Contrattazione Siglato l`accordo sulla Rappresentanza tra CGIL

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Contrattazione Siglato l`accordo sulla Rappresentanza tra CGIL
La newsletter del Labor Team di EY approfondisce le novità
più rilevanti in tema contrattazione collettiva, normativa,
giurisprudenza e prassi.
In evidenza,
a) la sottoscrizione dell’Accordo Interconfederale tra
CGIL, CISL, UIL e Cooperative sulla rappresentanza;
b) la nuova disciplina delle mansioni dopo la modifica
dell’art. 2103 c.c.: novità rilevanti;
c) contrattazione nel pubblico impiego: la sentenza della
Corte Costituzionale n. 178 del 23 luglio 2015;
d) onere della prova sul superamento del limite
massimo di contratti a termine stipulabili: Cassazione,
sentenza n. 4764 del 10 marzo 2015;
e) Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali:
comunicazione telematica di “offerta di conciliazione”;
f) NASPI: chiarimenti INPS - circolare n. 142 del 29
luglio 2015.
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Vi auguro una buona lettura e resto, con il mio team, a
Vostra disposizione per ogni ulteriore approfondimento.
Matteo Pollaroli
Senior Manager, Milano
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Stefania Radoccia
Partner | Employment Law Department Leader
Michele Faioli
Contrattazione
Professore/Ricercatore Diritto del
Lavoro, Università Tor Vergata -
Siglato l’accordo sulla Rappresentanza tra
CGIL, CISL, UIL e Cooperative
Roma
Senior Manager, Roma
+39 06 85567111
In data 28 luglio 2015 è stato sottoscritto in Roma l’Accordo
Interconfederale tra CGIL, CILS, UIL e AGCI,
CONFCOOPERATIVE e LEGACOOP. Tale Accordo va ad
aggiornare, assorbendolo, il precedente del 18 settembre
2013. L’accordo ha lo scopo di misurare l’effettivo grado di
rappresentatività delle organizzazioni sindacali firmatarie o
aderenti al Testo Unico. Ciò avviene conteggiando il numero
delle lavoratrici e dei lavoratori iscritti e dei voti riportati da
ciascuna organizzazione alle elezioni delle RSU. La
percentuale di iscritti ad ogni organizzazione sarà sommata
alla percentuale dei voti riportati e poi divisa per due. Il valore
così ottenuto indicherà il grado di rappresentatività di
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Cristina Colangelo
Senior Manager, Torino
+39 01 15165222
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ciascuna organizzazione in ogni ambito contrattuale. Un
valore che servirà a conteggiare quel 5% che dà diritto ad
essere ammessi al tavolo contrattuale. Il CCNL sarà
considerato valido solo se sottoscritto da chi rappresenta
almeno il 50% + 1 dei lavoratori e, successivamente, dagli
stessi approvato secondo le modalità stabilite da ciascuna
categoria. Di seguito si segnalano i punti salienti
dell’Accordo:
a) il documento contiene norme per la misurazione, la
certificazione e la regolamentazione della rappresentanza
nelle aziende. Al negoziato per il CCNL potranno così
partecipare le organizzazioni sindacali che abbiano ottenuto
una rappresentatività non inferiore al 5%. In assenza di
piattaforme unitarie il negoziato si avvierà sulla base della
piattaforma presentata dalle sigle sindacali che vantano una
rappresentatività complessiva pari almeno al 50% + 1;
b) i CCNL sottoscritti da organizzazioni sindacali con questa
percentuale di rappresentatività, dopo una consultazione
certificata dei lavoratori a maggioranza semplice, saranno
efficaci ed esigibili per tutti i lavoratori e le organizzazioni. Si
tratta di un’innovazione di grande portata per il sistema
