Lezione 5.pptx - Dipartimento di Psicologia

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Lezione 5.pptx - Dipartimento di Psicologia
26-03-2013
Esercizio n. 3: Definite il bello secondo voi, portando almeno un esempio di
“bello assoluto”.
Vanessa: È sempre problematico dare delle definizioni perché si devono creare dei confini
che escludono una serie di possibilità.
Io credo che il problema in questione sia sorto propriamente nel periodo storico in cui i
Neoclassicisti riprendevano le definite proporzioni dei soggetti greci e i Romantici
rappresentavano la potente e infinita natura che spaventa l’uomo. Immagino che l’arte,
investita da nature pittoresche che spesso raccontavano le inquietudini degli artisti, si sia
trovata a dover delineare cosa fosse “il bello”.
Il bello è (in questa prospettiva) armonia, simmetria e proporzione; un qualcosa che non
sconvolge, che trasmette serenità.
Chantal: Il bello è un qualcosa di visibile, che l’occhio percepisce come piacevole, esso ci
dona sensazioni positive, attirando la nostra attenzione, il nostro interesse. E’ di estrema
difficoltà stabilire se il “bello” sia un fattore oggettivo o soggettivo, a mio parere, esso ricopre
entrambi i fattori, infatti, l’uomo, nel giudicare ciò che è bello, spesso, inconsciamente, viene
influenzato dalla cultura e dal periodo storico nel quale vive; questo rispecchia, dunque, il
concetto oggettivo di bellezza, dove la cultura e l’epoca stabiliscono dei canoni ben precisi;
tuttavia, il concetto di bellezza non è unicamente oggettivo, infatti, capita spesso che
persone appartenenti alla stessa cultura e allo stesso periodo storico, possano avere pareri
discordanti rispetto alla bellezza, in quanto una persona può giudicare bello un determinato
elemento e l’altra persona può non concepirlo come tale.Un esempio di bello assoluto
potrebbe essere la natura, in quanto credo che qualsiasi uomo riconosca in modo soggettivo
e oggettivo la bellezza nella natura.
Porto questa foto come esempio perché ogni
volta che la vedo mi fa raggiungere quella
“pace dei sensi” di cui parlavo prima.
I colori, il paesaggio, il ricordo del momento, le
emozioni associate, tutto in questa foto
risveglia i miei sensi e mi regala un’esperienza
fortissima. Probabile che il resto del mondo la
trovi semplicemente una bella foto, o magari
neanche, chiaro, è solo una foto, ma io mi
sento totalmente coinvolta, provo piacere nel
guardarla e nel ricordare il momento catturato.
Irene: Concepisco la bellezza come un’esperienza che
coinvolge i sensi e che smuove il nostro lato emotivo, è
quindi a parer mio, un ‘esperienza insieme fisica e
psicologica e perché no, anche un’analisi che facciamo
dell’oggetto, del mondo che ci circonda.
Si tratta di un’analisi che è filtrata dai nostri sensi, dalla
nostra sensibilità, ma anche dalla nostra cultura e realtà
storica, quindi una vera e propria esperienza personale tra
noi e l’oggetto in questione.
Infatti, mi sembra quasi impossibile pensare al concetto di
bello, di bellezza, senza prendere in considerazione
l’osservatore, che appunto osserva, ascolta, percepisce e
si commuove, nel momento in cui si trova in relazione con
qualcosa che ritiene essere bello, bello per lui, per i suoi
canoni (canoni che sono influenzati dalla sua educazione,
dalla sua cultura, dalla sua società).
La bellezza, seppur in modi diversi, ha sempre avuto un
ruolo fondamentale nell’uomo: dall’essere qualcosa di
sacro, qualcosa da contemplare, ad essere fonte di
sicurezza, di piacere, fino a diventare anche uno
strumento per comunicare un messaggio ( mi riferisco, per
esempio, alle pubblicità).
