Il fisioterapista respiratorio in Italia, tra specializzazione e
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Il fisioterapista respiratorio in Italia, tra specializzazione e
lavoro originale Il fisioterapista respiratorio in Italia, tra specializzazione e riconoscimento: risultati di un questionario conoscitivo Carla Simonelli, FT; Tiziana Galli, FT Unità di Pneumologia e Cardiologia Riabilitativa, Fondazione S.Maugeri IRCCS, Lumezzane (BS) Antonella Sanniti, FT Fondazione Teresa Camplani, Cremona Valentina Fabbri, FT Ospedale di Faenza, AUSL della Romagna, Ravenna Introduzione In Italia, il primo tentativo di specializzazione in ambito respiratorio da parte di personale sanitario è avvenuto nei primi anni ‘70, seguendo il modello del Respiratory Therapist (RT) che già esisteva presso il Royal Brompton Hospital di Londra. Le competenze dei primi fisioterapisti respiratori erano incentrate principalmente sulla somministrazione di ossigenoterapia e sull’esecuzione di tecniche di clearance bronchiale [1]. Negli anni successivi si è assistito a un’evoluzione del ruolo del fisioterapista (FT), le cui competenze si sono estese all’allenamento allo sforzo [2], alla medicina d’urgenza [3], alla ventilazione meccanica non invasiva [4], alle malattie neuromuscolari [5], e all’ambito pediatrico [6], per citarne alcuni. Un’ulteriore spinta allo sviluppo della professione è stata determinata dalle crescenti evidenze scientifiche riguardanti i benefici della riabilitazione respiratoria in numerose patologie [7]. Nel 1989 è stata fondata l’Associazione Riabilitatori dell’Insufficienza Respiratoria (ARIR), associazione non a scopo di lucro con sede presso l’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda a Milano, i cui obiettivi sono la diffusione della pratica della fisioterapia e riabilitazione respiratoria e la promozione della formazione, dell’aggiornamento e dello sviluppo professionale del FT con specifiche competenze in ambito respiratorio [8]. L’interesse verso la fisioterapia respiratoria è documentato dal numero di pubblicazioni contenenti la parola chiave Respiratory Therapist, che negli anni precedenti al 2000 era intorno ai 100 per anno ed è arrivato a triplicarsi nel 2014. Negli Stati Uniti, i RTs sono fra le professioni sanitarie più in crescita e ci si aspetta, secondo stime ufficiali, un incremento del 28% nel numero di professionisti dal 2010 al 2020 [9]. Parallelamente alla crescente richiesta di specializzazione, si è verificata una cospicua evoluzione dei percorsi formativi universitari e post-universitari volti a sviluppare le competenze dei FT nell’ambito respiratorio. Negli Stati Uniti i percorsi formativi per RTs prevedono il conseguimento di un associate degree e di un bachelor degree (paragonabile alla nostra laurea magistrale) in Respiratory Therapy [9]. In Italia e in molti Paesi europei la figura del fisioterapista respiratorio non esiste a livello istituzionale, ma questo ruolo viene assunto da FT che abbiano specifiche competenze in ambito cardiorespiratorio, in grado di fornire assistenza sia in fase acuta sia cronica, di eseguire appositi test di valutazione funzionale clinici e strumentali e di operare avvalendosi di apparecchiature e tecniche specifiche. Nel nostro Paese esistono ora percorsi specifici di specializzazione post-laurea, come il master di primo livello in Fisioterapia e Riabilitazione Respiratoria. Uno sforzo internazionale è attualmente in corso al fine di definire quali siano le competenze specifiche richieste ai FT respiratori. L’American Association for Respiratory Care ha cercato di definire le necessità formative e le aree di competenza del RT attraverso una serie di report e conferenze intitolate 2015 and Beyond [1,10]. In Europa, la European Respiratory Society sta attualmente portando avanti un progetto (HERMES project