gennaio 2013
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enmigrinta Opponiamoci alle leggi razziste! gennaio 2013 Pagina 1: Notizie: la vergogna dei CIE: Ponte Galeria di Roma Pagina 2: Le rotte delle migrazioni nel Mediterraneo: scheda sui percorsi e sul giro d'afari illecito Pagina 3: L'accoglienza dei rifugiati: una vergogna italiana Pagina 4: Dall'archivio di enmigrinta: ottobre 2009: il caso Regina Pacis, intervista ad un attivista Pagina 6: Approfondimenti: caso Reina Pacis, don Cesare Lodeserto: a cura di Gentiana Minga Pagina 7: Razzismo negli stadi: il Milan ritira la squadra per protesta Pagina 8: Personaggi: Slovenia: Joze Plecnik Pagina 8: Fiabe dal mondo: paesi slavi: Fenist, il falcone lucente Pagina 10: L'antifemminismo nelle radici del cristianesimo Pagina 11: Arte: islam: Benaki Museum of Islamic Art Pagina 11: Le feste nazionali dei nostri nuovi cittadini Pagina 12: Parole dal mondo: sloveno Pagina 12: Chi dice cosa? Quali afermazioni appartengono a quale religione? Pagina 12: Statistiche: Bangladesh Pagina 13: Giochi: Africa/Asia/Sud America: Mankala Pagina 14: Musica: Turchia: Mehmet Barıs Manco Pagina 14: Citazioni: Adlof Hitler Pagina 14: Cucina: Nicaragua: Fagioli fritti Pagina 15: Gastronomia: Lituania Pagina 15: Enologia: Libano/Siria: L'arak Pagina 16: Soluzioni a “Chi dice cosa? Quali afermazioni appartengono a quale religione?” Notizie → La vergogna dei CIE → Ponte Galeria di Roma Per quasi dieci giorni senza acqua calda e con il riscaldamento in condizioni precarie, poi la protesta di quelli che il burocratese chiama "ospiti". Accade nel Centro di Identifcazione ed Espulsione di Ponte Galeria, nei pressi di Roma, dove - secondo i dati del Garante dei detenuti del Lazio - sono ospitate circa duecento persone, 136 uomini e 58 donne. Bloccate anche per dodici mesi in attesa di identifcazione, senza la possibilità di fare alcuna attività come invece accade in carcere, quasi che il trattamento già precario nei penitenziari italiani fosse un traguardo per i migranti rinchiusi nei Cie. E il problema è di fondo, spiegano dall'ufcio del Garante: non è mai stato pubblicato un bando per appaltare la manutenzione ordinaria del CIE. In pratica, se qualcosa si rompe, i tempi per la riparazione sono lunghi. Insostenibili quando si tratta di "sopravvivere" a dicembre, con tubature rotte, il riscaldamento malfunzionante o fnestre sfondate. "A quanto mi hanno riferito alcuni manifestanti spiega il Garante dei detenuti, Angiolo Marroni - occorrono giorni per provvedere alla riparazione dell'impianto di riscaldamento, di una fnestra o addirittura di un rubinetto. Questo perché nell'incarico di gestione del Cie non si è mai predisposto un servizio per la manutenzione ordinaria". E il problema come spiega Giuseppe D'Agostino, dell'ufcio del Garante, "non nasce oggi: la prefettura che ha la competenza di gestione del Cie, ha afdato alla cooperativa Auxilium l'"ospitalità" ma non ci si è mai preoccupati di individuare attraverso un regolare bando una ditta che si occupasse della manutenzione". Oltre ai rubinetti, ai boiler e al sistema di riscaldamento, le denunce di ritardata manutenzione arrivano tra le righe - anche tra gli operatori delle forze dell'ordine: basta che si rompa una fotocopiatrice per restare settimane senza poter fare fotocopie. Si tratta di dover compilare, riprodurre e smistare cartelle cliniche, fogli identifcativi e tutto quello che concerne la vita "burocratica" di un Centro di identifcazione ed Espulsione. Nel limbo. E la realtà dietro le sbarre dei CIE è tale da mettere a dura prova la stabilità mentale di chiunque. I reclusi, infatti, sono costretti a restare in questo non-luogo fno a un tempo massimo di dodici mesi. "Il ministro Cancellieri - spiega ancora D'Agostino - ha ridotto il tempo di permanenza da 18 a 12 mesi. Durante la nostra attività, però, abbiamo visto che il tempo medio di carcerazione è di 7/8 mesi, durante i quali gli "ospiti" non hanno un trattamento come accade in carcere e passano le giornate senza far niente". In un contesto simile, il rischio di rivolte è alto. Come è accaduto quando due magrebini e un nigeriano "con problemi psichici importanti - denunciano dall'ufcio del Garante - hanno divelto lavandini, tubature e suppellettili, inghiottendo anche pezzi di ferro". Da lì la protesta si è allargata ad altre zone della struttura, con materassi dati alle famme e stanze bruciate. "Se nei primi trenta giorni non si viene identifcati - prosegue D'Agostino - il giudice di pace proroga di trenta giorni la durata della permanenza nel Cie. Scaduti questi termini, la proroga è di altri due mesi e alla fne di sei mesi. Dopo i dodici mesi (o prima se non si è identifcati da alcun Paese), al migrante viene dato il foglio di via con l'ordine di lasciare l'Italia in cinque giorni. Se questo non accade e il migrante viene sorpreso sul territorio nazionale durante un controllo, rientra nel circolo vizioso dei CIE, con altri dodici mesi di reclusione in questo limbo". In un contesto simile, una protesta anche isolata ha gioco facile nel divenire una manifestazione generale di quelli che il bruocratese chiama "ospiti", ospiti in un non-luogo, poco distante dalla vita quotidiana, frenetica e indiferente della Capitale d'Italia. E a cui lo Stato - tra tagli e spending review non si preoccupa troppo di assicurare neppure la manutenzione ordinaria della struttura in cui li tiene reclusi. Le rotte delle migrazioni nel Mediterraneo → Scheda sui percorsi e sul giro d'afari illecito Le rotte principali sono una decina. La più antica, collega la costa del Marocco alla Spagna, attraverso lo stretto di Gibilterra, e si è andata dilatando negli anni, al punto che oggi molte imbarcazioni partono direttamente dalla costa oranese dell'Algeria, sempre verso l'Andalusia e, talora, verso le isole Baleari. La Spagna è interessata da una seconda rotta, quella che parte dalla costa atlantica africana (Marocco, Sahara occidentale, Mauritania, Senegal, Gambia e Guinea) fno all'arcipelago delle isole Canarie. Nel Mediterraneo centrale le rotte sono quattro. La più battuta parte dalle coste occidentali libiche, tra Tripoli e Zuara, puntando verso Lampedusa, la Sicilia e Malta. Parallele a questa, altre due rotte collegano il litorale tunisino, tra Sousse e Monastir, a Lampedusa, e la costa nord tra Biserta e Capo Bon a Pantelleria. Dall'Egitto partono invece alcuni dei pescherecci che giungono in Sicilia orientale e in Calabria. Infne, a partire dal 2006, una nuova rotta collega Algeria e Sardegna, partendo dalla costa nei pressi della città di Annaba. In passato era invece Malta a costituire un importante punto