Green Economy - ricerca sulla nautica - Starnet

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Green Economy - ricerca sulla nautica - Starnet
Ricerca Nautica
Viareggio 13 dicembre 2010
Club Nautico Versilia
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La nautica italiana, più di altri settori, sembra aver capito che la sostenibilità ambientale,
insieme alla tecnologia, all’estetica e alla funzionalità dei prodotti, rappresenta oggi un fattore
di differenziazione in grado di costruire un nuovo vantaggio competitivo sui mercati
internazionali. Un approccio, questo, adottato da anni dalle grandi imprese che si rivolgono ad
una fascia alta di mercato che apprezza e chiede sempre più prodotti le cui prestazioni, dal
punto di vista della sostenibilità ambientale, siano un fattore di distinzione. Questo fenomeno
sta lentamente interessando anche le aziende che producono unità di taglio inferiore, rivolte
ad una clientela più numerosa ma meno facoltosa, che ancora non riconosce nella
sostenibilità un valore aggiunto.
Nel complesso, in questi anni, il settore ha sviluppato un’attenzione a 360° sul tema, dal punto
di vista dei processi industriali, da quello dei prodotti e, recentemente, si sta concentrando
sugli aspetti legati al ciclo di vita.
Questa nuova sensibilità ambientale del settore nautico è testimoniata, innanzitutto, dalla
crescita del periodo di vita delle imbarcazioni in circolazione. Complice la crisi
economica, all’acquisto di una nuova imbarcazione, oggi, molti appassionati preferiscono
investire nella ristrutturazione e nell’adeguamento d’imbarcazioni usate, realizzate, a volte,
anche con finalità diverse da quelle delle navi da diporto. Tradizionalmente, al settore del
“refit & repair” dei grandi yacht fanno capo tutte le operazioni che vanno dalla semplice
manutenzione ordinaria ad una serie di attività che comprendono sia la modifica estetica, sia
quella strutturale dell’imbarcazione. A fronte di un’evidente flessione della produzione di nuovi
yacht, l’ambito cantieristico del “refit & repair” gode oggi non solo di ottima salute, ma viene
riconosciuto da più parti come il settore dell’industria dei superyacht in grado di garantire
stabilità e sicurezza economica ai settori chiave 1 di questa industria, almeno per la prossima
decade.
Altra tendenza che sta prendendo piede nel settore nautico è quella legata alla realizzazione
di navi sempre più leggere, in grado di assicurare pari prestazioni e una riduzione del
consumo energetico. Questo processo è noto come dematerializzazione, ossia la
riduzione dei materiali utilizzati e, in senso più ampio, del superfluo. Questo comporta non solo
la diminuzione degli arredi e l’utilizzo di materiali sempre più innovativi e leggeri, ma anche
l’ottimizzazione dell’impiantistica. Mentre la velocità ha perso gradualmente importanza tra i
criteri che guidano le scelte di acquisto di prodotti nautici, la riduzione degli sprechi e dei costi
e una maggiore attenzione ambientale sono fattori che, al contrario, hanno accresciuto la loro
influenza.
Tuttavia, la novità più grande che sta rivoluzionando la progettazione delle imbarcazioni è la
modularità. Progettisti e designer sono sempre più impegnati nella realizzazione di una
gamma di prodotti innovativi basati sul concetto della trasformabilità, grazie a cui su uno
stesso scafo è possibile costruire diversi modelli di barca. La modularità fa in modo che questi
cambiamenti si possano effettuare in qualsiasi momento: è così possibile cambiare la propria
barca senza sostituirla, per soddisfare il desiderio di rinnovarla o di adeguarla alle diverse
esigenze e limitazioni ambientali. Questo innovativo processo permette di ottimizzare le
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Si riconoscono come settori chiave dell’industria dei grandi yacht il management, il design e la progettazione, la
provveditoria di bordo, la fornitura e subfornitura e di riflesso tutte le attività di carattere gestionale ed amministrativo
connesse a questo mercato.