for Respiratory Therapy) con l’obiettivo di sviluppare un programma formativo post-laurea comune per i FT Respiratori europei [11]. Alla luce della continua evoluzione di questo settore sanitario, appare ora più che mai interessante descrivere lo stato attuale della Riabilitazione Respiratoria italiana. Scopo del presente lavoro è stato quello di svolgere, mediante un questionario appositamente strutturato, un’indagine fra i FT che hanno partecipato al III Congresso Internazionale di Fisioterapia e Riabilitazione Respiratoria, al fine di identificarne le caratteristiche, le competenze CORRISPONDENZA PAROLE CHIAVE KEYWORDS Carla Simonelli [email protected] Fisioterapista respiratorio, Ruolo, Italia, Questionario. Respiratory therapist, Physiotherapist, Italy, Role, Survey. 12 Rivista Italiana di Fisioterapia e Riabilitazione Respiratoria Gennaio-Aprile 2016 • Numero 1 cliniche, le attività di ricerca e di formazione, e descrivere le differenze esistenti nell’offerta delle diverse strutture in cui si pratica la riabilitazione respiratoria in Italia. Metodi Gli autori hanno stilato una prima versione del questionario, che è stata successivamente sottoposta a revisione da parte dei membri della redazione della rivista ARIR e da due Fisioterapisti esperti. Ogni definizione, domanda e sezione è stata modificata al fine di garantire che la versione finale del questionario potesse accuratamente raccogliere i dati sulle attività praticate in ogni campo della riabilitazione respiratoria. La versione finale è stata infine approvata da tutti gli autori. Il questionario ha incluso domande in merito ai dati anagrafici del FT (età, sesso, anni di lavoro totali e in ambito respiratorio, titolo di studio) e alle caratteristiche della struttura lavorativa in cui il FT esercita (tipo di struttura, attività settimanale). Inoltre, sono stati indagati: 1. l’organizzazione e le attività svolte presso la struttura in cui i FT esercitano la professione (tipologia di pazienti trattati, esistenza di percorsi post-dimissione, setting lavorativo principale, responsabile del servizio, grado di autonomia e attività cliniche eseguite dal FT); 2. le attività di ricerca e formazione (tipo di attività formative e di ricerca eseguite, stima delle attività basate su evidenze scientifiche, mezzi utilizzati per la formazione, collaborazione alla scrittura di articoli); 3. la necessità di certificazione e riconoscimento delle competenze proprie del fisioterapista respiratorio (bonus salariali, motivi d’interesse nella Fisioterapia Respiratoria, proposte per il riconoscimento professionale). I questionari sono stati distribuiti a tutti i partecipanti durante il III Congresso dell’ARIR che si è tenuto a Rimini (RN) nel marzo 2016, insieme a una breve introduzione esplicativa. I questionari completati sono stati raccolti prima della conclusione del congresso al banco dell’accettazione. La ricerca è stata sostenuta economicamente da ARIR. Tutti i dati sono stati raccolti in forma anonima e inseriti in un database elettronico attraverso Office Excel (Microsoft, Redmond, Washington DC, USA). Soltanto i questionari compilati da FT che esercitano in Italia sono stati considerati per l’analisi. Questionari compilati da Medici o da Fisioterapisti che esercitano all’estero sono stati esclusi. Risultati Sono stati somministrati 197 questionari, pari al numero di partecipanti regolarmente iscritti al congresso e ne sono stati restituiti 139, con un tasso di risposta pari al 70%. Due questionari sono stati esclusi perché compilati da medici e due perché compilati da FT non operanti in Italia. I questionari considerati per l’analisi finale sono stati quindi 135. Il campione che ha risposto al questionario ha un’età media pari a 40 anni (età minima 22, età massima 60 anni), ed è prevalentemente di sesso femminile (n = 108). Gli anni di servizio dichiarati sono compresi in un range tra 1 e 37 anni con una media di circa 16,6 anni, di cui 10,6 anni (range da 0 a 30 anni) dedicati in modo specifico all’ambito respiratorio. 