Un Libro Verde sulla comunicazione, verso il 2013
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Un Libro Verde sulla comunicazione, verso il 2013
Un Libro Verde sulla comunicazione, verso il 2013 Ferdinando Albisinni 1.- La pubblicazione del Libro verde della Commissione europea “sulla qualità dei prodotti agricoli”, per la rilevanza delle questioni investite, per il soggetto che ha promosso l’iniziativa (la Direzione generale dell’Agricoltura e dello Sviluppo rurale), per il suo oggetto, per la perimetrazione di un’area definita “dei prodotti agricoli” ma che in realtà rimanda anzitutto ai “prodotti alimentari”, segna un passaggio non secondario nelle dinamiche evolutive della disciplina europea dell’agro-alimentare. Se per un verso il Libro verde si caratterizza più per ciò che non dice e non tratta, rispetto a quanto dice e tratta 1 , per altro verso esso si colloca – per la sua stessa origine, oltre che per sua natura - all’interno del processo di riforma permanente della Politica agricola comune, che a far tempo dalla fine del secolo ventesimo vede perennemente al lavoro l’officina legislativa comunitaria 2 , con esiti di incertezza e di instabilità disciplinare, che rischiano di penalizzare pesantemente le imprese 3 . Accanto alle riflessioni nel merito sui contenuti del Libro verde 4 , giova dunque porre il documento della Commissione all’interno di una dimensione comparativa, che tenga conto, per coerenza o per contrasto, della più generale prospettiva evolutiva della PAC, in esito alle riforme di inizio secolo ed alla crescente apertura dei mercati, ed in vista della scadenza, ormai prossima, del 2013, fissata per l’ennesima revisione della politica agricola. 2.- Il documento di sintesi 5 , che l’AIDA ha inviato alla Commissione europea sulla base dei primi commenti 6 , individua alcune possibili risposte ai quesiti proposti. (1) Come già messo in evidenza nelle osservazioni redatte nell’immediatezza della pubblicazione del Libro verde, cui si fa rinvio, F.Albisinni, in Le note, in q. Rivista, p. 10. (2) L’espressione è debitrice della bella immagine di N. Irti, “Le officine giuridiche sono perennemente al lavoro … la norma giuridica perde la stabilità … diventa derrata consumabile … derrata alimentare”, in Nichilismo giuridico, BariRoma, 2005. ( 3 ) Come hanno osservato L.Costato nell’editoriale, Un instabile diritto, che apre questo numero della Rivista; e D.Navaridas Sopelana, Sobre la dudosa calidad del Libro Verde sobre la calidad de los productos agricolas, in ReDeco – Revista electrónica del Derecho del Consumo y de la Alimentacion, n. 20, 2009, lì ove pone il quesito, proprio in riferimento all’instabilità che domina molti settori della disciplina di mercato dei prodotti alimentari: “¿Cuándo se pondrá fin a tanta inestabilidad legislativa, que conduce irrimediabilmente a la inseguridad jurídica ?”. (4) Su cui v., oltre ai lavori pubblicati in questo numero della Rivista, D. Navaridas Sopelana, op.ult.cit.; A. Germanò, Il Libro verde della Commissione europea del 15 ottobre 2008: alla ricerca di una definizione di alimenti di qualità, in Riv.dir.agr., 2008, I, 480. 5 ( ) V. Il documento dell’AIDA, in q. Rivista, p. 3. (6) V. Le note, in q. Rivista, p. 7. 1 Qui giova rimarcare un elemento ulteriore: questo Libro verde, dedicato sin dall’intestazione alla “qualità dei prodotti agricoli”, al di là del titolo che gli è stato assegnato, non è tanto un libro verde sulla qualità, quanto piuttosto un libro verde sulla comunicazione ed è, allo stesso tempo, un libro verde che riguarda i prodotti alimentari più che i prodotti agricoli. Perché considerarlo come un libro sulla comunicazione, più che sulla qualità ? Il titolo del documento, rinviando a “norme di prodotto, requisiti di produzione e sistemi di qualità” 7 , sembra anticipare contenuti che a vario titolo si collocano all’interno dei requisiti di qualità dei prodotti, accentuandone una connotazione in termini materiali, obiettivi e verificabili, in un percorso che sembrerebbe inteso ad accomunare elementi dell’oggetto (le norme di prodotto), del processo (i requisiti di produzione), e di controllo e garanzia (i sistemi di qualità). Di questa anticipazione formulata nel titolo, peraltro, ben poco si rinviene nel documento. Si è da più parti sottolineata la confusione che percorre l’intero Libro verde fra requisiti minimi (di ordine anzitutto igienico-sanitario) e requisiti di qualità, nonostante la distinzione fra gli uni e gli altri sia enunciata come fondante ed