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n° 370 - maggio 2015
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Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Edificio L - Strada 6 - Centro Direzionale Milanofiori
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Il complesso dialogo
tra figura e sfondo
I molteplici aspetti di un rapporto che ha condizionato l’espressione artistica,
alternando rappresentazioni a carattere narrativo e ingannevoli illusioni ottiche
dall’alto
in senso orario
Cratere Euphronios
Roma,
Museo
Nazionale
di Villa Giulia
Caravaggio: Bacco
Firenze, Uffizi
Duccio di Buoninsegna:
Crocifissione - Windsor,
Royal Collection
Nell’osservazione di un quadro o
un’immagine, è importante la comprensione di quel particolare rapporto
che si crea tra la parte che funge da figura principale e la superficie che fa
da sfondo. Escludendo il caso della
pittura di paesaggio nella quale non si
configura la consueta distinzione di
un vero e proprio sfondo, e, anzi, quest’ultimo si emancipa per interpretare entrambi i ruoli, il rapporto
figura/sfondo è un dialogo spesso conflittuale che, in modi diversi, accompagna tutta la storia dell’arte.
La figura emerge in un contesto, uno
sfondo, nel quale si manifesta ed è su
quella che l’osservatore pone istintivamente l’attenzione. Il nostro cervello interpreta ciò che ha di fronte
e, selezionando la figura, la separa dal
resto che automaticamente diventa
sfondo: quando si osserva una, l’altro
ci appare sfocato, indefinito e viceversa.
Gli accorgimenti utilizzati nella comunicazione per immagini si riferiscono, consapevolmente o istintivamente, ai criteri di interpretazione
del nostro cervello. Grazie alla teoria
della Gestalt, elaborata nei primi decenni del XX secolo si conoscono i
meccanismi, le “leggi”, che la mente
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dall’alto in senso orario
Leonardesco (Cesare da Sesto?): Leda e il cigno
Roma, Galleria Borghese
Salvador Dalì: mercato di schiavi con apparizione del busto di Voltaire St. Petersburg, Florida, Salvador Dalì Museum
Uwe Loesch: Manifesto pubblicitario
segue nell’interpretazione della realtà, le regole della percezione visiva.
Tra queste anche quelle che governano la lettura delle immagini e il riconoscimento delle forme come figure; per esempio, quando un’area è
racchiusa da una linea (di contorno)
o definita da un contrasto luminoso
o cromatico, assume una “consistenza”
maggiore rispetto al resto. Basti pensare ai graffiti rupestri dove le figure
sono immediatamente riconoscibili
e le difficoltà interpretative sono perlopiù culturali. La lettura di un’opera,
infatti, è strettamente legata anche al
clima intellettuale in cui si propone.
Nel campo dell’arte questo rapporto
è tenuto in grande considerazione dagli artisti che, anche inconsciamente,
lo gestiscono per facilitare o rendere
incerta la fase interpretativa. Possiamo
a questo proposito distinguere una
serie di casi. Quello più semplice e
frequente consiste nel far prevalere la
figura sullo sfondo. L’azione interpre-
tativa è immediata, perché subito si
riescono a stabilire i ruoli dei vari elementi della composizione. Il soggetto
(figura) si distingue stagliandosi in
modo netto e inequivocabile sullo
sfondo e con questo non instaura nessun tipo di rapporto. In tal modo lo
sfondo diventa una sorta di “pagina
bianca” per la narrazione: è così che
l’arte egizia, la pittura vascolare greca
o certe espressioni medievali si configurano come veri e propri “testi iconografici”. Si tratta della relazione
più stabile e più utilizzata; da Caravaggio a Goya, da Van Gogh a Picasso
gli artisti spesso vi fanno riferimento:
sfondi uniformi e indistinti che, senza
la pretesa di una particolare relazione
con la figura, accompagnano “silenziosamente” ed esaltano le rappresentazioni.
Lo sfondo, che si potrebbe anche
definire come l’area della scena, nel
caso di un dipinto è inevitabilmente
uno spazio illusorio. Nella sua storia,
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l’arte ha profuso tanto impegno nel
tentativo di restituire quella terza dimensione che nella superficie bidimensionale manca. Le rinascimentali
regole della prospettiva cercavano di
risolvere proprio questo problema:
ricostruire lo spazio mancante nel rapporto figura/sfondo.
Opere come la leonardesca Leda e il
cigno, pur non smentendo la prevalenza della figura, offrono un’esposizione un po’ più complessa, la “pagina bianca” si arricchisce di elementi
che aiutano la percezione del contesto, dell’ambiente con la sua “profondità”. È ancora facile e istantanea la
distinzione dei ruoli, ma lo sfondo
non è più uniforme e indistinto, al
contrario, risulta ricco di particolari.