Personalmente, ritengo che la bellezza sia davvero
un’esperienza che ciascuno di noi fa.
Fare esperienza con qualcosa di bello è come
raggiungere “la pace dei sensi”, è il trovarsi di fronte ad
un’armonia che ci fa stare bene, che ci fa sorridere, che ci
dà piacere e che alle volte, ci riporta ad eventi positivi
vissuti nel passato.
Come può esistere il “bello assoluto”, nel momento in cui
la bellezza è un fenomeno percettivo, influenzato dalla
propria sensibilità, dalle proprie esperienze di vita le quali
ci permettono di costruire il nostro “metro di valutazione”?
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Gustav Klimt (1907-1908, Vienna,
Österreichische Galerie Belvedere)
Federica: Il termine bello non è un sinonimo di perfetto, a
volte si cade in questa convinzione che il bello
dev'essere perfetto; per qualcuno può essere proprio un
imperfezione a rendere l'oggetto d'esame come bello. La
concezione di bello non è uguale per tutti, come non
sono uguali i gusti delle persone, per questo diciamo che
il bello è soggettivo, cambia da persona a persona.
Sinceramente non saprei definire che cos'è per me la
parola "bello"; quando dico "che bello" è perchè una
certa cosa mi ha emozionato, mi ha suscitato particolari
emozioni piacevoli che hanno fatto sì che io dicessi che
bello. A volte si definisce "bella" una certa cosa perchè
influenzati dal valore o dal ricordo che ad essa
associamo. Tante cose possono essere belle (persone,
animali, opere d'arte, oggetti, libri, foto, vestiti), il giudizio
diventa di parte. Per me bello è tutto ciò che alla vista mi
suscita stupore, divertimento, curiosità, interesse,
mistero, novità, qualcosa che vada anche fuori dalle
righe. Ci sono quelle cose che sono belle per tutti (ma
secondo me sono veramente poche, ci sarà sempre
qualcuno che si distoglierà da quel tipo di giudizio) e altre
che sono belle solo per alcuni o solo per una persona
sola. Forse il bello assoluto è proprio quello, quel bello
che piace solo a me (me inteso come soggetto in
generale, riferito a qualsiasi persona) è unico solo per
me. Il bello assoluto non può essere per tutti.
Nell'allegato riporterò alcune immagini che
rappresentano un esempio di cosa per me può essere
bello, bello proprio per le determinate emozioni che
ognuno diversamente dal'altro mi suscitano)
Isabel: Credo che “Bello” sia un oggetto o un’opera che permette a chi la osserva o ascolta di vivere un’esperienza
estetizzante. Ovvero nell’uomo che la percepisce mediante il senso della vista o dell’udito scaturisce un’emozione
positiva grazie a tale stimolo.Tale emozione scaturisce non solo dalla percezione dello stimolo ma anche
dall’attribuzione di un significato soggettivo o oggettivo ad esso. Quindi per comprendere la bellezza di un’opera è
necessario riconoscersi in quell’opera e/o comprenderne il messaggio permettendo in questo modo all’opera stessa
di diventare parte di chi la guarda o ascolta. Un’opera d’arte per poter essere definita il “bello assoluto” deve quindi
avere la capacità di penetrare chiunque la percepisca. E’ per questo che è difficile, a parer mio, o addirittura
impossibile trovare nelle creazioni umane un’opera in grado di essere universalmente bella. Ma forse al bello assoluto
può avvicinarsi un’opera d’arte grandiosa come le piramidi. Opera che trasmette la sua imponenza a chiunque la
osservi prescindendo dalla cultura di appartenenza di chi la vede.
