progetto nicaragua gds
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Il lavoro informale, una realtà del sud Progetto di microcredito e di rafforzamento istituzionale CTCP-FNT Confederación de Trabajadores por Cuenta Propria Managua, Nicaragua Centroamerica Volontaria in partenza Maria Teresa Hausmann Economista 1 Contenuti Il microcredito: origini ed evoluzione Definizione di economia informale Il settore informale in Nicaragua e la microfinanza Il partner locale: CTCP-FNT Confederación de Trabajadores por Cuenta Propria La volontaria e il suo ruolo come cooperante Coerenza con il programma Centroamerica di Inter-Agire Costo del volontariato Riassunto Il microcredito: origini ed evoluzione La genesi della microfinanza, particolarmente nei paesi in via di sviluppo, può essere illustrata a partire dalla consapevolezza dell’esclusione di gran parte della popolazione dall’accesso al credito e da maggiori opportunità di crescita. I paesi a basso reddito (65 paesi con 2 miliardi 510 milioni di abitanti) rappresentano il 3,4% del reddito mondiale, con 430 dollari di reddito pro capite medio, e l'1,1% del credito totale. Non si spiega come le attività economiche nei paesi più poveri, anche in quelli a medio reddito, considerati emergenti, non siano sostenute dalle banche e dal credito almeno in misura paragonabile alla loro quota sulla produzione e sugli investimenti mondiali. L’economista francese Jean Paul Fitoussi al riguardo, l'ha definito «dittatura dei creditori», nel senso che i capitali disponibili sono controllati da un numero relativamente limitato di soggetti mentre le opportunità di investimento si moltiplicano. Secondo l'Unctad (Conference on Trade and Development) nel Sud del mondo ci sarebbero più di 500 milioni di microimprese, attività che vanno dalla vendita ambulante alla piccola agricoltura, spesso considerate nulla più che «arte di arrangiarsi» e che invece chiedono di essere prese sul serio come progetti (micro)imprenditoriali e progetti di riscatto sociale. Nei paesi con bassi livelli di reddito pro capite l’attività finanziaria prevalente è costituita dal debito pubblico. La scarsa diversificazione vincola le possibilità di risparmio e l’accumulazione del capitale e ostacola un’allocazione efficiente del risparmio nell’investimento, determinando di fatto la sostanziale assenza di credito bancario. Nei paesi poveri il quadro finanziario e creditizio viene ulteriormente complicato dalla presenza di meccanismi tipici dell’attività creditizia, presenti anche nei paesi ricchi, quali l’asimmetria informativa (in un rapporto creditizio bancario il richiedente il credito conosce meglio la banca di quanto questa conosca la capacità del debitore di far fronte al debito) ed il razionamento del credito. La situazione che si verifica più frequentemente è quella in cui il settore creditizio o finanziario formale non è in grado di servire le microimprese, come sostengono Ray e Ghosh (1998), a causa di un problema di asimmetrie informative e dell’impossibilità di utilizzare strumenti quali le garanzie, il sistema legale o un efficace credit bureau (centrale rischi di credito). Di fronte al mancato funzionamento del mercato dei capitali nei paesi in via di sviluppo e alla conseguente scarsità di investimenti effettivi, considerati fattore chiave della crescita economica, l’impostazione tradizionale di molti governi – e anche quella iniziale di una parte delle esperienze di microcredito – è stata la politica del credito agevolato: bassi tassi di interesse, tolleranza all’insolvenza, condono nei periodi elettorali. Strumento privilegiato di tali politiche erano le banche pubbliche di sviluppo. Le banche di sviluppo, create per risolvere un tipo di fallimento del mercato (la mancanza di credito a lungo termine per attività economiche non tradizionali, socialmente, ma non privatamente, profittevoli) condussero ad un altro tipo di fallimento, cioè a un mercato finanziario interno segmentato, nel quale pochi imprenditori (spesso i più benestanti) ottenevano il credito (razionato) a tassi di