di passaggio. Migliaia di migranti atterravano ogni anno sull'isola con un visto turistico e da lì venivano imbarcati clandestinamente verso le coste siciliane. Nel Mediterraneo orientale, infne, le rotte marittime collegano la costa della Turchia alle vicine isole greche del Mar Egeo, in particolare Samo, Mitilene, Chio, e Farmakonisi. Sull'isola greca di Creta, invece, in misura minore, arrivano imbarcazioni salpate dalla costa egiziana. Alla fne degli anni novanta e inizio duemila, migliaia di profughi Curdi salpavano direttamente dalle coste turche verso la Calabria. Una rotta che ancora nel 2007 ha portato un migliaio di persone sulle coste della Locride. Sulla rotta che negli anni novanta collegava l'Albania alla Puglia invece, non hanno mai viaggiato migranti. I fussi migratori nel Mediterraneo danno vita a un giro d'afari illecito di centinaia di milioni di euro l'anno. Il prezzo dei viaggi varia da frontiera a frontiera, aggirandosi tra i 500 e i 2.000 dollari. Sebbene esistano viaggi auto organizzati dagli stessi migranti, la maggior parte delle partenze è controllata da alcune organizzazioni, ognuna delle quali si occupa del passaggio di una frontiera. Ogni nazionalità ha i suoi connection man, che mettono in contatto il candidato all'immigrazione clandestina con il passeur e con la rete di persone che lo ospiterà e lo trasborderà al luogo di imbarco. Sconti particolari vengono fatti a chi si ofre volontario per la guida delle imbarcazioni, spesso afdate per questo a capitani senza alcuna esperienza di mare, con conseguente aumento delle vittime. Secondo Fortress Europe, stando alle sole notizie riportate dalla stampa, almeno 8.905 persone sarebbero annegate sulle rotte migratorie del Mediterraneo e dell'Atlantico dal 1988[2]. Le vittime in mare sono aumentate anche per l'evolversi delle rotte, che negli ultimi anni sono diventate più lunghe e pericolose, al fne di eludere l'intensifcarsi dei pattugliamenti anti-immigrazione, dal 2006 coordinati dall'agenzia europea Frontex ed esternalizzati nelle acque territoriali di alcuni Paesi di transito, come Turchia, Egitto, Libia, Algeria, Marocco, Mauritania e Senegal. Parallelamente al contrasto della migrazione via mare, si è assistito alla criminalizzazione del soccorso in mare, come nel caso dei processi ad Agrigento alla Cap Anamur e ai pescatori tunisini, accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina per aver soccorso dei naufraghi africani in mare e averli tratti in salvo in porti italiani. L'accoglienza dei rifugiati → una vergogna italiana Sono decine di migliaia, tutti profughi scappati dalla guerra in Libia e dalla rivoluzione in Tunisia. Il loro destino dipende da una domanda, quella fatta a una Commissione, di cui non capiscono né il nome né il ruolo e che defniscono sempre con un tono solenne preceduto da un marcato articolo determinativo. Perché è "La Commissione" che deciderà se potranno avere o meno il riconoscimento dello status di rifugiato politico. La gestione d'emergenza della loro condizione è scaduta il 31 dicembre, ma con un decreto il governo ha prorogato tutto al 28 febbraio. I fussi migratori, negli anni scorsi, sono stati spettacolarizzati paventando una "emergenza umanitaria" che l'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni aveva defnito "di proporzioni catastrofche". Si stimava, in principio, un'invasione di oltre cinquantamila persone provenienti dalla Libia. Nei mesi successivi però quelle previsioni sono state smentite dai numeri: difatti nel 2012, solo poco più di ventottomila richiedenti asilo sono entrati in Italia a seguito della primavera araba. Questo esodo (importante ma non di proporzioni bibliche) è andato a sommarsi con i gruppi preesistenti per un totale di circa 62mila persone. Se le previsioni di Maroni fossero state corrette, oggi dovremmo parlare di un fenomeno di oltre centomila "rifugiati". Un'emergenza ridotta, rispetto alle catastrofche previsioni governative, ma, comunque, gestita male e con risultati che adesso, sì, possono essere defniti "catastrofci". Per la gestione di questo problema, il Governo italiano, di concerto con la Protezione Civile e le Regioni, ha costruito un sistema di accoglienza che è sfuggito al controllo centrale e ha favorito l'afermarsi di un esteso e illecito giro d'afari. Da Nord a Sud sono numerose le segnalazioni di disagi: ogni regione, ma spesso anche ogni provincia, ha creato una propria modalità e rete di accoglienza. I migranti sono stati ospitati in ogni tipo di struttura in disuso che fosse rintracciabile: alberghi, ospedali, asili, palazzi abbandonati. Luoghi, che nella maggior parte dei casi, non erano stati concepiti per l'accoglienza dei profughi, ma che, per l'occasione, sono diventati tali. E, pur essendo del tutto inadeguati, hanno tuttavia ottenuto l'abilitazione ad operare come "Cara", Centri di accoglienza per rifugiati politici. Nella maggior parte dei casi, i servizi di intermediazione culturale e assistenza sono stati sempre svolti da associazioni di volontari. Nella provincia di Bergamo, ad esempio, sono stati attivati dei percorsi autorganizzati nel territorio per ospitare un gruppo di tunisini che avevano ottenuto il permesso di soggiorno provvisorio, ma, in assenza di abitazioni, sono stati costretti a vivere nei boschi per settimane. Molto spesso sono le Ong locali a fornire corsi di lingua italiana, o di mediazione legale laddove, i migranti, ignari della legge italiana, si afdano ad avvocati che avviano le pratiche da presentare alla Commissione, senza neanche informarsi sulla reale condizione d'origine del suo assistito. Ogni rifugiato soggiorna nei Cara per tutto l'iter che precede il processo, davanti alle Commissioni territoriali, per il riconoscimento dello status di rifugiato. I tempi di attesa tuttavia superano di gran lunga quelli previsti dalla legge, prolungando così l'emergenza, i costi dell'accoglienza, e l'esasperazione. "Le Commissioni - spiega Laura Boldrini dell'Unhcr - devono fare una valutazione sulle condizioni del paese d'origine dei migranti, non su quello di transito. Quindi è vero che molte persone sono qui perché fuggite dalla guerra in Libia, ma non sono libici, e non hanno problema di protezione del loro paese d'origine. Per questo hanno risposte negative". I veri problemi, secondo il portavoce dell'Alto Commissariato Onu per i rifugiati, sono quelli che seguono il riconoscimento del diritto d'asilo. I profughi infatti non hanno posti dove stare e, così come ha mostrato il caso scioccante del Salaam Palace di Roma, defnito dalla stampa internazionale come "paradosso italiano", vivono come dei fantasmi occupando palazzi