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Gaia: L'idea di bello assoluto è stata affermata dai neoclassicisti, ma non possiamo dire che
esista davvero questa idea di bello. Siamo infatti soliti dire che " Non è bello ciò che è bello,
ma è bello ciò che piace", anche un animale potrebbe pensare che un suo simile sia bello e
un uomo invece no. Il concetto di bello dunque è una cosa soggettiva, data dalle nostre
percezioni, e ciascuno di noi nel considerare una cosa bella vorrebbe che risultasse tale agli
occhi di tutti. Ma ciò non è possibile! Il nostro stile di vita comunque ci ha predefinito degli
standard di bellezza che ormai sono stati più o meno interiorizzati dalla società, vi è dunque
un intricato sostrato di influenze culturali, sociali, religiose che possono mutare nel tempo. Per
me dunque non esiste un bello assoluto, ma posso definire ciò che ritengo bello. Bello quindi
è qualcosa che suscita emozioni: può essere un paesaggio che infonde calma e serenità, una
persona che ti sta accanto, una canzone ascoltata in un momento particolare...Il bello perciò
può essere attribuito a qualsiasi cosa dalla più insignificante alla più importante ordinate sia
per grandezza che per significato.
Desirée: Nonostante secondo me l’idea di bello viene espressa dai concetti sopra elencati
appena sento l’espressione “bello assoluto” mi viene subito in mente un’opera che rispetti
tutte le regole della perfezione e che sia precisamente regolare, che rispetti determinate
misure simmetriche e che si rifà ai canoni di bellezza del periodo a cui appartiene. Per questo
forse l’idea di “bello assoluto” è più riconducibile, ai corpi scultorei rappresentati da
Michelangelo o alla perfezione delle proporzioni e alla bellezza dei tratti delle statue del
Canova.
Chang: ll bello è un sentimento soggettivo psicologico positivo, lo standard di “bello” è diverso
per persone diverse.
Secondo me, il bello è un concetto relativo. Di solito generato da confronto. Tipicamente, un
oggetto corretto, naturale, coordinata è considerato bello, e viceversa brutto. Ma a volte nel
brutto può vedere bello, per esempio, l'immagine dello schermo brutto, ma può esprimere il
significato profondo, quando le persone si sentono, si sentirà il bello. A volte, il brutto può far
risaltare il bello. Per esempio, le dissonanze nel Jazz, può fare la musica ascoltare meglio. Gli
standard diversi di bello, sono dalla ambiente di crescita, la cultura della società e la loro
esperienza.
Non c’è il bello assoluto oggettivamente, ma soggettivamente, tutto è possibile bello assoluto.
Secondo me, la natura è assolutamente bellissimo, la bellezza della natura non c’è niente di
fronte, perché la natura è di origine umana, è la radice di tutta la bellezza e l'ispirazione.
A mio parere un'opera assolutamente bello deve essere completare, estetica sensoriale e
avere la connotazione. Per esempio, la pittura di paesaggio cinese, inquadrando naturale per
esprimere il tema dell'uomo e la natura, a schermo intero.
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Michele: La bellezza assoluta è un ideale. E’ piuttosto arduo definire con precisione e
sicurezza un concetto del genere, sempre che questo sia possibile. Il solo concetto di bellezza
(non assoluta) è, ed è stato nel tempo, soggetto a interpretazioni sempre diverse, che si tratti
di bellezza antropocentrica, quindi riferita all’essere umano, o eterocentrica quindi riferita a
tutto ciò che è esterno. Quando penso alla bellezza collego istintivamente il concetto a
qualcosa di bello e ad una sensazione di piacere interiore. Quando si ha a che fare con la
bellezza o con qualcosa di bello, la nostra mente lo percepisce come tale e quindi riconosce
che l’elemento in questione è rilevante per i propri sensi in maniera positiva. I nostri sensi sono
sensibili al bello e il bello provoca appagamento nei nostri sensi.