essenziale sin dalle prime righe che aprono il documento. A questa confusione si accompagna, nel Libro verde, una sostanziale assenza di attenzione a requisiti di qualità legati al prodotto, al processo, alla sua origine ed alla sua storia 8 , ed invece un’attenzione quasi esclusiva a contenuti disciplinari legati alla comunicazione sul mercato. La scelta di contenuti così orientati non appare casuale, od in ipotesi riducibile a mera trascuratezza o inefficacia nella redazione del testo, ma piuttosto si radica nell’ impianto stesso del documento. Nell’ “Introduzione” al Libro verde la definizione della qualità viene infatti costruita come capacità di “soddisfare le aspettative dei consumatori”, così collocandola all’interno della relazione tra produttore agricolo e consumatore. Non c’è affatto, o c’è soltanto marginalmente, la relazione fra agricoltori (i.e. produttori agricoli) e trasformatori (i.e. produttori alimentari). Ma il consumatore non consuma prodotti agricoli in quanto tali, bensì prodotti alimentari. Il consumatore acquista ed utilizza un prodotto destinato alla nourriture, intrattenendo “un rapporto intimo con il cibo” ma scontando un deficit di informazione, che diventa sempre più cruciale nella misura in cui “s’allonge sans cesse le processus qui conduit l’aliment de la conception des matières premières à son estomac, et que s’estompe sa connaissance des systèmes de production, transformation et commercialisation” 9 . (7) Recita il titolo completo del documento della Commissione: “Libro verde sulla qualità dei prodotti agricoli: norme di prodotto, requisiti di produzione e sistemi di qualità”, Bruxelles, 15 ottobre 2008, COM (2008) 641 def. (8) Cfr. in punto A. Germanò, Il Libro verde, cit. (9) Così, già negli anni ’90 del secolo passato D.Gadbin, La qualité de la production du produit de base en droit communautaire agricole, in Le produit agro-alimentaire et son cadre juridique communautaire, Rennes, 1996; in senso analogo v. L.Costato, Compendio di diritto alimentare, 4^ ed., Cedam, 2007; F. Albisinni, Strumentario di diritto alimentare europeo, Utet, 2009. 2 La disciplina dell’etichettatura, dei segni distintivi, dei marchi, della pubblicità (in una parola: la comunicazione e le sue regole), si lega all’apertura ed all’espansione del mercato 10 , ed investe gli strumenti attraverso i quali fornire informazioni al consumatore, così da supplire attraverso strumenti formalizzati di conoscenza alla perdita delle occasioni di conoscenza informale, personale, diretta e non giuridicizzata, che fino a pochi decenni fa connotavano la relazione locale fra produttore e consumatore di alimenti 11 . Tutto questo attiene, però, alla fase finale della commercializzazione, quella relativa al consumo dei prodotti alimentari, l’unica in cui appare come protagonista diretto e immediato il consumatore. Ed è questa la fase che costituisce il prevalente oggetto di interesse del Libro verde. Per converso, nel medesimo Libro verde non si presta significativa attenzione al rapporto tra produttori agricoli ed industria di trasformazione, ed al rapporto fra produttori agricoli ed intermediari di acquisto all’ingrosso, e così si trascura l’area problematica dei prodotti agricoli in quanto tali, cioè dei prodotti quali si presentano in esito alla fase finale di raccolta dei frutti vegetali ed animali 12 , a conclusione della produzione primaria. Le assenze che connotano il Libro verde, e la scarsa attenzione verso le problematiche più strettamente legate all’attività agricola in sé considerata, non appaiono insomma casuali, ma sembrano piuttosto sistematicamente conseguenti all’adozione di una prospettiva, che privilegia il momento finale di consumo e di commercializzazione, trascurando la fase primaria di produzione e sottovalutando elementi centrali della qualità dei prodotti agricoli, al di là del titolo e della paternità del documento. In questa prospettiva, l’inadeguatezza (e talvolta la contraddittorietà) delle soluzioni implicitamente adombrate nella scelta dei quesiti posti dal Libro verde, rispetto ai dichiarati obiettivi di valorizzazione della produzione agricola, appare esito conseguente alla scelta di un punto di osservazione diverso da quello proprio della produzione agricola. In altre parole: le regole di comunicazione sul mercato hanno certamente decisivo peso ai fini della dislocazione di interessi e di attribuzione di valore in capo all’uno od all’altro dei protagonisti del sistema agro-alimentare, ma ove a queste non si