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LIBRI DI CINEMA - "Shooting from Heaven", AA. VV., a cura di Giulia Fanara
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08/04/2013
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LIBRI DI CINEMA - "Shooting from Heaven", AA. VV., a cura di Giulia Fanara
Tra riferimenti a Freud e Baudrillard, Žižek e Jameson, e tanti altri, in un fitto incrociarsi di metodologie e
traiettorie storico-critiche, Shooting from Heaven resta un’opera di anime salve, in cui, cioè, la sensibilità
dei diversi autori riesce a preservare, accanto all’impeccabile analisi sul filtro hollywoodiano del trauma
americano e dei suoi sopravvissuti, l’emozione dell’ecfrasi, del ri-vissuto dell’incubo\sogno attraverso un
cinema che appartiene, prima che alla Storia, al nostro sguardo. Ed. Bulzoni
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Shooting from Heaven. Trauma e soggettività nel cinema
americano: dalla seconda guerra mondiale al post 11 settembre
AA. VV., a cura di Giulia Fanara
Bulzoni Editore
Finito di stampare a marzo 2012
Pagine 402
Se sono le Immagini malgrado tutto, per citare Didi Huberman, come fa la
curatrice Giulia Fanara nell’introduzione, a “sfondare il presente”,
imponendosi quali testimonianze a dispetto delle reticenze, potremmo
allora raccontare Shooting from Heaven a partire dalla copertina, che
ospita un’eloquente immagine del digital-artist Max Papeschi dal titolo
Just Married: Topolino e Minnie che si coprono gli occhi, sullo sfondo di
un deserto dove si leva la colonna di fumo di una recente esplosione.
Shooting from Heaven nasce dalla fruttuosa esperienza di un gruppo di
giovani autori, col mirino e la macchina da presa critica puntati sul
rapporto tra l’immaginario hollywoodiano e la Storia, ossia su come il
cinema americano abbia risposto alle sollecitazioni del (post)moderno,
elaborando traumi ed interdetti per via della visione cinematografica.
Affascinante e complesso, per quanto rigoroso nella scansione cronologica ed ordinato nella struttura,
Shooting from Heaven analizza il mutevole skyline cinematografico stars and stripes con un’esperienza di
scrittura da rollercoaster: nei quattro corposi capitoli, si trapassa da un film all’altro, da un genere all’altro, da
una metodologia all’altra, ma con le cinture di sicurezza ben allacciate di una costruzione ripetuta, con
un’introduzione a mo’ di ricognizione storica tout court e di storia del cinema, seguita sempre da tre o quattro
paragrafi dedicati ad altrettanti film. Questo continuo zoom in, che si ripete all’interno dei saggi con l’esame
dettagliatato di alcune scene dopo la presentazione generale del tema e del film, consente di verificare per
rinnovata metonimia, per coerente frammentarietà, la capacità delle immagini cinematografiche di condensare
lacerti di Ideologie, residui traumatici, pathos di fallimenti, pressioni del Sistema, riformulazioni filmiche della
realtà storica.
Così, ad esempio, il «turbine di vissuti fallimentari» (p. 11) degli Stati Uniti culminati nel trauma della Seconda
Guerra Mondiale, ed il successivo rilancio della frontiera nello Spazio secondo la politica di Kennedy, viene
smontato e rimontato attraverso «tre paradigmi filmici che possono essere indagati (…) anche come un
generatore, di risposte, fantasie, possibili riscatti o problematiche sottomissioni nei confronti dei vissuti collettivi
dei difficili eventi storici»: This Gun for Hiredi Frank Tuttle, un noir onirico che ridiscute i confini di gender e
nazione e con essi i traumi della società patriarcale; I Walked with a Zombie (1943) di Jacques Tourneur,
horror in cui «l’inglobamento dell’Imperialismo e del Potere si specchia nelle inquadrature-scure, si affonda in
una soglia ingestibile di “disordine” da contrapporre all’Ordine che il potere fonda e garantisce» (p. 79); All That
Heaven Allows (1955), mèlo di Douglas Sirk in grado di riflettere il coacervo passionale delle donne in tragico
contrasto con le gabbie culturali della società, a ridosso di un decennio di ribellioni.
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Questa struttura per salti, ma non nel vuoto, da una postazione filmica all’altra, si sdipana lungo un percorso
tematico diacronico, per cui l’analisi di un film come The Shooting (1966) di Monte Hellman è funzionale al
racconto del fallimento del mito kennedyano della New Frontier, nello stesso modo in cui Nashville (1975) di
Robert Altmana, originalmente riletto con un’ipotesi “ipertestuale”, diventa l’epitome della società della violenza
spettacolarizzata; e il trionfo del postmoderno ha modo di affermarsi con la scissione del sé ventilata da
Pennies from Heaven (1981) di Herbert Ross, non meno che nelle decostruzioni di genere e di sguardo
rispettivamente di Jonathan Demme (Something Wild, 1986) e Michael Mann (The Insider, 1999). Come per un
climax critico, tutto sembra però indirizzarsi a schiantarsi nel trauma dei traumi, nell’immagine delle immagini:
l’attacco alle Torri Gemelle, acutamente storicizzato nell’orizzonte dei new media, entro una disamina che
contempla supereroi traumatizzati (l’Iron Man di Hon Favreau, 2008), perdita di coordinate (cyber)spaziali
(Gerry di Gus Van Sant, 2002), ripiegamento nella virtualità (The Social Network di David Fincher, 2010).