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risorse e gli investimenti nello stesso modo in cui, nel settore dell’auto, uno stesso telaio viene
impiegato per diverse vetture. Lo sviluppo dell’approccio modulare porta a dei mutamenti
anche nell’organizzazione dei processi, oltre che nella concezione dei prodotti. In questo caso,
l’obbiettivo diventa progettare e realizzare barche la cui manutenzione può essere eseguita
attraverso interventi parcellizzati, piuttosto che ricorrere ad interventi di maggiore portata. Ma
non è tutto: la modularità è applicata alle fasi di manutenzione a 360 gradi, al punto che oggi si
parla di refitting modulare, grazie a cui l’imbarcazione viene riadattata per accogliere
nuove componenti concepite secondo il principio della modularità. Questa opportunità
favorisce la compravendita dell’usato perché rende possibile, anche a distanza di anni,
modificare ogni versione di barca in un’altra. Questo approccio innovativo va a vantaggio dei
cicli di smaltimento e non solo. Standardizzando i processi di costruzione e manutenzione
delle navi, il settore nautico si avvia a compiere una trasformazione di rilievo, caratterizzata da
una diminuzione del grado di artigianalità dei processi produttivi, a vantaggio di una maggiore
industrializzazione degli stessi. Produrre secondo un approccio modulare rende possibile il
monitoraggio e la conoscenza minuziosa delle componenti impiegate, del loro peso, della
quantità e tipologia di materia utilizzata. Avere a disposizione questo tipo di informazioni è
fondamentale per procedere nello smaltimento delle imbarcazioni. Ad oggi, il riutilizzo dei
materiali di scarto presenta ancora alcune significative difficoltà, nonostante molti siano i
progetti mirati a sviluppare la tecnologia necessaria a procedere nel fine vita dei prodotti. Per
fare un esempio, di particolare interesse è il progetto ELB (End Life Boat) promosso da
UCINA-Confindustria nautica2, finalizzato ad affrontare in chiave green l’intero ciclo di
vita dei prodotti, implementando la dismissione sostenibile delle imbarcazioni in disuso e
prevedendo, per le unità nautiche di prossima progettazione, la possibilità di individuare
processi realizzativi in grado di favorire il riciclo attraverso l’adozione di criteri di design for
re-cycling, analogamente a quanto già praticato in altri settori, come quello automobilistico.
In questo ambito, il problema principale del settore rimane quello legato al fine vita dei prodotti
in FRP: questo materiale è, di fatto, quello di maggiore rilevanza quantitativa all'interno di unità
e stampi, da 50 anni a questa parte. Il progetto si pone l’obbiettivo di trovare soluzioni
innovative per il riciclo del FRP, grazie a due brevetti realizzati da ricercatori italiani e
sperimentati all'interno dell'ICTP (Istituto di Chimica e Tecnologia dei Polimeri) del CNR di
Pozzuoli: il “Polyfem” ed il “Cold Plast”, basati entrambi sul criterio del WSMC - Waste Sheet
Moulding Compound, tecnologia utilizzata per i vantaggi ottenuti sia nei tempi di produzione,
sia nella qualità e complessità ottenuta nella realizzazione degli stampi. Più nello specifico, il
progetto consiste nello sviluppo di due piattaforme industriali: una per il disassemblaggio delle
unità nautiche, l’altra per la trasformazione e valorizzazione dei materiali in FRP da esso
risultanti. Per quanto riguarda quest'ultima piattaforma, il brevetto “Cold Plast” consente di
trattare anche altri materiali provenienti da diversi tipi di industrie. In particolare si potranno
sviluppare rapporti sinergici con i comparti dei produttori di imballaggi in polistirolo e/o di altri
manufatti in FRP. “Cold Plast” prevede la miscelazione di vari tipi di polveri o sabbie,
attraverso il frizionamento a base d'acqua e a freddo, con la sola aggiunta di una piccola
percentuale di cellulosa naturale come legante. Tale processo consentirà la produzione di altri
materiali, in forma di pellets e fogli, da usare per la realizzazione di nuovi manufatti. Un
processo di tipo fisico, quindi, che non provocherà alcun impatto ambientale. Un esempio di
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Associazione che raccoglie circa 500 aziende operanti nel settore del diporto.
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ciclo virtuoso volto a ridurre l’eccessivo sfruttamento delle materie prime, a favorire il riciclo
delle materie prime-seconde e le sinergie tra la filiera della nautica ad altri comparti produttivi.
Ma i costi del disassemblaggio sono, ad oggi, elevati. Questo induce molti addetti del settore a
considerare il riciclo della vetroresina economicamente insostenibile. Secondo alcuni
consiglieri di UCINA3, il problema relativo ai costi potrebbe essere superato facendo ricorso ad
un’assicurazione emessa al momento dell’acquisto, sufficiente a finanziare il processo di
trasformazione, senza gravare in modo eccessivo sull’acquirente.
Ad ogni modo, la questione centrale che al momento rimane irrisolta è che per la maggior
parte delle componenti e dei materiali utilizzati nella costruzione delle imbarcazioni, ad oggi,
non risultano utenze e/o settori merceologici che richiedono i materiali impiegati. Pertanto,
mancando la domanda, ad essere messa in discussione è la sostenibilità industriale del riuso.
È per questo che l’applicazione della modularità e l’avanzamento nel processo di
industrializzazione che essa comporta possono svolgere un ruolo determinante in questa fase,
incidendo a monte sulle scelte dei materiali e delle componenti da utilizzare nella costruzione
delle imbarcazioni da diporto, tenendo conto delle domande di mercato già esistenti.
