Santa Irene - Luoghi Misteriosi
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Santa Irene - Luoghi Misteriosi
SPECIALE Foto e interpretazione simboli Fabio Ponzo - www.luoghimisteriosi.it A Convento di A poca distanza da Catignano, nella provincia di Pescara, su una collina verde e soleggiata, sorge il Convento dei Cappuccini, dedicato a Santa Irene, che da anni ospita i Frati Terziari della Madonna Addolorata. STORIA DI SANTA IRENE Non si conoscono i dati precisi sui natali e sull’epoca della morte della Santa “Irene” che subì, presumibilmente, il martirio negli anni che vanno dal III al IV sec. dopo Cristo. Dall’esame delle ossa risulta che subì il martirio in giovanissima età. La certezza del martirio risulta dal vasetto di sangue trovato ai piedi del corpo quando fu aperto il loculo. La sua apertura, assieme ad altre, fu autorizzata da Papa Pio VII che, nel 1802, ordinò di rimuovere i resti mortali dei martiri dalle catacombe di Santa Priscilla (cimitero dove furono sepolti numerosi martiri perseguitati, nel III secolo e nei primi anni del IV, da Diocleziano e Galerio) sulla via Salaria Nuova in Roma. Le reliquie di Santa Irene, il 4 ottobre 1834, con lettera credenziale del Cardinale Don Placido Zurla, Vicario Generale di Sua Santità, furono donate a Padre Enrico da Catignano, cappuccino, con facoltà di esporle alla venerazione pubblica. La consegna fu fatta a Don Raffaele Bergonzoli. Soltanto nel 1847, le Sacre reliquie della Santa, furono trasportate, via ferrovia fino a Città ANNO XXXIV OTT-DIC 2012 Santa Irene 27 Ducale e di qui a spalle dai devoti, al convento di Catignano per opera di un altro cappuccino, Ministro Provinciale, Padre Giuseppe da Catignano. Il suo nome è scolpito sulla tavola marmorea che chiudeva il sepolcro. La tavola col nome “IRENE” la si può vedere su una parete dell’attuale. 28 LA CHIESA Annessa al Convento esiste una chiesa a tre nava- te probabilmente rimaneggiata all’inizio del secolo XIX con struttura ispirata a forme neoclassiche. La costruzione, pur con qualche stonatura, si presentava accogliente, e piena di pace, ma all’occhio dell’intenditore e dell’attento osservatore, mostrava dei caratteri e dei segni, che facevano supporre che la chiesa fosse stata costruita, nella sua originaria pianta, molto tempo prima. Il catignanese prof. Giovanni Pittoni, animato da grande passione per il tempio, decise di sondare le colonne e gli archi. Il suo lavoro, fu coronato da pieno e lusinghiero successo. Apparvero tutti gli elementi principali di una semplice, ma tipica chiesa romanica, che, degnamente e dignitosamente può reggere il confronto con quelle dello stesso periodo, che si ammirano ad Alba Fucens (S. Pietro) ed a Pentima. Si è sempre sostenuto che nei secoli XI e XII si raccolsero i frutti della saggia e lungimirante politica di Carlo Magno. Infatti, il Grande Carolingio ridonò una certa tranquillità e libertà all’Italia, martoriata e fiaccata dalle invasioni barbariche. L’impulso, che egli dette alla cultura ed all’arte, portò, segnatamente per opera dei monaci benedettini, considerevoli effetti, non solo per tutto il secolo IX, ma, attutito, nel X secolo dal feudalesimo e dalle continue guerriglie, ebbe splendori e manifestazioni stupende, se si pensi allo stato delle terre e degli uomini. L’ipotesi più attendibile e più verosimile consiglia di affermare che la chiesa primitiva, di sicuro e prezioso stile romanico, che servirà meglio a stabilire e fissare i caratteri dell’arte romanica abbruzzese, fu opera di monaci benedettini. I SEGNI MISTERIOSI “I tre fori e le pietre trafugate”. Ponendo lo sguardo sulla lunetta che sormonta l’entrata, si nota un bassorilievo di Sant’Anna con Maria Bambina; alle quali figure fu probabilmente dedicata originariamente la chiesa, in onore alla “Natività di Maria Santissima”. La particolarità di questa scultura è la presenza di tre fori che emergono rispettivamente dalla fronte di Sant’Anna, dal petto di Maria Bambina e dai piedi di entrambe. Originariamente incastonati in questi fori, secondo fonti storiche, c’erano pietre preziose come a voler trasmettere una certa sacralità, dato che le pietre brillavano a contatto con il sole ottenendo così luce propria arricchendo le statue di una illuminazione “viva”. L’interpretazione delle pietre potrebbe essere la seguente: sulla fronte di Sant’Anna, la lungimiranza rappresentata dall’occhio onniveggente; sul petto di Maria Bambina, la coscienza e lo spirito; ai loro piedi invece, la materia, la vita terrena. Dio e la Terra sarebbero collegati attraverso Maria, la sua anima pura e incontaminata. Tre differenti pietre purtroppo trafugate e mai ritrovate. Sul lato interno sinistro compaiono, incisi nella pietra, ben quattro “Sandali del Pellegrino” un simbolo cristiano importantissimo, fortunatamente ancora visibile nonostante il logorio della materia nel tempo. La leggenda o la storia vuole che queste incisioni fossero una sorta di “firma” del pellegrino una volta giunto in loco a svolgere funzioni religiose. Il simbolo del “sandalo” sarebbe una conferma del loro cammino di fede, rigorosamente a piedi. “Fiore della vita”. Sullo stesso lato, anch’esso inciso, anche se un po’ debole nei tratti, è visibile un “Fiore della Vita”, un fiore a sei