contrattuale italiano, che dà certezza applicativa agli accordi
contrattuali;
c) l’intesa stabilisce alcuni principi per la contrattazione di
secondo livello, sia aziendale sia territoriale, definendo le
modalità in base a cui potrà derogare o modificare norme del
CCNL. Nella fase transitoria questo potrà avvenire, infatti, sia
per aderire alle esigenze di specifici contesti produttivi sia
per gestire crisi aziendali o investimenti, limitatamente però
alle parti dei CCNL che disciplinano aspetti organizzativi
(prestazioni lavorative, orari, organizzazione del lavoro) ed a
condizione che gli accordi siano sottoscritti con le
rappresentanze sindacali presenti in azienda e d’intesa con
le
organizzazioni
sindacali
territoriali;
d) per la contrattazione territoriale, i contratti approvati da
associazioni sindacali che sul territorio vantino una
rappresentatività pari al 50% + 1 saranno efficaci per tutto il
personale e vincolanti per tutte le organizzazioni sindacali
espressione delle confederazioni firmatarie. Questi accordi,
per avere effetto, dovranno però essere approvati a
maggioranza semplice da una consultazione certificata tra i
lavoratori. I contratti aziendali saranno efficaci, invece, se
approvati dalla maggioranza dei componenti delle RSU o
dalle RSA che raccolgano la maggioranza delle deleghe
sindacali a condizione che nessuna delle organizzazioni
sindacali firmatarie dell’accordo e/o da almeno il 30% dei
lavoratori non venga chiesto entro 10 giorni dalla stipula del
contratto
di
svolgere
un
referendum;
e) l’accordo contiene procedure e regole condivise per
eventuali successive adesioni da parte di altri soggetti sia
sindacali sia datoriali. Tra le compatibilità richieste la rinuncia
a contratti collettivi con costi inferiori a quelli sottoscritti dalle
parti firmatarie dell’intesa.
Giurisprudenza
Sulla contrattazione nel pubblico impiego
La Corte Costituzionale con sentenza n. 178 del 23 luglio
2015 si è espressa sulla legittimità delle disposizioni con le
quali lo Stato cinque anni fa, nel pieno di una crisi
economico-finanziaria senza precedenti, ha deciso di
sospendere la contrattazione degli aumenti retributivi nel
settore pubblico. La decisione era stata presa anche in
considerazione del tasso di inflazione bassissimo o nullo
(quando non addirittura negativo) e degli aumenti
sproporzionati che la contrattazione stessa aveva recato nel
settore pubblico, rispetto a quello privato, negli anni
precedenti, oltretutto in assenza di qualsiasi evidenza di un
aumento di produttività.
Nell’affermare l’illegittimità
costituzionale sopravvenuta del blocco della contrattazione
collettiva nel settore pubblico, tuttavia, la Corte riafferma
anche alcuni principi molto rilevanti. Innanzitutto quello per
cui alla contrattazione collettiva spetta non soltanto il compito
di stabilire livelli minimi di trattamento, ma anche quello di
valorizzare il merito individuale o di gruppo degli impiegati
pubblici. In secondo luogo quello per cui lo Stato-datore di
lavoro resta comunque obbligato dall’art. 81 Cost.,
ovviamente anche in sede di negoziazione dei trattamenti
con i rappresentanti dei propri dipendenti, al rispetto del
pareggio di bilancio, la Corte precisa dunque esplicitamente
che la riattivazione della negoziazione collettiva costituisce
un dato essenzialmente procedurale, “disgiunto da qualsiasi
vincolo di risultato”. In altre parole: riapertura delle trattative
non significa affatto l’attivazione di un “diritto agli aumenti
retributivi”.