76 intervistati hanno affermato di possedere la laurea triennale in Fisioterapia e 51 il diploma universitario in Fisioterapia. Sul totale, il 51% (n = 70) degli intervistati sono in possesso di ulteriori titoli post-laurea: in particolare 49 hanno conseguito il master di primo livello in Fisioterapia e Riabilitazione Respiratoria, 18 altri master di primo livello, 12 la laurea specialistica/magistrale, 2 un master di secondo livello, e un solo partecipante ha conseguito il dottorato di ricerca. Organizzazione e attività presso la struttura in cui i FT esercitano la professione Il 55% (n = 75) degli intervistati esercita la professione in ospedali pubblici; il 30% (n = 40) in ospedali privati convenzionati con il Servizio Sanita- rio Nazionale, il 7% (n = 10) in studi privati, il 4% (n = 6) in ospedali riabilitativi, mentre quattro lavorano in residenze socio-assistenziali, tre in cooperative, due in ospedali privati e uno in un servizio territoriale (CAD distretto). Sei FT esercitano la professione in più tipologie di struttura. I giorni lavorativi settimanali sono 5 su 7 per 70 intervistati (52%) e 6 su 7 per 49 professionisti (36%), in entrambi i casi con presenza soltanto diurna. La presenza diurna 7 giorni su 7 è garantita da 13 FT (10%), mentre 2 garantiscono una presenza 7 su 7 anche notturna. La tipologia di pazienti trattati dai FT è illustrata nella Figura 1. Per quanto riguarda il setting in cui viene svolta l’attività lavorativa, su 133 risposte pervenute, 78 indicavano più di un’opzione. Il 59% (n = 79) degli intervistati ha indicato di lavorare in reparto, il 37% (n = 50) in palestra, il 27% (n = 36) in ambulatorio, il 24% (n = 32) in area critica e infine il 10% (n = 14) al domicilio. L’autonomia professionale che i FT intervistati ritengono di avere è riportata in Figura 2. Il Responsabile del Servizio in cui lavorano i FT interrogati è per il 37% (n = 49) dei casi il medico fisiatra; per il 36% (n = 47) lo specialista in area cardio-respiratoria; per il 14% (n = 18) il dirigente di servizio; per il 12% (n = 16) un altro medico specialista, in particolare in pediatria (n = 8), geriatria (n = 3), medicina interna (n = 2), cardiochirurgia (n = 1), gastroenterologia (n = 1) e medicina sportiva (n = 1). In tre questionari la risposta era mancante. Per il 55% (n = 72) degli intervistati il paziente con patologia respiratoria viene seguito esclusivamente dal FT che si occupa sia degli aspetti respiratori sia delle problematiche motorie, neurologiche ed altro. Il 29% (n = 39) degli intervistati gestisce esclusivamente gli aspetti strettamente legati alla patologia respiratoria e, infine, nel 15% (n = 20) dei casi il paziente è preso in carico da un team multidisciplinare che comprende il FT respiratorio, che si occupa degli aspetti respiratori, e da altri colleghi con diverse specializzazioni. Anche in questo caso, tre FT non hanno risposto alla domanda. Gennaio-Aprile 2016 • Numero 1 Rivista Italiana di Fisioterapia e Riabilitazione Respiratoria 13 Altro 1; 0,75% Ambito chirurgico 13; 9,7% Altre patologie non incluse quelle respiratorie 2; 1,5% 41; 30,8% Qualsiasi tipo di patologia Patologie respiratorie e neurologiche 33; 24,8% Patologie respiratorie e cardiologiche 28; 21,0% Esclusivamente patologie respiratorie 29; 21,8% 0 10 20 30 40 50 Figura 1 Risposta alla domanda: “Quali pazienti tratta nella sua pratica quotidiana?”. I dati espressi indicano il numero di FT che hanno barrato l’opzione indicata e la percentuale sul totale dei FT che hanno risposto al quesito (n = 133). Autonomia alta: il FT esegue valutazione iniziale e finale del paziente, definisce il programma riabilitativo individuale, collabora nella scelta di ventilatori e devices. 