interesse reali negativi (tassi nominali meno l’inflazione), mentre i prenditori a prestito non favoriti dovevano ottenere i fondi in mercati informali più costosi e instabili. I controlli pubblici sul sistema bancario condussero tipicamente a tassi di interesse reali negativi 2 sui depositi. La “repressione finanziaria” divenne un ostacolo per il risparmio interno e la sua allocazione efficiente, e l’intermediazione finanziaria ristagnò. La reazione alle politiche pubbliche di finanza per lo sviluppo si è tradotta, soprattutto a partire dagli anni ’80, nella pressione delle istituzioni internazionali, in primo luogo il Fondo Monetario Internazionale, a favore della liberalizzazione dei mercati finanziari e creditizi. Le nuove esperienze di finanza dei poveri e delle microimprese, il microcredito e la microfinanza, nascono a cavallo tra spinte solidaristiche e approccio «neoliberale» alla finanza per lo sviluppo. La finanza dei poveri si è sviluppata da una trentina d’anni a partire da esperienze pionieristiche in alcuni paesi del Sud del mondo (Bangladesh, Bolivia, Indonesia in primo luogo). La Grameen Bank, fondata nel 1976 da Muhammad Yunus, ha tracciato la strada. Il microcredito, cioè il credito ai poveri, e la microfinanza, rappresentato da un più ampio complesso di servizi finanziari per la popolazione povera, è stato praticato seguendo percorsi e modalità diverse, ma con una visione di fondo comune: favorire l’accesso al credito e ai servizi finanziari da parte di coloro che ne sono esclusi, far emergere le attività economiche dei più poveri come imprese e formare i microimprenditori alla gestione del capitale di debito, battere strade nuove nella gestione del rischio di credito. A questa visione ha dato un contributo importante una particolare versione della critica liberale alla finanza per lo sviluppo tradizionale, quella della Ohio School. Questi economisti hanno sottolineato alcuni elementi: il credito non deve spingere ma facilitare il processo di sviluppo; le istituzioni informali hanno una loro efficacia; va data enfasi alla mobilitazione del risparmio e alla disciplina finanziaria; le politiche dei governi e i crediti sussidiati delle istituzioni di finanza dello sviluppo sono da sottoporre a revisione critica. Si tratta di un’impostazione per certi aspetti liberista, ma piuttosto diversa dal neo-liberismo rilanciato negli anni ’80 soprattutto in Gran Bretagna e Stati Uniti. Ad esempio, l’idea di mobilitare il risparmio dei poveri è in contrasto con l’impostazione neoliberista che riduce le imposte ai ricchi perché risparmino e investano di più. Le cosiddette Microfinance Institutions (MFI) sono organizzazioni con profili giuridico-istituzionali molto diverse fra loro, ma accomunate dalla missione di fornire servizi finanziari (prevalentemente microcredito) alle fasce di popolazione normalmente escluse dal credito bancario e dal sistema finanziario formale. Sono casse e reti di banche di villaggio, cooperative di risparmio e credito, programmi di prestito ai poveri gestiti da organizzazioni non governative e non profit, nuovi istituti di credito specializzati, o anche dipartimenti specializzati di microcredito all’interno di banche commerciali. L’attività di prestito può prevedere i crediti individuali, ma più spesso si basa su gruppi solidali (il prestito viene concesso ad una persona ma è il gruppo che risponde e si fa da garante per il credito) e, in generale, affronta il rischio di credito invece che attraverso il modesto o inesistente patrimonio materiale, attraverso il patrimonio «relazionale» dei microimprenditori, le loro reti sociali (garanzie sociali). Negli ultimi anni l’evoluzione della microfinanza ha visto delinearsi un «triangolo» di obiettivi: sostenibilità economico-finanziaria (financial sustainability); raggiungimento di un ampio numero di poveri (outreach); impatto sulle condizioni di vita dei poveri (impact). Sta nascendo una vera e propria “industria” della microfinanza, in particolare attorno alle iniziative della Banca Mondiale e di alcune agenzie delle