accompagni una consapevole valorizzazione degli elementi che specificamente connotano la qualità della fase agricola della produzione (con quanto questa propone di legato al proprio (10) Cfr. E. Rook Basile, Segni distintivi dell’impresa e dei prodotti agricoli, in Digesto civ., [aggiornamento-2003], Utet, tomo II, 1219. (11) E’ noto che la diretta e personale comunicazione, fra produttori e consumatori di prodotti alimentari, si è quasi totalmente interrotta negli ultimi decenni, con l’allungamento della catena di distribuzione e l’ormai prevalente adozione di sistemi di vendita di prodotti pre-confezionati destinati ad un mercato globale o comunque assai ampio, salva l’eccezione dei prodotti ortofrutticoli, per la cui vendita, almeno in Italia, il sistema dei mercati locali gioca ancora oggi un ruolo significativo; v. in argomento AGCM, Indagine conoscitiva sulla distribuzione agroalimentare, IC28, Roma, 2007. (12) Cfr. E. Casadei, La nozione di frutto nell’impresa agricola, in Dir. giur. agr. amb., 2003, 133. 3 radicamento territoriale) 13 , si rischia di spostare l’asse della qualità in direzioni diverse da quelle propriamente agricole. 3.- La disattenzione verso i prodotti agricoli in senso proprio è confermata dall’assenza, nel Libro verde, di qualunque riferimento all’art. 69 del regolamento CE n. 1782/2003 14 . Si tratta della ben nota disposizione, contenuta nel regolamento che ha istituito il Regime unico di pagamento disaccoppiato in agricoltura, che consente agli Stati membri di destinare sino al 10% dei rispettivi massimali nazionali per il sostegno di “tipi specifici di agricoltura ritenuti importanti per tutelare o valorizzare l’ambiente ovvero per migliorare la qualità e la commercializzazione dei prodotti agricoli” 15 . All’epoca dell’introduzione delle radicali riforme di inizio secolo della PAC, questa sintetica disposizione era stata enfatizzata da taluni commentatori, e dalla stessa Commissione europea, come una sorta di chiave di volta, che avrebbe concorso a declinare il sistema dell’agricoltura europea verso nuovi obiettivi di qualità, in luogo degli obiettivi di incremento delle quantità inizialmente perseguiti dalla PAC. In realtà – come è noto – l’applicazione nazionale di tale disposizione ha smentito le prime ottimistiche letture. L’art. 69 del regolamento n. 1782/2003 è stato largamente utilizzato per distribuire aiuti accoppiati alla produzione, privi di obiettivi riferimenti alla qualità del prodotto ottenuto. Così, ad esempio, in Italia l’aiuto supplementare per il grano duro ex art. 69, è stato assegnato a tutti i produttori agricoli che utilizzano per la semina sementi certificate, quale che sia la qualità del raccolto. Secondo una diversa ipotesi, formulata da taluni nel 2005 in sede di prima applicazione del regolamento n. 1782/2003, nel settore dei seminativi questo aiuto supplementare avrebbe dovuto essere riservato ai soli prodotti conformi ad un protocollo concordato con l’industria di trasformazione. Ma questa ipotesi non è stata accolta dal Mipaf. Sulla base delle esperienze applicative di questi anni, insomma, il testo dell’art. 69 è risultato inadeguato a promuovere e garantire effettive politiche di qualità, e l’evocazione della qualità a sostegno di questa tipologia di aiuti è rimasta di fatto un simulacro vuoto di contenuti. Considerata la dimostrata inefficacia del modello di sostegno alla qualità dei prodotti agricoli disegnato dall’art. 69 del regolamento n. 1782/2003, era dunque legittimo attendersi dalla Commissione europea (ed in particolare dalla Direzione generale dell’agricoltura e dello sviluppo rurale) l’articolazione di riflessioni e proposte sul punto, all’interno di un documento che, come il Libro verde, dovrebbe affrontare le questioni aperte in tema di qualità dei prodotti agricoli. (13) Cfr. A, Jannarelli, La qualità dei prodotti agricoli: considerazioni introduttive ad un approccio sistemico, in Dir. giur. agr. amb., 2004, 5; F. Albisinni, Prodotti mediterranei: opportunità e vincoli nelle regole europee, in Dir. giur. agr. amb., 2004, 453. (14) E’ il noto regolamento (CE) del Consiglio n. 1782/2003 del 29 settembre 2003, che ha introdotto nella PAC il Regime unico di pagamento disaccoppiato dalla produzione. 15 ( ) Così il comma 3 del citato art. 69 del regolamento (CE) n. 1782/2003; articolo rubricato come “Attuazione facoltativa per tipi specifici di agricoltura e per la produzione di qualità”. 