12,9% 13,10% 60,46% 46,35% Autonomia parziale: il FT esegue valutazione iniziale e finale del paziente, definisce il programma riabilitativo individuale. Il medico sceglie ventilatori e devices. Autonomia bassa: il medico definisce il programma riabillitativo individuale. Il medico sceglie ventilatori e devices. Altro: il medico definisce il programma riabillitativo individuale, il FT sceglie i devices. Figura 2 Risposta alla domanda: “Che grado di autonomia decisionale presenta il fisioterapista Respiratorio all’interno della sua azienda?”. I dati espressi indicano il numero di FT che hanno barrato l’opzione indicata e la percentuale sul totale di risposte pervenute (n = 131). Una presa in carico post-dimissione è presente saltuariamente nel 50% (n = 66) dei casi, costantemente nel 14% (n = 19) dei casi, mentre non esiste alcun percorso post-dimissione nel 36% (n = 47) dei casi. Quando presente, essa comprende la gestione in regime di day-hospital, ambulatoriale o macro-ambulatoriale per 64 intervistati; percorsi di assistenza e/o monitoraggio domiciliare per 30 intervistati; percorsi strutturati di telemedicina in 5 casi. Tre FT non hanno indicato alcuna risposta. Le attività specialistiche svolte presso la realtà lavorativa degli intervistati sono illustrate nella Figura 3. 14 Attività di ricerca e formazione Secondo le 132 risposte pervenute (89 rispondenti hanno selezionato più opzioni), l’attività di formazione svolta nella propria pratica professionale ha rivelato che l’86% (n = 114) degli intervistati partecipa a corsi ECM aziendali di aggiornamento e formazione professionale con revisione di letteratura; il 51% (n = 68) è assistente di tirocinio di studenti universitari; il 48% (n = 63) partecipa attivamente a congressi scientifici come relatore o per presentare poster o comunicazioni; il 32% (n = 48) svolge attività di docenza a corsi Rivista Italiana di Fisioterapia e Riabilitazione Respiratoria Gennaio-Aprile 2016 • Numero 1 ECM e durante altre attività formative; il 21% (n = 28) svolge attività di docenza in università. Inoltre, 3 professionisti hanno indicato alla voce “altro” modalità formative quali family learning e relatori di tesi. Per quanto riguarda le attività di ricerca, solo il 55% (n = 75) dei professionisti ha indicato almeno una delle opzioni elencate (e tra questi in 41 casi è stata scelta più di una opzione). Fra coloro che hanno risposto, il 68% (n = 51) ha presentato poster in congressi; il 61% (n = 46) ha partecipato alla parte operativa di studi clinici; il 37% (n = 28) ha collaborato alla scrittura di protocolli di ricerca e studi randomizzati controllati (sul totale, tale dato è pari al 21% dei FT); l’8% (n = 11) ha partecipato a gruppi di consenso o stesura di documenti di indirizzo/linee guida; il 7% (n = 9) collabora con riviste scientifiche e alla revisione di articoli. Inoltre, 5 intervistati hanno aggiunto alla voce “altro” attività quali raccolta dati di struttura e gruppi di miglioramento/lavoro. In merito invece alla collaborazione nella stesura e pubblicazione di articoli scientifici, dei 128 intervistati che hanno risposto (dei quali 19 hanno indicato più opzioni), il 51% (n = 65) ha dichiarato di non aver mai collaborato a queste attività; il 34% (n = 44) ha lavorato a studi osservazionali o case report, il 18% (n = 23) ad articoli divulgativi o expert opinion e infine il 15% (n = 19) ha collaborato alla scrittura di studi randomizzati controllati e/o meta-analisi. 133 intervistati hanno indicato i metodi utilizzati per la propria crescita professionale. Il 94% (n = 125) partecipa a corsi di formazione ECM residenziali e il 90% (n = 120) a convegni. A seguire, il 79% (n = 105) consulta articoli scientifici in inglese, il 60% (n = 80) in italiano; il 64% (n = 85) si confronta con colleghi più esperti, il 61% (n = 81) consulta libri e il 38% (n = 51) utilizza una ricerca generica su motori di ricerca online. La Figura 4 descrive il giudizio dei rispondenti (n = 123) riguardo alla percezione che il proprio operato quotidiano sia supportato da evidenze scientifiche. 