Nazioni Unite. Le tendenze in atto pongono alcuni interrogativi importanti. La ricerca della sostenibilità finanziaria per esempio, potrebbe spingere il settore verso target più appetibili (dal punto di vista commerciale) rispetto ai clienti più poveri, destinatari originari del microcredito. Un'altra questione che rimane spesso sotto la lente di ingrandimento riguarda poi l’effettiva capacità della microfinanza di dare risposte al finanziamento di attività agricole. I prodotti tradizionali di microcredito poco si adattano infatti alle caratteristiche della produzione agricola, caratterizzata da tempi medio-lunghi per il ritorno dell’investimento, da fenomeni di stagionalità e da un’elevata vulnerabilità agli agenti atmosferici. Un terzo dibattito ruota intorno ai livelli dei tassi di interesse applicati al microcredito. Spesso, questi sono più elevati di quelli praticati dalle banche per finanziare per esempio, medie e grandi imprese o nei crediti di consumo per stipendiati. Il più elevato livello dei tassi dipende principalmente dai costi operativi, che sono molto più elevati per le società di 3 micro finanza – una cosa è prestare 100'000 $ ad un cliente e un’altra è prestare 100 $ a 1'000 clienti. Altro importante elemento di discussione è costituito dalla relazione tra microfinanza ed empowerment di genere (attribuzione di potere e responsabilità alle donne). Buona parte delle iniziative di microfinanza hanno come destinatarie le donne (quasi 33 milioni di beneficiarie su 42 milioni di molto poveri). Le donne sono oltre 900 milioni sul miliardo e 300 milioni di persone che nel mondo vivono con meno di un dollaro al giorno e sono escluse dai tradizionali servizi bancari ancora più degli uomini. Attraverso l’opportunità di incontrarsi, di diventare finanziariamente indipendenti, di usufruire delle iniziative collaterali della finanza solidale, come la formazione scolastica di base, l’addestramento professionale, i servizi sanitari, le donne possono recuperare la fiducia in se stesse e uno status migliore in famiglia e nella comunità. Un ultimo dibattito è correlato alla questione della crescita economica, specialmente con riferimento al ruolo dell’investimento in capitale fisico, ed alla relazione con le problematiche ecologiche così come con lo sviluppo umano. Si tratta indubbiamente di un tema molto vasto e che va anche al di là dell’obiettivo dell’impatto sociale della microfinanza. Va comunque ricordato che per produttori e microimprenditori poveri risulta decisivo incrementare il reddito pro capite, cioè il prodotto venduto in misura maggiore della crescita della popolazione. Certo che l'obiettivo più generale è lo sviluppo umano, ma come ricorda Amartya Sen, questo significa un aumento delle capacità e delle opportunità, quindi anche una crescita economica. Definizione di economia informale L’attività economica delle fasce più povere della popolazione mondiale è in larga misura economia informale. La prima definizione di «settore informale dell’economia» si fa risalire al cosiddetto Rapporto Kenya dell’Ufficio Internazionale del Lavoro (Ilo 1972). Il rapporto proponeva una definizione basata su un certo numero di caratteristiche, tra le quali cruciali erano la piccola dimensione dell’attività economica e l’assenza di regolamentazione (più o meno combinata con il non rispetto di leggi e regolamentazioni vigenti). Negli anni ’70 prevale un’interpretazione «economica» del settore informale nei paesi in via di sviluppo, visto soprattutto come risposta al fallimento dell'industrializzazione «formale». Negli anni ’80 invece l’accento viene messo maggiormente sul suo ruolo sociale, come attività di sopravvivenza dopo lo shock della crisi del debito e delle politiche di aggiustamento strutturale. Più di recente l’analisi è divenuta meno schematica e si sottolinea la complessità del settore e le numerose relazioni e sovrapposizioni tra attività formali e informali (Bruno Lautier, L’économie informelle dans le tiers monde, Paris, La Découverte 1994). Il settore informale in Nicaragua e la