dismessi dove "un bagno è condiviso da 250 persone". Con il decreto del governo per altri due mesi si rimane nell'emergenza, poi la gestione sarà afdata ai prefetti che garantiranno agli stranieri ancora presenti "un'accoglienza fnalizzata ad una progressiva loro uscita dal sistema, anche attraverso programmi di rimpatrio volontario e assistito". Ma queste persone, fnora, hanno atteso in silenzio una via d'entrata. Dinanzi a nuove speranze disattese, la situazione potrebbe diventare esplosiva. È da oltre un anno e mezzo infatti che, in Italia, i migranti provenienti dal Nord Africa, attendono in un limbo di incertezza che è stato l'unico approdo a loro concesso dopo le lunghe e strazianti traversate in mare. Dal sito de “la Repubblica.it” Dall'archivio di “enmigrinta”→ ottobre 2009 → il caso Regina Pacis, intervista ad un attivista Pubblichiamo di seguito un’intervista esclusiva che ci ha rilasciato un attivista che partecipo in prima persona ai fatti del Regina Pacis di Lecce del 2002. Quanto leggerete nelle prossime pagine e gia stato dibattuto in fase processuale, con i noti esiti. Il Regina Pacis fu adibito a cpt da una costruzione nella localita San Foca, ai limiti di spiagge balenabili (come si vede nella foto). Una delle tante scelte sconsiderate legate a questo cpt. Grottesche le immagini dei reclusi attaccati alle sbarre di celle esposte al sole mentre i bagnanti, a pochi metri, si divertono, prendono il sole o fanno il bagno. Domanda: Tu partecipasti ai fatti del Regina Pacis. Perche decideste di entrare? Risposta: Per il 30 novembre 2002 diverse forze politiche avevano organizzato manifestazioni in tutta Italia per protestare contro i cpt (centri di permanenza temporanea, oggi chiamati centri di identifcazione ed espulsione ndr) e contro la Bossi-Fini. Già da tempo erano attive forme di protesta per quella che di fatto era ed è una carcerazione preventiva, la reclusione di persone per violazioni amministrative e non per reati efettivamente commessi. Deve essere chiaro che questi cpt non sono mai state delle strutture in cui fosse facile rimanere reclusi. Non sono mai stati degli alberghi. Correvano già voci di abusi e violenze perpetrate in questi centri, si sapeva che le garanzie efettive dei reclusi non erano sempre rispettate. Come dicevo fu promossa una manifestazione nazionale e il nostro gruppo si organizzò per sflare in corteo sotto il Regina Pacis. Cosa vedeste? Durante il corteo alcuni di noi videro un ragazzo che si era arrampicato su una fnestra e tenendosi aggrappato alle sbarre si era calato i vestiti per mostrare delle vistose ed estese ecchimosi. Insomma anche da diversi metri di distanza si vedeva molto chiaramente che questo ragazzo doveva avere subito delle violenze di qualche tipo, e anche piuttosto pesanti direi (vedi foto – ndr). Dall’interno si sentivano i reclusi piangere e chiedere aiuto. Una cosa da flm horror. Mi vengono ancora i brividi a pensarci. Ritieni quindi che quelle lesioni fossero conseguenza di percosse o di violenze di qualche tipo? Certamente. La cosa era già palese a quel punto, ma quello che successe dopo lo confermò. Cosa accadde dopo? I responsabili del corteo discussero su cosa si potesse fare. Per fortuna alla manifestazione era presente un deputato dei Verdi, l’ On. Mauro Bulgarelli. Questo permise ad una delegazione di entrare (secondo le vigenti leggi un parlamentare aveva il diritto, anche senza preavviso, di entrare ad ispezionare un cpt. Il deputato in questione si fece accompagnare da una delegazione di manifestanti - ndr). All’inizio dovemmo discutere parecchio per poter entrare. Alla fne ci riuscimmo e facemmo un giro del cpt. Chiedemmo spiegazioni dei lividi che avevamo visto. Le risposte furono vaghe, prima ci fu detto che forse era caduto da solo, poi che si sarà trattato di una rissa tra reclusi. Alcuni di noi riuscirono a parlare con il ragazzo, il quale ci dichiarò di essere stato picchiato dalle guardie carcerarie. Altri reclusi li presenti si fecero coraggio, anche se vistosamente impauriti, vedendo la nostra solidarietà e confermarono di avere assistito al fatto e ci raccontarono che i pestaggi erano frequenti e dovuti a futili motivi. Spesso solo per divertimento delle guardie. Una manifestante vide anche una ragazza con un gomito rotto, apparentemente anche da diverso tempo. Dato che la donna provava ovviamente un fortissimo dolore e non aveva di che alleviarlo, la manifestante si tolse il foulard per dare perlomeno modo alla donna di appendere il braccio al collo. Quindi, per quello che hai potuto vedere, non erano stati prestati soccorsi ai feriti? No, di nessun tipo. Cosa accadde dopo? Dopo avere chiesto spiegazioni, ma sempre senza risultato, alcuni di noi parlarono ancora con i reclusi. Venne fuori che speciali attenzioni venivano prestate a quelli di chiara fede musulmana. Venivano obbligati ad insultare la loro religione, ad orinare sul Corano o forzati ad ingoiare carne di maiale cruda, specie durante il mese del digiuno musulmano, il Ramadam. Prendemmo accordi con alcuni reclusi, promettendo loro che, una volta usciti, avremmo posto in essere le conseguenti azioni politiche o legali per tutelarli. In serata, una nostra militante ricevette una telefonata sul cellulare da uno dei reclusi a cui aveva lasciato il numero di telefono e che chissà come era riuscito a raggiungere un telefono. Il ragazzo chiedeva aiuto dicendo che le guardie, non appena i manifestanti se ne erano andati, si erano scatenate e si stavano vendicando con pestaggi e violenze sulle donne. Attraverso il telefono si sentivano urla e rumori che facevano ben capire cosa stesse succedendo. Dopo poco la telefonata fu interrotta. Raccoglieste altre testimonianze riguardo a violenze fsiche o psicologiche? Come ho detto, siamo venuti a conoscenza di pestaggi, violenze sulle donne, torture psicologiche, minacce, abusi di ogni tipo. Durante il processo poi, venne fuori che Don Cesare Lodeserto, il responsabile del centro venne inquisito per un giro di prostituzione, dato che aveva obbligato alcune delle recluse a prostituirsi a benefcio di uomini d’afari, politici e altri. Oltre che ovviamente per le condizioni disumane del Regina Pacis. Fu accertato che lo stesso Lodeserto aveva personalmente percosso più volte i reclusi. Brevemente, di cosa venne accusato? Di abusi, violenze, sfruttamento della prostituzione, lesioni e altro credo. Insieme a lui furono processati sei collaboratori, undici carabinieri e due medici di servizio che falsifcarono i certifcati medici. Ma è tutto negli atti processuali. In sintesi, come si risolse il processo? Don Cesare Lodeserto è stato condannato. Ora si trova in