Tra i territori impegnati nello sviluppo della modularità, troviamo la Toscana, dove una decina
di soggetti operativi nel settore della nautica ed in settori ad essa potenzialmente affini, si sono
messi in rete per condividere le proprie esperienze e competenze nella realizzazione del
progetto So Main, cofinanziato dalla Regione e coordinato da Navigo, Centro di
Innovazione e Sviluppo della Nautica Toscana. L’obiettivo generale di So Main è rafforzare la
competitività della filiera puntando su un approccio modulare e su principi di eco design,
entrambe strategie rivolte al ciclo di vita delle unità da diporto. L’ambito di operatività del
progetto, per il quale si prevede un investimento di 1,8 mln di euro in due anni, è regionale e i
luoghi di svolgimento sono le cinque province costiere toscane. So Main si articola in quattro
obbiettivi operativi. In primis, vuole arrivare ad una gestione per moduli dell’intero ciclo di vita
di ciascun materiale, componente, parte e sottosistema dell’unità da diporto, con il risultato di
poter, ad esempio, adottare forme di gestione programmata (cd. “Design for Disassembling”),
sia nella fase della costruzione, sia nell’utilizzo della barca, sia nel refit che nello
smantellamento (dell’unità, delle componenti e dei materiali). Per raggiungere questo risultato
si focalizza l’attenzione sull’analisi dei processi del ciclo di vita delle unità da diporto, per
individuare nuovi sottosistemi (aggregati di processi e imprese) che ottimizzino i rapporti fra
fornitori, cantieri, imprese, centri di ricerca e clienti finali, e per definire e proporre migliori
procedure di gestione. In secondo luogo, si propone di realizzare una mappatura delle
prestazioni, dell’impatto ambientale e della sicurezza per ciascuna attività elementare,
componente, parte, impianto, materiali e sottosistema, per arrivare alla ri-definizione delle
procedure e delle misure idonee ad elevare gli attuali standard. Il tutto grazie ad un’architettura
ICT intelligente in grado di attuare modalità di programmazione collaborativa in tutte le fasi:
dalla concezione, all’uso della barca, al refit. In terzo luogo, s’investe nella ricerca di nuovi
materiali e nella costruzione di un benchmark delle prestazioni, per avere una panoramica
mondiale sulla disponibilità di soluzioni tecnico-organizzative e logistiche relative al
disassemblaggio, smaltimento e riuso dei materiali utilizzati. Infine, So Main intende
sperimentare l’adozione di nuove modalità di governance nel segmento dei servizi al
diportismo e del refit, comprensive delle problematiche legate allo smantellamento
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“Nuovi materiali per una nautica che sia sostenibile”, Il Sole 24 ore, 18.10.2010.
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dell’imbarcazione, affrontando il rapporto con le strutture portuali e le relazioni nave – porto –
entroterra, favorendo lo sviluppo di una piattaforma collaborativa.
Anche nelle vicine Marche, diversi soggetti stanno puntando sul progetto Life+ 4, di imminente
partenza, il cui obiettivo è arrivare alla costruzione di un’imbarcazione prototipale, in cui tutte le
azioni vengono definite tenendo in considerazione l’impatto complessivo di tutte le fasi del
processo e l’intero ciclo di vita del prodotto. Il progetto è coordinato dalla Provincia di
Pesaro e Urbino e coinvolge il Consorzio Navale Marchigiano (rappresentante
l’intero settore nautico regionale), la Camera di Commercio di Ancona, il Laboratorio Linset e
l’Università di Pesaro e Urbino.
Oltre alla diffusione della modularità, sul fronte dell’innovazione di processo ci sono altre
importanti novità. Basti pensare allo sviluppo di tecnologie di aspirazione e
filtraggio in grado di ridurre complessivamente i rischi per il lavoro e le emissioni nocive in
atmosfera. In particolare, nei processi di realizzazione della FRP - Fiber Reinforced Plastic5, si
sta operando la graduale sostituzione dei processi di stratificazione a mano con quelli
d’infusione sotto vuoto a sacco chiuso. Questo procedimento è in grado di abbattere
notevolmente l’emissione di stirene nelle aree di lavoro e di migliorare sensibilmente la qualità
dei manufatti. Sono numerose le aziende che hanno introdotto nei propri processi industriali
questa innovazione, citiamo tra le altre la Franchini International, prima in Italia ad aver
introdotto il processo di infusione, la Fiart mare SpA (azienda che quest'anno festeggia il
primo cinquantenario della propria attività e che proprio 50 anni fa produsse la conchita la
prima unità realizzata interamente in FRP), la Sessa Marine, la Scialino.
E sull’innovazione di processo si concentrano le forze vitali del distretto nautico della
Lombardia, in cui una decina di aziende supportate dal Politecnico di Milano, hanno deciso di
mettere insieme le proprie competenze per la realizzazione di un catamarano ecocompatibile.