Tra riferimenti a Freud e Baudrillard, Žižek e Jameson, e tanti altri, in un fitto incrociarsi di metodologie e
traiettorie storico-critiche, Shooting from Heaven resta un’opera di anime salve, in cui, cioè, la sensibilità dei
diversi autori riesce a preservare, accanto all’impeccabile analisi sul filtro hollywoodiano del trauma americano
e dei suoi sopravvissuti, l’emozione dell’ecfrasi, del ri-vissuto dell’incubo\sogno attraverso un cinema che
appartiene, prima che alla Storia, al nostro sguardo. Emblematico, in tal senso, che si leggano pagine
d’intensa suggestione, in cui pare di essere calamitati dalla scrittura nelle brume del tempio vodu di Torneur o
nell’altmaniano colore sudato del concerto di Nashville; ma che allo stesso tempo si possa contare
sull’assoluta efficacia dell’apparato filmografico in appendice. Come a dire: le frontiere, non solo quelle
americane, sono mobili.
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08/04/2013
steven
spielberg cinema francese cinema
indipendente matt damon Venezia 69
INDICE
Giulia Fanara, Nota introduttiva p. 1
I. Dall'eredità del New Deal di Roosevelt al nuovo spazio della frontiera di Kennedy
Introduzione di Alessandra Caputo p. 11
Giulia Fanara, Now You See It, Now You Din't: confini nazionali, performance di gender e giochi di prestigio in
This Gun for Hire (1942) di Frank Tuttle p. 23
Alessandra Caputo, Ho camminato con uno zombi sulle ombre dei confini: il trauma del potere americano (I
Walked with a Zombie, Jacques Tourneur, 1943) p. 57
Mariagiovanna Puglisi, All That Heaven Allows: genere e gender nel melodramma familiare hollywoodiano anni
Cinquanta (Douglas Sirk, 1955) p. 81
II . Dal fallimento del mito kennediano della New Frontier alla società della violenza spettacolarizzata
Introduzione di Vincenzo Tauriello p. 105
Vincenzo Tauriello, Crisi di Gender\Genre e demitizzazione della Frontiera nel western dell'assurdo. The
Shooting (1966) di Monte Hellmann p. 117
Pietro Masciullo, Lo splendore opaco dello Spettacolo Americano: da una ipotesi di ipertesto alla risoluzione di
ogni finalismo (Nashville, Robert Altman, 1975) p. 141
Giulio Casadei, Dal Vietnam al fronte interno: l'avvento del mostruoso nelle metropoli in Assault on Precinct 13,
di John Carpenter (1976) p. 165
Festival di Roma 2012 marco bellocchio
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III. Il trionfo del postmoderno: dalla nostalgia reaganiana alla fine del visibile pre 11/09
Introduzione di Eleonora Sammartino p. 191
Eleonora Sammartino, Una riflessione di genere sul proprio passato: caduta delle illusioni e scissione
postmoderna del sè in Pennies from Heaven (Herbert Ross, 1981) p. 203
Lorenza Rallo, Incroci di genere tra classico e postmoderno: l'influenza dell'era reaganiana nella produzione
hollywoodiana. La nostalgia del cinema passato e il mito del ritorno in Something Wild di Jonathan Demme
(1986) p. 227
Tommaso Ceruso, Dal Rinascimento Disney alla Pixar: il trauma tra storia, fiaba e digitale p. 251
Pietro Masciullo, La crisi dello sguardo nel soggetto americano: dalla lotta per la riconquista di un immaginario
allo schermo cinematografico come apparenza dell'Assoluto (The Insider, Michael Mann, 1999) p. 277
dal 9 al 15 maggio
IV. Il cinema americano dal trauma post 11 settembre alle nuove frontiere della "realtà virtuale"
Introduzione di Pietro Masciullo p. 305
Giulio Casadei e Eva Rossetti, Figure (perse) nel paesaggio. Wilderness e cyberspazio nell'America post 11
settembre di Gerry (Gus Van Sant, 2002) p. 317
Tommaso Ceruso, un supereroe traumatizzato. Iron Man (2008) di Jon Favreau p. 337
Eva Rossetti, Finestre reali e finestre virtuali. Resti della vecchia era e avanzare del contemporaneo in The
Social Network di David Fincher (2010) p. 359
Lutto a Monkey Island
La Disney chiude la LucasArts
"Le cose belle" premiato come miglior opera
prima in Marocco
Il film di Ferrante e Piperno vince al Festival del
Mediterraneo di Tétouan
Gerard Butler ed Aaron Eckhart a Roma per
"Attacco al potere"
Stasera al cinema Adriano, domani alla Coin
Godard all'asta
Con il manoscritto autografo de Il disprezzo
Filmografia essenziale
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Articolo del 04/04/2013 di Antonio Maiorino
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