Moldavia, ufcialmente per missione religiosa, in sostanza è una specie di latitanza, appena torna in Italia scatta l’arresto. Più varie condanne ai “pesci piccoli”. Come giudichi la faccenda? Come vuoi che la giudichi? L’Italia è un paese che non vuole sapere cosa succede. A noi basta avere i negozi con l’ultimo modello di cellulare, basta mettersi gli occhialini all’ultima moda e che in TV ci sia qualche stupida trasmissione di intrattenimento. La gente non vuole sapere. Preferisce autoconvincersi di vivere in un paese democratico e libero. Cosa che magari nominalmente sarà anche, ma la realtà è un’altra. Ci sono fortissime pulsioni fasciste e antidemocratiche in Italia. Nel nostro paese la ragione è dei potenti e dei ricchi, non certo dei poveracci come noi. Questa faccenda ne fu la prova. Prima ce ne renderemo conto e meglio sarà per tutti. Sulla vicenda è anche stato fatto un flm/documentario “Mare Nostrum” di Stefano Mencherini. Ai fatti del Regina Pacis dedicò una puntata anche la nota trasmissione televisiva “Report”. Approfondimenti → Caso Regina Pacis, don Cesare Lodeserto → a cura di Gentiana Minga Don Cesare Lodeserto, il sacerdote che gestiva per conto della Curia Diocesana di Lecce, il Centro per immigrati ’Regina Pacis’ di San Foca di Melendugno nei pressi del capoluogo salentino, è stato condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione al termine del processo con rito abbreviato davanti al giudice per le udienze preliminari del Tribunale, Nicola Lariccia. Le accuse nei confronti del religioso erano di calunnia, violenza e minacce e sequestro di persona nei confronti di alcune donne rumene e moldave, già ospiti del Centro. Don Cesare venne anche arrestato due anni e mezzo fa all’aeroporto di Verona, al ritorno da una missione in Moldova. Il sacerdote passò alcuni giorni in carcere. Poi gli furono concessi gli arresti domiciliari che scontò per circa tre mesi, prima in una comunità religiosa a Noci nel barese e infne in casa della sorella a Lecce. In seguito a questa vicenda la Curia Vescovile decise di chiudere la struttura. Il suo difensore, Pasquale Corleto, nel corso del processo ha abbandonato la difesa in segno di protesta nei confronti del pubblico ministero. La pena è particolarmente pesante, anche perchè al sacerdote sono state riconosciute le attenuanti generiche e in considerazione del fatto che aveva scelto il rito abbreviato. Condannati anche il nipote di don Cesare, Giuseppe Lodeserto, a 3 anni e 2 mesi e una collaboratrice, Natalia Vieru, a 2 anni e 8 mesi, più o meno per le stesse accuse. Il procuratore generale:3 febbraio 2012 "Chiedo la conferma integrale della sentenza impugnata". Si è chiusa con queste parole la lunga requisitoria del procuratore generale della Repubblica di Lecce, Giuseppe Vignola, nel processo d'appello a don Cesare Lodeserto, ex direttore del Cpt Regina Pacis di San Foca, imputato a vario titolo e in concorso con altre due persone, il nipote Giuseppe (detto Luca) e Natalia Vieru, per i reati di violenza, minaccia, ingiuria, sequestro di persona, estorsione e calunnia. Il procuratore Vignola ha chiesto la conferma delle pesanti condanne comminate, al termine del processo di primo grado svoltosi in giudizio abbreviato, dal gup Nicola Lariccia: 5 anni e 6 mesi di reclusione per don Cesare; 3 anni e 2 mesi per Giuseppe Lodeserto; 2 anni e 8 mesi per Natalia Vieru. Nella requisitoria il procuratore generale ha fatto spesso riferimento alle oltre 250 pagine di sentenza, descrivendo quello che era il clima nel Centro di permanenza temporanea Regina Pacis, una sorta di luogo a sé, al di fuori da ogni legge, con un gruppo ristretto di persone a decidere le sorti degli immigrati "ospiti" della struttura. Una struttura, è bene ricordarlo, detentiva, in cui venivano reclusi i cittadini stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno. Nel clima di terrore, che secondo i testimoni e le parti ofese si respirava all'interno del centro, chiunque osava opporsi andava colpito. E' il caso del dottor Refolo, uno dei medici in servizio al Cpt, pronto a testimoniare sulle presunte colpe di don Cesare, che avrebbe cercato pertanto di convincere un'ospite della struttura, Valeria Campeanu, con cui il medico aveva una relazione, ad accusare il suo compagno di violenza sessuale. Un'accusa da cui l'ex direttore è stato assolto perché il fatto non sussiste. Condannato invece, nell'ambito della stessa vicenda, Armando Mara, uno degli uomini di fducia di don Cesare, che avrebbe minacciato il dottor Refolo dicendogli: "Te la facciamo pagare, noi ti diamo fuoco alla casa". Vi è poi la condanna per calunnia nei confronti dell'ufciale dei carabinieri Elio Dell'Anna, falsamente accusato dal sacerdote, per il gup, di concussione. Accuse che don Cesare avrebbe riferito all'allora comandante provinciale Luigi Robusto. Le ipotesi di reato più gravi a carico di Cesare e Giuseppe Lodeserto e Natalia Vieru, sono quelle di estorsione e sequestro di persona. Al centro della vicenda "il rapporto di lavoro a nero delle ospiti con il mobilifcio Soft Style di Pino Quarta a Novoli". Un lavoro spesso estenuante per otto o nove ore al giorno, dal lunedì al sabato, per cui le immigrate ricevevano un compenso giornaliero di 25 euro. Per chi si ribellava o si rifutava di recarsi al lavoro, magari perché non in condizione di farlo, scattavano le minacce e le ofese, fno ad arrivare ad impedire di uscire da Regina Pacis, anche per lunghi periodi, sequestrando i passaporti e stracciando i permessi di soggiorno. Questi e altri episodi sono al centro del processo in corso dinanzi ai giudici della Corte d'appello. I giudici dovranno verifcare e analizzare la vita all'interno di quello che era il più importante dei Centri d'accoglienza, oggi chiuso e abbandonato. Numerose le persone ofese, quasi tutte ex ospiti del Cpt. Donne e uomini che non hanno dimenticato e che continuano a chiedere giustizia, e che si sono costituite come parti civili con gli avvocati Maurizio Scardia, Francesco Calabro (che hanno discusso oggi in aula e hanno depositato memorie e note difensive) e Marcello Petrelli. L'udienza è stata aggiornata al prossimo 11 aprile per la discussione degli avvocati difensori e la sentenza. Razzismo negli stadi → il Milan ritira la squadra per protesta Cori razzisti contro i giocatori di colore, ed il Milan se ne va. Episodio senza precedenti al "Carlo Speroni" di Busto Arsizio, dove i rossoneri hanno abbandonato il campo in segno di protesta contro una frangia del pubblico che stava rivolgendo insulti razzisti verso i propri giocatori di colore. Il fattore scatenante è stato l'ennesimo buu razzista nei confronti di