Terapia dell`ipotiroidismo congenito 5

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Terapia dell`ipotiroidismo congenito 5
CAPITOLO
5
Terapia
dell’ipotiroidismo congenito
Mariacarolina Salerno
L’
obiettivo della terapia dell’ipotiroidismo congenito (IC) è di assicurare
una normale crescita somatica e uno sviluppo neurologico adeguato, non
solo in termini assoluti, ma anche in termini relativi al potenziale familiare e
socio-culturale del bambino. Tra le variabili più importanti di cui tenere conto
dal punto di vista terapeutico vi sono il tipo di farmaco e le sue modalità di
somministrazione, il dosaggio, la tempistica iniziale del trattamento e il monitoraggio dei suoi effetti.
Formulazioni e modalità di somministrazione
di levotiroxina
L’unico standard terapeutico attualmente riconosciuto per l’IC è rappresentato dal
trattamento con levotiroxina (L-T4). Il farmaco viene universalmente impiegato
sotto forma di compresse, ma in alcuni Paesi – tra i quali l’Italia – è disponibile
anche in formulazione liquida standardizzata. Una possibile alternativa alla L-T4
è costituita dalla liotironina (T3) o dalla terapia di combinazione con L-T4 e T3.
L’uso di L-4 in forma liquida e l’eventuale utilizzo di T3 sono discussi più dettagliatamente in altre relazioni di questo Workshop.
Le compresse di L-T4 vanno somministrate dopo frantumazione e sospensione
in pochi millilitri di acqua o di latte, possibilmente 30-60 minuti prima che il
bambino assuma il primo pasto o la prima poppata del giorno. Ottenere questa
condizione di digiuno assoluto non è semplice, particolarmente nei bambini più
piccoli. Tuttavia, se le modalità di preparazione del farmaco e la tipologia della
colazione sono sufficientemente regolari, è possibile somministrare la terapia anche
più ravvicinata al pasto, purché tutta la procedura si mantenga costante nel tempo.
La biodisponibilità della L-T4 può essere influenzata dall’assunzione concomitante
di diverse sostanze, tra cui proteine della soia, alcuni minerali (segnatamente ferro
e calcio), supplementi di fibre, colestiramina o altre resine, fenobarbital, idrossido
di alluminio e antiacidi. Recentemente è stato segnalato che anche il simeticone,
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principio attivo dei preparati prescritti per le coliche gassose dei neonati, può
ridurre l’assorbimento dell’ormone tiroideo.
Un aspetto che forse vale la pena di approfondire è la possibilità di spostare
l’assunzione del farmaco dalla mattina prima di colazione alla sera prima di andare a letto. Quando questo tentativo è stato compiuto in donne adulte ipotiroidee
che mostravano un controllo insoddisfacente della malattia, la somministrazione
serale della L-T4 ha migliorato significativamente sia le concentrazioni di TSH sia
i livelli di FT4 (Fig. 1). Nel neonato o nel lattante è verosimile che questa procedura
sia più difficoltosa (dato l’orario abbastanza precoce in cui abitualmente vengono
A
7
L-T4 mattutina
L-T4 serale
6
TSH (μU/ml)
5
4
3
2
1
0
9
12
15
18
21
24
3
6
9
Tempo (ore)
B
22
L-T4 mattutina
L-T4 serale
FT4 (pmol/l)
20
18
16
14
12
9
12
15
18
21
24
3
6
9
Tempo (ore)
Figura 1. Livelli di TSH (A) e di FT4 (B) in 12 donne ipotiroidee, prima e dopo
il passaggio dalla somministrazione mattutina a quella serale di L-T4.
(Modificata da Bolk et al., Clin Endocrinol 2007;66:43-8)
capitolo 5 • Terapia dell’ipotiroidismo congenito
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messi a dormire i bambini di questa età), ma nel bambino un po’ più grande o
nell’adolescente potrebbe rappresentare una valida alternativa per i casi con TSH
meno controllato.