105; 78,9% Auscultazione Utilizzo scale di misura della dispnea 109; 81,9% 63; 47,3% Valutazione forza muscoli scheletrici 26; 19,5% Valutazione deglutizione 68; 51,1% Valutazione efficacia della tosse 102; 76,6% Educazione terapeutica 81; 60,9% Addestramento terapia aerosolica 22; 16,5% Esecuzione PSG/MCR 20; 15,0% Esecuzione EGA 59; 44,3% Valutazione forza muscoli respiratori 58; 43,6% Esecuzione PFR 42; 31,5% Allenamento muscoli respiratori 85; 63,9% Tracheo/broncoaspirazione 70; 52,6% Gestione cannula tracheostomica 43; 32,3% Respirazione diaframmatica 96; 72,1% Esecuzione test da campo 26; 19,5% Esecuzione test da sforzo 33; 24,8% Allenamento allo sforzo con NIV 68; 51,1% Allenamento allo sforzo ad alta intensità 51; 38,3% Svezzamento da VMI 66; 49,6% Adattamento NIV 120; 90,2% Disostruzione bronchiale con tecniche manuali 95; 71,4% Disostruzione bronchiale con ausili 0 20 40 60 80 100 120 Figura 3 Risposta alla domanda: “Quali di queste attività specialistiche svolge presso la realtà in cui lavora?”. I dati espressi indicano il numero di intervistati che hanno barrato l’opzione indicata e la percentuale sul totale dei FT che hanno risposto al quesito. Era possibile fornire più di una risposta. Legenda: PSG = polisonnografia; MCR = monitoraggio cardio-respiratorio; EGA = emogasanalisi; PFR = prove di funzionalità respiratoria; NIV = ventilazione non invasiva; VMI = ventilazione meccanica invasiva. Necessità di certificazione e riconoscimento delle competenze La Figura 5 descrive la percentuale di FT che dichiara di percepire una maggiorazione di stipendio legata alle proprie competenze in ambito respiratorio. L’indagine relativa ai motivi di interesse nei confronti della Fisioterapia Respiratoria ha rivelato che, secondo le 130 risposte pervenute dove erano possibili risposte multiple, per il 74% (n = 96) degli intervistati esso traeva origine da un interessamento personale, per il 43% (n = 56) dalla richiesta della struttura lavorativa e per il 20% (n = 26) dalla crescita nel tempo di questa casistica di pazienti. 6; 5% 38; 31% 31; 25% 5; 4% 47; 39% 129; 96% EBM 20% EBM 60% SÌ EBM 40% EBM 80% NO Figura 4 Opinione dei FT in merito alla percentuale approssimativa del loro operato giornaliero supportato dalla letteratura scientifica. I dati espressi indicano il numero di FT che hanno barrato l’opzione indicata e la percentuale sul totale di risposte pervenute. Legenda: EBM = Evidence Based Medicine. Figura 5 Risposta alla domanda: “Percepisce una maggiorazione dello stipendio in quanto fisioterapista respiratorio?”. I dati espressi indicano il numero di FT che hanno barrato l’opzione indicata e la percentuale sul totale delle risposte ottenute. Gennaio-Aprile 2016 • Numero 1 Rivista Italiana di Fisioterapia e Riabilitazione Respiratoria 15 Tabella 1 Risposta alla domanda: “In che modo pensa che la figura del fisioterapista respiratorio possa ottenere una valorizzazione delle proprie competenze?”. I dati espressi indicano il numero di FT che hanno barrato l’opzione indicata, la % sul totale del campione indagato e le eventuali indicazioni ulteriori aggiunte alla voce “altro”. Nr. (%) Costruzione di percorsi strutturati di specializzazione post-laurea 25 (18%) Associazione a società scientifiche e di categoria 1 Entrambe le precedenti 97 (72%) Altro 4 (3%) Non risponde 8 (6%) Le risposte illustrate in Tabella 1 indicano, infine, il parere dei FT indagati in merito a ciò che potrebbe essere utile per ottenere una valorizzazione delle proprie competenze. Discussione La presente indagine descrive in modo dettagliato la realtà lavorativa dei fisioterapisti respiratori italiani che hanno partecipato al III Congresso Internazionale di Fisioterapia e Riabilitazione Respiratoria, mostrando competenze cliniche, scientifiche e culturali di alto livello. Sono emerse inoltre diverse peculiarità. 