Onere della prova sul superamento del
limite massimo di contratti a termine
stipulabili
Con sentenza n. 4764 del 10 marzo 2015, la Corte di
Cassazione ha stabilito che l’onere della prova
dell’osservanza del rapporto percentuale tra lavoratori stabili
e lavoratori assunti con un contratto a tempo determinato,
fissato dalla contrattazione collettiva, è a carico del datore di
lavoro, secondo quanto previsto dall’art. 3, Legge del 18
aprile 1962, n. 230, applicabile ratione temporis. La
questione riguarda la violazione da parte del datore di lavoro
della clausola di contingentamento stabilita dalla
contrattazione collettiva, secondo quanto disposto dall’art. 23
l. 28 febbraio 1987, n. 56, vigente all’epoca dei fatti. Tale
previsione consentiva l’apposizione del termine al contratto
di lavoro nelle ipotesi, ulteriori rispetto a quelle previste
dall’art. 1, L. n. 230/1962, individuate dai contratti collettivi di
lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle
Firmato l’Accordo di rinnovo del CCNL
confederazioni maggiormente rappresentative sul piano
Bancari
nazionale, nei quali veniva altresì fissato il numero
percentuale di lavoratori che potevano essere assunti con
In data 14 luglio 2015 è stato sottoscritto a Roma l’Accordo contratto di lavoro a termine rispetto al numero di lavoratori
tra ABI e DIRCREDITO-FD, FABI, FIBA-CISL, FISAC-CGIL,
SINFUB, UGL CREDITO, UILCA, UNISIN, per i quadri
direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti
dalle imprese creditizie, finanziarie e strumentali, con
scadenza
al
31
dicembre
2018.
In particolare l’accordo, nelle sue principali articolazioni,
prevede:
a) Anima sociale e Occupazione - Individuate soluzioni di
forte valenza sociale con l’obiettivo di tutelare l’occupazione
e favorire l’occupabilità, in particolare dei giovani. Pertanto, è
stato definito un significativo incremento del livello retributivo
di inserimento professionale; confermate le attuali modalità e
misure di finanziamento del Fondo per l’occupazione (Foc)
con operatività prorogata a fine 2018; si costituirà, infine,
un’apposita “piattaforma” informatica per favorire l’incontro
tra domanda e offerta di lavoro nell’ambito del settore con
specifica attenzione alla ricollocazione del personale.
b) Inquadramento del personale - Relativamente alla
necessità di semplificazione delle norme sul sistema degli
inquadramenti viene istituito, tra le Parti, un Cantiere di
lavoro per la definizione entro il 2016 di un nuovo schema di
classificazione del personale che tenga conto dei mutati
assetti tecnici, organizzativi e produttivi delle banche. Le
Parti hanno convenuto che lo stesso tema possa riguardare
eventuali
intese
a
livello
aziendale.
c) Trattamento economico - Confermando la volontà di
tutelare il potere d’acquisto delle retribuzioni, l’intesa
riconosce un incremento medio a regime di 85 euro suddivisi
in tre tranches euro 25,00 dall’1/10/2016; euro 30,00
dall’1/10/2017; euro 30,00 dall’1/10/2018.
Settore Marittimo: rinnovato il CCNL per il
personale marittimo
Il 1° luglio 2015 è stato sottoscritto a Roma, presso la sede
della Confederazione Italiana Armatori, tra Confitarma,
Fedarlinea, Assorimorchiatori, Federimorchiatori e Filt-Cgil,
Fit-Cisl, Uiltrasporti, l’accordo per il rinnovo sia della parte
normativa che della parte economica dei contratti collettivi di
lavoro del settore marittimo, accordo che avrà validità fino al
31 dicembre 2017. Per quanto riguarda gli incrementi
retributivi le parti hanno trovato un’intesa con la quale si è
cercato da un lato di dare una risposta economica
soddisfacente ai lavoratori e dall’altro di rendere sostenibili
per le aziende i maggiori oneri contrattuali. L’aumento
retributivo, in linea con le intese interconfederali sulla
materia, verrà suddiviso in tre tranches. Per la parte
normativa gli elementi di maggiore spicco sono la
semplificazione e razionalizzazione dei contratti collettivi
nazionali di lavoro per i diversi comparti del settore marittimo.