4 Al contrario, su queste decisive questioni, strettamente connesse alle generali scelte strategiche in tema di riforma della PAC ed agli aspetti sostanziali del sostegno alle politiche per la qualità dei prodotti agricoli, nulla si rinviene nel Libro verde 16 , a conferma di quanto si diceva in apertura di queste note sull’oggetto del documento della Commissione: libro sulla comunicazione più che sulla qualità, che rivolge privilegiata attenzione a tecniche e strumenti di comunicazione e di marketing, più che a contenuti e requisiti. 4.- Va detto che il riferimento ai “requisiti” compare più volte nel documento della Commissione, ma all’interno di un’irrisolta confusione fra “misure minime” legate agli standard igienico-sanitari ed ambientali, e “misure di qualità” legate alla capacità di soddisfare bisogni edonistici. Come si è già osservato 17 , i due piani sono distintamente menzionati nella parte iniziale del Libro verde, ma nel prosieguo del documento una continua sovrapposizione di linguaggi e di significati finisce per offuscare l’essenziale distinzione fra gli uni e gli altri. Anche su questo specifico profilo si avverte, nel Libro verde, una scarsa attenzione a precisi dati normativi della vigente disciplina dell’agricoltura. Già da anni, infatti, la distinzione fra norme cogenti (“misure minime”) e sistemi di qualità alimentare (“misure di qualità”) è esattamente disegnata nella disciplina delle politiche europee di sviluppo rurale. In particolare il regolamento n. 1698 del 2005 18 dedica a tali temi due distinti articoli: - l’art. 31, che prevede un sostegno destinato “alla copertura dei costi sostenuti ed all'indennizzo per la perdita di reddito derivante dall'applicazione delle norme in materia di tutela dell'ambiente, sanità pubblica, salute delle piante e degli animali, benessere degli animali e sicurezza sul lavoro”; - l’art. 32, che prevede un sostegno “in relazione a sistemi di qualità alimentare comunitari o riconosciuti dagli Stati membri”, precisando che “non sono ammissibili al sostegno i sistemi il cui unico scopo è fornire un controllo più severo del rispetto delle norme obbligatorie nell'ambito della normativa comunitaria o nazionale”. In questo regolamento norme obbligatorie e sistemi di qualità sono dunque separatamente individuati, ed è esplicitamente riconosciuto che i requisiti che il Libro verde colloca all’interno dei requisiti minimi (vale a dire le misure in tema di tutela della (16) Successivamente alla Tavola Rotonda dell’AIDA del 20 gennaio 2009, i cui lavori sono pubblicati in questo numero della Rivista, è stato pubblicato nella G.U.U.E. del 31 gennaio 2009, n. L 30, il regolamento CE del Consiglio n. 73/2009 del 19 gennaio 2009, che ha integralmente sostituito il regolamento n. 1782/2003. Gli artt. 68 e 69 del nuovo regolamento n. 73/2009 hanno sostituito l’art. 69 del regolamento n. 1782/2003, dettando una disciplina ben più complessa ed articolata in tema di “Sostegno specifico” (tale è la rubrica del capitolo 5 del nuovo regolamento). Sui contenuti originali delle nuove disposizioni si tornerà in altra occasione; sin d’ora giova però rimarcare la singolare assenza, nel Libro verde della Commissione europea sulla qualità dei prodotti agricoli, di qualunque accenno, pur sintetico, alle novità disciplinari che negli stessi mesi andavano maturando in sede di riscrittura del testo normativo di base che regola gli aiuti al reddito in agricoltura. (17) Sul punto si rinvia a F.Albisinni, in Le note, in q. Rivista, p.10. 18 ( ) Regolamento (CE) del Consiglio del 20 settembre 2005, n. 1698/2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR). 5 salute, dell’ambiente e del benessere degli animali) non attengono all’area della qualità, che per sua natura implica qualcosa di più e di diverso rispetto alla base cogente comune alla totalità dei prodotti. In un regolamento che costituisce parte rilevante dell’acquis communitaire in materia agricola, esiste insomma una chiara distinzione fra area della cogenza ed area della qualità, che si traduce in una netta separazione di aree di intervento, con distinti capitoli di bilancio. Il richiamo a tale normativa avrebbe consentito di evitare la richiamata confusione di linguaggi e di fattispecie che caratterizza sul punto il Libro verde. Ma anche di questa normativa, specificamente applicabile proprio al settore agricolo ed agro-alimentare, il Libro verde della Commissione europea non fa menzione, così come già osservato per l’art. 69 del regolamento n. 1782/2003. 5.