Fonti comunitarie sugli OGM Negli ultimi anni l`ingegneria biologica
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Fonti comunitarie sugli OGM Negli ultimi anni l`ingegneria biologica
Fonti comunitarie sugli OGM Negli ultimi anni l’ingegneria biologica ha fatto notevoli passi avanti (dalla tecnica del DNA ricombinante, alla clonazione delle cellule, fino alla fertilizzazione in vitro) ed ha permesso di modificare, anche geneticamente, organismi viventi come batteri, lieviti, piante e animali. Questi improvvisi progressi nel campo delle biotecnologie, non supportati da un quadro normativo di riferimento, hanno da subito sollevato aspri scontri di natura giuridica ed etica. A livello internazionale le problematiche inerenti gli OGM, (organismi il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto si verifica in natura con la ricombinazione genetica naturale) vengono prese in considerazione, per la prima volta, nel 1992 quando, in occasione del summit di Rio de Janeiro, viene istituita la Convenzione per la diversità biologica; questa prevedeva che i paesi firmatari si accordassero su un protocollo per il trasferimento e l’uso di organismi modificati geneticamente. Solo però nel Febbraio del 2000, dopo una gestazione durata ben sette anni, i paesi firmatari della Convenzione sulle biodiversità raggiungono un’intesa sul Protocollo di Cartagena entrato in vigore nel Settembre 2003 a causa dell’insufficiente numero di ratifiche. Il Protocollo, pur facendo salve alcune importanti regole di sicurezza, quali la trasparenza nel commercio di OGM e la possibilità di ogni stato di rifiutare l’importazione di OGM da parte di un altro paese, anche in assenza di prove scientifiche, è il risultato di un compromesso e si preoccupa di salvaguardare alcuni interessi commerciali; ad esempio gli OGM che costituiscono prodotti farmaceutici godono di un “trattamento privilegiato” riflettendo così un interesse comune ai paesi firmatari industrializzati, quelli europei. Al contrario, il panorama europeo delle fonti risulta assai più vario. La prima direttiva comunitaria risale, infatti, al 1990, la n. 220, oggi sostituita dalla direttiva 2001/18/EC attuata in Italia con Dlgs dell’8.7.2003 n. 224, con cui si disciplina l’emissione nell’ambiente di OGM e la commercializzazione di prodotti contenenti o composti da OGM utilizzati come alimenti, mangimi, sementi o prodotti farmaceutici garantendo un’uniformità di interventi nella protezione dell’ambiente e della salute umana. La progressiva espansione dei singoli settori ha successivamente determinato una graduale transizione verso un approccio più settoriale, con particolare attenzione alla commercializzazione dei prodotti. Così le applicazioni in campo farmaceutico sono disciplinate in gran parte dal regolamento CEE 2309/93, gli alimenti dal regolamento CE 258/97 (detto “novel food”) e le sementi dalle varie direttive e decisioni di settore. Per quanto riguarda, nello specifico, il settore alimentare, il reg. 258/97 esige che l’autorizzazione al commercio dei nuovi prodotti sia rilasciata a seguito di una valutazione che ruota attorno al principio di equivalenza sostanziale. Tale concetto, chiarito dalla Commissione Europea con la raccomandazione 97/618/CE, concerne la possibilità di equiparare un prodotto o un ingrediente alimentare nuovo ad un altro già esistente al fine di verificarne il grado di sicurezza per il consumo umano1. Questo regolamento costituisce, inoltre, un importante passo avanti nella tutela del consumatore stabilendo l’obbligo di etichettatura sui nuovi prodotti ed i nuovi ingredienti alimentari, distinguendo però fra alimenti che contengono OGM e alimenti che derivano da OGM; mentre nel primo caso l'etichetta è obbligatoria, nel secondo lo è solo se tali alimenti sono dichiarati non equivalenti ai prodotti alimentari già esistenti. Inoltre, con il Reg. della Commissione n.49 del gennaio 2000, viene stabilita una soglia di tolleranza, pari all'1% di contenuto involontario di OGM, al di sotto della quale non occorre obbligo di etichetta. Recentemente, a norma del Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza ed in virtù della direttiva 2001/18/CE, il Parlamento Europeo ed il Consiglio ha emanato un nuovo regolamento, il n. 1946/2003 del 5.11.03, relativo ai movimenti transfrontalieri degli organismi geneticamente modificati. Obiettivo del regolamento è quello “di istituire, nel rispetto del principio di precauzione e fatte salve le disposizioni della direttiva 2001/18/CE, un sistema comune di notifica e informazione per i movimenti transfrontalieri di OGM e di garantire l'attuazione coerente delle disposizioni del protocollo a nome della Comunità per contribuire ad assicurare un adeguato livello di protezione relativamente al trasferimento, alla manipolazione e all'uso sicuri di OGM che possono avere effetti negativi sulla conservazione e l'uso sostenibile della diversità biologica, tenendo conto altresì dei rischi per la salute umana.” Questo regolamento pone,dunque, a carico dell’esportatore un obbligo di notifica all’autorità competente dello Stato dell’importatore ed a quest’ultimo, del primo movimento transfrontaliero di un OGM, prima che esso abbia luogo. Il Capo III del suddetto regolamento disciplina infine le misure che i singoli Stati membri possono adottare per impedire i movimenti transfrontalieri non intenzionali di OGM che comportino possibili gravi conseguenze negative per la conservazione e l'uso sostenibile della biodiversità, tenendo conto anche dei rischi per la salute umana. Un cenno infine può essere fatto alla norma sulla brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche. La Dir. 98/44 CE sancisce infatti i limiti alla protezione giuridica della proprietà intellettuale su dette invenzioni, statuendo che le varietà vegetali e le razze animali, (nonché i processi essenzialmente biologici di ottenimento di piante ed animali), non possono essere oggetto di brevetto se prive del requisito dell’industrialità. Sono inoltre esclusi dalla brevettabilità: la clonazione di esseri umani; i processi per la modifica dell’identità genetica delle linee germinali degli esseri umani; l’utilizzo di embrioni umani a fini industriali o commerciali. Dott.ssa Sara Maria Carrella 1 Sul tema si veda Sent. Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 9 Settembre 2003 – Causa C236/01.