Dosaggio della terapia
Le attuali linee guida statunitensi ed europee – elaborate rispettivamente dalla American Academy of Pediatrics e dalla European Society for Paediatric Endocrinology
– raccomandano entrambe un dosaggio iniziale di L-T4 compreso tra 10 e 15 μg/
kg/die. Queste dosi, pari a circa il doppio di quelle utilizzate fino a 10-15 anni fa
(5-6 μg/kg/die), da principio erano state guardate con preoccupazione a causa del
timore di ipertrattamento. Tuttavia, il loro impiego si è dimostrato adeguato per
ottenere la normalizzazione della funzione tiroidea nel più breve tempo possibile,
cioè approssimativamente 3 giorni per la T4 totale o la FT4 e circa 2-4 settimane
per il TSH. Tali valori sono scaturiti principalmente dal lavoro di Selva et al. già
citato in precedenza da Alice Monzani, in cui la rapida normalizzazione dei parametri tiroidei con il dosaggio da 50 μg/die (pari a circa 14,5 μg/kg/die) è risultata
associata a un migliore outcome neurocognitivo rispetto a dosaggi inferiori (37,5
μg/die, pari a circa 11 μg/kg/die) o progressivamente superiori (37,5→62,5 μg/die,
pari a circa 18 μg/kg/die). In altre parole, quanto più velocemente si raggiunge lo
stato di eutiroidismo – che le linee guida identificano con la normalizzazione non
solo della FT4 ma anche del TSH – tanto migliore sarà la prognosi del bambino.
All’interno del range posologico raccomandato (10-15 μg/kg/die), il dosaggio
da utilizzare può essere scelto in base al tipo di difetto e/o alla gravità dell’ipotiroidismo, parametri che nella maggior parte dei casi sono coincidenti: le forme
di IC da agenesia, infatti, sono associate ai valori più alterati di FT4 e TSH,
mentre le forme da disormonogenesi sono generalmente le più lievi e quelle da
ectopia si collocano in una posizione intermedia. Mathai et al., in uno studio
in cui hanno suddiviso i loro pazienti in base alle tre forme di difetto tiroideo
appena citate, trattando poi ogni forma con un dosaggio diverso di L-T4 (agenesie 15 μg/kg/die, ectopie 12 μg/kg/die, disormonogenesi 10 μg/kg/die), hanno
ottenuto risultati sovrapponibili nei tre gruppi (Fig. 2). Tuttavia, poiché il valore
assoluto degli indici di funzionalità tiroidea non segue invariabilmente questa
distribuzione così rigida, è bene includere sempre nelle decisioni terapeutiche
anche i livelli di TSH e FT4.
L’outcome dell’IC è influenzato da numerosi fattori diversi, e la terapia è soltanto
uno di essi. Per esempio, nello studio di Selva et al. citato precedentemente, quando
la popolazione è stata suddivisa in base alla presenza di ipotiroidismo moderato o
grave, i bambini con malattia grave hanno mostrato un QI non ottimale nonostante
gli elevati dosaggi di farmaco utilizzati (Fig. 3a). E ancora, nel medesimo studio,
i bambini con IC – seppure trattati adeguatamente – hanno ottenuto punteggi di
QI inferiori rispetto a quelli dei loro fratelli sani (Fig. 3b); quest’ultima circostanza
è particolarmente indicativa, poiché in questo caso i pazienti e i controlli appar-
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tenevano allo stesso contesto familiare e socio-culturale, pertanto non vi erano
fattori confondenti legati alla diversa provenienza dei bambini. Di conseguenza,
sebbene lo studio abbia alcuni elementi di debolezza (come le ridotte dimensioni
del campione e l’ampia fascia di età considerata, compresa tra 2 e 8 anni), esso
suggerisce che gli esiti del trattamento siano di tipo multifattoriale e che non
dipendano esclusivamente dalla patologia di per sé o dalle variabili di ordine
A
B
50
Disormonogenesi (L-T4 10 μg/kg/die)
Agenesia (L-T4 15 μg/kg/die)
Ectopia (L-T4 12 μg/kg/die)
180
160
TSH (μU/ml)
FT4 (pmol/l)
40
30
20
0
1
2
3
4
5
6
Settimane dopo l’inizio del trattamento
TSH a 2 settimane
– agenesia: 4,8
– ectopia: 6,2
– disormonogenesi: 3,7
140
120
100
50
40
30
20
10
0
10
0
200
0
1
2
3
4
5
6
Settimane dopo l’inizio del trattamento
Figura 2. Livelli di FT4 (A) e di TSH (B) in pazienti con agenesia,
ectopia o disormonogenesi tiroidea trattati con dosi differenti di L-T4.
