaria
infiltrata nelle pieghe della disciplina, e procurarsi spazi mediatici in virtù della novità, della simpatia,
della notorietà del personaggio di vertice. Saranno in realtà le stagioni successive a dirci se il governo
che si é radunato attorno all’uomo di Centallo sarà stato lungimirante ed in condizione di dissipare quei
dubbi che costituiscono il sale anche delle aspettative più consapevoli e generose, se la squadra allestita
sarà stata più capace di quella precedente e non improvvisata e non compromessa, se l'ambiente verrà
realmente ripulito dei contrasti, delle miserie, dei pettegolezzi degni del peggiore angiporto, spesso
sollevati da personaggi della vecchia opposizione, doppiamente indecenti perché agitati in un ambiente
che dovrebbe essere esclusivamente alimentato e sorretto da solarità e sorrisi. Se ciò accadrà, la
“favola” dell’uomo di Centallo diverrà pure una favola della nostra atletica. Da raccontare alle
generazioni successive.
[email protected]
ARESE numero 26
Lunga è la storia della Federazione di Atletica e lungo l’elenco di quanti, Presidenti, Vicari, Reggenti,
Commissari o Delegati, da quel lontano 1897 del primo nucleo nazionale costituito dall’Unione Pedestre
Torinese fino ai giorni nostri, per brevi o durevoli periodi, hanno retto il vertice federale. Quello di Arese
è il ventiseiesimo nome. Ecco l’ordine cronologico: Gustavo Verona, Mario Luigi Mina, Attilio Brunialti,
Romeo Gallenga Stuart (con referendum postale), Edgardo Longoni, Giuseppe Fusinato, Pietro Belloni,
Antonio Revedin, Alberto Buriani, Leandro Arpinati, Augusto Turati, Luigi Ridolfi, Gaetano Simoni,
Ettore Rossi, Virgilio Tommasi, Gaetano Simoni, Angelo Vigani, Bruno Zauli, Luigi Ridolfi, Gaetano
Simoni, Giosué Poli, Vittorio Brunori, Primo Nebiolo, Adriano Rossi, Gianni Gola, Franco Arese.
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Gola saluta con tanta amarezza
Il Generale Gianni Gola,
Presidente della FIDAL, prima di
lasciare ha salutato ufficialmente il
mondo dell’atletica leggera nel
corso di “Atletica 2004”, la
cerimonia indetta per consegnare
riconoscimenti agli Atleti ed alle
Società che maggiormente si sono
distinti nel corso della stagione.In
quell’occasione la nostra testata era
rappresentata da Augusto Frasca e
dal sottofirmato Vanni Loriga, che
ricopriva il duplice incarico di
“inviato” della nostra pubblicazione
e di accompagnatore di Francesco
Massara, primogenito di Salvatore
Massara alla cui memoria è stato
assegnato il Premio Alfredo Berra.
Belle parole in ricordo di Salvatore
sono state pronunciate da Franco
Bragagna e dal Presidente Gola.
A cui va reso l’onore delle armi
anche per come ha ricordato il
suo periodo di Presidenza
Federale, senza alcun cenno di
risentimento per le vicende e le
situazioni che lo hanno portato a
rinunciare ad una ulteriore
candidatura,
proprio
nel
momento in cui il labaro della
FIDAL si è fregiato di due
strepitose medaglie d’oro e del
bronzo di Gibilisco. I due successi
olimpici racchiudono anche un
significato simbolico altissimo: con
Ivano Brugnetti sui venti chilometri
si sono aperti i Giochi di Atene e
con Stefano Baldini nella Maratona
si sono conclusi. Con il corollario di
tre miliardi di telespettatori che
subito dopo hanno assistito alla
premiazione del maratoneta azzurro,
nel tripudio dell’Inno di Mameli
cantato in mondovisione.
Abbiamo avuto l’impressione
che Gola terminasse la sua corsa
ai massimi vertici della FIDAL
proprio con la spirito di un
Maratoneta,
che
mai
si
ritirerebbe dalla gara ma che,
una volta superato il traguardo,
si siede sul prato e si slaccia le
scarpe con infinito senso di
liberazione.
Invece non è proprio così.
Abbiamo avvicinato Gianni
Gola subito dopo le premiazioni
e gli abbiamo chiesto di
sintetizzare, in uno slogan, il suo
periodo di Presidenza, iniziato
esattamente il 23 aprile 1989 che
si concluderà, come tutti sanno, il
28 novembre 2004.