“Eco-scafo” è il nome del progetto coordinato da Micromega Network, che si propone di
sviluppare un innovativo catamarano, in cui ogni cosa è stata pensata in chiave ecosostenibile: dal processo produttivo, alla scelta dei materiali, al contenimento dei consumi e
delle emissioni durante la navigazione. Per ottimizzare il processo produttivo, si è ricorso, ad
esempio, all’utilizzo di tecniche ad infusione che, come accennato sopra, sono utili a ridurre a
zero le immissioni di vapori nocivi (ex stirene) nell'atmosfera, a vantaggio sia dell'ambiente che
della salute degli operai che lavorano alla costruzione dell'imbarcazione. L’infusione consente
inoltre di diminuire fortemente l'uso di vetroresina, facilitando così lo smaltimento dello scafo.
Uno degli obbiettivi perseguiti da “Eco-scafo” è alleggerire il peso dell'imbarcazione di circa il
20%, grazie a processi produttivi e materiali innovativi da applicare a tutte le componenti
dell'imbarcazione (scafo, impianti elettrici, bagni, parti in legno, componenti in acciaio, vetreria,
rivestimenti etc.), per ottenere una riduzione della materia utilizzata: nella realizzazione dello
scafo, ad esempio, l’obbiettivo da raggiungere è il 20% in meno di resina. Altro elemento da
ridurre è il carburante, almeno del 10%: per questo si è pensato non solo di dotare il
catamarano di pannelli solari ed impianti eolici volti ad alimentare i consumi di energia elettrica
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LIFE+ finanzia delle azioni che contribuiscono allo sviluppo, all'attuazione e all'aggiornamento della politica e della
legislazione comunitarie nel settore dell'ambiente.
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Materiale composito di resina poliestere e fibra di rinforzo di varia natura; a questa categoria appartengono la
vetroresina e la carboresina.
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a bordo, ma si è anche investito molto nella sperimentazione di motori ibridi, oltre che nel
miglioramento delle linee di navigazione a vantaggio di una maggiore stabilità. Quest’ultimo
aspetto è molto importante, perché la maggiore stabilità nella navigazione permette di
navigare il più possibile a vela e il meno a motore. Infine, si sta studiando l’applicazione delle
vele rigide, già sperimentate su imbarcazioni da competizione, oggettivamente più efficienti ma
difficoltose da ammainare e conservare. Complessivamente, lo studio e la ricerca dei materiali
e dei processi di rivestimento interno dell'imbarcazione, fino ad oggi svolto in modo artigianale
e non industrializzato, risponde, anche nel caso delle aziende lombarde, alla necessità di
applicare alla nautica il principio di modularità, prendendo a modello il settore dell’automotive.
Per la riduzione dell’inquinamento delle acque, si è proceduto invece ad adeguare i bagni, gli
scarichi e la raccolta rifiuti nell'imbarcazione, in conformità alle nuove normative europee
recepite in Italia dal 2010 sugli scarichi in navigazione.
A proposito di eco-scafi, un’esperienza importante, sebbene circoscritta, è quella del
Cantiere Alto Adriatico, nato nel 1990 dall’unione di due precedenti cantieri di vecchia
data specializzati in scafi in legno, che ha deciso di puntare sull'uso strutturale del composito
in legno, più leggero, economico e sostenibile della FRP. Lo scafo in legno ci riporta all’idea un
po’ romantica di vecchi artigiani, che come rari animali in via d’estinzione sono depositari di
un’arte destinata a sparire anche per gli eccessivi costi di manutenzione. Il lavoro e la ricerca
condotta dal 2006 dimostrano come, in realtà, il legno possa diventare un materiale
tecnologico e che lo sviluppo di simili esperienze innovative sia la strada da seguire per
salvare il grande patrimonio culturale connesso ai piccolissimi cantieri nautici dei cosiddetti
'mastri d'ascia'. Il legno è, di fatto, un composito naturale in cui fibre di cellulosa sono immerse
in una matrice polimerica amorfa. Tutti i materiali in uso oggi negli scafi, dalla fibra di vetro, al
kevlar e al carbonio si basano proprio su questo: l’utilizzo di fibre ad alta tenuta strutturale
immerse in un legante che le supporta e le fissa. Il legno è fatto così per natura, con il
vantaggio di essere a basso impatto ambientale. L’idea di base da cui è partito il Cantiere Alto
Adriatico è far leva sulla tradizione artigiana friulana nella lavorazione del legno (applicata a
livello industriale solo in edilizia e nella confezione di mobilio) per creare una tecnologia
costruttiva diversa in grado di sfruttare appieno le caratteristiche meccaniche del legno. L’AA
38’ è il primo prodotto di questo cammino di ricerca: ogni elemento che compone lo scafo ha
una forma diversa a seconda della posizione, è tagliato con una fresa a controllo numerico e
non prevede ritocchi ai profili, generando tempi di realizzazione più brevi di uno scafo
tradizionale in legno, oltre ad una leggerezza al pari degli scafi in fibra sintetica.