microfinanza Le microfinanziarie sono sorte in Nicaragua e in America Latina, come risposta alle misure di aggiustamento strutturale che, tra i loro risultati immediati, provocarono un drastico aumento della disoccupazione. In Nicaragua, dal 1990 in poi, l’aggiustamento strutturale ha gonfiato enormemente il settore informale dell’economia, giunto ad occupare, a partire dal 2002 e secondo dati della fondazione nicaraguense FIDEG (Fundacion Internacional Para el Desafío Económico Global), il 75% della popolazione economicamente attiva. Una cifra enorme. Questo 75% è composto da numerosi microimprenditori, attivi in diversi ambiti dell’economia. Tutta gente che lavora per conto proprio (cuentapropistas). Le donne costituiscono il 60% di questo settore informale. Fra esse, quasi l’80% gestisce piccole attività economiche volte alla sussistenza. Secondo i dati della CTCP-FNP l’economia informale in Nicaragua apporta più del 50% del PIL, produce il 90% dell’alimentazione, il 60% dei prodotti e servizi all’esportazione, fornisce le 4 principali reti di commercio e trasporto del paese e paga la maggior parte delle imposte che raccoglie lo stato. Alla base della piramide dell’economia c’è la gente che vive di sussistenza, sopra vi è la microimpresa, più in alto la piccola impresa – maggiore della micro –, più in alto ancora la media impresa e sulla cima, alcune grandi imprese, le società anonime e le compagnie. Fino al 1990, i piccoli e medi imprenditori nicaraguensi potevano contare su due fonti formali di finanziamento: il Banco Nacional de Desarrollo e il Banco de Crédito Popular. La terza fonte era l’usura, che è ancora molto presente e sempre attiva alla base, dove si lotta per la sopravvivenza. Il Banco de Crédito Popular non serviva quanti fossero a livello sussistenza, ma assisteva dalla microimpresa in su, fino ai commercianti. Il Banco Nacional de Desarrollo forniva, invece, credito agrario. Alla scomparsa di entrambe queste banche, che erano statali, proprio nel momento in cui aumentava drasticamente la disoccupazione e cresceva il settore informale, si è verificato un vuoto finanziario, coperto in parte dalle microfinanziarie, che da allora giocano un ruolo importante. La maggior parte di esse hanno un approccio sociale: scommettono sullo sviluppo e sulla diminuzione della povertà e ce ne sono alcune che si propongono di favorire la presa di potere (empowerment) da parte delle donne. Ma ce ne sono altre che si sono sviluppate molto e, oggi, hanno un taglio strettamente finanziario. In America Latina, le microfinanziarie hanno raggiunto un notevole sviluppo, soprattutto in Bolivia, Perú, Ecuador e Colombia. In Chile, Argentina e Brasile non ce ne sono molte. In Centroamerica, il Nicaragua è il Paese dove si sono più sviluppate, seguito da El Salvador e Honduras, quindi da Guatemala e Costa Rica. A conferma di come i Paesi con maggior sviluppo economico, dove il settore informale dell’economia è più ridotto, abbiano meno microfinanziarie. In Nicaragua, le microfinanziarie contano un totale di 450 mila clienti e gestiscono un portafoglio di circa 400 milioni di dollari. Il grande numero di società micro finanziarie e le loro dimensioni in crescita (il numero dei debitori e le dimensioni del portafoglio crediti sono aumentati del 21% tra il 2005 e il 2007) hanno condotto ad una forte concorrenza che ha portato, oltre ad una positiva riduzione dei tassi di interesse applicati, anche ad un meno positivo fenomeno di sovra indebitamento da parte degli utenti del servizio (fonte: Redcamif – Red Centroamericana de Microfinanzas). Questa situazione ha condotto nel 2008 al movimento “no pago” (gruppo di produttori e personaggi politici che promossero di non pagare i debiti finanziari concessi dalle MFI) e ad una crisi generale delle società microfinanziarie nicaraguensi. Nel giugno del 2011 è passata in parlamento una legge sulla promozione e regolamentazione della micro finanza, che include tra l’altro requisiti di protezione degli utenti e nomina di un nuovo regolatore (Conami, Commissione nazionale per