(Modificata da Mathai et al., Clin Endocrinol 2008;69:142-7)
A
120
110
100
*
*
Moderato
Grave
p<0,05
B
110
100
90
90
80
80
70
70
60
50
Pazienti
Fratelli
120
60
18
13
Globale
15
10
Verbale
QI
15
10
Performance
50
16
16
Globale
16
16
Verbale
QI
16
16
Performance
Figura 3. Punteggi di QI ottenuti in bambini con IC moderato o grave (A) e in bambini con
IC confrontati con i loro fratelli sani (B). (Modificata da Selva et al., J Pediatr 2005;147:775-80)
capitolo 5 • Terapia dell’ipotiroidismo congenito
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terapeutico. Ciò è confermato dal fatto che, ad esempio, le attuali differenze di
outcome tra i pazienti ipotiroidei e i loro fratelli sani non sono molto diverse da
quelle osservate negli anni in cui si utilizzavano dosi iniziali di L-T4 decisamente
inferiori, indicando dunque che l’incremento dei dosaggi farmacologici non ha
ancora risolto tutti gli aspetti del problema. Anche le passate esperienze del nostro
centro indicano che, nonostante vi sia un miglioramento significativo del QI con
il passaggio da dosi di 6-8 μg/kg/die a dosi di 10-15 μg/kg/die, la differenza tra
i bambini che cominciano con 10 μg/kg e quelli che cominciano con 15 μg/kg
appare abbastanza esigua.
Tempistica del trattamento
La prontezza con cui si istituisce la terapia ormonale sostitutiva è di importanza
fondamentale per l’outcome neurocognitivo dell’IC. L’esperienza indica che, se
si comincia il trattamento al di là della terza settimana, le prestazioni cognitive
raggiungono livelli soddisfacenti solo se si impiegano dosi iniziali più aggressive
(Fig. 4). Ciò nonostante, anche in questo ambito permangono alcuni aspetti non completamente chiariti, che depongono ancora una volta per una genesi multifattoriale
dell’outcome intellettivo. Nel 2009, il gruppo svizzero di Beatrice Latal ha condotto
uno studio in cui 63 bambini con IC identificato allo screening neonatale sono
stati trattati precocemente (in media dal 9° giorno di vita) con dosi elevate di L-T4
(in media 14,7 μg/kg/die, ma in alcuni casi anche oltre 23 μg/kg/die), esaminando
poi gli outcome cognitivi a lungo termine all’età di 14 anni. Tali condizioni erano
100
L–T4 8-10 µg/kg/die
L–T4 10-15 µg/kg/die
+7 punti
QI
90
80
70
<21 giorni
>21 giorni
Figura 4. Punteggi di QI ottenuti in bambini con IC trattati prima o dopo il 21° giorno di vita,
con due diverse dosi di L-T4. (Modificata da Salerno et al., Thyroid 2002;12:45-52)
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Tabella 1. Punteggi di QI (aggiustati per sesso e stato socio-economico) ottenuti
in bambini con IC trattati precocemente con alte dosi di L-T4, suddivisi in base al tipo di difetto
tiroideo e confrontati con soggetti di controllo sani. (Modificata da Dimitropoulos et al.,
Pediatr Res 2009;65:242-8)
Totale
(n = 63)
Agenesia
(n = 26)
Disgenesia
(n = 33)
Controlli
(n = 175)
QI scala globale, media (DS)
101,7 (1,4)‡
  98,7 (2,1)‡
104,2 (1,9)§
111,4 (0,81)
QI verbale, media (DS)
102,2 (1,3)‡
100,9 (2,0)‡
103,3 (1,8)§
109,3 (0,76)
QI performance, media (DS)
100,8 (1,5)‡
  96,5 (2,3)‡
104,1 (2,1)†§
110,9 (0,86)
DS, deviazione standard. †
p ≤0,05, disgenesia vs agenesia. ‡
p <0,001 §
p ≤0,01 vs controlli.
dunque ottimali per la valutazione degli esiti intellettivi in presenza del miglior
trattamento possibile. Ebbene, la misurazione del QI a 14 anni, aggiustato per sesso
e per stato socio-economico, ha rivelato che i ragazzi ipotiroidei avevano un QI globale significativamente più basso rispetto ai loro coetanei sani, e che i soggetti con
agenesia tiroidea avevano un punteggio di performance significativamente inferiore
rispetto ai soggetti con disgenesia della ghiandola (Tab. 1). Pertanto, nonostante un
trattamento precoce ad alto dosaggio e una terapia sostitutiva ottimale per l’intera
età pediatrica, questi adolescenti hanno manifestato ugualmente un certo deficit
intellettivo, non particolarmente profondo ma pur sempre significativo. Il fatto che
tale deficit sia apparso più marcato nei ragazzi con agenesia della tiroide – cioè nella
forma di ipotiroidismo più grave – lascia probabilmente intendere che in questi
casi il coinvolgimento intrauterino sia talmente intenso da rendere insufficiente
anche la migliore terapia postnatale possibile. Come è stato riferito nella precedente
relazione, più recentemente gli stessi autori hanno evidenziato che bambini con
IC trattati secondo le stesse modalità ottimali sopra descritte manifestavano anche
alcuni deficit motori in età scolare, particolarmente a carico dell’attività motoria
pura e dei movimenti fini di tipo adattativo; tali deficit, analogamente a quelli
intellettivi, apparivano più marcati nei soggetti con agenesia, rispetto a quelli con
disgenesia tiroidea (Fig. 5).