Secondo questo primo approccio quindi, la bellezza ha a che fare con la chimica del cervello
umano, e quindi con i sensi. Si potrebbe quasi pensare che la bellezza esista solo grazie alla
prospettiva “sensibile” dell’uomo. Senza gli strumenti di analisi e di osservazione propri
dell’essere umano, non sarebbe infatti possibile né percepirla, né discuterne. Questo vale per
un’infinità di concetti simili. La bellezza, come il pudore o la morale, non sono entità proprie
dell’universo, come possono esserlo i fiumi o il vento, ma sono prodotti dell’incontro fra l’uomo
e l’universo. Ogni uomo poi è diverso dall’altro e diversa quindi sarà la concezione di bellezza
per ognuno. I canoni di bellezza variano molto a seconda del luogo e dell’epoca di
appartenenza, senza contare tutti i fattori psicologici individuali che concorrono a definire la
propria identità e i propri gusti.
Personalmente non credo che l’idea di bellezza debba necessariamente avere a che fare con
quella di perfezione.
Lezione 5 Le misure del bello 4
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Secondo Policleto di Argo (V sec. a.C.), la
bellezza nasce dall'esatta proporzione
non degli elementi, ma di tutte le parti tra
di loro. Egli realizzò il Doriforo (atleta
portatore di lancia), secondo il canone da
lui derivato empiricamente misurando i
corpi e le membra di persone reali: il
canone deriverebbe dalle medie di quelle
misurazioni. Per l’altezza ideale dell’uomo
e le proporzioni tra le sue membra si
usava come riferimento le dimensioni
della testa e rapporti tra le parti del volto.
Secondo il canone della bellezza
teorizzato da Policleto da Argo, l’altezza
ideale dell’uomo (l’altezza media) era 8
volte la lunghezza della testa.
Nota che, innanzi più oltre vada, ti
voglio dare a littera le misure
dell’uomo. Quelle della femmina lascio
stare, perché non ha nessuna perfetta
misura. [...] il viso è diviso in tre parti,
cioè: la testa [fronte], una; il mento,
l’altra; e dal naso a mento, l’altra. [...]
dalla coscia al ginocchio, due visi: dal
ginocchio al tallone della gamba, due
visi: [...] il pié, lungo un viso. [...] È tutto
l’uomo lungo ottovisi e due delle tre
misure.
Cennino Cennini, Il libro dell’arte (Cap.
LXX)
L’uomo vitruviano (1492) di Leonardo da
Vinci. Secondo Vitruvio, il viso umano si
divide in tre parti uguali: dal mento alla
base delle narici, dal naso fino al punto
d'incontro con le sopracciglia e da queste
alla radice dei capelli. Il piede invece
rappresenta la sesta parte dell’intera
altezza dell’uomo. Il disegno di Leonardo
non ha nessun rapporto con la sezione
aurea.
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Santa Maria Novella, facciata su progetto di Leon Battista Alberti, dal 1456.
Gustave Theodor Fechner (1801-1887)
S = K Log I
S=sensazione; I=intensità fisica dello
stimolo; K=costante di Weber, specifica
per ogni continuum.
La differenza minima tra due stimoli che
riusciamo ad avvertire (soglia
differenziale), varia con l'ordine di
grandezza degli stimoli, più precisamente
accresce secondo il logaritmo dell’intensità
della stimolazione fisica.
La psicofisica di Fechner nasce per
confuttare sul proprio terreno il materialismo:
Fechner voleva dimostrare la “falsità” del
mondo fisico, sostenendo che l’unica realtà
è quella mentale.
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1876: Vorschule der Aesthetik
(Manuale di estetica)
“controllare le relazioni quantificabili a
livello dello stimolo fisico e ricavarne
delle valutazioni lungo una dimensione
psicologica. Tale dimensione era la
gradevolezza, o la preferenza estetica.”
Massironi, 2000, p. 57.
Nel 1860 Fechner pubblica Elementi di
Psicofisica.
Nel 1879 Wundt fonda ufficialmente a
Lipsia il primo laboratorio di psicologia
sperimentale.
Con quel trattato, Fechner pone le basi metodologiche e
teoriche dell’estetica sperimentale: una psicologia
sperimentale applicata al fenomeno artistico.