Ancora una volta, ed anche di
questo gli dobbiamo dare atto,
non ha evitato il confronto
diretto e non si è rifugiato dietro
le cortine
fumogene del
linguaggio politichese. La sua
risposta è stata lunga, articolata
e molto esplicita. Dobbiamo
riassumere i suoi concetti e lo
faremo
molto
fedelmente:
pensiamo d’altronde che li potrà
esporre, con maggiore vigore e
completezza, proprio nella sua
Relazione all’Assemblea.
Gianni
Gola
ha
voluto
evidenziare comunque come il
suo operato sia stato valutato
con sistemi di misura sempre
differenti: quando l’atletica
italiana vinceva le medaglie,
contavano invece i piazzamenti;
quando c’erano questi ultimi, ci
si domandava dove fossero le
medaglie. Quando c’erano tutti e
due, la critica emergeva
egualmente assai severa.
“Dopo Spalato 1990 - mi
contesta direttamente – proprio
tu mi chiedesti a muso duro
quali fossero gli stanziamenti
federali per il Settore Tecnico.
Questo al termine di un
campionato europeo in cui
avevamo vinto 5 ori, 2 argenti, 5
bronzi e piazzato altri 16 atleti
in finale”
“ Dopo i Mondiali di Goteborg
1995 – questa volta rivolto
all’opposizione interna - le sei
medaglie italiane non avevano
nessun valore”.
“ Dopo Atene 2004 – e si
rivolge alla stampa – nessuno ha
pubblicato
il
medagliere
dell’Atletica. Forse
perché
questa volta dava ragione a noi
e non ad altri, che di volta in
volta mi sono stati indicati ad
esempio: perché non fate come i
Polacchi, o come i Francesi, o
come gli Inglesi o come i
Tedeschi?Ogni volta indicando
un nuovo modello, peraltro
immediatamente da dimenticare
quando non era più superiore a
noi? E’ stato detto, fra l’altro,
che molti tecnici di valore sono
ignorati dalla Federazione.
Qualcuno ha parlato anche di
Gigliotti: che invece figura
ufficialmente fra i nostri
collaboratori
regolarmente
retribuiti e per il quale è stata
creata la figura nuova di
responsabile nazionale della
Maratona.”
“ Non è poi mai esistita una
pagella di riferimento per dire
quando si era bravi o cattivi:
ogni volta c’era una novità nella
valutazione. E nessuno che, fra
tanti
critici,
abbia
mai
sottolineato come i problemi
esistano per tutti. Un altro
esempio? Oggi, alla festa
dell’Atletica svolta a pochi metri
dal CONI, alla festa dello sport
base per l’Olimpiade ed il
secondo
nel
medagliere
olimpico italiano, non è presente
né il Presidente Petrucci né il
Segretario Generale Pagnozzi:
questa è la considerazione
riservata a tanta gente di ottima
volontà che ha lavorato insieme
a me ed al Consiglio Federale.
Lascio questo mondo che in
molti hanno criticato per i
risultati,
giudicati
sotto
un’ottica deformante: si sono
dedicati a questa forma di
valutazione non potendo certo
accusarmi di aver rubato o di
aver commesso altre cose
illecite”.
Abbiamo riassunto, come premesso,
il pensiero e lo sfogo di Gola. Ma
dobbiamo
ricorrere
ad
una
precisazione:
a
Spalato
noi
facemmo notare che tutti i
medagliati
provenivano,
ovviamente, dal lavoro di precedenti
gestioni e che vedevamo un futuro
meno roseo se non si fosse investito
proprio nel settore tecnico. Non
vogliamo esercitare il diritto di
pignolaggine e non sarebbe il
momento per farlo, ma dopo Spalato
’90 (medaglie 5+2+5) abbiamo
avuto,
in
campo
europeo,
Helsinki’94 con 2+3+3 (sempre con
la vecchia guardia); Budapest ’98
con 2+4+3 e Monaco 2002 con
1+0+3 . Il che, chiedendo sempre
scusa per la pignoleria, non ci
sembra un gran progresso.
Vanni Loriga .