petali circoscritto in una circonferenza, simbolo antichissimo denominato anche “Sesto giorno della Genesi” a richiamo della Creazione e del suo completamento. Sempre sul lato sinistro ma stavolta riguardante la facciata, troviamo un altro “Fiore della Vita” (stavolta più visibile del precedente), e sotto di esso alcuni enigmatici graffiti, posti in modo da far ricordare un altro simbolo ancor ANNO XXXIV GEN-MAR 2012 IL PORTALE Essa presenta il protiro rifatto in epoca recente, e, probabilmente, allorché, all’inizio del secolo XIX, fu rimaneggiato l’intero edificio. Quasi certamente la deleteria e dannosa opera di rifacimento distrusse anche la facciata, che offre d’interessante solo il portale. Questo a tutto sesto, una volta forse formato da fasci di pilastri e colonnine, oggi presenta un solo pilastro ornato da un motivo scultoreo decorativo, derivato dalla flora tradizionale romanica, ed una sola colonnina per ogni lato. 29 più antico, la “Triplice Cinta” ; un incastro di quadrati dal più grande al più piccolo e attraversati da quattro linee, una per ogni lato. Un incisione ancora oggi misteriosa, che però risale fin alla 30 notte dei tempi, presente in Italia e in tutto il mondo. Un simbolo molto caro ai Templari con il quale evidenziavano un luogo sacro e ad alta carica energetica, emergente dal sottosuolo. Certo occorre esaminarla nel dettaglio per accertarsene con sicurezza. La pianta della chiesa è basilicale a tre navate: le laterali più basse e più strette terminano con piccole volte a crociera; la centrale più ampia, e, direi quasi, maestosa nelle sue linee, con sei arcate sorrette alternativamente da pilastri e colonne, termina con un’abside semicircolare. La volta originaria risulta di folte travature di quercia accuratamente lavorate alla maniera che si riscontra nelle basiliche cristiane. Un ampio arco, di forma ogivale, a sesto acuto, divide la navata centrale in due parti, sorreggendosi sui due ultimi pilastri, che, per lo scopo, si allungano in alto, oltre la cornice, di quasi un buon metro. I capitelli delle due colonne, più vicine al portale, hanno, in basso, gli angoli fortemente arrotondati, fino a confondersi con il fusto, se non vi fosse un grosso toro. Esse sono adorne di motivi floreali vari, accuratamente eseguiti da esperti artefici dell’epoca. I capitelli delle colonne prossime all’altare sono di forma cubica molto schiacciata: primitivi nella concezione, e in funzione di raccordo fra il fusto della colonna e l’imposta dell’arco, di forma quadrata. I capitelli, sui quali poggia il grosso arco acuto trasversale, sono di una lavorazione fine e delicata, e tali da far ricordare la struttura dei più rinomati capitelli bizantini. Gli altri due capitelli poggianti su due colonne, in parte incassate nel muro, che circonda l’abside, sono anch’essi di forma cubica, come i precedenti ma meno schiacciati e più regolari, e decorati da un semplicissimo motivo floreale. La base delle colonne è, in genere, costituita da una scozia sproporzionata fra due tori. Il materiale adoperato per la costruzione - eccezione fatta dei muri laterali e di quelli edificati sulle arcate - è di una bella pietra chiara e dura dai riflessi lievemente giallognoli, scintillante sot- In basso, a sinistra, con i caratteri, che si riscontrano nei vecchi codici, vi è uno scritto non ancora decifrato, che forse vorrebbe indicare il nome di chi ha eseguito o fatto eseguire la pittura. ANNO XXXIV OTT-DIC 2012 to i colpi dello scalpello, e ridotta, da abili operai, in parallelepipedi regolarissimi più o meno grossi. Questi diligentemente congiunti e sovrapposti costituiscono un ornamento così austero e dignitoso da donare un nobile aspetto monumentale alla chiesa costruita nel secolo XII. L’abside era tutta dipinta. Due grossi santi bizantineggianti erano situati a destra ed a sinistra della finestra, allargata, di troppo, in epoca posteriore. La finestra di sinistra, per quanto mutilata, si conserva discretamente: quella di destra è molto rovinata a causa dell’eccessiva umidità. Ambedue furono eseguite a buon fresco, ed il colore delle vesti, a base di azzurrini e di ocre, raggiungono delle trasparenze sorprendenti. Un policromo motivo decorativo, che si ripete per tutta l’abside, presenta qualche colore, come il rosso dato a secco. L’abside, esternamente, sotto la sporgenza del tetto, porta un fregio di archetti pensili, a tutto sesto, che poggiano su piccole mensole sporgenti e portanti scolpite strane e rozze figure umane. Tali archetti pensili richiamano alla memoria quelli dell’abside della chiesa di S. Pelino a Pentima, e convalidano l’ipotesi, che si è davanti ad un monumento di puro stile romanico, che, come quella di Pentima, fu costruita nel secolo XII. Piccole bifore armoniche davano una fioca luce all’interno per meglio ispirare i fedeli al raccoglimento, alla preghiera ed al pentimento. 31 32 I MASCHERONI A GUARDIA DELL’ABSIDE Costeggiando l’edificio all’esterno verso il retro della chiesa e alla sua parte absidale, spiccano all’occhio mascheroni in pietra che ornano la parte alta dell’abside centrale, volti umani e di animali, inquietanti figure che sono lì a osservare curiosi e fedeli, eterni guardiani per intimorire colui che non crede, al mistero o alla fede. _ D