16 Ulteriori dettagli 5 intervistati aggiungono: > istituire l’albo professionale; > avviare un percorso di riconoscimento giuridico; > divulgare le competenze dei FT tra la popolazione; > riorganizzare le lezioni del Corso di Laurea; > non avere medici fisiatri come responsabili. 6 intervistati aggiungono: > istituire l’albo professionale; > strutturare equipe multidisciplinari e in rete; > possibilità di eseguire tirocini presso strutture organizzate; > creazione di gruppi di interesse specifico; > rendere consapevoli medici fisiatri delle competenze dei FT; > avviare un percorso di riconoscimento giuridico. In particolare, aggiungono: > istituire l’albo professionale; > ottenere il riconoscimento istituzionale del titolo; > inserire corsi direttamente nel Corso di Laurea triennale. L’estensione dell’orario lavorativo Dal sondaggio appare che ancora più del 50% delle strutture prevede genericamente il FT presente solo dal lunedì al venerdì e nelle ore diurne. Da molti anni e con sempre maggiore forza specialisti medici e non cercano di evidenziare la necessità di una diversa organizzazione delle strutture pubbliche o private che si occupano in regime di ricovero della gestione di pazienti con patologia respiratoria sia in fase acuta sia post acuta. La richiesta, a più voci, è quella della presenza del FT respiratorio anche nei festivi, almeno nelle ore diurne, meglio se anche in quelle notturne Rivista Italiana di Fisioterapia e Riabilitazione Respiratoria Gennaio-Aprile 2016 • Numero 1 [12]. Confrontando i vari dati, rileviamo che la stessa percentuale lavora in ospedali pubblici e in reparto (55% e 59% rispettivamente), mentre meno del 30% segue aree critiche. L’interpretazione di questi dati non è univoca, si potrebbe ipotizzare che la maggior parte dei FT che hanno un interesse specifico per l’ambito respiratorio lavorino in reparti ospedalieri (di riabilitazione? pneumologia o medicine?). Si potrebbe inoltre supporre che i pazienti vengano seguiti nei fine settimana e nei giorni festivi dagli infermieri, o che semplicemente si interrompa ogni tipo di intervento nell’ipotesi che ciò non abbia alcun tipo di conseguenze, oppure che il FT addestri un caregiver o il paziente stesso all’autogestione della terapia, almeno in un contesto non acuto. La tipologia dei pazienti trattati Osservando la Figura 1, sommando la percentuale di FT che svolgono attività respiratoria o cardio-respiratoria e confrontandola con coloro che si occupano anche di altre patologie, appare che nel 32% dei casi la gestione del paziente è di tipo non specifico, ma che il 67,6% dei FT segue soltanto le problematiche respiratorie in pazienti con patologia neurologica, post chirurgici o con patologia respiratoria. Negli ultimi anni si va sempre più identificando la necessità di avere dei professionisti specializzati nelle singole discipline [13], siano esse respiratorie, neurologiche o ortopediche, e questo dovrebbe presupporre una diversificazione nella tipologia di pazienti seguiti. Questo sondaggio mostra una realtà almeno in parte in evoluzione positiva. Tra il 2004 e 2005 ARIR propose un sondaggio aperto a tutte le strutture riabilitative e ai FT che erano intenzionati a rispondere, indipendentemente dall’interesse specifico. In esso si evinceva che la percentuale di FT con preparazione specifica in ambito respiratorio era irrisoria [13]. Oggi, in molte realtà, esistono FT con specifiche competenze respiratorie, e sempre più istituzioni cercano questo tipo di professionisti. Non è possibile