"gaia" ipotesi della vita su marte e sulla terra
Transcript
"gaia" ipotesi della vita su marte e sulla terra
LA "GAIA" IPOTESI DELLA VITA SU MARTE E SULLA TERRA Marco Taviani Istituto di Geologia Marina La Terra è l'unico pianeta di tutto l'Universo per il quale è provata l'esistenza di vita. Il pianeta Terra è dotato di una Biosfera la cui origine risale ad almeno 3 miliardi e mezzo di anni come documentato dal ritrovamento di fossili di microrganismi procarioti, batteri e cianoficee (alghe blu-verdi). L'archivio paleontologico rivela inoltre la continuità della vita, anche se nella sua lunga storia la Terra è passata attraverso crisi biologiche che hanno profondamente influenzato la vita senza tuttavia pregiudicarla mai. Negli anni '70 lo scienziato inglese James Lovelock ha formulato l'ipotesi Gaia che vede la Terra nel suo complesso come un superorganismo capace di automantenere la vita acquisita, influenzando la composizione dei gas dell'atmosfera e interagendo positivamente con altre importanti proprietà planetarie. Questa affascinante ipotesi geofisiologica, che naturalmente raccoglie anche molti critici, postula che la Biosfera crei uno stato omeostatico favorevole, ottimale per le sue esigenze e che lo controlli nel tempo, perpetuandolo. La capacità presunta di un pianeta dove si sia sviluppata la vita di mantenerla indefinitamente si offre ad interessanti riflessioni sull'origine e fato di eventuali biosfere extra-terrestri. Un corollario della teoria gaiana implica infatti, in sostanza, l'impossibilità di un pianeta di smarrirsi per strada la vita. Dunque, se in altri pianeti si sviluppasse la vita, questa dovrebbe essere in grado di assumere il controllo cibernetico del pianeta per la propria salvaguardia indefinita. La notizia diramata dalla NASA nel 1996 relativa all'identificazione di potenziali fossili in una meteorite di presunta origine marziana, offre lo spunto per una disamina delle implicazioni "gaiane" di tale ritrovamento. La ormai celebre meteorite ALH84001 (fig. 1) è stata rinvenuta nel 1984 da Robie Score (fig. 2) Figura 1: La meteorite ALH84001, di presunta origine marziana Figura 2: Robie Score, scopritrice della meteorite ALH84001, ritratta alla base di McMurdo nel 1997 nel 1997 nella regione antartica delle Allen Hills. Questa peculiare meteorite contiene potenziali indizi di attività "vitale" sotto forma di molecole organiche (PAHS, e cioè idrocarburi aromatici policiclici), globuli carbonatici e filamenti interpretati come possibili batteri fossilizzati (fig. 3). Resoconto, Porte Aperte sulla Ricerca: Universo 2000 (a cura di B. Gualandi e C. Melis) Area della Ricerca del C.N.R., Bologna, Dicembre 2000 45 Questi ultimi potrebbero dunque essere i primi fossili scoperti al di fuori del pianeta Terra, con tutte le implicazioni cosmologiche, biologiche, evolutive e anche filosofiche che ciò implica. Va detto che la maggior parte dei paleontologi è piuttosto scettica su questi presunti microfossili marziani ed il dibattito sulla reale origine organica di questi microbi è molto acceso e destinato a protrarsi nel tempo, almeno fino ai risultati delle missioni marziane previste dalla NASA per i prossimi anni. Va ricordato anche che le missioni delle sonde Viking su Marte non hanno portato alla scoperta di nessuna traccia organica. Per quanto tali risultati non possano essere considerati conclusivi, è un fatto che la ricerca diretta di vita su Marte ha comportato a tutt'oggi risultati negativi. Un certo accordo esiste però fra gli scienziati sul fatto che il pianeta rosso abbia disposto agli albori della sua storia di condizioni più temperate e umide del presente, potenzialmente favorevoli se non addirittura propizie all'insorgere della vita. Se ammettiamo ora che i filamenti di ALH84001 siano davvero batteri marziani fossili, ciò significherebbe che Marte avrebbe in tempi passati goduto della presenza di forme viventi, ma che le stesse non siano però riuscite a sopravvivere a causa dell'evoluzione sfavorevole delle condizioni planetarie. Ciò è in contrasto con il sopracitato corollario "gaiano" di autodifesa della vita una volta che la stessa sia apparsa su di un pianeta. In altre parole, l'ipotesi di Gaia risulterebbe seriamente minata, rimanendo valida per la Terra ma perdendo la sua Figura 3: Foto al microscopio elettronico della superficie di AL84001 che universalità. Ma è davvero così? mostra i filamenti interpretati come batteri marziani fossilizzati. Le L'Antartide non è solamente il luogo dimensioni delle strutture fossili osservate sono più piccole di 1/100 dello dove circa 13.000 anni fa è atterrata spessore di un capello umano. ALH84001, ma anche una delle regioni più inospitali della Terra, investigata dagli esobiologi (i biologi che studiano la vita extra-terrestre) per le sue analogie con ambienti estremi probabilmente presenti anche in altri pianeti e satelliti. La vita come la conosciamo noi è indissolubilmente legata alla presenza di acqua allo stato liquido e attualmente Marte è un pianeta arido e apparentemente privo di acqua libera, almeno sulla sua superficie. Si sa che nel ghiaccio alcuni organismi possono sopravvivere in uno stato letargico, ma non permanentemente. Grande attenzione è pertanto data alla possibile esistenza di oceani sottoghiaccio, quale quello ipotizzato per Europa, uno dei satelliti di Giove. Non è esclusa la presenza di acqua libera neanche sotto le calotte polari dello stesso Marte e non è un caso che la scoperta di un grande lago sotto quattro chilometri di ghiaccio al di sotto della calotta antartica, il lago Vostok, abbia eccitato biologi ed esobiologi. In quelle acque glaciali e distanti dalla luce potrebbero infatti vivere microrganismi adattati a cicli metabolici molto particolari e condizioni simili potrebbero riscontrarsi anche su lune e pianeti con ghiaccio, come Marte appunto. Esiste dunque una possibilità teorica, tutta da verificare, che alla fin fine Gaia abbia operato secondo le previsioni. Ma la risposta a questo interrogativo si avrà solamente al compimento delle missioni astronautiche su Marte e di quelle, probabilmente più complesse, previste per l'oceano della luna Europa e il lago Vostok dell'Antartide. Resoconto, Porte Aperte sulla Ricerca: Universo 2000 (a cura di B. Gualandi e C. Melis) Area della Ricerca del C.N.R., Bologna, Dicembre 2000 46