Per quanto riguarda l’outcome dell’accrescimento somatico, è stato già sottolineato come esso non sia influenzato in maniera significativa dalla maggiore o
minore precocità con cui viene istituita la terapia né dal dosaggio iniziale della
L-T4, consentendo ai bambini ipotiroidei di raggiungere gli stessi target staturali
dei loro coetanei sani.
Monitoraggio
Secondo l’American Academy of Pediatrics, il monitoraggio della terapia con ormone tiroideo deve avere l’obiettivo di mantenere la FT4 entro il range alto normale
(1,4-2,3 ng/dl) e il TSH entro valori inferiori a 5 μU/ml (idealmente, entro valori
compresi tra 0,5 e 2 μU/ml). Particolarmente nelle fasi iniziali del trattamento,
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§
**
Agenesia
Disgenesia
2
Punteggio z
*
0
-2
–4
Attiività
motoria pura
Movimenti
adattativi fini
Movimenti
adattativi
grossolani
Equilibrio
statico
Movimenti
associati
Linee bianche nei box: mediane. Dimensioni dei box: range interquartile.
Estremi superiore e inferiore, collegati al box con linea punteggiata: 1,5 x range interquartile.
Linea tratteggiata in corrispondenza dello 0: valore normale.
*p = 0,03. ** p = 0,01. § p <0,001.
Figura 5. Outcome neuromotori osservati in età scolare in bambini con IC trattati
precocemente con alte dosi di L-T4, suddivisi in base al tipo di difetto tiroideo.
(Modificata da Hauri-Hohl et al., Pediatr Res 2011;70:614-8)
quando le dosi di L-T4 sono più elevate, è necessario evitare il rischio che il bambino vada in ipertiroidismo. Pertanto, le linee guida statunitensi raccomandano
di effettuare i controlli periodici con la seguente frequenza: 2 e 4 settimane dopo
l’inizio della terapia; ogni 1-2 mesi nei primi 6 mesi di vita; ogni 3-4 mesi tra i 6
mesi e i 3 anni di età; ogni 6-12 mesi dai 3 anni in poi; infine, 4 settimane dopo
ogni variazione del regime posologico. Il concetto della normalizzazione del TSH
– oltre che della FT4 – è relativamente recente, se si pensa che anche solo 20 anni
fa veniva considerata normale una tireotropinemia di 10-15 μU/ml. Oggi sappiamo che per il benessere dei bambini ipotiroidei è fondamentale che il TSH scenda
fino a valori normali, tuttavia è incerto se in età pediatrica la sua riduzione debba
essere necessariamente così stringente da mantenere i livelli ematici al di sotto di
2 μU/ml, come suggeriscono gli americani. A questo proposito, probabilmente è
opportuna una revisione critica dei range di normalità del TSH nelle diverse fasce
di età, anche al fine di evitare gli episodi di ipertrattamento.
Dal punto di vista cardiovascolare, è stato già detto come il trattamento cronico
con L-T4 esponga al rischio di effetti indesiderati a carico della funzione ventricolare
sinistra, della tolleranza all’esercizio fisico e dello spessore delle pareti vasali. Il
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corretto monitoraggio della terapia assume dunque particolare rilevanza anche in
quest’ottica, poiché è stato dimostrato che sia gli episodi di ipertrattamento sia quelli
di ipotrattamento sono significativamente correlati alla performance cardiovascolare.
