Redazione di un saggio breve Ambito socio
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Redazione di un saggio breve Ambito socio
Redazione di un saggio breve Ambito socio-economico Sviluppa l’argomento scelto o in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano e facendo riferimento alle tue conoscenze ed esperienze di studio. Dà un titolo alla tua trattazione. Se scegli la forma del “saggio breve”, indica la destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro). Se scegli la forma dell’ “articolo di giornale”, indica il tipo di giornale sul quale ipotizzi la pubblicazione (quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico, altro). Per attualizzare l’argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo). Non superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo. ARGOMENTO: Il sesso prematrimoniale DOCUMENTI: Un sondaggio anonimo, che ha coinvolto studenti universitari convinti di voler arrivare casti al matrimonio, ha rilevato che più del 61% non è riuscito a mantenere la promessa. Angela Lipsitz, ricercatrice della Northern Kentucky University di Highland Heights, evidenzia come il fenomeno di massa giovanile del voto di verginità, solitamente nel contesto di gruppi o scuole ecclesiali, è venuto alla luce per la prima volta negli Stati Uniti negli anni 80 e 90, alimentato in parte da un crescente conservatorismo della società e in parte dalle paure dei genitori di gravidanze indesiderate e malattie a trasmissione sessuale in età adolescenziale. Per valutare quanto questo voto sia poi rispettato, la Lipsitz e i suoi collaboratori hanno richiesto a 527 studenti universitari della Northern Kentucky University di compilare alcuni questionari confidenziali anonimi inerenti un’ampia gamma di comportamenti e atteggiamenti. Una parte delle domande esaminava il rispetto a lungo termine del voto di castità fino al matrimonio. Circa il 16% degli studenti ha affermato di avere fatto voto di castità, a un certo punto della propria esistenza, ma ben sei su dieci affermano che il desiderio carnale si era rivelato troppo forte per riuscire a resistere. La Lipsitz ha sottolineato che questo risultato si presta a due tipi di lettura. “Circa il 61% ha infranto il proprio voto, ma d’altro canto questo significa che ben il 39% non lo ha fatto ed è arrivato vergine al matrimonio”. Secondo la Lipsitz, l’attività sessuale è stata ritardata in media di un anno dagli studenti che avevano fatto voto di castità (il 39%), rispetto a quanti invece non lo avevano mai fatto. Molti giovani iniziano ad avere rapporti sessuali tra i 14 e i 16 anni, mentre la ricercatrice afferma che l’età giusta potrebbe essere considerata a 18 o 19 anni in quanto sarebbero maggiormente in grado di adottare le giuste precauzioni. Molti di coloro che avevano fatto voto di castità si sono dimostrati confusi in merito all’esatta natura del sesso ed oltre la metà, il 55%, di quanti si erano conservati casti, praticava il sesso orale; probabilmente per l’idea diffusa che il sesso orale mantiene comunque tecnicamente vergini. L’utilizzo del preservativo per il primo rapporto sessuale è meno probabile tra i giovani che hanno infranto il voto di castità, rispetto ai giovani che non hanno mai fatto alcun voto. Secondo la Lipsitz questo potrebbe essere spiegato con l’incoerenza nel portare con sé un preservativo quando si è scelta la verginità. Quando si scatena il desiderio di avere un rapporto sessuale, a volte in modo del tutto imprevedibile, i giovani si trovano quindi impreparati. In fondo la Lipsitz ritiene che il voto di non fare sesso prima del matrimonio, abbia un valore limitato per la maggior parte dei giovani. La ricercatrice sottolinea che negli Stati Uniti la media delle ragazze raggiunge la pubertà all’età di 12 anni e si sposa intorno ai 24. Questo si traduce in 12 lunghi anni durante i quali resistere a lusinghe e