Altro ambito in cui la nautica si sta mettendo in gioco per avanzare nella riconversione green è
quello del miglioramento dei prodotti e delle sue componenti. Sul fronte della
produzione energetica, si passa dall’impiego di generatori eolici e moduli fotovoltaici ad
esperimenti di integrazione come della Calamai, azienda tessile di Prato, che in
collaborazione con la facoltà di Ingegneria dell’Università di Perugia, sta
sperimentando l’applicazione di un film fotovoltaico prodotto con polimeri organici sulle vele di
navigazione. In questo campo, gli investimenti maggiori riguardano lo sviluppo dei sistemi
propulsivi, in grado di ridurre, se non azzerare, le emissioni, la rumorosità e le vibrazioni della
navigazione a motore. Si passa dai sistemi a propulsione ibrida, come quello realizzato dal
gruppo Ferretti che ha consentito per la prima volta ad un’imbarcazione sopra i 20 metri di
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navigare in Zero Emission Mode, ai sistemi basati sulle fuel cell, una tecnologia in grado
di fornire gli yacht di generatori di energia elettrica alimentati ad idrogeno, attualmente in
sperimentazione negli stabilimenti del gruppo Azimut- Benetti, all’evoluzione di innovativi
sistemi di trasmissione applicati ai motori, in grado di ridurre ulteriormente i consumi e gli
impatti ambientali. A tal proposito, il premio “Percorsi Innovazione Smau” di quest’anno è stato
conseguito da una startup di Rovereto che ha saputo affrontare con successo l’integrazione di
sistemi di alimentazione alternativi: la Gardasolar, che ha presentato EXCLUSIVE, un
modello di barca alimentata interamente da energia solare, ricavata dai pannelli disposti sul
tettuccio e collegati ad un particolare motore elettrico che funziona con batterie al litio. Inoltre,
si tratta del primo prototipo di barca realizzato con materiali interamente riciclati, grazie
all’utilizzo di componenti di barche usate ed elementi come la vetroresina. La
commercializzazione di questa barca eco-sostenibile al 100% è prevista a partire dal 2011.
Sempre allo scopo di ridurre le emissioni, c’è chi invece interviene su altre componenti
nautiche di rilievo per la movimentazione delle imbarcazioni quali gli scafi: ambito in cui si
stanno portando avanti studi per ridurre i pesi delle unità senza modificarne le caratteristiche di
resistenza, come quelli realizzati della Mariner Srl, affiancata dall'Università di
Bologna, e dai Cantieri Magazzù yachting Srl. Fino ad arrivare alla sperimentazione
di rivestimenti nanotecnologici in grado di diminuire l’attrito con l’acqua, limitare i consumi di
carburante e, conseguentemente, le emissioni.
Di fatto, nel prossimo futuro, il traffico marittimo, commerciale e nautico, dovrà soddisfare
sempre più stringenti normative internazionali riguardanti l’efficienza energetica e le emissioni
in atmosfera che, con le tecnologie attualmente disponibili sul mercato, possono essere
rispettate solo con costosi e complessi sistemi di post-trattamento dei gas di scarico. È per
questo che l’argomento non attira l’attenzione solo delle singole imprese ma anche di alcuni
distretti tecnologici e nautici, impegnati nel coordinamento di progetti di ricerca dedicati.
In Liguria, il Distretto Ligure Tecnologie Marine – DLTM -, ad esempio, si è impegnato
nel rendere disponibili alle imprese sistemi di modellazione e simulazione numerica che,
sfruttando architetture di calcolo ad alte prestazioni, permettono alle aziende della filiera
nautica di disegnare, progettare e ottimizzare, strutture, materiali e componenti di nuova
concezione, anche grazie al supporto specialistico offerto da spin-off di ricerca, creati dal
distretto. Il DLTM, che oggi coinvolge oltre 120 imprese liguri - di cui circa 80 pmi innovative -,
l’Università di Genova, CNR, Enea, L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sta
sviluppando un’ampia progettualità, del valore di oltre 60 milioni di euro, che abbraccia tutte le
tecnologie del mare e i principali driver dell’eco-sostenibilità: dalla dematerializzazione,
all’efficienza energetica, all’uso delle fonti energetiche alternative, fino alla riduzione delle
emissioni in aria e in acqua. Più nello specifico, è sullo sviluppo di carene innovative e piani
propulsori ottimizzati, oltre che sull’integrazione di fonti di energia rinnovabile, che le imprese
liguri del DLTM stanno puntando, per conseguire minori consumi e quindi assicurare minori
emissioni. L’obbiettivo finale perseguito dal DTLM è trasferire a tutta la filiera i vantaggi
derivanti dall’utilizzo delle tecnologie per il calcolo ad alte prestazioni, oggi indispensabile
supporto alla progettazione industriale per lo studio e realizzazione di modelli complessi. Di
fatto, solo un numero esiguo di aziende può permettersi di investire nelle infrastrutture minime
necessarie per questo tipo di tecnologia, sia a causa dei costi elevati, sia per la rapida
obsolescenza degli stessi, senza contare che occorre avere a disposizione un capitale umano
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altamente qualificato. Da queste premesse nasce l’idea di sviluppare un’infrastruttura ICT che
metta a disposizione delle aziende della filiera nautica, appartenenti al bacino dell'alto
mediterraneo, una serie di servizi fruibili tramite il web, per la condivisione di tecniche
avanzate di progettazione e gestione processi aziendali, tramite interfacce web ed accesso
remoto. Questo è quanto il DTLM si prefigge di fare con INNAUTIC, progetto che ha
incontrato il favore e il sostegno della Regione Liguria e che fa parte di un programma più
ampio di cooperazione transfrontaliera Italia-Francia Marittimo, che sta sviluppando un set
importante di progetti sull’industria nautica e sul diportismo, la cui focalizzazione è sui temi
ambientali e sulla messa in comune delle competenze ed esperienze fra le quattro regioni
coinvolte (Liguria, Toscana, Sardegna e Corsica).