Boateng, che a quel punto ha preso il pallone e lo ha scagliato verso la tribuna dove si trovavano gli autori del gesto. Immediata la presa di posizione di capitan Ambrosini, che si è portato al centro del campo ed ha ritirato la squadra. In precedenza anche Muntari (in particolar modo in occasione di una rete annullata) e Niang, erano stati oggetto di insulti. La sfda è stata prima sospesa e poi ufcialmente rinviata. In Italia non esiste un vero e proprio precedente, anche se un epidosio analogo si verifcò il 25 novembre 2005 nel corso dell'incontro Messina-Inter. Il difensore ivoriano del club siciliano, Zoro, prese il pallone minacciando di abbandonare il campo per i fschi ricevuti dai tifosi nerazzurri in trasferta ma fu convinto a proseguire dai giocatori dell'Inter, in particolar modo da capitan Zanetti. Anche Eto'o fu protagonista di un episodio simile, quando nell'ottobre 2011 ricevette degli insulti da parte dei tifosi del Cagliari e minacciò di abbandonare il campo (l'arbitrò Tagliavento sospese la partita per 3 minuti). Nel Febbraio 2006 quando giocava con il Barcellona, il camerunense, preso di mira dai tifosi del Saragozza, urlò "me ne voy" dirigendosi verso gli spogliatoi, per poi essere fermato e convinto a continuare a giocare da Ronaldinho. "Siamo dispiaciuti ed amareggiati per quanto successo però credo che il Milan non rientrando in campo abbia fatto la scelta giusta. Bisogna smetterla con questi gesti incivili - ha commentato il tecnico dei rossoneri Massimiliano Allegri - l'Italia deve migliorare sotto questo punto di vista e diventare un Paese più civile, educato ed intelligente. Spiace per i giocatori della Pro Patria e per la gran parte del pubblico ma non potevamo prendere una decisione diversa. Spero che questa cosa abbia un seguito se dovesse capitare anche in gare ufciali dai Dilettanti fno alla Serie A". "Ci impegniamo a tornare qui prima possibile, per permettere anche ai tanti bambini che erano presenti di vedere il Milan in campo. Un segnale, però, andava dato - spiega il capitano Ambrosini -. Non si può tollerare una cosa del genere, non si poteva continuare la partita con questo clima anche perchè bisogna far capire certe cose. Ci dispiace per la stragrande maggioranza di persone che non ha nulla a che vedere con quanto successo, proprio per questo abbiamo preso l'impegno di tornare prima possibile". Link: il video dell'episodio Personaggi → Slovenia → Jože Plečnik Dal sito de “la Repubblica.it” Jože Plečnik (Lubiana, 23 gennaio 1872 – Lubiana, 7 gennaio 1957) è stato un architetto sloveno.Allievo di Otto Wagner a Vienna e poi suo collaboratore, aderì insieme a lui alla secessione: fu attivo in patria, in Austria, a Praga (dove lavorò per il castello e realizzò la chiesa del Sacro Cuore) e a Belgrado, dove costruì la chiesa di Sant'Antonio di Padova. A partire dal 1921 fu professore di architettura a Lubiana e progettò numerosi edifci e monumenti per la sua città (tra cui il cimitero di Žale). Il suo progetto per il palazzo del parlamento sloveno (la Cattedrale della libertà), mai realizzato, compare sulla moneta da 10 centesimi di euro slovena. Dopo la Seconda guerra mondiale Plečnik cadde in disgrazia, poiché il suo attaccamento all'architettura classica era visto con sospetto. Il suo ruolo di insegnante all'università fu gradualmente ostacolato e ricevette minori commesse, sebbene riuscisse a completare piccoli monumenti, fontane e restauri di chiese anche negli anni 1950. Alla sua morte ebbe comunque i funerali di stato a Žale. L'opera di Plečnik, caratterizzata da forme iconiche e classiche usate però in modo sorprendente e originale, fu per lo più dimenticata negli anni sessanta e settanta. Un nuovo interesse si ebbe a partire dagli anni ottanta e novanta, quando il postmodernismo portò ad una rivalutazione delle forme classiche in architettura. Fiabe popolari → Paesi slavi → Fenist, il falcone lucente C'era una volta un contadino. Sua moglie era morta lasciandogli tre fglie. L'uomo voleva prendere una cameriera per la casa, ma sua fglia minore Maryushka disse: "Non prendere una cameriera, padre, mi occuperò io della casa." E così Maryuska diventò un'ottima donna di casa. Non c'era niente che non sapesse fare, e faceva tutto perfettamente. Suo padre adorava Maryushka ed era felice di avere una fglia così intelligente e lavoratrice. E quanto era adorabile! Ma le sue due sorelle erano brutte, invidiose e cattive, sempre truccate e vestite impeccabilmente. Stavano tutto il giorno sedute, cercando di sembrare meglio di quello che erano. Un giorno l'uomo andò al mercato e chiese alle fglie: “Che cosa volete che vi porti?" "Compraci un fazzoletto", dissero le tue fglie maggiori, "e deve essere cucita con grandi fori e in oro". Maryushka stava in silenzio, ed il padre le chiese:"E tu cosa vuoi?" "Padre caro, vorrei una piuma di Fenist il falcone splendente." Il padre tornò con i fazzoletti, senza aver trovato la piuma. Dopo un po' di tempo dovette tornare al mercato. "Bene fglie mie, chiedetemi cosa volete", disse E le fglie maggiori chiesero: "Compraci un paio di stivali d'argento". Maryushka disse di nuovo: "Padre caro, vorrei una piuma di Fenist il falco splendente." Il padre rimase al mercato tutto il giorno e comprò gli stivali, ma non trovò la piuma. Così tornò senza di lei. Dovette riandare al mercato per la terza volta e le due fglie maggiori gli chiesero:"Compraci una gonna nuova". Maryushka chiese di nuovo: "Padre caro, comprami una piuma di Fenist il falcone splendente." Il padre rimase tutto il giorno al mercato, senza trovare la piuma. Lasciò la città ed incontrò sulla strada un vecchio ometto. "Buon giorno nonnino!" "Buon giorno a te, buon uomo. Dove stai andando?" "Al mio paese. E non sai cosa ho fatto. La mia fglia più giovane mi ha chiesto di comprarle una piuma di Fenist il falcone splendente, ma non l'ho trovata". "Ho io quella piuma; è bella, ma dato che sei un buon uomo te la darò, viene quando puoi". Il piccolo uomo vecchio prese la piuma e la diede al padre, ma era molto semplice, così il contadino si chiese: "Come può piacere alla mia Maryushka?" Poco dopo l'uomo arrivò a casa e portò i regali alle fglie. E le due maggiori si pavoneggiarono nelle loro gonne e dissero a Maryushka: "Stupida, stupida! Mettitela tra i capelli e non sarai carina!" Maryushka non rispose, e rimase lontana da loro. Quando tutti furono addormentati, mise la piuma sul pavimento e disse: "Vieni da me caro Fenist, falcone splendente, mio caro sposo!" E allora giunse un bellissimo giovane. Al mattino dopo andò sul pavimento e ridiventò falcone. E Maryushka aprì la fnestra e lui volò nel cielo azzurro. Per