In quest’ottica è stato deciso anche di accorpare i vari CCNL
del settore in un Contratto Unico Collettivo Nazionale di
lavoro del settore privato dell’industria armatoriale.
Approfondimento Normativo
impegnati a tempo indeterminato. Nella propria decisione, la
Corte si sofferma sul riparto dell’onere della prova circa il
rispetto della suddetta percentuale. La questione del rispetto
della percentuale massima di contratti a termine stipulabili
dal datore di lavoro diviene centrale nel nuovo assetto della
materia, fuoriuscito dal Decreto Poletti (d.l. 20 marzo 2014,
n. 34, convertito con Legge del 16 maggio 2015, n. 78) e
sostanzialmente recepito nel Codice dei contratti varato in
via definitiva dal Consiglio dei Ministri l’11 giugno scorso
(d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, in G.U. del 24 giugno 2015 n.
144, SO 34). Per quanto concerne il riparto dell’onere della
prova della legittimità del termine apposto al contratto, si
deve ritenere che esso continui a ricadere sul datore di
lavoro in applicazione della regola generale di cui all’art.
2697 c.c., e ciò sia con riguardo al superamento della durata
massima dei trentasei mesi, sia con riguardo al superamento
della percentuale massima di lavoratori assunti a tempo
determinato, in quanto entrambi si configurano quali elementi
essenziali della fattispecie.
Enti pubblici: è ammessa la ripetizione
dell’indebito?
La Corte d’Appello dell’Aquila ha stabilito, con sentenza n.
682 del 4 giugno 2015, che - in materia di rapporto di lavoro
in regime di diritto privato alle dipendenze di enti pubblici nel caso di domanda di ripetizione dell'indebito proposta
dall'amministrazione nei confronti di un proprio dipendente in
relazione a somme corrisposte a titolo di retribuzione,
qualora risulti accertato che l'erogazione sia avvenuta sine
titulo, la ripetibilità delle somme non può essere esclusa per
la buona fede dell'accipiens che, ai sensi dell'art. 2033 c.c.,
sotto il profilo soggettivo riguarda soltanto la restituzione dei
frutti e degli interessi: non contrasta con il principio di buona
fede e di tutela del ragionevole affidamento la ripetizione
dell’indebito da parte della ASL, fondata sull’art. 47 quarto
comma CCNL 1998/2001, in virtù del quale ai dirigenti medici
a rapporto di lavoro non esclusivo, in regime extra moenia,
non spetta la retribuzione di risultato (cioè collegata alla
realizzazione di specifici obiettivi e/o livelli di prestazione).
Tribunale di Milano: ripetitività della
malattia e licenziamento per scarso
rendimento
Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 1341 del 19 gennaio
2015, riprendendo la sentenza della Corte di Cassazione n.
18678/2014, ha riconosciuto la legittimità del licenziamento
intimato al lavoratore per scarso rendimento qualora sia
provata, sulla scorta della valutazione complessiva
dell’attività resa dal lavoratore stesso ed in base agli
elementi dimostrati dal datore di lavoro, una evidente
violazione della diligente collaborazione dovuta dal
dipendente – ed a lui imputabile – in conseguenza
dell’enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi
di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente
realizzato nel periodo di riferimento, tenuto conto della media
SPECIAL FOCUS - La nuova disciplina
delle mansioni dopo la modifica dell’art.
2103 c.c.: novità rilevanti
In via preliminare, si segnala che a fronte di un intervento
così
pregnante
ed
incidente
sulla
“mobilità”
professionale all’interno dell’azienda, il Labor Team di
EY sta realizzando una serie di progetti di
riclassificazione
del
personale,
anche
tramite
contrattazione aziendale.