- Ulteriori elementi di interesse possono essere tratti dal confronto con altri due documenti della Commissione europea, uno anteriore ed uno successivo al Libro verde sulla qualità: - la Comunicazione in preparazione dell’ Health Check del novembre 2007 19 , e - la Comunicazione sui prezzi dei prodotti alimentari del dicembre 2008 20 . Questi documenti muovono tutti da premesse riferite al livello dei prezzi dei prodotti agricoli di base nei mercati mondiali, ma con contenuti tra loro contrapposti. La Comunicazione in preparazione dell’Health Check, pubblicata nel suo testo definitivo nel novembre 2007, ma elaborata nei mesi precedenti, così motivava le riforme proposte: “La realtà della globalizzazione e di un’UE a ventisette richiede una riflessione sul futuro dei rimanenti strumenti della “vecchia PAC” (quote, intervento pubblico, sostegno dei prezzi e restituzioni), soprattutto alla luce delle attuali prospettive di mercato a medio termine, particolarmente favorevoli per i cereali e i prodotti lattiero-caseari” 21 . Un anno dopo, nel dicembre 2008, la Comunicazione sui prezzi dei prodotti alimentari ha preso atto di un quadro profondamente mutato ed ha osservato: “Nella seconda metà del 2007 gli aumenti dei prezzi dei prodotti agricoli di base hanno subito un’accelerazione, per raggiungere, agli inizi del 2008, livelli senza precedenti. … Negli ultimi mesi i prezzi delle materie prime agricole hanno subito un brusco calo, tornando a livelli analoghi o persino inferiori a quelli registrati prima dell’impennata” 22 . Al momento della pubblicazione del Libro verde sulla qualità, nell’ottobre 2008, il drammatico calo dei prezzi delle materie agricole di base si era dunque già verificato, come attestato dalla Commissione nella Comunicazione sui prezzi dei prodotti. (19) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo ed al Consiglio, “In preparazione alla “valutazione dello stato di salute” della PAC riformata”, Bruxelles, 20 novembre 2007, COM (2007) 722 def. (20) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, “I prezzi dei prodotti alimentari in Europa”, Bruxelles, 9 dicembre 2008, COM (2008) 821 def. 21 ( ) Così il punto 3.1. del documento cit.; corsivo aggiunto. (22) Così i punti 1 e 2 del documento cit.; corsivo aggiunto. 6 Ma il Libro verde, singolarmente, non ha tenuto conto della situazione determinatasi nella seconda metà del 2008, e – come se nulla fosse successo nei mercati agricoli in quei mesi – ha ripreso acriticamente dati non più validi ed ha costruito le proprie ipotesi di intervento in tema di politiche di qualità sulla base del condizionante presupposto, palesemente fuori luogo nella congiuntura attuale, secondo cui: “In una congiuntura di prezzi elevati delle derrate, l’incentivo ad aumentare il volume della produzione non deve diventare un pretesto per abbassare la qualità” 23 . In realtà, all’epoca della pubblicazione del Libro verde i prezzi dei prodotti agricoli di base erano già tornati ad essere molto bassi (e lo sono tuttora), in molti casi addirittura inferiori a quelli registrati prima dell’aumento della seconda metà del 2007. Sicché il volume delle produzioni, lungi dall’essere in aumento, ha scontato e sconta una pesante riduzione in molti settori produttivi, in ragione di un livello dei prezzi non remunerativo a fronte di un coevo e perdurante aumento dei costi di produzione (si vedano ad esempio i ben noti casi del grano duro, che ha scontato semine 2008 assai inferiori a quelle dell’anno precedente a causa del livello depresso dei prezzi, e quello delle olive da olio, che in talune zone non sono state neppure raccolte, poiché il prezzo attuale dell’olio di oliva rischia di non coprire neppure il semplice costo della raccolta). I presupposti inattuali da cui muove il Libro verde in tema di andamento dei mercati, e la mancata considerazione di quanto in quegli stessi mesi di fine 2008 la Commissione europea aveva osservato con la Comunicazione sui prezzi dei prodotti agricoli, incidono evidentemente sull’intero impianto del Libro verde. I temi della qualità dei prodotti agricoli ed alimentari non possono infatti prescindere da una relazione con la struttura dei prezzi sul mercato e con le dinamiche di concorrenza. Anche sotto questo profilo la Comunicazione della Commissione sul livello dei prezzi offre preziose indicazioni, anzitutto lì ove sottolinea come le dinamiche in aumento dei prezzi al consumo dei prodotti alimentari siano state dovute in larga misura alla fase di trasformazione, mentre “I costi delle materie prime per la categoria dei “prodotti