tre notti lo accolse. Di giorno era falco, di notte diventava un bellissimo giovane. Il quarto giorno le sorelle cattive capirono e andarono dal padre. "Figlie care", disse, "fatevi gli afari vostri." "D'accordo, vedremo." E misero dei coltelli aflati sul davanzale della fnestra e rimasero ad aspettare. Poco dopo arrivò il falcone. Cercò di entrare, ma non riusciva. Volò lì sopra, fn quando fu tutto tagliato dalle lame. Maryushka dormiva e non sentiva. Allora lui disse: "Chi ha bisogno di me mi troverà ma non senza dolore. Non mi troverai fn quando non avrai consumato tre paia di scarpe d'argento, e rotto tre bastoni d'argento, e riempito di lacrime tre paioli d'argento". Maryushka sentì. si svegliò, ma non riuscì a fermarlo. Andò quindi dal padre e gli disse: "Non mi rimproverare, lasciami andare sulla mia strada." L'uomo era molto dispiaciuto, ma alla fne la lasciò partire. Maryushka partì e prese tre paia di stivali d'acciaio, tre bastoni d'acciaio e tre paioli d'acciaio. Camminò per campi, foreste nere e montagne. Gli uccellini la confortavano con i loro canti, i torrenti la dissetavano, le foreste la accoglievano. E anche gli animali feroci, i lupi, gli orsi e le volpi, la confortavano e sostenevano. Alla fne arrivò vicino ad un castello in cui le dissero che viveva una regina incantata che aveva con sé il Falcone splendente. Maryushka andò a parlarle e questa le rispose: Potrai vederlo, ma prima dovrai ripulire tutte le mie cinquanta scuderie di oggi. Sappi che hai solo tre giorni di tempo per liberare il tuo amato!. Maryushka fece come le era stato detto, ma il suo Principe falcone dormiva profondamente e non riuscì a svegliarlo. Il secondo giorno la regina le disse: Oggi pota tutte le piante del mio giardino! Poi potrai vedere il tuo principe, ma avrai ancora solo una possibilità domani, altrimenti lo perderai per sempre! Anche quel giorno lì Maryushka fece come le era stato detto, ma di nuovo il Principe non si svegliò e non la riconobbe. Il terzo giorno la regina le disse: Ora dovrai pulire tutto il mio castello e farlo entro sera. Poi avrai l'ultima possibilità di conquistare il tuo amato! Maryushka riuscì a terminare le pulizie nel castello in tempo e poi si trovò di fronte al suo amato, sempre addormentato. Allora disse: Ti ho amato, ti ho cercato, ho lavorato e tu non mi riconosci? E scoppiò in lacrime. Una lacrima bagnò il principe addormentato, che si risvegliò e la riconobbe. Così Maryushka poté sposare il Principe del Falcone splendente e vissero insieme felici e contenti. L'antifemminismo nelle radici del cristianesimo Iniziamo da questo numero una serie di articoli sulle radici antifemministe cristiane. Sentiamo spesso parlare e giudicare l'antifemminismo islamico. Più culturale arabo, in realtà, ammesso che sia reale, che insito nella religione musulmana che, anzi, è tutto tranne antifemminista. I giudizi sparati senza cognizione di causa sulla religione islamica sarebbero più sopportabili se, almeno, venissero da una cultura paladina dei diritti delle donne. Purtroppo, anche se in occidente si ama bearsi del proprio presunto progressismo, in Europa la parità dei sessi è ben lungi da essere reale, e se ci basiamo sulle presunte radici (inesistenti) cristiane dell'Europa, beh, allora le sorprese sono molte. Il furore verbale dei primi apologeti è talmente esasperato da trasudare un odio insano dai contorni patologici. Confermati tutti gli stereotipi di genere, la donna in quanto discendente di Eva è altresì colei che col suo atto di disubbidienza e di stupida curiosità ha dannato l’umanità, determinando il sempreverde “peccato originale”. Eva, la prima donna, è infatti colei che con le sue lusinghe ha condotto Adamo, e gli uomini, alla perdita dello stato di grazia originario. La donna, erede diretta di Eva, continua ad irretire l’uomo con i suoi inganni, difondendo la corruzione nel mondo attraverso la seduzione e le sue proferte sessuali. Lo spiega Tertulliano nel suo latino ostico, dalla prosa spigolosa e rigonfa di allusioni bibliche che molto toglie al piacere della traduzione: “tu sei la porta del diavolo, tu sei la profanatrice dell’albero della vita, tu sei stata la prima a violare la legge divina, tu sei colei che persuase Adamo, colui che il diavolo invece non riuscì a tentare. Tu che hai infranto l’immagine di Dio, l’uomo, con tanta facilita. Per causa tua esiste la morte, anche il Figlio di Dio ha dovuto morire. E tu hai in mente di adornarti con altro che non siano le tuniche che coprono la tua pelle?” (Tertulliano, De Cultu Foeminarum. Liber I; Cap. 1) La stessa tesi viene ripresa pure da S.Gerolamo, altro enfant terrible dal carattere impossibile: “La conversazione dei chierici con le donne non sia permessa sotto nessun pretesto. Perché la donna e la porta per il diavolo, il cammino d’iniquita, la punta dello scorpione, genere pernicioso” (Adversus Jovinianum) In virtù di ciò, deduciamo che “ogni donna dovrebbe essere oppressa dalla vergogna al solo pensiero di essere donna”, come insegnava il brillante Clemente Alessandrino, maestro di Origene. Tertulliano è un pagano convertito e, nello zelo intransigente che caratterizza i neofti di ogni religione, si farà interprete di un rigorismo estremo che lo porterà a bazzicare gli ambienti eretici dei montanisti e degli encratiti. “Tertulliano non manca di richiamare le sue consorelle all’obbligo di rifettere sul loro statuto antropologico, di considerare la loro genealogia. Come fglie di Eva dovrebbero sempre essere piangenti ricordando la prima peccatrice. Inoltre come donne dovrebbero tener sempre presente il disastro provocato proprio dal loro apparire e dalla loro bellezza ricordando quell’episodio della caduta degli angeli raccontato nel testo pseudoepigrafo ebraico detto il Libro di Enoch. La bellezza delle fglie degli uomini ha sedotto gli angeli che sono scesi in terra per generare con loro la stirpe maligna dei Giganti e difondere la conoscenza delle arti, delle tecniche che alterano l’ordine della creazione.” (Ileana Chirassi. “Etica Mediterranea” - Dispense Specialistiche ’08 - Universita di Trieste). Perciò una donna rispettabile dovrebbe essere abbigliata come per le esequie funebri (quasi ad pompam funeris constituta). Di conseguenza, Tertulliano dispensa una serie di preziosi consigli che vanno dalla verginità, all’illibatezza nel matrimonio (De Exhortatione Castitatis; De Pudicitia). A questi si aggiungono la riprovazione per la vedova che contrae seconde nozze, le quali non avrebbero altro motivo se non il piacere dei sensi (De Monogamia; Ad uxorem). Ma le opere che noi preferiamo sono sicuramente quelle che esortano le ragazze afnché indossino