a pressioni sessuali, in un mondo sempre più promiscuo. I risultati sono stati recentemente presentati ad Atlanta al congresso annuale dell’American Psychological Society. Roberto Colajanni, Focus, 04/07/2003 A ventiquattro anni ho incontrato l’amore vero, non perché non mi fossi mai innamorata prima, ma perché gli altri non si innamoravano di me. Quand’è arrivato lui ho iniziato a guardare dentro di me attraverso i suoi occhi. Ed è nato un sentimento bellissimo che fra pochi mesi sfocerà nel matrimonio. E allora? Allora io sono vergine e vergine è anche il mio futuro sposo. La nostra condizione non ci pesa perché conosciamo il valore del sacrificio, perché abbiamo imparato ad assaporare ogni istante della nostra vita affinché nulla andasse perduto. Non è solo un fatto fisico e un obbligo religioso: è una scelta del cuore, quella di essere vergine nel corpo e nell’anima. Ed è stato ed è meraviglioso condividere tutto questo con la persona che amo, camminare insieme, infonderci vicendevolmente coraggio, scoprire a poco a poco i nostri pensieri, i nostri sogni, i nostri corpi. Ci siamo sentiti dire che noi due non siamo “normali”, che un uomo e una donna, innamorati e maturi, è impossibile che non facciano anche sesso. Noi non l’abbiamo fatto e crediamo di non essere i soli a pensarla così. Perché dunque non uscire allo scoperto? Perché non operare insieme per costruire un mondo di puri e non di puritani? Troppo spesso quello che ci allontana da Cristo non sono le nostre azioni, ma le nostre... paure. Lettrice, Torino Famiglia Cristiana N. 50 del 17-12-1997 1 Ho ventun anni, e sono una studentessa universitaria; sono cresciuta in una famiglia all’antica e vivo in un paesino del Sud. Da più di un anno sto con un giovane, simile a me per educazione e carattere. Insieme abbiamo deciso (o meglio, io ho deciso e lui con molta disponibilità e comprensione ha accettato) di non avere rapporti sessuali prima del matrimonio. La mia scelta è dettata da motivi morali, ma anche dal fatto di non sentirmi pronta per un passo che entrambi riteniamo importante. A noi sembra giusto e opportuno comportarci in questo modo, anche se i nostri amici si mostrano increduli e stupiti: si meravigliano perché io mi vergogno a baciare il mio ragazzo di fronte agli altri, perché “ancora” credo negli insegnamenti della Chiesa in materia sessuale. I loro commenti mi lasciano piuttosto indifferente; invece il loro comportamento mi fa sorgere non poche perplessità. Molti di questi giovani frequentano assiduamente la chiesa, si confessano e ricevono la comunione affermando tranquillamente di avere una vita sessuale attiva col proprio partner, senza considerarlo un peccato. Io non li giudico, né mi sento migliore di loro; anzi, invidio la loro fede, di certo più fervida della mia; ma questo loro atteggiamento suscita in me non poca confusione, specialmente quando mi riferiscono di avere confessato i loro peccati e di essersi sentiti dire da alcuni sacerdoti che «in fondo non c’è nulla di male se si ama veramente il proprio partner... che i peccati impuri sono ben altri... che per verginità bisogna soprattutto intendere la fedeltà all’altro e che, insomma, anche la Chiesa si sta adeguando». Sarò retrograda, ma io non la penso così... e. elle. Famiglia Cristiana N. 50 del 17-12-1997 LE FORME DELL’AMORE 1) L’amore sessuale (o libìdo), che è la tendenza all’altra persona in quanto apportatrice di piacere venereo. Mentre negli altri viventi questa forma di amore è regolata da un istinto di ordine biologico, nell’uomo invece resta aperta e disponibile anche alle esigenze dello spirito: solo così, del resto, il suo esercizio acquista significato ideale. 2) L’amore erotico o sensibile (cupìdo o eros), cioè il benessere che reca la presenza fisica della persona amata. Esso cerca il contatto reale (o mediante l’immaginazione) dei corpi e brama tutte le manifestazioni sensibili di affetto, come le carezze, i baci e gli abbracci; esso non tende però necessariamente al possesso carnale (così nel caso di un flirt o di una simpatia sensuale). 