Analogamente, anche nel Distretto Tecnologico Navale e Nautico del Friuli
Venezia Giulia (DTNN FVG) si sta lavorando ad un progetto volto ad ottenere una riduzione
delle emissioni attraverso carene ottimizzate, con cui è possibile ridurre la resistenza
all’avanzamento della potenza installata e, di conseguenza, assicurare l’alimentazione
dell’imbarcazione con minori consumi. In Friuli Venezia Giulia l’iniziativa è partita invece da un
soggetto privato: CETENA, centro di ricerca navale del Gruppo Fincantieri che, da
subito, ha incontrato il favore e il sostegno del DTNN FVG nella realizzazione di OpenSHIP.
Il progetto sviluppa una metodologia di previsione delle prestazioni idrodinamiche del sistema
carena-elica, attraverso la simulazione di fluidodinamica computazionale (CFD) di alta qualità
in ambiente Open-SOURCE, permettendo un miglioramento delle prestazioni nave – tra cui, il
perfezionamento della qualità della scia nel disco elica, riducendo così la rumorosità del
propulsore - e la riduzione dei costi di gestione. Sempre in questo contesto, si colloca un altro
progetto seguito dal DTNN FVG: NG ShiP (Natural Gas for Ship Propulsion), guidato da
Wärtsilä Italia S.p.A., che intende studiare l’utilizzo del gas naturale stoccato in forma
liquida (GNL) come combustibile marino, per applicazioni in primo luogo navali ed in
prospettiva nautiche. Con il GNL è infatti possibile ottenere significative riduzioni nelle
emissioni di NOx e SOx, sostanze su cui graveranno dal 2016 i limiti imposti dalle direttive
dell’International Maritime Organization (IMO). Inoltre, la percentuale elevata di idrogeno nel
metano, rispetto agli oli combustibili, consente anche, a parità di energia trasformata, di ridurre
le emissioni di anidride carbonica. L’obiettivo del progetto è quello di sviluppare in Friuli
Venezia Giulia un polo di competenze avanzate nell’ambito della propulsione navale a GNL.
Sulla base di queste attività sarà inoltre possibile elaborare e diffondere una documentazione
tecnica relativa all’impiantistica navale, che potrà essere utilizzata da armatori e cantieri. Il
coinvolgimento di RINA Service Spa6 consentirà di sviluppare delle competenze specifiche
nel settore dell’utilizzo del gas al fine di poter influire sulla normativa internazionale. Rimane
da menzionare il progetto Green Boat Design, guidato dal cantiere Seaway
Technologies, volto a definire criteri progettuali e tecnologie per la costruzione di
imbarcazioni da diporto con il minimo impatto ambientale in ciascuna fase del ciclo di vita
(costruzione, esercizio e disarmo), attraverso l’adozione di materiali ottimali, concetti di
modularità e riuso, integrazione a bordo di sistemi di produzione di energie rinnovabili e di
componenti/impianti a minimi consumi energetici. Infine c’è il progetto S.A.S.C.A.R., che
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Tra le più antiche società di classifica di navi mercantili al mondo, il RINA viene fondato a Genova nel 1861 da un
gruppo di armatori e di assicuratori marittimi. La classificazione e la certificazione di navi costituiscono le sue attività
istituzionali fin dalla fondazione.
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lavorando per l’elaborazione di sistemi di controllo attivo del rumore su imbarcazioni da diporto
e navi, ha direttamente anch’esso una valenza “ambientale”.
Interessanti novità si registrano anche nel settore dei materiali dove si stanno diffondendo
prodotti innovativi come i gelcoat ecologici, le resine poliestere o i detergenti, in sostituzione
dei solventi (per la pulizia delle attrezzature per la formatura del FRP). La tendenza è quella di
arrivare alla totale sostituzione delle resine a base di solvente con altre a base di acqua.