alimentari non trasformati” – compresi la carne e il pesce – sono aumentati in misura nettamente inferiore” 24 , e pone altresì in rilievo l’accresciuta volatilità dei mercati agricoli in ragione della “crescita senza precedenti dei mercati finanziari delle materie prime agricole … dei flussi di investimento verso questi mercati” e della circostanza che “l’aumento considerevole delle attività degli operatori non commerciali negli ultimi anni ha accresciuto il rischio di bolle speculative sui mercati a termine delle materie prime agricole” 25 . Sicché - secondo quanto accertato dalla Commissione europea in questa Comunicazione - il rilevante aumento dei prezzi al consumo c’è stato, ma è maturato soprattutto nella fase intermedia di trasformazione, ed ha scontato un ruolo non secondario giocato dalla forte pressione degli operatori finanziari e dalla presenza di possibili bolle speculative, laddove ben poco degli aumenti al consumo è imputabile alla (23) Così l’ Introduzione del Libro verde, a pag. 4; corsivo aggiunto. 24 ( ) Comunicazione della Commissione, “I prezzi dei prodotti alimentari in Europa”, cit., p. 4. (25) Doc. ult. cit., p.6. 7 fase agricola della produzione, che al contrario ha visto rapidamente esaurirsi la fase degli aumenti all’origine. Occorre dunque ricercare possibili risposte per assicurare ai produttori agricoli remunerazioni adeguate, in presenza di mercati assai volatili e con livelli calanti dei prezzi dei prodotti agricoli di base; risposte che la Comunicazione sui prezzi individua negli strumenti di differenziazione e di rafforzamento delle identità nel mercato: “I produttori di generi alimentari che offrono (a livello internazionale) prodotti di marca hanno generalmente un potere negoziale più elevato rispetto ai dettaglianti, grazie al valore di status symbol dei loro prodotti. Al contrario, i produttori di prodotti indifferenziati, per i quali la notorietà del marchio ha poca importanza, rischiano di trovarsi in una posizione nettamente più debole. L'asimmetria di potere negoziale tra i produttori agricoli e il resto della catena di approvvigionamento alimentare ha continuato ad esercitare una forte pressione sui margini dei produttori agricoli” 26 . Da ciò la conclusione che occorre: “Una migliore regolamentazione e l'applicazione rigorosa e uniforme delle regole della concorrenza e delle norme di tutela dei consumatori” 27 . La Comunicazione della Commissione sui prezzi dei prodotti agricoli individua insomma in una nuova e migliore regolazione lo strumento per sostenere i produttori agricoli, e considera essenziale in tale ambito le misure intese a valorizzare – anche per i prodotti agricoli di base – gli strumenti di differenziazione, come strumenti efficaci per il riequilibrio della competizione sul mercato. Se proviamo a calare queste considerazioni all’interno delle linee-guida del Libro verde sulla qualità, constatiamo anche sotto questo profilo un singolare silenzio. Il Libro verde – come si è più volte e da più parti sottolineato – opera una sostanziale e ripetuta confusione fra misure minime e misure di qualità, e questa confusione si traduce in una sostanziale chiusura verso strumenti di differenziazione e di identità, confinati in un’area di mera eccezione, che nella sostanza finisce per risolversi in DOP, IGP, STG e biologico. Così, proprio in tema di comunicazione nel mercato, il Libro verde propone l’adozione di un logo unico europeo, riferito alle misure minime igienico-sanitarie, ambientali e sociali, che costituiscono null’altro che pre-requisiti di base comuni a tutti i prodotti immessi nel mercato europeo e che non distinguono affatto i prodotti, ma li accomunano in modo totalmente indifferenziato. Sicché – a seguire le indicazioni del Libro verde – i produttori agricoli europei, lungi dal competere sul piano delle rispettive diverse identità, si troverebbero a competere soltanto sul piano dei prezzi, nell’ambito di una connotazione indifferenziata, che esclude qualunque individualità se non in via di eccezione e che premia i grandi gruppi industriali e commerciali rispetto ai produttori agricoli 28 . Il confronto fra i due documenti qui richiamati, la Comunicazione sui prezzi dei prodotti agricoli e il Libro verde, quasi coevi tra loro, rivela dunque una singolare contraddizione: entrambi i documenti provengono dalla Commissione e sono evidentemente imputabili (26) Doc. ult. cit., p.8. 27 ( ) Doc. ult. cit., p.13. (28) Come rimarcato dalla Comunicazione sui prezzi, cit. supra alla nota 20. 