Conclusioni
In sintesi, le dosi terapeutiche di L-T4 attualmente consigliate consentono di ottenere
un miglior outcome intellettivo globale rispetto ai dosaggi che si utilizzavano fino a
qualche tempo fa. Tuttavia, per valutare compiutamente gli effetti del trattamento
sugli outcome cognitivi a lungo termine sono necessari ulteriori studi su ampie
casistiche, che tengano conto in maniera adeguata di tutte le diverse variabili coinvolte: età di inizio della terapia, gravità dell’ipotiroidismo, livello socio-culturale
della famiglia, atteggiamento parentale nei confronti della malattia, compliance per
il trattamento, ecc. Inoltre, è opportuno valutare con studi appropriati la necessità
o meno di modulare la dose iniziale di L-T4, unitamente alle eventuali modalità
con cui effettuare tale modulazione.
Letture consigliate
• American Academy of Pediatrics, Rose SR; Section on Endocrinology and Committee on
Genetics, American Thyroid Association, Brown RS; Public Health Committee, Lawson
Wilkins Pediatric Endocrine Society, Foley T, Kaplowitz PB, Kaye CI, Sundararajan S,
Varma SK. Update of newborn screening and therapy for congenital hypothyroidism.
Pediatrics 2006;117(6):2290-303.
• Bolk N, Visser TJ, Kalsbeek A, van Domburg RT, Berghout A. Effects of evening vs morning thyroxine ingestion on serum thyroid hormone profiles in hypothyroid patients.
Clin Endocrinol (Oxf) 2007;66(1):43-8.
• Dimitropoulos A, Molinari L, Etter K, Torresani T, Lang-Muritano M, Jenni OG, et al.
Children with congenital hypothyroidism: long-term intellectual outcome after early
high-dose treatment. Pediatr Res 2009;65(2):242-8.
• Hauri-Hohl A, Dusoczky N, Dimitropoulos A, Leuchter RH, Molinari L, Caflisch J, et al.
Impaired neuromotor outcome in school-age children with congenital hypothyroidism
receiving early high-dose substitution treatment. Pediatr Res 2011;70(6):614-8.
• Mathai S, Cutfield WS, Gunn AJ, Webster D, Jefferies C, Robinson E, et al. A novel therapeutic paradigm to treat congenital hypothyroidism. Clin Endocrinol (Oxf)
2008;69(1):142-7.
• Salerno M, Micillo M, Di Maio S, Capalbo D, Ferri P, Lettiero T, et al. Longitudinal
growth, sexual maturation and final height in patients with congenital hypothyroidism
detected by neonatal screening. Eur J Endocrinol 2001;145(4):377-83.
• Salerno M, Militerni R, Bravaccio C, Micillo M, Capalbo D, Di MS, et al. Effect of different
starting doses of levothyroxine on growth and intellectual outcome at four years of age
in congenital hypothyroidism. Thyroid 2002;12(1):45-52.
• Salerno M, Oliviero U, Lettiero T, Guardasole V, Mattiacci DM, Saldamarco L, et al. Longterm cardiovascular effects of levothyroxine therapy in young adults with congenital
hypothyroidism. J Clin Endocrinol Metab 2008;93(7):2486-91.
capitolo 5 • Terapia dell’ipotiroidismo congenito
51
• Selva KA, Harper A, Downs A, Blasco PA, Lafranchi SH. Neurodevelopmental outcomes
in congenital hypothyroidism: comparison of initial T4 dose and time to reach target T4
and TSH. J Pediatr 2005;147(6):775-80.
DISCUSSIONE
Franco Chiarelli
Talvolta, nella pratica clinica, capita ancora di vedere bambini il cui trattamento a lungo termine non è condotto in maniera ottimale. Nel nostro centro, ad
esempio, vi è stato il caso di un bambino di 2 anni al quale avevamo impostato
noi fin dalla nascita la terapia con L-T4, che dopo un soggiorno di 6 mesi in
Francia, sebbene sia stato seguito da un’ottima struttura, è rientrato in Italia
con un TSH di 15 μU/ml. Come si può fare, in termini più generali, per garantire che la qualità del trattamento venga mantenuta e per evitare che si allenti
l’attenzione nei confronti di un follow-up adeguato?
E ancora un altro aspetto: la raccomandazione a tenere i valori del TSH al di
sotto di 5 μU/ml o tra 0,5 e 2 μU/ml deriva da evidenze specifiche o scaturisce
prevalentemente dall’esperienza personale di chi ha elaborato le linee guida e
i documenti di consenso? In altre parole, esiste la prova scientifica che un TSH
inferiore a 2 μU/ml sia associato a un outcome più favorevole rispetto a un valore
inferiore a 5 μU/ml? Il gruppo berlinese di Annette Grüters, per esempio, sostiene che per ottimizzare il trattamento il TSH debba essere compreso tra 1 e 2.