Stesso obbiettivo da raggiungere nei cicli di finitura, dove gli attuali prodotti a base di solvente
vengono sostituiti con composti organici volatili (VOC) grazie all’applicazione della tecnologia
dei polimeri ad alto sodio. Fino ad arrivare all’impiego di compensati marini in grado di
sfruttare incollaggi che non rilasciano alcuna emissione di formaldeide o all’utilizzo di pannelli
compositi completamente riciclabili come quelli della Bellotti SpA.
Tornando al territorio lombardo, Micromega Network e le aziende del distretto nautico stanno
collaborando anche alla realizzazione del progetto POSEIDON, incentrato sull’innovazione
dei materiali e dei processi produttivi per la realizzazione di accessori nautici di alta qualità, in
grado di assicurare una maggiore resistenza agli agenti atmosferici marini, un minore ricorso
ad interventi di manutenzione e sostituzione di parti e, quindi, una maggiore durata nel tempo.
Allo stesso tempo, si vuole ridurre al minino i trattamenti inquinanti: per esempio, è stato
progettato un nuovo tergicristallo in lamiera, che deve essere solo "piegato" e non necessita di
ulteriori trattamenti superficiali, come smerigliature e zincature. Per altri accessori si è lavorato
per ottenere una diminuzione della rumorosità dei dispositivi, a riduzione dell'inquinamento
acustico. Infine, anche in questo caso, fin dalla progettazione tutto è volto a ridurre la quantità
di materia impiegata, per un minor peso dell'imbarcazione e, conseguentemente, un minor
consumo di carburante.
C’è poi il progetto di ricerca SuRF - Pretrattamenti di Superficie per Rivestimenti Funzionali in
nautica, nato dalla sinergia tra otto aziende lombarde attive nel settore nautico, la Fondazione
Politecnico di Milano e il contributo scientifico del Consorzio Interuniversitario Nazionale di
Scienza e Tecnologia dei Materiali (INSTM). In stretta collaborazione con tre centri di
eccellenza nazionali, le aziende coinvolte intendono sviluppare una nuova classe di pretrattamenti chimici per il trattamento di superfici metalliche e plastiche. Il progetto è basato
sulla valutazione pre-industriale di due tecnologie emergenti nel settore dei pretrattamenti
superficiali: il sol-gel e i trattamenti plasmochimici atmosferici. La tecnologia sol gel consente
di depositare coating ibridi organico-inorganici nano-strutturati con migliorate caratteristiche di
resistenza meccanica e di protezione dei processi di invecchiamento e corrosione, a cui i
materiali per la nautica sono generalmente soggetti. Grazie all’uso delle tecnologie di nano
strutturazione, questi rivestimenti, oltre a combinare differenti proprietà protettive, svolgono
una funzione di supporto in grado di migliorare l’adesione e la resistenza nel tempo di coating
superficiali ed estetici ad essi applicati. I vantaggi apportati riguardano sia il prodotto, in termini
di allungamento della vita utile dell’accessorio, sia il processo. Riguardo quest’ultimo punto, le
soluzioni preparate basate su solvente acquoso, consentiranno di eliminare molti dei processi
di preparazione di superficie attualmente in essere che presentano diverse criticità per gli
operatori. Senza contare che questi risultati saranno facilmente implementabili, poiché la
tecnologia sol gel può essere applicata utilizzando gli impianti di trattamento di superficie
attualmente presenti nelle aziende coinvolte. Ma saranno i trattamenti plasmochimici a
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rappresentare il vero salto tecnologico. Del tutto prive di solventi, le tecniche plasmo chimiche
consentono la preparazione di superficie evitando la quasi totalità delle fasi di lavorazione
legate alla preparazione della superficie mediante trattamento fisico-meccanico (sabbiatura,
carteggio, etc.), consentendo un risparmio nei tempi di processo e migliorando l’adesione dei
coating. Nel corso del progetto SuRF s’intende quindi sviluppare un sistema di plasma
atmosferico, ossia una tecnica di trattamento e deposizione in grado di realizzare un plasma a
pressione ambientale, senza l’utilizzo di apparecchiatura da vuoto, realizzando dei sistemi di
trattamento in grado di trattare superfici complesse di grandi dimensioni.
Altro aspetto da citare è quello delle certificazioni. Le imbarcazioni dotate delle soluzioni
più innovative sono quelle riuscite ad ottenere i certificati di prodotto Green Star e Green
Plus. Si tratta delle più severe classificazioni ambientali, emesse nello specifico dal RINA SpA,
in grado di assicurare che ogni parte della nave, dallo smaltimento dei rifiuti ai filtri dei motori, sono
eco-compatibili. In generale, si registra un crescente interesse per i certificati emessi in base
alle norme ISO 9000 e/o 14001, riguardanti non solo l’innovazione di prodotto ma anche quella
di processo, come i sistemi di gestione della qualità e la gestione ambientale per le aziende.