Immediatamente cogliamo il primo
piano delle figure chiave nella narrazione, mentre non è così rapida l’osservazione dei dettagli appartenenti
al livello retrostante. Quanti, infatti,
dopo un primo sguardo sono capaci
di ricordare i papaveri, la chiocciola,
l’uovo o il ponte? Questo perché non
siamo in grado di osservare un’immagine nella sua interezza, ma concentriamo lo sguardo alternativamente
e primariamente su ciò che ci appare
più importante. È perciò solo dopo
aver spostato l’attenzione sull’“altro”
e quindi escluso la figura principale
che possiamo accorgerci di tutto il restante raffigurato.
L’attenzione si concentra subito sulle
figure escludendo lo sfondo, si tratta
della risposta alla necessità (innata per
la sopravvivenza) di riconoscere le figure anche in condizione di mimetismo. Il nostro sistema percettivo, infatti, individua immediatamente la
forma “significativa”: per fare un esempio, osservando il manifesto pubblicitario di Uwe Loesch, appositamente
giocato sull’ambiguità dei due ruoli,
dopo pochi istanti comunque, riusciamo a individuare la mucca celata.
La lettura, essendo connessa alla cultura dell’osservatore, è facilitata dalla
familiarità delle forme raffigurate,
una pittura di tipo figurativo propone, infatti, immagini che
corrispondono a stereotipi. Per stereotipo si intende un modello convenzionale che consente di riconoscere immediatamente l’oggetto; con-
René Magritte: Condizione umana - Washington,
National Gallery of Art
Francis Picabia: Salome - Collezione privata
venzione mentale impossibile da superare, ma riconoscibile con la consapevolezza. In genere nell’arte del
passato, principalmente di tipo narrativo, non si smentivano gli stereotipi, mentre in quella moderna e contemporanea, cambiando il tipo di comunicazione, è stata spostata l’attenzione proprio sulla trasgressione della
riconoscibilità del soggetto, rivedendo
così anche il rapporto tra figura e
sfondo. L’opera dei surrealisti, però,
ci fa comprendere quanto la figuratività di un’opera, non basti a salvare
dai possibili inganni. Magritte, in
Condizione umana I e II, indaga proprio gli stereotipi che condizionano
la mente: le forme sono riconoscibili,
ma la distinzione dei ruoli è complicata dall’ambiguità impostata sul rapporto di continuità tra la figura e lo
sfondo. Vediamo un quadro che non
c’è, oppure non vediamo il quadro che
c’è. Dalì, invece, in Mercato degli schiavi
con apparizione del busto invisibile di Voltaire, anticipa nel titolo l’immagine
protagonista nascosta in quello che,
a un primo sguardo, si configura come
sfondo.
Dal momento in cui l’arte abbandona
la mimesi, è più facile mettere in discussione il rapporto figura/sfondo,
anzi, diventa un terreno espressivamente fertile. Quel tipo di rapporto,
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sopra Henri Matisse: La stanza rossa - San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage
a lato Gustav Klimt: L’albero della vita (part.) - Vienna, Museo di Arti applicate
infatti, può diventare molto variabile
e gli artisti, intuendone le potenzialità creative, spesso fanno appello alle
caratteristiche della percezione per
ingannare e squilibrare la capacità di
lettura.
Picabia con le sue “trasparenze” confonde e sovrappone figure e intrecci
di linee e colori, mentre Escher, facendo leva sulle regole della percezione, costruisce buona parte della
sua opera proprio intorno a questo
tema, si vedano Mosaic, Le Metamorfosi e in generale tutte le “tassellature”
che ha realizzato.
Tra la netta distinzione e la voluta
confusione esiste anche uno stato intermedio in cui la figura non prevale
in modo così netto e chiaro. Questi
sono i casi in cui nello sfondo sono
contenuti elementi che possono significativamente o meno attirare l’attenzione e confondere. In questo modo
si modifica il rapporto figura/sfondo
con un’azione di “disturbo” che impedisce l’immediata distinzione e conduce la figura nel novero degli altri
elementi presenti. Nell’Albero della
vita, Klimt rende difficile distinguere
le figure mescolando e assimilando le
geometrie costruttive. Allo stesso
Maurits Cornelis Escher: Mosaic II
modo Matisse, ne La stanza rossa, ingarbuglia le forme in un decorativismo portato all’estremo.
Le regole del nostro sistema percettivo, quindi, possono essere utilizzate
per facilitare o confondere il naturale
“ragionare” della mente. È divertente
scoprire gli inganni delle cosiddette
illusioni ottiche e addirittura affascinante ribaltare certe visioni ormai
“universalmente” interpretate; come
suggerisce Confucio: «Le stelle sono
buchi nel cielo da cui filtra la luce dell’infinito».
francesca bardi