confrontare le percentua- li di questo sondaggio con quello di ARIR del 2004 per l’eccessiva diversità del campione, ma sarà interessante in futuro approfondire le informazioni ottenute. Le basi culturali e la partecipazione all’attività scientifica Osservando il titolo di studio dichiarato dagli intervistati, si nota che il 57,8% dei FT intervistati possiede riconoscimenti post laurea triennale (dato ottenuto dalla somma dei FT che hanno conseguito la laurea specialistica o un qualunque master). In un’indagine svolta da Fabbri nel 2014, attraverso un questionario inviato via e-mail a tutti gli iscritti alla mailing list di Arir, tale percentuale era pari al 40,7% degli intervistati [14]. Sebbene le due indagini siano state condotte su campioni diversi della popolazione di FT, ciò potrebbe comunque riflettere un incremento della percentuale di FT che hanno conseguito titoli post-laurea. Sembra anche che la figura del FT in generale e di quello respiratorio in particolare stiano lentamente acquisendo maggiore autonomia e responsabilità, come affermato dal 60,6% che, come mostrato dalla Figura 2, ha dichiarato di avere più competenze anche formali. Ci sembra un’immagine promettente e in evoluzione, per quanto il confronto con molte realtà europee sia ancora frustrante. Nel 2004, Lazzeri e coll parlavano di “un processo evolutivo costante, generato da una sorta di fermento scientifico e culturale” [15], e della necessità di definire nuovi percorsi formativi sia in ambito universitario che post laurea; oggi vediamo l’evoluzione avvenuta con percorsi universitari meglio organizzati, e con riconoscimenti post laurea sia di primo sia di secondo livello. Ora che formalmente ci sono state molte modifiche positive, spetta ai professionisti e alle organizzazioni e strutture sanitarie cambiare e rinnovarsi. Per quanto riguarda l’attività scientifica, sembra essere svolta da una percentuale comunque bassa di FT, poiché solo il 55% ha risposto alla domanda in merito alle attività di ricerca svolte e il 51% ha affermato di non aver mai partecipato alla stesura di un articolo scientifico. Tuttavia, fra coloro che si occupano di ricerca, sono comunque discrete le percentuali di FT che partecipano operativamente alla realizzazione di studi clinici (più del 60%), e che hanno collaborato alla scrittura e pubblicazione di studi randomizzati controllati e metanalisi (fra il 15 ed il 21%). La tipologia di attività svolte Il panorama è molto eterogeneo. Solo una percentuale compresa tra il 24,8 e il 49,6% si occupa in qualche modo di ventilazione invasiva e/o non invasiva, includendo lo svezzamento da ventilazione invasiva, l’adattamento alla ventilazione non invasiva e l’utilizzo durante l’esercizio fisico; parallelamente si evidenzia un percorso ancora lungo da fare se si considera che il 30% dei colleghi propone ancora oggi ai propri pazienti la respirazione diaframmatica, pur con l’inconsistenza del razionale ormai largamente dimostrata [16,18]. Inoltre, il 30% degli intervistati ritiene che oltre metà dell’attività svolta quotidianamente non sia basata su evidenze scientifiche. È tuttavia da sottolineare che più del 70% consulta letteratura scientifica in inglese. Il contesto organizzativo Dal punto di vista amministrativo sono emerse mancanze nel riconoscimento formale della professione, probabilmente poiché la figura del fisioterapista respiratorio non ha alcun riconoscimento giuridico e non sono attualmente richiesti titoli di studio specifici per lavorare in ambito respiratorio, nonostante vengano richieste competenze specifiche. Meno di un terzo dei FT intervistati ha conseguito il master in Fisioterapia e Riabilitazione Respiratoria dopo la laurea di primo livello, dato che è in linea con l’indagine svolta da Fabbri [14]. Pochissimi FT hanno uno stipendio diverso in quanto professionisti