Pollo alle prugne

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Pollo alle prugne
Recensioni cinema e film | Persinsala.it
Andrea Ussia
11 aprile 2012
Dopo Persepolis, Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud ritornano
dietro la macchina da presa per intessere una tela live-action,
che non perde l’autentico entusiasmo di una pellicola
d’animazione.
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Teheran 1958. Nasser Ali è un violinista di talento. Durante un litigio la
moglie Faringuisse gli distrugge il violino. Nasser Ali si sposta di città in
città per cercare un valido sostituto, ma vano è il suo tentativo. Convinto
di essere incapace a fare qualsiasi altra cosa, a parte essere un musicista,
il protagonista si lascerà morire davanti agli occhi dei figli e di una moglie
mai amata.
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Tratto dall’omonima graphic novel, Pollo alle prugne diviene una golosa
sfida per i registi Satrapi e Paronnaud che, dopo il successo della pellicola
Persepolis, si cimentano nella cinematografia di finzione, che lascia
enorme spazio a numerose sortite immaginifiche. Questa volta l’opera non
esplicita una viscerale autobiografia: Nasser Ali non è Marjane
(protagonista del precedente film), ma un personaggio immerso in un
contesto preciso e volutamente provocatorio. L’ambientazione e la voce
fuori campo ci suggeriscono che la vicenda è situata negli anni
immediatamente successivi al colpo di Stato degli Stati Uniti del 1953 e
non può non evidenziarsi, a un occhio esperto, la dissacrante sequenza,
nella quale la regista punta il dito sulla cultura stelle e strisce (ingrassante
e ottusa), importata nel paese asiatico. Inoltre la protagonista femminile si
trascina un nome inusuale e non casuale – Iran – e la pellicola ci
suggerisce come la sua figura (eterea e perduta) sia il riflesso abbagliante
di un paese che non esiste più. Partendo da quest’analisi più approfondita
dei temi, che si celano dietro la dipartita dell’accidioso Nasser Ali, si può
osservare Pollo alle prugne con occhi differenti. Difatti, superficialmente,
l’opera di Satrapi ci fa credere che la decisione presa da Nasser Ali sia
esclusivamente legata al “decesso”, in mille pezzi, di un oggetto materiale
(il violino), mentre mano a mano che le sequenze si sommano si scopre
che, ben nascosta nella sua memoria, si svela una storia d’amore
passionale, ma purtroppo perduta. Tutte le performance del violinista sono
segnate da un profondo legame con quell’amore; lo strumento musicale
era divenuto per lui ben più di un cimelio, era il sospiro della vita. Perduto
quello, non ha più senso vivere. Ma non basta: come anticipato, l’amore
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della vita di Nasser Ali ha un nome ben preciso (Iran) e la Satrapi,
nascondesi dietro lo status del suo personaggio, nuovamente rivendica il
suo stato di esule, condizione scomoda e faticosa da sostenere. Quindi non
si assiste a un’operazione autenticamente autobiografica da parte della
regista, ma a velati rimandi a un paese nel quale è cresciuta, ma che ha
dovuto abbandonare. Di conseguenza è corretta l’affermazione di Marjane
quando sostiene che Pollo alle prugne sia il naturale proseguimento di
Persepolis, non solo per il registro animato che contraddistingue i cardini
portanti della pellicola (l’immaginazione e l’estetica), ma per quella voglia
di inserire costantemente una nostalgia per uno stato che non la
rappresenta più, che è eternamente perduto.
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Ma Pollo alle prugne non si compone esclusivamente di questo, anzi
mette in mostra una buona scelta di interpreti (su tutti Mathieu Amalric)
per una pellicola a tappe, che inneggia alla vita pur indugiando sulla
morte. Degna di nota è la fotografia onirica e chiaroscura di Christophe
Beaucarne, immersa in una serie di innovazioni stilistiche, che permettono
di muoversi avanti e indietro (flashback e flashfoward) e di conoscere a
fondo la vita del giovane Nasser Ali e dei rispettivi figli. Inoltre la coppia
Satrapi-Paronnaud non disdegna una flebile ironia e alcune sonore risate
(indimenticabile è la sequenza in cui Nasser Ali incontra l’angelo della
Morte, Azrael), accompagnate da pugni nello stomaco e da un provocante
disinteresse.
Progetto meno doloroso e con meno carica emotiva, Pollo alle prugne si
rivela, dopotutto, una pellicola incompiuta, che mostra il fianco, per gli
sguardi meno attenti, a una certa meccanizzazione della costruzione
narrativa, che alcune volte sfocia in una sgradevole noia. Questo
probabilmente a causa di un eccessivo controllo dei mezzi espressivi, che
rischia di sminuire la pellicola a puerile esercizio di stile, a tenera e triste
storia d’amore, che paga dazio nei confronti di pellicole con una simile
messinscena (Il favoloso mondo di Amelie e Appuntamento a
Belleville), ma dotate di una costruzione narrativa più accattivante.
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Titolo originale: Poulet aux prunes
Regista: Marjane Satrapi, Vincent Paronnaud
Sceneggiatura: Marjane Satrapi, Vincent Paronnaud
Attori principali: Mathieu Amalric, Edouard Baer, Maria de Medeiros, Golshifteh Farahani, Eric Caravaca,
Chiara Mastroianni, Mathis Bour, Enna Balland, Didier Flamand, Serge Avédikian, Rona Hartner, Jamel
Debbouze, Isabella Rossellini
Fotografia: Christophe Beaucarne
Montaggio: Stéphane Roche
Musiche: Olivier Bernet
Prodotto da Celluloid Dreams, The Manipulators, uFilm, Studio 37, Le Pacte, Lorette
Productions, Arte France Cinéma, ZDF-Arte
Distribuzione: Officine Ubu
Genere: Drammatico
Durata: 91’
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