3) L’amore spirituale, cioè l’attrattiva verso una persona, per le sue doti di intelligenza, di carattere, di spiritualità; esso può prescindere dal desiderio sia dell’unione sessuale che della presenza fisica. Si avvicina all’amore di contemplazione e di compiacenza. 4) L’amore di carità (o agàpe): oltre al desiderio di essere felici ci può essere il desiderio di rendere felici gli altri, e far consistere in questo la propria felicità. È ciò che fa la carità o agàpe, cioè l’amore di benevolenza che, se corrisposto, matura in amicizia (cioè in amore reciproco). Esso non cerca, almeno sul piano psicologico, di soddisfare il proprio bisogno di affetto e di felicità, ma piuttosto di arricchire la persona amata e renderla felice, e gioisce di vederla gioire. Padre Andrea Tessarolo, vice assistente dell’Azione Cattolica, intervista apparsa su “città Nuova”, periodico cattolico, 1999 Infatti la pratica naturale, quando scivola oltre il patto matrimoniale, cioè oltre la necessità della procreazione, è una colpa veniale in una moglie, gravissima in una meretrice; invece la pratica contro natura è esecrabile in una meretrice, ma ancor più esecrabile in una moglie. Tanta importanza ha l’ordinamento disposto dal Creatore e la regola ricevuta dalla creazione, che oltrepassare la misura nelle pratiche consentite all’uso è cosa di gran lunga più tollerabile che una trasgressione, sia pure unica o rara, in quelle che non sono consentite. E perciò l’eccesso di un coniuge in un’azione lecita deve essere tollerato, perché la libidine non prorompa in un’altra non concessa. Da ciò deriva anche che pecca di gran lunga di meno un marito che si dedica con troppa frequenza alle pratiche coniugali, che uno che si dia, sia pur rarissimamente, alla fornicazione. Ma se un uomo vuole usare del corpo della moglie in maniera non concessa dalla natura, la moglie è più colpevole se permette che questo avvenga su di sé che su un’altra. Dunque la dignità del matrimonio consiste nel procreare onestamente e nel rendere fedelmente il debito coniugale: questa è la funzione delle nozze S. Agostino di Ippona, Matrimonio e verginità I patriarchi musulmani cospirano con lo sguardo lascivo dell’”altro” occidentale per presentare tutto ciò come unico discorso monolitico delle società musulmane sulla sessualità. Ma le realtà sono molto diverse. L’abominevole complesso “onore e vergogna” , dove l’onore dell’uomo sta nel controllo del corpo e delle pratiche sessuali delle donne della famiglia, è molto diffuso nell’area mediterranea , in Arabia e in parte dell’Asia meridionale (Antoun 1968, per esempio). Tuttavia è quasi sconosciuto nell’ Africa sub-sahariana e in gran parte del sud-est asiatico. Per esempio tra gli Hausa il “delitto d’onore” è sconosciuto persino come materia di scherzo. Gli uomini sposano più che volentieri le prostitute e la prostituzione delle donne può non essere nascosta alla famiglia. Non è la professione più apprezzata, ma le donne non vengono uccise per questo né ancor meno per sospetti di storie non matrimoniali o extra matrimoniali (Imam 1994). Ugualmente, dietro la pratica della clitoridectomia comunemente in uso in alcuni paesi (come Egitto, Sudan, Mali, Gambia) , sta la concezione della sessualità femminile come minaccia all’ordine sociale , come fenomeno straripante, e l’idea che le donne non sappiano controllare se stesse o siano impure e quindi bisognose di purificazione e di controllo a difesa della loro virtù. L’amputazione della clitoride e delle labbra e la cucitura delle labbra rende i rapporti sessuali dolorosi e difficili per le donne, che a volte devono essere riaperte con coltelli, rasoi o altri strumenti taglienti (El Saadawi 1980, Toubia e