8 alla responsabilità del medesimo Commissario all’agricoltura, ma l’uno, quello che si preoccupa di individuare gli strumenti più idonei ad assicurare maggiore redditività ai produttori agricoli, riconosce che i prezzi sono maggiormente remunerativi per gli agricoltori quando i prodotti sono tra loro differenziati e pertanto auspica l’adozione di sistemi di differenziazione e di esplicitazione dell’identità nel mercato; l’altro, mentre dichiara nelle premesse che “La politica agricola dell’UE deve sostenere gli agricoltori nei loro sforzi per vincere la sfida della qualità” 29 , di fatto articola analisi e proposte che contraddicono in radice la scelta di puntare sulla valorizzazione delle differenze come elemento di corretta competizione. Si è già detto che il Libro verde si segnala più per quello che manca che per quello che è presente. Il confronto con la Comunicazione sui prezzi conferma – anche sul piano documentale – quanto si diceva circa la mancata considerazione di elementi essenziali nelle dinamiche di concorrenza, e la disattenzione verso gli elementi di debolezza e di possibile forza dei produttori agricoli nella relazione con la grande distribuzione e con la filiera di trasformazione. 6.- Un’ultima considerazione riguarda l’idoneità o meno del sistema introdotto dall’attuale regolamento n. 510 del 2006 in tema di prodotti DOP e IGP 30 , rispetto al precedente regolamento n. 2081 del 1992 31 , al fine di garantire a questi prodotti efficace tutela nell’intero territorio europeo. Come si è già sottolineato 32 , il Libro verde propone di occuparsi della adeguatezza o inadeguatezza degli strumenti di tutela delle denominazioni di origine all’esterno della Comunità europea, ma non affronta il tema, di grande attualità perché proposto dalla recente decisione della Corte di giustizia sul caso Parmesan 33 , dell’adeguatezza degli strumenti di tutela esistenti all’interno della Comunità. Alcuni commentatori ritengono che il nuovo regolamento del 2006 avrebbe ormai risolto il problema, perché il richiamo ai sistemi di controllo previsti dal regolamento n. 882/2004 34 imporrebbe oggi a tutti gli Stati membri (e non al solo Stato membro di origine del prodotto, come ritenuto dalla Corte di giustizia con la decisione nel caso Parmesan) di tutelare i prodotti DOP e IGP, ovunque ottenuti, e di adottare provvedimenti e sanzioni nei confronti di prodotti non conformi al disciplinare 35 . (29) Così l’ Introduzione del Libro verde, cit., a p.4. (30) Regolamento (CE) 20 marzo 2006, n. 510/2006 del Consiglio, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari. 31 ( ) Regolamento (CEE) 14 luglio 1992, n. 2081/92 del Consiglio, sostituito dal regolamento n. 510/2006. (32) Si rinvia sul punto a F. Albisinni, in Le note, in q. Rivista, p.12. ( 33 ) Corte di giustizia, 26 gennaio 2008, causa C-132/05, Commissione c/ Rep. Fed. di Germania, Parmesan e Parmigiano Reggiano. 34 ( ) Regolamento (CE) 29 aprile 2004, n. 882/2004, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali. (35) V. in tal senso F. Gencarelli, Sistemi di controllo e sistemi di qualità, in q. Rivista, p. __. 9 Non sono persuaso da questa tesi, considerato che il testo dell’art. 10 del regolamento n. 510/2006 non sembra imporre agli Stati membri, diversi da quello d’origine della denominazione protetta, obblighi ulteriori rispetto a quanto previsto dall’art. 10 del regolamento n. 2081/92, laddove il punto mi sembra piuttosto quello di individuare il contenuto e l’estensione della tutela riconosciuta con formule pressoché identiche dall’art. 13, par. 1, del regolamento n. 2081/92 e dall’art. 13, par. 1, del regolamento n. 510/2006; e tenuto altresì conto che il sistema previsto dal regolamento n. 882/2004 per sua natura investe prodotti materialmente oggetto di controllo, e sembra quindi difficilmente applicabile nel caso di un’attività di contraffazione di denominazioni di origine protette compiuta in uno Stato membro sotto il profilo organizzativo e soggettivo, ma portata a compimento sotto il profilo materiale al di fuori del territorio della Comunità europea. Ma, anche a prescindere da ogni diversità di valutazione sull’efficacia e l’estensione del nuovo sistema di controllo (e rilevato che sarebbe stata comunque opportuna la formulazione di esplicite indicazioni sul punto nel Libro verde), ciò che rileva in questa sede è la conferma di una generalizzata tendenza alla connotazione igienico-sanitaria dell’intero sistema dei controlli, anche in riferimento ai profili qui