specializzati. Il 49% del campione lavora in reparti gestiti da fisiatri o comunque da medici non specialisti del settore cardio-respiratorio, mentre in minoranza sono i FT dirigenti di servizio o di area. Un’esigua minoranza del campione lavora nei festivi, e non è comunque possibile stabilire se ciò sia dovuto a scelte amministrative non collegate alla tipologia di pazienti trattati, oppure se sia proprio per dare continuità al processo di recupero o di mantenimento della condizione conquistata. I percorsi post-dimissione Solo il 14% dei pazienti ha accesso ad un percorso post-dimissione strutturato al domicilio, in day-hospital o in telemedicina, nonostante la letteratura abbia ormai specificato in modo risoluto la necessità di proseguire il percorso e di seguire l’evoluzione fino a modifiche sostanziali dello stile di vita nel caso di patologie respiratorie croniche, sia di tipo ostruttivo sia restrittivo [17,18]. Sebbene circa l’80% degli intervistati si occupi anche di dare dei supporti educazionali, l’impressione è che manchi un’organizzazione di dimissione protetta nella maggior parte dei casi o che non sia considerato fondamentale un follow-up. Limitazioni dello studio Il sondaggio proposto evidenzia dei limiti legati alla validità di costrutto ed esterna dello studio, poiché ha visto come protagonisti un gruppo di FT che partecipavano in modo autonomo e per interesse personale ad un congresso sulla riabilitazione e fisioterapia respiratoria. Il campione quindi risulta peculiare, e non rappresentativo di tutta la classe dei FT italiani. Conclusioni Il panorama della fisioterapia sembra vada verso una continua specializzazione dei ruoli e delle competenze, con un’evoluzione che appare spinta dagli stessi fisioterapisti più che voluta dalle istituzioni. Sono sempre di più i fisioterapisti che cercano di approfondire le proprie conoscenze di base con percorsi postlaurea e che mostrano autonomia e competenza nella gestione di situazioni anche complesse. Questo sondaggio ci permette di favorire delle riflessioni sul percorso fatto e soprattutto su quello ancora da fare. La legge 251 del 2000 e quelle seguite nel 2004 hanno dato al fisioterapi- Gennaio-Aprile 2016 • Numero 1 Rivista Italiana di Fisioterapia e Riabilitazione Respiratoria 17 sta maggiore autonomia, ma anche maggiori responsabilità; i percorsi universitari appaiono oggi rispondere meglio alle richieste formative e quelli post-universitari sono finalmente una realtà. Tuttavia, la percentuale di professionisti con riconoscimenti specifici è ancora troppo bassa e in ogni ambito sarebbe auspicabile aumentarla. Tutto questo si scontra con scelte amministrative e organizzative che mostrano ancora un certo ritardo nell’adeguarsi alle nuove realtà, in un contesto formale che non riconosce ancora la specializzazione del fisioterapista non solo respiratorio, ma anche neuromotorio. Sarebbe molto interessante, in un prossimo futuro, che le informazioni fornite in questo sondaggio potessero avere un riscontro in un campione più ampio, ripetendolo negli istituti di riabilitazione e negli ospedali per acuti. La figura del fisioterapista respiratorio sembra essere sempre più ricercata, ma ancora non ci sono conseguenze reali nelle scelte delle amministrazioni o degli organi che hanno la facoltà di apportare sostanziali modifiche legali e formali. Per quanto concerne i professionisti rileviamo ancora, come in passato, un crescente entusiasmo verso questa realtà, pur con i limiti e gli ostacoli tuttora presenti. 18 Bibliografia [1] Kacmarek RM, Durbin CG Jr, Barnes TA, Kageler WV, Walton JR, O’Neil EH. Creating a vision for respiratory care in 2015 and beyond. Resp Care 2009;54(3):375-389. [2] Rochester CL, Vogiatzis I, Holland AE, Lareau SC, Marciniuk DD, Puhan MA, Spruit MA, et al. 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