Fechner intende indagare:
- le reazioni di piacere/dispiacere dinanzi a stimoli di
carattere estetico;
- la preferenza nei confronti di stimoli di carattere estetico.
Per Fechner, l’estetica deve fondarsi su una procedura “dal
basso”: deve essere basata su una iniziale e progressiva
ricerca sistematica delle componenti elementari che
determinano le reazioni di piacere/dispiacere nei confronti
dell’arte. In questo l’estetica sperimentale si differenzia
dall’estetica filosofica, che ha carattere cioè deduttivo.
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In particolare, gli esperimenti descritti da Fechner hanno
cercato la conferma sperimentale della superiorità della
sezione aurea come proporzione che influisce sul giudizio
estetico del bello.
- Tre metodi di indagine:
a) metodo della scelta: scegli tra i 10 rettangoli quella
esteticamente più piacevole. Nel caso non riesci a
deciderti, puoi sceglierne più di una che secondo te sono
piacevoli in modo uguale;
b) metodo della produzione: disegna un rettangolo in
modo tale che risulti piacevole;
c) misurazione di artefatti umani: determinare le
proporzioni espresse maggiormente nelle opere d’arte.
La sezione aurea
Dato un segmento (AC), si ottiene una sezione aurea quando il tratto più corto
(BC) sta al tratto più lungo (AB) come il tratto più lungo (AB) sta al segmento
intero (AC).
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BC : AB = AB : AC
X
1-X
(1-x):x=x:1
x2+x-1=0
x = ½(-­‐1±√5) = 0,61803398875 8
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Si ritiene che molti capolavori
tramandati a noi attraverso i
secoli siano strutturalmente
basati su rapporti “aurei”.
Come nel caso della facciata
del Partenone.
La convinzione che la seziona
aurea sia la misura matematica
della bellezza è talmente diffusa
anche al giorno d’oggi che si
moltiplicano le dimostrazioni
della sua applicazione.
Poiché Dio portò in essere la virtù
celestiale, la quinta essenza, e
attraverso di essa creò i quattro
solidi ... la terra, l'aria, l'acqua e il
fuoco ... così la nostra sacra
proporzione diede forma al cielo
stesso assegnando al dodecaedro ...
il solido costruito con dodici
pentagoni, che non può essere
costruito senza la nostra sacra
proporzione.
Luca Pacioli, De divina proportione (1498)
Jacopo de’ Barbieri: Fra Luca Pacioli e Guidabaldo d’Urbino
(XVI sec., Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte)
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Le cinque proprietà di questa meravigliosa
proporzione che la rendono divina:
1) Come Dio, è unica;
2) Come la Santa Trinità è una sostanza in tre
persone, è una sola proporzione in tre termini
3) Comme Idio proprialmente non e po definire né
per parolle a noi intendere, così questa nostra
proportione non se po mai per numero intendibile
assegnare, né per quantità alcuna rationale
exprimere, ma sempre fia occulta e secreta e dai
mathematici chiamata irrationale.
4) Come Dio, è sempre simile a se stessa.
5) Permette di formare il “duodecedron” (volume
formato da 12 pentagoni) che Platone nel Timeo
definisce l’espressione stessa della quintessenza.
Nel cercar di dimostrare che un
sistema di proporzioni è stato
deliberatamente applicato da un
pittore, uno scultore o un
architetto, si è facilmente portati a
trovare in una data opera proprio i
rapporti che si cercano. Il
compasso, in mano al ricercatore,
non si ribellerà. Se vogliamo
evitare le delusioni della
speculazione oziosa, dobbiamo
cercare le nostre direttive nei
rapporti forniti dagli stessi artisti.
Cosa curiosa, non è mai stato
fatto sistematicamente.
Rudolf Wittkover, 1964
Leonardo da Vinci, San Gerolamo (1480 ca., Musei
Vaticani).
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