il velo, nascondendo la vista del proprio viso e dei propri capelli (De Virginibus Velandis): “La donna e pericolosa a causa della sua bellezza: trovi rimedio nel velo” giacché “ammirare o voler essere ammirate e peccato” Ma guarda che novità! Oltretutto, colei alla quale piace essere guardata “aspira allo stupro” (stupri passio). Perciò ragazza “vela il tuo capo, rivesti l’armatura del pudore, innalza un muro sul tuo sesso, non lasciar trapelare su di te sguardi (…) Il velo deve cominciare dove fnisce la veste; e il giogo che serra le donne”. Segue nel prossimo numero Arte → Islam → Benaki Museum of Islamic Art Questo mese proponiamo ai nostri lettori una visita virtuale al Benaki Museum of Islamic Art. Cliccando sul link: visita il museo sarà possibile vedere la stupenda collezione di arte islamica di questo museo greco. Il museo fu aperto nel 1930 e oltre all'arte islamica ha una cospicua collezione di arte asiatica e porcellane cinesi. La collezione islamica occupa un'estensione di circa 1000 mq ed è considerata la più importante del mondo, con oggetti dall'India, Persia, Mesopotamia, Medio Oriente, Arabia Saudita, Egitto, Nord Africa, Sicilia, Spagna e Asia Minore. Comprende porcellane, ceramiche, oggetti in metallo, oro, legno, vetro e tessili, così come steli funerarie e armi. Ma la descrizione di questa inestimabile collezione è difcile a parole. Consigliamo vivamente i nostri lettori a collegarsi al link e a visitarla. Auguri a → Le feste nazionali dei nostri nuovi cittadini Gli auguri ai nostri nuovi amici delle comunità di: 1 gennaio: Haiti (Giorno dell'indipendenza dalla Francia) 1 gennaio: Sudan (Giorno dell'indipendenza) 4 gennaio: Myanmar (Giorno dell'indipendenza) 7 gennaio: Russia e paesi di religione ortodossa di rito antico (Natale) 21 gennaio: Barbados (Giorno di Errol Walton Barrow) 26 gennaio: Australia (Australia Day) 26 gennaio: India (Giorno della Repubblica) Parole dal mondo → sloveno Trattiamo di una lingua “vicina” a noi, quella dei nostri confinanti sloveni. Tra i paesi ex-jugoslavi, probabilmente è la comunità meno fiorente ma comunque presente. Vediamo alcuni vocaboli. Buongiorno: dobro jutro Benvenuto: dobrodošli Si accomodi: usedite Grazie: hvala Arrivederci: poslovite Chi dice cosa? Quali afermazioni appartengono a quale religione? Proponiamo al lettore un piccolo test, per poter saggiare la propria opinione e le proprie convinzioni sulle religioni proprie ed altrui. Vi invitiamo ad abbinare a ciascuna delle seguenti afermazioni, contenuta in un testo sacro, la relativa religione. Nell’ultima pagina troverete i corretti abbinamenti. Per le afermazioni che contengono il nome della divinita o altri riferimenti troppo defnibili, questi sono stati omessi o modifcati, per non rendere ovvia la soluzione (per esempio al posto di Allah, scriveremo Dio, o per apostoli, scriveremo seguaci ecc.) 1.- Il corpo è il campo dell'azione. Quello che pianti raccoglierai. 2.- Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. 3.- Coloro che avranno fatto del bene in questo mondo, riceveranno il bene. 4.- Chi semina il bene raccoglierà una sicura ricompensa. Le soluzioni a pagina 16 Statistiche → Bangladesh In Bangladesh, nel 2011: La vita media di un uomo: 65,8 anni Mortalità infantile <5 anni : 4,8 % Mortalità materna: 240** Analfabetismo: 43,2 % Medici per ogni 1000 abitanti: 0,3 Posti letto per ogni 1000 ab.: 0,4 Calorie ab/giorno: 2270 Accesso acqua potabile: 81 Bambini sottopeso: 41,3 % Auto per 1000 abitanti: 1,4 In Italia, stesso periodo: Vita media di un uomo: 79 anni Mortalità infantile <5 anni: 0,4 % Mortalità materna: 4** Analfabetismo 1,1 % Medici per ogni 1000 abitanti: 3,7 Posti letto per ogni 1000 ab.: 3,5 Calorie ab/giorno: 3650 Accesso acqua potabile: 100* Bambini sottopeso: nessun dato Auto per 1000 abitanti: 606 *per l’accesso all’acqua potabile, mancando il dato italiano, è stato preso come riferimento il dato relativo alla Francia ** numero di donne morte ogni 100.000 nati vivi Fonte: “Istituto Geografco De Agostini” 2013 Giochi → Africa/Asia/Sud America → Mankala Il nome mancala (talvolta riportato come mankala o manqala) si riferisce a una famiglia di giochi da tavolo difusi in gran parte del mondo (specialmente in Africa, in Medio Oriente, in alcune zone del Sudest asiatico e in America centrale) e spesso indicati anche come giochi di semina. Si può avere un'idea del numero e della diversità dei giochi di questa famiglia, nonché della forte connotazione geografca delle varianti, attraverso il paragone con i giochi di carte. Per quanto riguarda invece il ruolo che i giochi mancala ricoprono nella società di molte regioni africane e asiatiche, l'analogia più calzante col mondo occidentale è probabilmente quella con gli scacchi. Fra i giochi più difusi della famiglia si possono citare il Wari, l'Omweso e il Bao. Vi è un difuso fraintedimento secondo cui esisterebbe un particolare gioco dal nome mancala. Questo errore è stato alimentato, in parte, dal fatto che case editrici occidentali hanno commercializzato sotto questo nome alcuni particolari giochi della famiglia. Anche in letteratura vengono usate spesso espressioni improprie come varianti del mancala, che sottintendono che esista un gioco principale da cui gli altri sono derivati. In realtà, il nome mancala è un termine arabo che indica alcuni particolari giochi di questa famiglia; tuttavia, il termine (difuso per esempio in Siria, Libano ed Egitto) non viene usato in modo coerente (cioè non indica esattamente lo stesso gioco) neppure da queste popolazioni. La parola sembra derivare dall'arabo naqala (letteralmente: "spostare"), a cui corrisponde anche lo swahili mankelah. Non è certamente facile stabilire una nomenclatura precisa dei giochi mancala; gli stessi giochi hanno diversi nomi in diverse regioni, e le varianti anche sottili sulle regole sono in tal numero da eludere qualsiasi tentativo di classifcazione "defnitiva". In alcuni casi, addirittura, allo stesso gioco vengono attribuiti nomi diversi a seconda che a giocarlo siano gli uomini o le donne. Esiste anche una certa difcoltà, da parte dei ricercatori in questo campo, a separare chiaramente quelle che sono le regole del gioco (nel senso che si dà in occidente a questo termine) rispetto, per esempio, a preferenze nella disposizione iniziale dei pezzi o implicazioni strategiche. I giocatori muovono a turno. La dinamica generale della mossa, che viene spesso detta semina, consiste nel prelevare tutti i pezzi presenti in una certa casa (di solito scelta fra quelle di proprietà del giocatore e occupate da un certo numero minimo di pezzi), e depositarli nelle case adiacenti, uno per