Nel decreto legislativo 81/2015 si prevede (art. 3) una totale
riscrittura dell’articolo 2013 del codice civile. Le novità sono
molte, ma tre in particolare vanno segnalate: viene
abbandonato il criterio dell’equivalenza professionale come
limite al mutamento delle mansioni e sostituito da una tutela
della professionalità intesa in senso più generico, come
appartenenza ad un determinato livello di inquadramento;
viene disciplinata l’adibizione a mansioni inferiori; si comincia
a parlare di formazione. L’abbandono del criterio
dell’equivalenza sembra implicare, sul piano formale, un
ampliamento dell’area della flessibilità del lavoratore. Tutte le
mansioni del livello di inquadramento risultano in teoria
esigibili. Il bene tutelato non è più la professionalità del
lavoratore intesa nel senso elaborato dalla giurisprudenza
tradizionale, bensì la “posizione” da lui occupata in azienda
in ragione della categoria di inquadramento alla quale
appartiene. In verità l’innovazione si lascia apprezzare sotto
molteplici profili. In buona sostanza, si realizza una
semplificazione della gestione aziendale, perché si crea
un quadro idoneo a conferire maggiore certezza alle
decisioni assunte dal datore di lavoro. Altresì, si restituisce
un ruolo decisivo all’autonomia collettiva essendo
innegabile che la soppressione del generico dato
dell’equivalenza – che si prestava ad essere governato
esclusivamente attraverso la mediazione giudiziaria – implica
una restituzione di un ruolo decisivo all’autonomia collettiva.
Va da sé che questa disposizione spingerà la contrattazione
collettiva ad elaborare – anche nell’interesse delle aziende
ad una ordinata gestione - nuovi tipi di inquadramento ed
una disciplina della mobilità all’interno degli stessi, con
attenzione anche alle connesse dinamiche retributive nonché
agli inevitabili interventi formativi. L’esplicita previsione della
possibilità dello spostamento a mansioni inferiori
rappresenta un’altra eclatante novità, che sembra
ripercorrere,
con
qualche
forzatura,
tracciati
già
realisticamente inaugurati dalla giurisprudenza. La norma
opera una distinzione tra due tipi di spostamento: uno
spostamento operato unilateralmente dal datore di lavoro ed
uno deciso consensualmente. Il primo (lo spostamento
unilaterale) viene previsto in due punti: nel comma 2 (dove
viene giustificato da una “modifica degli assetti organizzativi
che incide sulla posizione del lavoratore”) e nel comma 4
(che parla di “ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni
appartenenti al livello di inquadramento inferiore” previste
dalla contrattazione collettiva). In considerazione della
particolare delicatezza di questo provvedimento, si è previsto
che lo spostamento debba essere disposto in forma scritta, a
di attività tra i vari dipendenti ed indipendentemente dal
conseguimento di una soglia minima di produzione. Nel caso
in oggetto il licenziamento non è pertanto meramente
fondato sulla durata dei periodi di malattia fruiti da lavoratore
ma sullo scarso rendimento della prestazione da lui resa in
rapporto alla compagine organizzativa resistente. Va del
resto rilevato che il licenziamento per giustificato motivo
oggettivo, ex. art. 3 L.n.604/1966, può essere intimato, per
costante giurisprudenza, per fatti relativi “all’attività
produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare
funzionamento di essa” concernenti, fra le varie ipotesi,
anche fatti attinenti la sfera del lavoratore rilevanti sul
contesto aziendale, come contestato nel caso di specie in cui
i periodi di malattia goduti dal ricorrente – e le conseguenti
assenze e relative modalità di comunicazione - avrebbero
gravemente inciso, a detta del datore di lavoro, sul contesto
e sull’organizzazione aziendale resistente. “La c.d. eccessiva
morbilità, dovuta a reiterate assenze per malattia, integra gli
estremi dello scarso rendimento quando la prestazione di
lavoro non è più utile al datore di lavoro. In tal caso, il fatto
del lavoratore – indipendentemente dalla sua colpevolezza –
è oggettivamente idoneo a provocare la risoluzione del
rapporto” (v. Cass. n. 10286/1996).