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MARATONA DI MILANO
Archiviata la Citroen Milano City
Marathon,
con
l'ennesima
dimostrazione che il capoluogo
lombardo non è avvezzo a questo
tipo di manifestazioni. Nonostante lo
sforzo de "La Gazzetta
dello Sport" che è partita per tempo
annunciando
l'avvenimento.
Nonostante gli avvisi posizionati sui
cartelli luminosi all'ingresso della
metropoli.
Nonostante tutto. La maratona si è
disputata
all'insegna
del
"chissenefrega". Traduzione: "oggi è
domenica esco con l'auto e se mi
trovo davanti 5000 ossessi che
invadono la città di corsa e non mi
fanno circolare, strombazzo come un
pazzo". Nessuno sapeva nulla, o
quasi,anche perchè la rosea viene
letta da coloro che seguono il calcio.
Altro punto, a Milano puoi piazzare
qualsiasi avvenimento agonistico di
importanza mondiale, ma la gente
vuole solo il Milan o l'Inter, se poi
per caso la stessa domenica della
maratona allo Stadio Meazza c'è il
derby d'Italia, apriti cielo.....
Prima di affrontare l'argomento Vip,
trattato sempre dalla rosea (ma non è
un quotidiano sportivo?), occorre
fare un passo indietro, di una
settimana,esattamente domenica 21
novembre. Quel giorno a Milano
l'Amministrazione Regionale aveva
fissato la domenica ecologica.
Quindi niente auto, aria respirabile e
via dicendo. Perchè allora non
posticiparla di una settimana.
Un segreto che neppure Roberto
Formigoni è riuscito a spiegare,
incalzato dalle domande di quel
mago della comunicazione che è
Pasquale Di Molfetta,in arte Linus,
noto dj di Radio 105. A onor del
vero, Linus, non ha mai fatto queste
domande nella conferenza stampa di
due giorni prima. Si è però
premurato di affermare, dopo aver
chiuso la sua maratona:"se c'è questo
caos automobilistico il prossimo
anno
non
corro".
Per
la
serie.......Vip, Vippissimi e Vippetti.
Chi sono. Io ne ho visti pochi. Però
al via in tenuta ginnica pronti a
"subire" le interviste: Roberto
Formigoni,Presidente della Regione
Lombardia, Mario Mauro Deputato
Europeo di Forza Italia e, Il nome di
battesimo non lo ricordo, Lupi,
deputato di Forza Italia. La sinistra,
visto che sta all'opposizione ha
disertato....
Al via anche la stupenda Hellen
Hidding testimonial di Run for
Good,
poi
Stefano
Baldini
testimonial della maratona e
Damiano Cunego testimonial di .....
è giusto tirarsela dopo la vittoria la
Giro d'Italia. Crescerà,crescerà, non
si statura, ma capirà l'importanza di
sapersi comportare.
Si ripete il tutto e io ci aggiungo,
forse, il prossimo anno la prima
domenica di dicembre, così ha
sentenziato Angelo Zomegnan neo
responsabile Rcs-Events, nonchè per
anni prima firma della Gazzetta per
il Giro d'Italia.
Runner
…E QUELLA DI FIRENZE
Calato il sipario sulla 21^ Firenze
Marathon è possibile fare, al di là
delle emozioni e delle suggestioni,
considerazioni oggettive sui reali
valori. La corsa, in pratica, ha avuto
due facce: una tecnica abbastanza
apprezzabil per le prestazioni dei
primi tre classificati, ovvero i
keniani Banjamin Kiprotich Korir 2
ore 11’ 34”, Mark Sains 2,11’,39”,
David Kiprotich 2.12’.34”, l’altra
nell’ambito della normalità con
l’azzurro Giovanni Ruggiero, sesto
al traguardo di piazza Santa Croce,
in 2 ore 17’ 25” e primo degli
italiani seguito dai “veterani”
indistruttibili Giorgio Calcaterra e
Emanuele Zanucci.
I keniani attratti dal bonus ( 5 mila
euro) vincolato al miglioramento del
record
stabilito
dal
loro
connazionale Daniel Tirwa Too in 2
ore 10’ 38” nel 2001, avevano
studiato un piano con l’aiuto di Abel
Yakoot nel ruolo di “lepre”. Il piano
ha funzionato sino al trentesimo
chilometro con passaggi di 15’02 al
quinto chilometro, 30’16” al decimo,
1 ora 04’ 27” a metà percorso, 1 ora
24’
40”
al
ventisettesimo
chilometro, ma quando Abel Yakoot
si è fermato il quartetto al comando
(Saina, Kiprotich, Kiproptic e Mayo)
non è stato in grado di mantenere
l’andatura. Così il tentativo di record
è fallito.