casa. Se la semina non si conclude nella fla in cui ha avuto inizio, essa prosegue in un'altra fla, tipicamente descrivendo un movimento circolare antiorario. Così, una semina procede generalmente verso destra nella fla più vicina al giocatore e, arrivata al termine della fla, prosegue nella fla adiacente da destra verso sinistra. Nei mancala a due fle, il movimento può attraversare l'intero tavoliere; in quelli a quattro, esso è limitato alle due fle di proprietà del giocatore che sta muovendo. La semina può essere semplice, ovvero concludersi con l'ultimo pezzo deposto in una casa, oppure a stafetta. In quest'ultimo caso (tipico per esempio del Bao) se l'ultimo pezzo viene deposto in una casa già occupata, il giocatore preleva immediatamente il contenuto di tale casa e prosegue la semina con i pezzi raccolti; il procedimento può ripetersi. Questo genere di semina può portare turni di gioco estremamente lunghi, che sconvolgono completamente l'equilibrio del tavoliere. La capacità di prevedere gli efetti di una semina a stafetta è una delle qualità che contraddistinguono i guru del Bao. Nei mancala indiani come l'Ali Guni Mane, la semina a stafetta prosegue non con i semi presenti nella casa in cui la semina iniziale è terminata, bensì con quelli presenti nella casa successiva (regola nota come pussa-kanawa). Lo scopo del gioco è solitamente quello di catturare più pezzi dell'avversario, o mettere l'avversario nella condizione di non avere più alcuna mossa legale a disposizione (per esempio perché tutte le sue case sono vuote o non contengono il numero minimo di pezzi richiesto per iniziare una semina). Musica → Turchia → Mehmet Barış Manço Mehmet Barış Manço (scritto anche "Baris Mancho" in alcuni album per il mercato europeo) (Istanbul, 2 gennaio 1943 – Istanbul, 31 gennaio 1999) è stato un cantautore, musicista e produttore televisivo turco. Ha composto circa 200 canzoni di genere rock, pop e rock progressivo, alcune delle quali tradutte in molte lingue tra cui l'inglese, il giapponese, il greco, l'italiano, il bulgaro, il rumeno, il persiano, l'ebreaico e l'arabo. Rimane una delle fgure pubbliche più famose della Turchia. Link: il pezzo "Gamzedeyim Deva Bulmam" il pezzo "Yar Ola" Citazioni → Adolf Hitler Ai nostri lettori apparirà forse strano che si citi proprio Adolf Hitler in questa sede. Ebbene, questa frase fa pensare, e dovrebbe far pensare soprattutto quei ragazzi con poco cervello che osannano certe idee criminali come il nazismo e il fascismo suo complice. Che i nazistelli di oggi pensino a come sono, loro stessi, considerati dalla loro aberrante idea. Commentando perdite particolarmente gravi di ragazzini mandati al macello nella difesa di Berlino: "D'altra parte i giovani servono a questo. " Enmigrinta si augura che ogni imbecille che crede nel nazismo o nella sua versione imbelle del fascismo, possa rendersi conto della sua idiozia e tornare a comportarsi come un essere umano. Mai più nazismo, mai più fascismo! Cucina → Nicaragua → Fagioli fritti Ingredienti per 4 persone: Fagioli neri crudi, aglio, olio vegetale, sale, pomodoro fresco passato, succo di limone, aneto. Preparazione Lavate i fagioli e quindi fateli bollire in una pentola a pressione fno a che si ammorbidiscano e aggiungete il sale, l'aglio e la cipolla durante la cottura. Scaldate l'olio in una casseruola e aggiungete della cipolla tritata e friggetela fno a doratura. Togliete la casseruola dal fuoco e metteteci dentro la quantità di fagioli desiderata il più velocemente possibile e conservate l'acqua dei fagioli.Quindi cuocete i fagioli un paio di volte (ci vuole un po' di pazienza) e aggiungete più liquido dei fagioli ogni volta che ci si accorge che evapora. I fagioli si possono cuocere di più o di meno a seconda che si voglia una consistenza più morbida o più pastosa. Appena prima di portare a termine questo processo incorporate tutto il condimento di verdura come i pomodori tritati, le erbe ed il succo di limone. Schiacciate con la forchetta il tutto per potare a conclusione questo piatto. Gastronomia → Lituania Sobria e nutriente, la tradizione culinaria lituana risente di sensibili infuenze polacche e scandinave. In quasi ogni ricetta le patate sono una presenza ineludibile. La carne più difusa è la suina, fritta, in salamoia, afumicata e/o cotta alla griglia. Apprezzato anche il pesce, specie quello d’acqua dolce come il luccio e il persico. Rinomati i formaggi freschi e il pane nero di segale, decisamente preferito a quello bianco di frumento e sovente imburrato. Ricchissimo il menu delle zuppe, tra cui quelle di barbabietole nella variante calda (Barščiai, con panna acida e funghi tritati) o fredda (Šaltibarščiai, con verdure, panna acida e uova o patate bollite). Il dolciume tradizionale lituano è più di ogni altro la cioccolata, mentre in materia di bevande alcoliche è nota la fama del “999”, una vigorosissima vodka ottenuta con un assortimento di ben 27 erbe. Enologia → Libano/Siria → L'arak L'Arak o anche araq (in arabo: )عرررقè una bevanda alcolica tradizionale prodotta e apprezzata nella Mezzaluna fertile. Tradizionale in Libano e in Siria ha visto il concentrarsi della produzione in Libano, dove è presente un'importante comunità cristiana, mentre, a causa del divieto islamico di bere alcolici, sta scomparendo dagli altri paesi del Medio oriente con il declino delle comunità non musulmane prima forenti. In Libano ci sono 25 marche di produttori di arak di qualità diverse. Lo si ottiene a partire da succo d'uva distillato come acquavite al quale si aggiungono grani d'anice. Viene invecchiato in giare d'argilla. Il risultato è una bevanda all'anice simile all'ouzo, al raki o al pastis. L'arak puro è prodotto con una gradazione tra 50° e 70° gradi alcolici, ma viene bevuto allungato con acqua o con ghiaccio da 3 a 5 volte. In molte altre regioni dell'Asia vengono parimenti denominati arak altri distillati: in particolare in Indonesia un distillato di riso e in Iraq un distillato di datteri. In questi casi arak assume il signifcato generico di acquavite. L’arak viene talvolta utilizzato per la preparazione di cocktail in sostituzione del rum, in particolare nei paesi scandinavi. Soluzioni a “Chi dice cosa? Quali afermazioni appartengono a quale religione?” 1.- Il corpo è il campo dell'azione. Quello che pianti raccoglierai. (Sikh, Guru Granth Sahib, Gauri Var, 308) 2.- Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. (Cristianesimo, Lettera ai Galati 6:7-8) 3.- Coloro che avranno fatto del bene in questo mondo, riceveranno il bene. (Islam, Corano 39:10) 4.- Chi semina il bene raccoglierà una sicura ricompensa. (Ebraismo, Proverbi 11:18)