Corte di Giustizia UE, Sez. V, sentenza 13
maggio 2015, C-392/13
La Corte, richiamando espressamente alcuni propri
precedenti giurisprudenziali in merito all’interpretazione di
“stabilimento”, osserva che il rapporto di lavoro si
caratterizza per il vincolo esistente tra il lavoratore e il
segmento aziendale nel quale esplica in concreto le sue
mansioni, di talché la nozione di “stabilimento”, contenuta
nell’art. 1, par. 1, co. 1, lett. a), deve essere intesa nel senso
di identificare la porzione aziendale nella quale i lavoratori
coinvolti dal licenziamento esercitano i loro compiti. La Corte
ritiene poi, in riferimento al quesito se debbano essere
computate anche le cessazioni individuali dei rapporti di
lavoro a tempo determinato o per un compito determinato
nella soglia per l’applicazione delle regole sui licenziamenti
collettivi, che sussistono delle disposizioni specifiche per
realizzare il controllo suesposto e che comunque risulta
chiaramente dal tenore dell’art. 1, par. 2, lett. a), Direttiva
98/59/CE, che non si deve tener conto delle cessazioni
individuali dei contratti di lavoro a tempo determinato o per
un compito determinato qualora la cessazione avvenga alla
scadenza del contratto o alla data di espletamento di tale
compito.
Prassi
Ministero del Lavoro: operatività della
comunicazione telematica di “offerta di
conciliazione”
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la nota
pena di nullità. Inoltre si è disposto che lo spostamento
peggiorativo disposto unilateralmente, da un lato, subisca lo
stesso limite posto allo spostamento orizzontale (cioè è
possibile solo verso mansioni appartenenti alla medesima
categoria legale) e, dall’altro lato, debba comportare la
conservazione dell’inquadramento superiore e della relativa
retribuzione. Il secondo tipo di spostamento (lo spostamento
concordato) è disciplinato nel comma 6, dove si parla della
possibilità di accordi fatti “nell’interesse del lavoratore alla
conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una
diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di
vita”. In questo caso le parti sono libere di ridefinire le
mansioni ed il relativo trattamento corrispettivo; l’unico limite
è rappresentato dal fatto che l’accordo deve essere
raggiunto “nelle sedi di cui all’articolo 2113, quarto comma, o
avanti alle commissioni di certificazione di cui all’articolo 76
del decreto legislativo n. 10 settembre 2003, n. 276”. Il
principale nodo problematico pare essere rappresentato
dalla difficoltà di distinguere tra i presupposti dei due tipi di
spostamento; in particolare tra quello che sembra
configurare uno jus variandi in peius in capo al datore di
lavoro e quello operato su base di accordo per soddisfare
l’esigenza del lavoratore a conservare l’occupazione. La
difficoltà discende dal fatto che le formule utilizzate
sembrano non fare i conti esplicitamente con la
giurisprudenza che, nella logica della tutela della stabilità,
considera doveroso – in alternativa al licenziamento – lo
spostamento verso posti che siano considerabili liberi, anche
inferiori (in mancanza di posti equivalenti). Diventa cruciale
comprendere con precisione in cosa precisamente consista
la modifica degli assetti organizzativi aziendali che giustifica
l’esercizio di uno ius variandi in peius. Significativo è, poi,
che il legislatore contempli l’istituto della formazione. Ben
si comprende che la formazione venga tirata in ballo nel caso
in cui l’adibizione venga disposta a mansioni – appartenenti
allo stesso livello di inquadramento ovvero a quello inferiore
– per il cui svolgimento non è sufficiente il bagaglio
“professionale” posseduto dal lavoratore. Nonostante lo
sforzo legislativo, ciò che non è chiaro è come si strutturi
questa materia nella disciplina del rapporto di lavoro in
quanto la disposizione si limita a richiamare la formazione