Stessa sorte, purtroppo, è toccato
alla keniana Florence Japkemoi
Barsosio, che dal primo all’ultimo
metro ha lottato col cronometro
senza punti di riferimento in quanto
Marcella Mancini, trentatreenne di
Ascoli Piceno, prima delle italiane è
arrivata dopo 5’29”.
In questo quadro è da rilevare che il
livello della Firenze Marathon è
cresciuto
notevolmente
come
dimostrano le cifre: 344 hanno
compiuto i 42 km. E 195 metri in
meno di tre ore, oltre quattromila
hanno concluso la gara nel tempo
massimo di sei ore.
Non si deve altresì sottacere il
lodevole impegno organizzativo
anche nelle iniziative collaterali e il
successo del “Ginky minirun” con
quasi duemila ragazzi (molti
accompagnati da nonni e genitori)
di quarantuno scuole elementari e
medie inferiori fiorentine.
Anche quest’anno, purtroppo, le
proteste da parte di diversi
automobilisti,
probabilmente
disinformati sui divieti e le
temporanee deviazioni sul percorso,
hanno raggiunto toni esasperati ed in
un caso anche violenti nei confronti
di un vigile urbano in servizio sul
percorso.
Non sappiamo quali limiti o forme
siano possibili per migliorare
l’organizzazione della
Firenze
Marathon
considerata
la
configurazione urbanistica della
città, ma certo che lo svolgimento di
un evento internazionale con
cinquemila partecipanti (duemila
stranieri) comporta, inevitabilmente,
sotto tutte le latitudini qualche
disagio.
Carlino Mantovani
- 6 -
Morte di un dittatore.
E’ morto Arafat, a Dio piacendo.
Dal suolo del pianeta se ne è andato un dittatore in piena
regola, uno di quei personaggi che Marx indicava come
“affamatori del popolo”. Proprio lui, sì è morto proprio un
residuato del postcolonialismo che solo nelle estreme periferie
dell’impero poteva mantenersi in vita e in uso. Del tutto
demodé, se ci consentite, assolutamente fuori tempo e fuori
luogo.
Armato fino ai denti, bombarolo della prim’ora, sorriso in
faccia all’ONU e pistola nella fondina, bambini nel letto e
striscioni del Corano al muro.
Uno così era ancora in circolazione fino a pochi giorni fa. Una
faccia come quella lì troneggiava accanto a quella di Diliberto
(Comunisti Italiani) in cartelloni un metro per uno e mezzo con
slogan: “con Arafat”. A uno così sono stati fatti gli omaggi da
Chirac, e telegrammi sono arrivati da tutto il mondo.
E poi guai se si osa dire che magari di legalizzare le coppie
omosessuali proprio non ci andrebbe, ma se così decide il
popolo…
Queste contraddizioni coabitano nel nostro pianeta globalizzato.
Gli stessi governi che si battono per il grano biologico e che
occultano le faccine dei bimbi minori negli spot pubblicitari,
armano, rimpinzano di soldi, danno il Nobel e accettano uno come
Arafat.
Ma quello che stupisce è che nemmeno davanti alle evidenze si
arretra. La sinistra demagogica che proprio quel tipo di
soggetti dovrebbe avvertire come acerrimi nemici della causa del
popolo, invece li esalta e li acclama. Come non vedere il male
portato alla causa palestinese da un Arafat & co.? Di questo
dovremo interrogarci ancora a lungo e ne avremo per credo altri
vent’anni, dato l’andazzo. Non resta che aspettare la morte di
un altro didattore, la cui follia ha trascinato nella miseria
materiale e umana una nazione intera: Fidel Castro. Senza nulla
togliere, ovviamente, al fascino indiscusso del Leader maximo
cubano…di cui ci piacerebbe sognare in romanzi d’avventura
piuttosto che leggere nella pagina degli esteri. Aspettiamo, ma
chiediamoci anche, e con preoccupazione, come si possa nascere
socialista e morire jihadista.