discussi della qualità. E’ vicenda nota quella della recente riforma della OCM vino 36 , che fra l’altro in materia di controlli ha mutuato, con poche modifiche 37 , il sistema introdotto per le DOP e IGP dal regolamento n. 510/2006, il quale a sua volta fa puro e semplice rinvio al sistema dei controlli previsto dal regolamento n. 882/2004 38 . Il regolamento n. 882/2004 39 , però, ha matrice ed oggetto strettamente legati ai profili igienico sanitari di sicurezza dei prodotti, tanto che l’art. 1, par. 2 di questo regolamento espressamente precisa: “Il presente regolamento non si applica ai controlli ufficiali volti a verificare la conformità alle norme sull'organizzazione comune del mercato dei prodotti agricoli”. Il regolamento n. 510/2006, così come in precedenza il regolamento n. 2081/1992, pur essendo entrambi adottati sulla base giuridica dell’art. 37 (già 43) del Trattato e dunque nell’ambito della politica agricola, non hanno per oggetto una OCM, diversamente dal nuovo regolamento sul mercato vitivinicolo, che già nella sua intestazione dichiara espressamente tale natura. In assenza del richiamo esplicito operato dagli artt. 47 e 48 della nuova OCM vino, il regolamento n. 882/2004 si sarebbe dunque applicato ai vini, come a tutti gli altri prodotti alimentari, esclusivamente in riferimento ai profili di sicurezza igienica e sanitaria, ma non sotto il profilo della conformità ai disciplinari di produzione, e dunque della qualità, che involge controlli e professionalità ben diversi. La generalizzazione, anche in riferimento ai controlli di conformità ai disciplinari dei vini (36) Per ulteriori indicazioni in argomento sia consentito rinviare a F. Albisinni, La OCM vino nel percorso europeo di riforma, in “Le regole del vino”, Atti del Convegno AIDA-IDAIC di Roma del 23-24 novembre 2007, Milano, 2008, 357. 37 ( ) V. gli artt. 47 e 48 del Regolamento (CE) 29 aprile 2008, n. 479/2008, del Consiglio, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo. 38 ( ) Recita l’art. 10, rubricato “Controlli ufficiali”, del Regolamento n. 510/2006: “1. Gli Stati membri designano l'autorità o le autorità competenti incaricate dei controlli in relazione agli obblighi stabiliti dal presente regolamento a norma del regolamento (CE) n. 882/2004.”. (39) V. supra, nota 34. 10 DOP e IGP 40 , del sistema dei controlli previsto a finalità igienico-sanitarie dal regolamento n.882/2004 (non a caso facente parte di quel gruppo di regolamenti comunitari, comunemente designati come “pacchetto igiene”), rischia dunque di sbilanciare tale sistema sui profili appunto igienico-sanitari, sottovalutando quelli di qualità legati ad una dimensione edonistica e suggestiva, aventi decisivo rilievo per i vini. Se ne può concludere che la confusione fra misure minime e misure di qualità, fra requisiti igienico-sanitari e requisiti di qualità, che è stata sottolineata in riferimento al Libro verde, in realtà non è presente soltanto in questo recente documento, ma costituisce ormai da alcuni anni una costante in numerosi provvedimenti comunitari di riforma in materia agricola ed alimentare. L’aspetto innovativo (e, per certi aspetti, inquietante) è, se mai, nella scelta della Commissione di rafforzare e sistematizzare un’equiparazione che era stata sinora praticata nei fatti, ma non assurta al rango di esplicito principio ispiratore. Ancora pochi anni fa – come si è già ricordato – in apertura del regolamento n. 882/2004 era stata sottolineata l’intrinseca diversità tra controllo igienico-sanitari e controlli di conformità a norme di qualità e commercializzazione. Ed anche da ultimo, nelle premesse dei regolamenti n. 510/2006 e n. 479/2008, la torsione a fini generali di sistemi di controllo di matrice igienico-sanitaria era stata giustificata soltanto in termini di banalizzata semplificazione. Oggi, dopo il Libro verde, e dopo le misure analogamente orientate presenti nel regolamento n. 1234/2007 sull’OCM unica 41 e nei relativi regolamenti applicativi, sembra di dover prendere atto del maturare di un progetto, ancora non esplicitato ma leggibile nelle scelte e nei silenzi del Libro verde, che prefigura scenari ed appresta modelli di omologazione produttiva, in vista della scadenza del 2013. (40) Quali definiti dalla nuova OCM vino. ( 41 ) Regolamento (CE) del Consiglio, 22 ottobre 2007, n. 1234/2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM); su questo regolamento v. il Commentario sistematico, diretto da L. Costato, in Le nuove leggi civ.comm., 2009, 1. 11