Mariacarolina Salerno
La domanda su come garantire l’ottimizzazione del trattamento temo che non
abbia una risposta univoca e definitiva. Ovviamente si potrebbe auspicare l’esecuzione di follow-up più ravvicinati, ma i follow-up ravvicinati sono un’arma a
doppio taglio, perché se da un lato mantengono adeguatamente “sotto pressione”
la famiglia del bambino o – in un’età successiva – direttamente il ragazzo o
l’adolescente che si autogestiscono, dall’altro conferiscono anche un maggiore
impatto psicologico alla malattia cronica. Pertanto, è necessario bilanciare in
modo equilibrato i due aspetti. Nella mia esperienza, il centro di riferimento
per le patologie tiroidee ha un grande potere di sorveglianza, perché quando
si delega il controllo della malattia al pediatra di libera scelta accade spesso
che i genitori riducano la loro attenzione. L’avere di fronte un appuntamento,
un impegno prefissato presso la struttura di riferimento, aiuta a mantenere un
giusto livello di consapevolezza nella famiglia. Il problema degli adolescenti è
un po’ più complesso, poiché a quell’età – anche se si viene seguiti in maniera
impeccabile – è facile che emerga la tendenza a non accettare la propria condizione, a rifiutare il concetto di malattia perdurante. Da questo punto di vista,
un ruolo fondamentale è svolto dalle modalità con cui negli anni precedenti
è stata educata la famiglia, accompagnandola verso una gestione serena e non
traumatica dell’IC.
i p ot i r o i d i s m o c o n g e n i to
52
Per quanto riguarda le raccomandazioni sui valori del TSH, a quanto mi risulta non esistono studi specifici a sostegno di un cut-off di 5 o di 2 μU/ml.
È verosimile che il gruppo della Dott.ssa Grüters adotti come riferimento un
valore inferiore a 2 perché nel loro centro l’IC viene trattato con 50 μg/die di
L-T4 indipendentemente dal peso corporeo, dosaggio che rapportato al peso
può raggiungere anche i 18-20 μg/kg/die. Tuttavia, la domanda offre lo spunto
per esaminare la possibilità di condurre uno studio apposito su questo argomento: i centri italiani, se adeguatamente coordinati, possiedono certamente
una casistica complessiva idonea alla valutazione retrospettiva degli outcome
in funzione dei livelli di TSH raggiunti.
Aldo Pinchera
La questione dei valori normali del TSH ha avuto origine dagli studi della Dott.
ssa Spencer, una biologa che lavora nel laboratorio di Nikolov a Los Angeles, la
quale ha dapprima ottimizzato i dosaggi della tireotropina e successivamente
ne ha verificato il range di normalità. Da queste ricerche è emerso che il valore
normale dell’ormone è sicuramente inferiore a 3 μU/ml, e su questa base è stata
avviata la revisione complessiva degli intervalli di riferimento per il TSH, sia
nell’adulto sia nel bambino. Di fatto, non esiste la prova incontrovertibile che
una concentrazione inferiore a 2 μU/ml rappresenti il valore di TSH ideale. Esiste
però la constatazione che i soggetti normali, esenti da qualunque patologia e
anche da qualsiasi interferenza sui livelli di TSH, possiedono valori di tireotropina compresi in quell’ambito. Per inferenza, dunque, si deduce che anche nei
pazienti ipotiroidei si debbano raggiungere concentrazioni analoghe. La Dott.
ssa Grüters, a Berlino, si attiene a questi dati. Il mio parere personale è che le
evidenze siano tendenzialmente più a favore delle 2 μU/ml che delle 5 μU/ml;
ovvero, detto in altri termini, che attualmente sarebbe necessario provare che
il valore di 5 μU/ml sia migliore rispetto al valore di 2 μU/ml, piuttosto che
provare il contrario.
Per quanto riguarda gli outcome neurocognitivi e il successo complessivo del
trattamento, dalla relazione di Mariacarolina Salerno emerge chiaramente che
un ruolo fondamentale è svolto dal contesto familiare in cui vive il paziente.