La Mariposa
DA CHE PARTE TIRA IL VENTO DEGLI STUPIDI
Pagina 13 del Corrierone del 17 , forse per coincidenze cabalistiche, è per metà dedicata al
“Marine (che) spara a bruciapelo sul ferito”. L’estensore del pezzo prova orrore per il gesto
senza dubitare nemmeno che il nemico che sta di fronte al marine può pur sempre essere una
trappola. Ma la stessa pagina ha pure due colonne (su ½ pagina) dedicate a Zarkawi, il super
ricercato giordano che ha appena sgozzato Margaret Hassan, la volontaria britannica , rea
d’essere occidentale ed alla quale il Corrierone ha dedicato, della stessa pagina, ben quattro
colonne. Quando si dice esser masochisti.
--- Dall’uscita dell’ultimo numero di Spiridon abbiamo preparato una serie di “speciali”
indirizzati ai nostri lettori per via telematica. Chi non li avesse avuti e fosse interessati a
riceverli può richiederli fornendoci il proprio indirizzo e-mail.
- 7 -
Maratona italiana con 10000 concorrenti…
Che bella notizia, peccato che
una parte di questi diecimila
corressero a Firenze ed un’altra a
Milano. Già, perché visto che di
maratone con alti numeri di
concorrenti ne annoveriamo
tante, possiamo tranquillamente
permetterci
il
lusso
di
organizzarne
due
o
tre
contemporaneamente:
com’è
successo quest’anno con la
Florence Marathon e la Milano
City Marathon!
Naturalmente a far la parte del
leone è stata la gara meneghina
che, seppure proterviamente
inserita
nella
data
tradizionalmente riservata a
Firenze, ha avuto, denari
permettendo, il meglio di tutto. Il
numero più alto di concorrenti,
la diretta televisiva ed il maggior
spazio sulla stampa. Insomma un
incasinamento tanto interessante
e ben riuscito da far sorgere
alcuni interrogativi.
Tanto per cominciare ci si deve
domandare perché la Fidal
avesse accettato lo spostamento
di data di Milano. C’è chi dice
che lo abbia fatto per dare spazio
al campionato italiano di
Palermo della settimana prima,
campionato rivelatasi per altro,
una delle più mediocri maratone
di tutti i tempi, assegnata alla
Sicilia per ragioni elettorali. Si
era in tempi in cui Gola era
ancora
intenzionatissimo
a
ricandidarsi alla presidenza
Fidal.
Ma c’è anche la tesi secondo la
quale gli organizzatori della
Milano City Marathon si
propongono
una
duplice
operazione di mercato, una a
breve e l’altra a lungo respiro e
cioé situare la loro creatura nel
momento più propizio rispetto ad
altre maratone internazionali e
cercare l’acquisizione di una
posizione
d’oligopolio
da
condividere con altre poche
maratone italiane. Quelle che già
van per la maggiore.
E prima o poi riusciranno,
purtroppo, a far “sparire” la
concorrente
fiorentina
relegandola al ruolo di maratona
dei tapascioni. E ci riusciranno
grazie al potere del denaro e sia
perché ci sembra che gli amici di
Firenze non abbiano alcuna
intenzione di cambiare registro,
magari
avvalendosi
d’una
struttura organizzativa a più
largo respiro che comporterebbe
il rischio di far perdere a
qualcuno l’attuale
posizione
(seppur modesta) di rendita. In
senso di economia politica, sia
ben chiaro.
Ed è un vero peccato, perché
Firenze si meriterebbe ben altro
considerando anche il fatto che il
richiamo della Città con il suo
fascino storico, artistico e
culturale è sicuramente un punto
di riferimento privilegiato.
La Maratona di Milano ha
dalla sua anche il vantaggio di
essere
la maratona della
Gazzetta, un connubio che a dire
il vero ci crea perplessità non
indifferenti.
Onestamente
abbiamo infatti l’impressione
che esso
possa nascondere
conflitti di potere e d’interesse
non indifferenti .In ogni caso
non si sembra un’abbinamento
molto elegante. Gli organizzatori
della Milano Marathon sono di
avviso contrario (e vorremmo
vedere) ma le nostre perplessità
sono legittimate dalla stessa
Gazzetta dello sport che nel
numero del lunedì successivo ha
generosamente riservato alla
Maratona
di
Firenze
un
dodicesimo (1/12) della pagina
dedicata alla Maratona di
Milano. Quando si dice pluralità
dell’informazione.