la microfinanza). Il partner locale: CTCP-FNT Confederación de Trabajadores por Cuenta Propria La CTCP-FNT é un’organizzazione sindacale istituzionalizzata e riconosciuta, che risponde agli interessi dei lavoratori impiegati in proprio. La CTCP attualmente rappresenta 45'000 lavoratori affiliati in più di 120 sindacati, 6 Federazioni legalizzate e 2 Federazioni in processo di legalizzazione. Il 52% dei membri sono uomini e il 48% sono donne. L’obiettivo della CTCP-FNT é organizzare e coordinare il lavoro che realizzano i lavoratori in proprio attraverso dei processi di organizzazione sindacale, di mobilitazione, di formazione e legalizzazione, mediante la solidarietà nazionale ed internazionale e la partecipazione volontaria dei suoi affiliati. La storia dell’organizzazione nasce nel 2002 con la costituzione dell’Asociación de Trabajadores de los Semáforos (ATS), formata da un settore dei vendidori ai semafori, che si proponeva di dare un assetto legale a questa categoria ed evitare che la polizia li arrestasse confondendoli con i delinquenti che si aggirano intorno ai semafori della capitale. In seguito l’organizzazione si estese ad altri gruppi del settore informale. Nel febbraio del 2006 si realizzó il Congresso Costitutivo dei TPCP e si diede vita alla “Confederación de Trabajadores al Servicio de Pequeños y Medianos 5 Comerciantes” conosciuta come “Confederación de Trabajadores por Cuenta Propria”, con il fine di proteggere gli interessi del settore e migliorare le condizioni economiche e sociali dei suoi membri. In questo congresso si approvarono gli statuti della nuova confederazione e si decise l’affiliazione al FNT (Frente Nacional de Trabajadores). Come membro del FNT la CTCP partecipa a varie Commissioni all’interno del CONPES (Consejo Nacional de Planificación Economica y Social) e ha relazioni con la polizia nazionale, il comune, i governi locali e con istituzioni di stato. Ha relazioni di collaborazione con la OIT (Organización Internacional del Trabajo). Realizza un lavoro informativo e di sensibilizzazione verso i deputati dell’Assemblea Nazionale al fine di far acquisire diritti ai suoi affiliati (come la riforma del sistema di sicurezza sociale in Nicaragua). La CTCP è membro di varie organizzazioni sindacali comuni centroamericane, è fondatrice della Red SEICAP (Red de Trabajadores de la Economia social Solidaria de las Americás) ed è affiliata all’Organizzazione Internazionale dei venditori della strada StreetNet International. La CTCP possiede già una “Cooperativa de Servicios Múltiples” attraverso la quale si promuovono concessioni di piccoli prestiti ad una quantità minima di affiliati, ma mancano le conoscenze tecniche necessarie per lo sviluppo ulteriore di quest’attività, che è rimasta sino ad oggi ad uno stato embrionale. La volontaria e il suo ruolo come cooperante Maria Teresa Hausmann è laureata in economia politica, diplomata CFAPM/AZEK e DITA, ha acquisito un’esperienza pluriennale nel settore finanziario (principalmente investimenti e gestione patrimoniale) con ruoli di responsabilità e conduzione. Ultimamente ha conseguito un diploma di specializzazione in microcredito. Presso la CTCP il ruolo di Maria Teresa sarà quello di rafforzare le due istituzioni CTCP e la Red SEICAP nel suo funzionamento e procedimenti sistematici e organizzativi, specialmente nella pianificazione strategica, nel monitoraggio, nella gestione dei progetti, nello sviluppo imprenditoriale e nella gestione e sviluppo del microcredito. Gli obiettivi previsti sono: Elaborare e implementare dei sistemi di pianificazione e monitoraggio come piani strategici ed operativi. Contribuire a rafforzare le abilità e le conoscenze dei membri delle due organizzazioni negli aspetti di gestione, sviluppo imprenditoriale e gestione dei progetti. Sostegno nel disegno e controllo del sistema di microcredito per gli affiliati. Sostegno nell’implementazione e miglioramento del sistema amministrativo. Sostegno nella metodologia del tracciato e sistematizzazione delle esperienze. Coerenza con il programma