Pressoché tutti i nostri maggiori insuccessi terapeutici, infatti, dipendono generalmente dal fatto che i genitori sono assenti (materialmente o affettivamente) o
non riescono ad accettare in modo sereno la malattia. E su quest’ultimo aspetto
il medico può influire molto a fondo. Il ruolo della famiglia è importante non
solo nei primissimi anni di vita, in cui il bambino è totalmente dipendente dai
genitori, ma anche nelle età successive, quando la costruzione di un ambiente
psico-affettivo adeguato consente all’adolescente e poi al giovane di affrontare
con equilibrio e consapevolezza la propria condizione. A questo proposito, è fuori
dubbio anche il notevole miglioramento che ha determinato nella gestione della
malattia la creazione dei centri di riferimento per l’IC, mentre in precedenza
questi bambini venivano indirizzati a varie strutture pediatriche non sempre
dotate della necessaria competenza.
capitolo 5 • Terapia dell’ipotiroidismo congenito
53
Dal punto di vista del dosaggio iniziale della L-T4, è evidente che nella prima
fase della malattia bisogna somministrare un carico farmacologico considerevole. In termini fisiopatologici, il problema è più o meno analogo a quello
dei pazienti adulti tiroidectomizzati, nei quali l’asportazione della ghiandola
e la terapia radiometabolica provocano un depauperamento totale della tiroxina in tutti i tessuti corporei. In queste condizioni, per poter reintegrare e
ridistribuire la tiroxina dapprima nei tessuti e poi nel torrente circolatorio
(con conseguente ripristino delle concentrazioni ematiche), il dosaggio iniziale della terapia sostitutiva dovrà essere necessariamente generoso, e solo
in seguito si potrà ridurre adottando una dose di mantenimento inferiore. I
bambini con agenesia tiroidea si trovano in una condizione ancora più grave,
poiché non hanno mai avuto tiroxina nei loro tessuti, fin dalla vita intrauterina: pertanto, all’inizio del trattamento per l’IC dovranno ricevere una dose
di L-T4 decisamente elevata.
Esiste poi il problema della cosiddetta “ginnastica terapeutica”, cioè dei continui
aggiustamenti di dosaggio del farmaco effettuati sulla base di un’interpretazione affrettata dei livelli di TSH. Nell’adulto, la questione nacque dal fatto
che, quando furono stabiliti i primi parametri di valutazione con Reginald
Hall, a Newcastle, si affermò l’opportunità di verificare il raggiungimento dei
valori desiderati di TSH dopo soli 20 giorni dalla modificazione terapeutica
eseguita. Oggi sappiamo che questo intervallo di tempo è troppo ridotto, e che
per valutare in maniera attendibile gli effetti di piccole variazioni della L-T4
sono necessari da 2 a 4 mesi di attesa. Nella popolazione pediatrica, specie nei
primi 2 anni di vita, ovviamente bisogna essere più assidui nel monitoraggio,
ma rimane valida l’esortazione a non modificare la terapia sulla base di un
unico elemento e, in caso di dubbio, è meglio produrre un leggero eccesso
terapeutico che rischiare un possibile difetto di trattamento. La ponderatezza e l’equilibrio nel giudicare le eventuali modificazioni del TSH diventano
oltremodo importanti nel bambino più grande e nell’adolescente, per evitare
che la ginnastica terapeutica costringa questi pazienti a vedere continuamente
“medicalizzata” la propria esistenza.
Una breve considerazione, infine, va fatta sulla questione dell’assunzione a digiuno della L-T4. Come ha accennato Mariacarolina Salerno, se la prima colazione
si svolge sempre nello stesso modo, il rispetto assoluto del digiuno non è una
necessità imprescindibile. Il nostro scopo, infatti, non è quello di massimizzare
l’assorbimento del farmaco, bensì quello di mantenerlo costante nel tempo.
Massimo Tonacchera
La difficoltà nello stabilire il valore ottimale di TSH per i bambini con agenesia
tiroidea dipende anche dal fatto che – contrariamente a quanto avviene negli
adulti che contraggono una tireopatia ad un certo punto della loro vita – non
abbiamo punti di riferimento riguardo alle loro concentrazioni fisiologiche
di tireotropina prima della malattia. Con ogni probabilità, sebbene nessuno
lo abbia ancora dimostrato, questi bambini hanno un’alterazione del setpoint
i p ot i r o i d i s m o c o n g e n i to
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tiroideo e quindi necessitano di dosaggi più elevati di L-T4 per ottenere un TSH
di 1 o 2 μU/ml, il che avviene a spese di una FT4 più alta rispetto alle attese.
In confronto, un bambino con carcinoma della tiroide che venga operato e poi
sottoposto a terapia sostitutiva, ha bisogno di dosi molto inferiori per raggiungere lo stesso valore di TSH.