E’ vero che fra le due
manifestazioni c’è un abisso sul
piano
organizzativo,
promozionale, estetico, ecc. ma
se
ad
organizzare
la
ipernominata (Citroen- MilanoCityMarathon)
corsa
meneghina fosse, che so io, Il
Rinascimento di Lodi, la rosea
ne scriverebbe con altrettanta
enfasi ? E si darebbe tanto da
fare (e ci sembra che tutte le
armi siano buone oltre a quelle
dei danée) per farsi cucire su
misura date comode ed interventi
televisivi a sua dimensione, se il
caso anche a danno dello
concorrenze scomode ?
Mi si dirà di sì, ma farei fatica a
crederci.
Per la cronaca Il Corriere dello
sport- Stadio alle due maratone
ha dedicato, congiuntamente, 13
righe e ½ + il titolo: “Maratone
keniane - ma brilla la
Marconi”.
Si dirà che la” Rosea” organizza
il Giro d’Italia senza sollevare
imbarazzo. Verissimo anche
perché non ci risulta che il Giro
porti via spazio ad altre analoghe
manifestazioni. Quello della
Maratona ci sembra un caso ben
diverso.
Che dire della gara vera e
propria?
Doveva essere dominio kenyano
e dominio keniano è stato .La
battaglia per la vittoria si è
sviluppata all'altezza del 30. km,
quando le lepri si sono fatte da
parte e Cheribo ha piazzato la
sua progressione irresistibile..
Alle sue spalle Kipchumba ed
Enock Mitei, mentre il primo
degli italiani è stato Vito
Sardella: ottavo posto in 2:17.
Fra le donne si sognava la
vittoria di Gloria Marconi e la
fiorentina ci ha fatti sognare sino
a metà gara dove transitava
insieme alla keniana Jeptoo in
1:13:30. L’azzurra, che tornava
alla maratona dopo un anno, ha
-
chiuso al secondo posto in
2:31:53. S’è parlato di “lepri” ed
a proposito di “lepri” dobbiamo
segnalare la straordinaria trovata
della Gazzetta. Infatti attraverso
la “Rosea” abbiamo scoperto che
in atletica non ci sono più solo
le due canoniche categorie
”maschil” e “femminili”. Sul
numero della vigilia l’estensore
della lista dei partenti, anzi dei
protagonisti oltre ad elencare i
migliori venti “Uomini” e
“Donne”
iscritti
ha
puntigliosamente
riportato
(sempre in grassetto) quelli della
categoria… “Lepri”.
Sebbene il “Trio Lescano” di
Mamma RAI goda della facoltà
di
bilocazione,
l’emittente
pubblica ha giustamente seguito
in diretta una sola delle due gare:
quella milanese, lasciando a
Firenze
qualche
briciolina,
buttata, qua e la con signorile
supponenza. Vediamo cosa ne è
venuto fuori dalla testimonianza
d’una
corrispondente
di
Spiridon.
“Una catastrofe di diretta
TV........ Complimenti a Mamma
RAI. Sono stati più di mezz'ora a
inquadrare il traguardo, i
passanti, il Duomo (sarà anche
bello, ma le guglie son sempre
quelle), si vedeva che non
sapevano
che
inventarsi.
Sinceramente mi sono chiesta
più volte dov’ erano quelli che
correvano, perchè non ce ne era
neppure l'ombra. Non metto in
dubbio la bravura dei cronisti,
che per fortuna sono ricorsi ad
altri filmati, tipo la vittoria del
nuovo presidente della Fidal agli
europei di Helsinki, la vittoria di
Baldini ad Atene., hanno avuto
numerose interviste, credo ben
programmate, e con i nomi
giusti. In merito a questo non
posso giudicare, perchè erano
nomi per me sconosciuti, ma
immagino che per il popolo delle
maratone abbiano un certo
significato. Alla fine sono stati
costretti ad ammettere, a
malincuore, di non poter avere
delle immagini in diretta, perchè
gli elicotteri non si sono potuti
alzare a causa della nebbia, un
evento che seppure non strano a
8
fine novembre, non potevano
calcolare, nè gli organizzatori,
nè la Rai). Hanno iniziato a
mandare immagini in differita
dal quinto km, anche perchè
come
inquadrature
hanno
toccato il massimo quando
hanno fatto vedere uno schermo
gigante con i Beasty boys,
nemmeno fossimo su Mtv!