come oggetto di un obbligo, ma non dice chi sia
precisamente il portatore di quest’obbligo, aggravando
l’enigma con la previsione secondo la quale “il mancato
adempimento dell’obbligo non determina comunque la nullità
dell’atto di assegnazione alle nuove mansioni”. Un ulteriore
elemento di novità riguarda lo spostamento verso mansioni
superiori (comma 7). Viene seguita la traccia del vecchio
articolo 13 apportandovi tre modifiche ed estendendo la
disciplina anche alla categoria dei quadri per i quali esisteva
una apposita disciplina di questo profilo. Si è cambiata la
formula che delineava la fattispecie produttiva dell’effetto
della definitività dell’assegnazione alle mansioni superiori e,
quindi, della promozione automatica (la promozione scattava
quando l’assegnazione non fosse stata fatta in sostituzione
di un lavoratore assente “con diritto alla conservazione del
posto”, quindi in quei casi – ad esempio, malattia, infortunio in cui la disciplina del rapporto di lavoro avesse contemplato
un limite al potere di licenziamento). Ora si è ristretta la
prot. n. 3845 del 22 luglio 2015, integra la nota prot. n. 2788
del 27 maggio 2015, al fine di rendere pienamente operativa
la comunicazione telematica dell’offerta di conciliazione,
prevista dall’articolo 6 del Decreto Legislativo n. 23/2015 in
caso di licenziamento comminato ad un lavoratore
assunto con contratto a tempo indeterminato a Tutele
Crescenti. La comunicazione è dovuta solo nei casi in cui il
datore di lavoro propone la conciliazione al lavoratore; anche
dalle agenzie per il lavoro nel caso di risoluzione del rapporto
di lavoro; non va effettuata quando il rapporto di lavoro si
risolve
durante
il
periodo
di
prova.
Inoltre, si precisa che i datori di lavoro possono effettuare
tale comunicazione direttamente o per il tramite dei soggetti
abilitati così individuati dalla normativa vigente. Tra questi i
consulenti del lavoro, gli avvocati, i dottori commercialisti, i
ragionieri e periti commerciali, sempre secondo quanto
previsto dalle norme citate alla lettera precedente.
Nuova prestazione di Assicurazione
Sociale per l’Impiego (Naspi): chiarimenti
INPS
In merito alla nuova indennità di disoccupazione Naspi, sono
stati forniti chiarimenti di carattere amministrativo e
operativo, con la circolare INPS n. 142 del 29 luglio 2015, su
aspetti specifici non disciplinati dalla precedente circolare 94.
Per quanto riguarda il licenziamento con accettazione
dell'offerta di conciliazione e il licenziamento disciplinare si
precisa che sono da intendersi quali ipotesi di
disoccupazione involontaria e pertanto ai lavoratori licenziati
che rientrano in queste ipotesi è riconosciuta l’indennità
Naspi.
Nella circolare 142 sono contenute, inoltre, istruzioni utili sul
procedimento di calcolo della durata della prestazione, sulla
sua compatibilità con lo svolgimento di lavoro accessorio, di
lavoro intermittente, di lavoro all’estero e con l’espletamento
di cariche pubbliche elettive e non elettive.
fattispecie, prevedendo che la promozione non possa
scattare quando l’assegnazione delle mansioni superiori sia
avvenuta “per ragioni sostitutive di altro lavoratore in
servizio”. Pur continuandosi ad affidare all’autonomia
collettiva il compito di fissare il termine decorso il quale si
produce la promozione, questa volta il rinvio è libero e –
seguendo il modello già adottato nella disciplina dei criteri di
scelta dei lavoratori nelle riduzioni di personale - la legge si
limita a contemplare solo in via suppletiva il limite, elevato a
sei mesi. Nella fattispecie produttiva dell’effetto promozione
si è inserito un nuovo elemento: il lavoratore non deve aver
espresso una volontà contraria. Quindi si è reso
compromettibile a livello individuale il diritto alla promozione.
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