Alessandra Cassio
Ma come facciamo a sapere se con quei valori di TSH e FT4 i tessuti e la situazione metabolica del bambino con agenesia tiroidea siano effettivamente a posto?
Massimo Tonacchera
Dobbiamo basarci esclusivamente sui dati biochimici, poiché non conosciamo
i suoi valori iniziali e siamo di fronte a un difetto di quel setpoint che, secondo
il parere di autorevoli esperti, si stabilisce nel periodo perinatale.
Luciano Cavallo
Alcuni degli argomenti che sono stati toccati mi trovano parzialmente in disaccordo. In primo luogo, a mio avviso il passaggio dalla somministrazione
mattutina a quella serale non è così facilmente attuabile, specie nella popolazione adolescente che, in linea teorica, sarebbe la principale destinataria di
questo provvedimento. A quell’età, infatti, l’individuo comincia ad ampliare la
sfera dei suoi contatti e delle sue attività sociali, e preso da questi nuovi interessi rischierebbe più facilmente di dimenticare l’assunzione del farmaco. In
secondo luogo, personalmente continuo a preferire la somministrazione della
L-T4 a digiuno, piuttosto che consentire il suo ravvicinamento al pasto sulla
base di un’ipotetica regolarità e costanza di quest’ultimo. Questo approccio
mi sembra più percorribile negli adulti, che hanno ormai raggiunto una certa
stabilità di abitudini, mentre credo che nei bambini la standardizzazione della
prima colazione sia assai meno consueta. In terzo luogo, trovo eccessive le raccomandazioni della American Academy of Pediatrics in merito alla frequenza
del follow-up nelle età comprese tra 6 mesi e 3 anni. Se da un lato comprendo e
condivido sia la necessità di essere particolarmente assidui fino a 6 mesi di vita,
sia la ragionevolezza di eseguire controlli semestrali dopo i 3 anni, dall’altro
ritengo che un follow-up trimestrale fino al terzo anno di età rappresenti una
medicalizzazione eccessiva della vita del bambino.
Riguardo al rapporto tra dosaggio della L-T4 e tipo di difetto tiroideo, da uno
studio retrospettivo condotto alcuni anni fa presso il nostro centro è emerso che,
su 150-200 soggetti ipotiroidei seguiti fino all’età adulta, i pazienti con agenesia
della ghiandola avevano assunto dosi complessive di L-T4 sensibilmente superiori a quelle dei pazienti con disgenesia, i quali a loro volta non presentavano
una differenza significativa rispetto ai soggetti con tiroide in sede. Viceversa, i
pazienti con FT4 molto basso alla nascita (dunque affetti da un ipotiroidismo
grave) non avevano assunto una dose globale di farmaco marcatamente superiore a quella usata nelle forme moderate. Pertanto, nella nostra esperienza,
capitolo 5 • Terapia dell’ipotiroidismo congenito
55
la situazione anatomica della tiroide sembra avere più influenza sui dosaggi
terapeutici rispetto all’entità del deficit ormonale.
Mariacarolina Salerno
Tornando solo un istante all’importanza dei centri di riferimento per la presa in
carico e il follow-up dei bambini con IC, io credo che la loro istituzione da un
lato abbia rappresentato un grande successo per la cura di questi pazienti, ma
dall’altro rischi oggi di costituire un vistoso insuccesso per i responsabili della
programmazione sanitaria: vi sono infatti una crescente carenza di finanziamenti
e un progressivo disconoscimento della loro utilità e, da ultimo, si comincia a
ipotizzare di demandare i controlli periodici al pediatra di libera scelta.
Aldo Pinchera
Ritengo che l’ipotesi di affidare completamente al pediatra di libera scelta il
follow-up di una patologia così delicata sia del tutto improponibile. Piuttosto
sarebbe importante che, anche nell’ambito dei centri che si occupano di IC,
venissero individuate le strutture che possiedono una reale e profonda esperienza in questo campo. A titolo esemplificativo, nell’ambito della chirurgia
tiroidea è stato visto non solo che circa la metà dei 41.000 interventi eseguiti
annualmente in Italia risulta essere di dubbia utilità, ma anche che circa tre
quarti di questi interventi vengono eseguiti presso strutture che non effettuano
più di 3 operazioni tiroidee nell’arco dell’anno. Mi sembra essenziale, dunque,
anche l’individuazione dei centri di eccellenza per la cura dell’IC, in analogia
con quanto è stato fatto – ad esempio – per la gestione dei trapianti d’organo
sul territorio nazionale.