Hanno insistito molto sul fatto
che il percorso della Mi
Marathon era spettacolare, che
toccava i punti più belli di Mi,
hanno avuto perfino la trovata di
far vedere due immagini tipo
francobollo: su una si vedevano i
maratoneti
e
sull'altra
i
monumenti
di
maggior
importanza toccati dal tracciato.
Il
tutto
condito
con
approfondimenti storico-artistici
da parte di un commentatore.
Ora, per me, sentir elogiare la
stazione centrale di Mi come un
gioiello architettonico, ha fatto
rabbrividire. Non ne metto in
dubbio il valore, ma se la
confrontiamo con quella di Fi, a
opera
del
Michelucci
e
compagni, presente su tutti i libri
di storia dell'arte, sicuramente ci
perde. Tralasciamo l'esaltazione
dei Navigli, e dei viali di
Circonvallazione, questi ultimi,
in particolare, non hanno nulla
da invidiare alle più anonime e
grigie periferie urbane che trovi
ovunque in Europa. Io a Milano
sono
stata,
la
conosco
abbastanza, la trovo triste e
squallida”,
Ed a Firenze ch’è successo? Beh
siamo stati nel prevedibile
onesto binario di onesta
mediocrità.
E’
vero
che
all’arrivo c’erano la Banda dei
Carabinieri a far numero in
tribuna (!) e gli sbandieratori del
Calcio
in
costume
e
l’onnipresente
consigliere
regionale Fidal Giani a far gli
onori di casa nell’invero
estemporaneo buffet allestito
sulla tribuna, pensiamo d’onore,
ma sul piano tecnico s’è visto
proprio pochino. Forse la cosa
migliore è stato il sorprendente
rientro di Mario Vaiani Lisi,
ultra cinquantenne, entro le tre
ore. Giors
-
UN PO’ PER…CLELIA
E UN PO’ PER NON
MORIRE
Può sembrare ridicolo ma a volte
sarebbe opportuno insegnare anche
ai gatti ad arrampicare.
Vi spieghiamo questa sorta di
proverbio che sinceramente avrebbe
potuto adattarsi benissimo alla
conferenza
stampa
dell'ultima
Maratona di Milano.
Allestita da RCS Eventi. Di certo
non gli ultimi arrivati: sono coloro
che gestiscono, tanto per intenderci,
il Giro d'Italia, con annessi e
connessi.
Perciò facile come bere un bicchiere
d'acqua, ci verrebbe da pensare..
Invece no. Gestita da quel drago
della comunicazione che risponde al
nome di Pasquale Di Molfetta, in
arte Linus. L'accoppiata BaldiniLima al loro primo incontro ufficiale
dopo il fattaccio olimpico hanno
risposto alle domande di Linus. Tra
le quali spiccava inevitabilmente
anche questa rivolta a Stefano
Baldin:. "Ti sei mai scusato con
Lima". Di cosa? Vorremmo saperlo.
Poi i due, invece che rispondere alle
domande dei presenti in sala, sono
stati dirottati in un'angusta saletta
per essere fotografati e ripresi dalle
tv presenti: La carta stampata? Carta
straccia.
Pareva di essere nella cosiddetta
zona mista alla fine di un meeting,
dove tutti si accalcano per avere le
impressioni dei protagonisti. Sul
banco degli "imputati" pardon di
coloro che reggevano le fila della
conferenza stampa anche una
leggiadra fanciulla Hellen Hidding,
nota per aver preso parte a "Mai dire
Gol" qualche anno fa.
La
sua
presenza
è
stata
completamente ignorata da Pasquale
Di Molfetta, in arte Linus.
Quest'ultimo però non ha peso
occasione di ricordare che pure lui
correrà la maratona, che l'ha già
corsa a New York eccetera eccetera.
Per la serie: chi se ne importa. Non è
finita il giorno successivo Linus,
pardon Pasquale Di Molfetta
compariva su SportWeek inserto
della Gazzetta dello Sport in
copertina con una maglietta griffata
Nike, mentre la maratona è
sponsorizzata Diadora.
All'interno Linus abbracciato alla
moglie su di una Limousine.
Sorge una domanda ma anche a lui
saranno abbassate le tasse?
Runner