An-Na’im 1993). In tutti questi paesi si difende questa pratica come prescritta 2 dall’Islam. Ma in altri paesi musulmani è totalmente sconosciuta (Algeria, Tunisia, Pakistan, Singapore) o (come in Nigeria del nord) non comune tra i musulmani che la considerano una pratica pagana (Dorkenoo e Ellsworthy 1992, Mandara 1995). Al contrario, nel nord della Nigeria una bambina può essere sottoposta alla imenectomia per assicurare una più facile penetrazione, anche se sembra che questa pratica sia in via di estinzione (Mandara 1995). Ayesha M. Imam, The muslim religious right and sexuality,2000, trad. Elena Laurenzi “NON sai resistere? Lui o lei insiste? Che brutta storia di inganni e di ricatti! Non ti ama, chi ti tratta così!”. “Ricordati che sono la stabilità dell’unione e la fedeltà reciproca le due armi davvero vincenti contro l’Aids”. “L’amore ha bisogno di tempo! Non confondere l’amore con l’attrazione sessuale!”. No, non è un corso prematrimoniale per fidanzati cattolici. Non è un parroco che parla (i parroci sono molto più avanzati). Sono precetti contenuti in un libretto anti-Aids da distribuire nelle scuole (concepito da ben due ministeri, Sanità e Pubblica Istruzione) che ha fatto letteralmente imbufalire esperti e associazioni che da anni si battono per la prevenzione. I concetti-cardine della desolante operina sono l’invito alla castità e l’esortazione mielosa a cercare “il vero amore” (a quattordici anni?!), resistendo impavidamente alle corrive tentazioni del sesso. Se possibile (e pareva davvero impossibile) questo opuscolo riesce a segnare un passo indietro perfino nell’esitante cammino delle campagne pubbliche fin qui dedicate alla lotta contro la malattia. I due distratti accenni al preservativo affogano in un mare di moralismo e sessuofobia, con un impatto sulla realtà affettiva e relazionale degli adolescenti italiani di oggi che è pari a meno di zero. Proporre a ragazzine e ragazzini, come scudo contro l’infezione, la paziente attesa del “vero amore”, non è solo ridicolo, non è solo uno spreco di carta e di denaro, è anche indice di una pericolosa e colpevole diserzione di fronte a un’emergenza sanitaria. I predicozzi sulle “coccole” come sublimazione del sesso (sì, c’è anche questo, nello scellerato libello), in un contesto promiscuo e sessualmente curioso come l’adolescenza, non possono che screditare il pulpito dal quale ci si affaccia. Ed essendo, questo pulpito, l’autorità dello Stato, ci si chiede se sia più presuntuoso o più sventato utilizzarlo per distribuire paternali a chi avrebbe necessità di informazioni scientifiche e di istruzioni sanitarie. Lo zelo confessionale, in qualunque parola o atto riconducibile alle istituzioni, è già più che discutibile, perché discrimina opinioni e scelte di milioni di cittadini. Ma in una campagna anti-Aids diventa intollerabile, perché rimuove il problema urgente e reale (la prevenzione applicata ai costumi sessuali così come sono) e propone l’improbabile e non condiviso rimedio dell’astinenza come soluzione principale. Tocca concludere che di queste cose si discute, da molti anni, invano. E che il clima politico e culturale del paese favorisce l’arrocco protervo del tradizionalismo bigotto, probabilmente minoritario anche nel mondo cattolico, ma in grado di moltiplicare i suoi pulpiti. Libertino nell’oleografia pubblicitaria e televisiva, bacchettone e familista in molti dei suoi atti pubblici, il mondo degli adulti offre agli adolescenti un’immagine del tutto schizofrenica. Il sesso campeggia ovunque, seduttivo e consumista, indiscriminato e invasivo, ma il tandem MorattiSirchia invita i giovani alla castità. Speriamo che i nostri figli abbiano altre fonti alle quale attingere razionalità e buon senso. Crescere in una società crapulona ma sotto un governo reazionario non dev’essere il massimo, come bussola. Michele Serra, La Repubblica, 30 Novembre 2002 3