Tra i primi yacht al mondo riusciti ad ottenere la certificazione Greenstar troviamo l’eco-yacht
costruito dai cantieri Viareggio Super Yacht Spa. La costruzione della prima nave da diporto al
mondo progettata con criteri di sostenibilità ambientale è iniziata nel 2005: si tratta dello splendido
megayacht "Stella Maris", arrivato a questo riconoscimento grazie sopratutto ai sistemi di
ingegneria ambientale messi a punto dalla spezzina TAN, leader internazionale nel
trattamento di rifiuti liquidi per megayacht, navi civili e militari. L’azienda si è impegnata con
successo nell'affrontare in termini integrati ed innovativi i temi relativi alle nuove tecnologie da
applicare a bordo delle navi, grazie ad un know-how originale nella progettazione e
realizzazione di impianti adatti a tutti i tipi di navi, anche ad imbarcazioni da diporto di piccole
dimensioni. Questa maggiore sensibilità nel mondo della nautica verso questo tipo di
certificazioni è determinata da regole di navigazione sempre stringenti, la cui inosservanza
impedisce l’accesso ad aree di mare di alto pregio.
I cambiamenti che accompagnano la nautica nel delicato passaggio da un’economia ad alta
vocazione artigianale ad un’economia con caratteri propriamente industriali rappresentano la
risposta delle forze più vitali del settore, impegnate a trovare nuove soluzioni alla crisi
economica in atto, puntando sulla green economy. Affinché questa trasformazione si realizzi, è
opportuno agire su più fronti: oltre ad una guida dall’alto degli investimenti in innovazione di
processo e di prodotto, è necessario intervenire sui modelli organizzativi, fino ad arrivare allo
sviluppo di nuove competenze professionali. E’ inoltre necessario promuovere un maggiore
sostegno del sistema creditizio e favorire l’innovazione nell’infrastruttura, sia fisica che
immateriale. Per quanto riguarda la prima, l’impegno deve essere rivolto all’aumento della
qualità dei servizi offerti dalla rete della portualità turistica. Dal punto di vista dell’infrastruttura
immateriale, bisogna invece investire in formazione e nella creazione di piattaforme ICT per la
gestione “always-on” delle relazioni commerciali, produttive e di servizio, con i clienti del
diportismo nautico. A proposito di formazione, è utile sviluppare competenze per la gestione
delle imbarcazioni nella logica del refitting modulare; contemporaneamente, è opportuno
formare figure che sappiano gestire porti con caratteri di sostenibilità, attenti a questioni come
il risparmio energetico e la qualità delle acque. Per reagire alla crisi l’acquisizione di nuove
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competitività e la crescita professionale degli addetti sono fattori fondamentali. Esigenza, questa,
messa in evidenza anche nel rapporto realizzato dal ministero dei Trasporti in collaborazione con
l’Istituto mediterraneo di formazione per le professionalità nautiche – Ismef -, in cui le azioni
formative riconosciute indispensabili per il mercato riguardano: l’incremento della politica delle Pari
opportunità (nel comparto è evidente una sottorappresentazione dell’elemento femminile nelle
varie tipologie, per assenza di formazione specifica), lo svolgimento di nuovi percorsi formativi
modulari e la ricerca ed individuazione dei criteri di certificazione delle competenze e dei crediti
formativi perla costruzione di un sistema di riconoscimento delle competenze.
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Le misure di sostenibilità ambientale adottate dal settore nautico
INPUT
Nuove fonti
energetiche
(rinnovabili; idrogeno;
gas naturale stoccato
in forma liquida
-GNL)
Nuovi materiali
Valorizzazione
prestazioni
tecnologiche di
vecchi materiali a
basso impatto (es.
legno)
PRODUZIONE
Risparmio energetico:
impiego di generatori eolici,
moduli fotovoltaici ed
esperimenti di integrazione
Riduzione Prodotti chimici:
gelcoat ecologici; resine
poliestere; detergenti, in
sostituzione dei solventi;
utilizzo composti organici
volatili (VOC) nei cicli di
finitura; incollaggi che non
rilasciano alcuna emissione
di formaldeide; pannelli
compositi completamente
riciclabili
Riduzione emissioni:
nei processi di realizzazione
della Fiber Reinforced
Plastic riduzione di stirene
grazie a processi ad
infusione; riduzione al minino
di trattamenti inquinanti (es.
no smerigliature e zincature)
OUTPUT
Lunga durata prodotto/
Sviluppo del “refit and
repair”;
Dematerializzazione;
Modularità/ Refitting
modulare;
Riciclabilità/Design for
Re-cycling;
Riduzione emissioni
(ottimizzazione carene
ed eliche; propulsioni
ibride con motori
diesel; pitture a basso
attrito idrodinamico);
Gestione fine ciclo vita;
Trattamento rifiuti
liquidi, solidi e gassosi
Innovazione di
prodotto;
Certificazioni ( ISO
9000 e/o 14001)
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