Centroamerica di Inter-Agire Dato il persistere della povertà e delle minacce ambientali nel Centroamerica, Inter-Agire ha deciso di concentrare il suo appoggio in due aree d’intervento principali: il miglioramento delle condizioni di vita e la protezione dell’ambiente. In particolare, Inter-Agire vuole permettere a persone dei settori socialmente marginalizzati di avere le capacità e le opportunità di migliorare la propria condizione e posizione di vita. Per questo appoggia organizzazioni che promuovono l’accesso a 6 formazioni professionali, servizi di salute di qualità per tutti e l’accesso ad attività economiche remunerate degnamente nel pieno rispetto dell’identità locale, della parità di genere e dei diritti umani di ognuno. Per quanto riguarda la protezione dell’ambiente Inter-Agire vuole appoggiare e rafforzare organizzazioni che promuovono l’educazione ambientale, una gestione ambientale sostenibile e la denuncia di pratiche inquinanti. L’interscambio di Maria Teresa Hausmann si inserisce perfettamente nel programma di Inter-Agire perché insieme all’equipe locale contribuisce attivamente a migliorare le condizioni economiche e sociali dei lavoratori e lavoratrici impiegati in proprio e delle loro famiglie. Costo del volontariato di Maria Teresa Hausmann Costo medio annuo di un/una volontario/a (in chf) Periodo del volontariato: 1.3.2013 – 1.3.2016 1’800 Viaggio 14’000 Indennità di vita 8’000 Cassa malati e assicurazioni sociali Formazione 900 Reinserimento 6’000 Coordinazione 3’000 Gestione associazione Inter-Agire 6’300 40’000 Totale Il costo totale annuale è pari a 40'000 chf, di cui la metà (20'000 chf) viene coperta dai contributi della Direzione allo Sviluppo e Cooperazione del Governo della Confederazione Elvetica (DSC). Il restante 50% dovrà essere coperto da donazioni di enti pubblici e privati, come pure da iniziative personali. Contiamo sulla vostra generosità e sensibilità, con l’idea di dare continuità a questo tipo di volontariato, che assicura una moltiplicazione delle conoscenze professionali trasmesse. InterAgire e la CTCP vi ringraziano per qualsiasi vostro contributo al progetto, che rappresenta un apporto fondamentale per la realizzazione di questa esperienza. 7 Riassunto Nome del progetto Progetto di microcredito e rafforzamento istituzionale Obiettivi del volontariato Luogo Elaborare e implementare dei sistemi di pianificazione e monitoraggio come piani strategici ed operativi. Contribuire a rafforzare le abilità e le conoscenze dei membri delle due organizzazioni (CTCP e Red SEICAP) negli aspetti di gestione, sviluppo imprenditoriale e gestione dei progetti. Sostegno nel disegno e controllo del sistema di microcredito per gli affiliati. Sostegno nell’implementazione e miglioramento del sistema amministrativo. Sostegno nella metodologia del tracciato e sistematizzazione delle esperienze. Comitato Esecutivo Nazionale della CTPC-FNT, squadra tecnica della CTCP, segretariato generale e/o squadra esecutiva della Red SEICAP. Tutti i lavoratori affiliati alla CTCP-FNT (circa 45'000 persone) Managua, Nicaragua Partner del sud CTCP-FNT Costo totale/ Somma scoperta chf 120'000 / chf 60’000 Periodo 1.3.2013 – 1.3.2016 Volontaria in partenza Maria Teresa Hausmann Organizzazione d’invio Inter-Agire, Associazione di volontariato internazionale Piazza Governo 4 – 6500 Bellinzona Tel.: 091 760 05 45 Beneficiari e-mail: [email protected] sito web: www.interagire.org Persona di contatto: Corinne Sala Si può sostenere il progetto con versamenti a: Conto postale (per la Svizzera) Conto bancario in Euro -Inter-Agire, Piazza Governo 4 – 6500 Bellinzona -Conto ccp: 69-3778-8 / IBAN CH64 0900 0000 6900 3778 8 -Specificare: Progetto Maria Teresa -Bethlehem Mission Immensee - Postfach 62 - 6405 Immensee -Conto: Kto.-Nr. 676278-02 / IBAN CH72 0483 5067 6278 0200 0 / BIC CRESCHZZ8A -Banca: Credit Suisse AG - Küssnacht am Rigi - Postfach 577 6403 Küssnacht am Rigi - Specificare: Progetto Maria Teresa Potete seguire l’avanzamento del progetto attraverso il blog: http://tortuvolcan.altervista.org 8