Una storia globale della contemporaneità L`Africa
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Una storia globale della contemporaneità L`Africa
Una storia globale della contemporaneità L’Africa 1) Le forme statuali pre-moderne 2) Caratteristiche dei regimi coloniali 3) L’Africa post-coloniale. Le ideologie politiche 4) Le caratteristiche delle leadership africane 5) Tassonomia dei regimi africani 6) Caratteristiche delle guerre civili 7) La transizione democratica 8) L’Africa nel XXI secolo Una storia globale della contemporaneità L’Africa Stati pre-moderni Autorità centralizzata Struttura amministrativa Istituzioni giudiziarie Distribuzione del potere e dell’autorità determinate dalla ricchezza e dal privilegio ZULU (Sudafrica), NGWATO (Africa del sud), BEMBA (Zambia, Congo), BANYANKOLE (Uganda), KEDE(Africa centrale) Società senza stato NO: autorità centralizzata, struttura amministrativa, istituzioni giudiziarie NO: nette divisioni di rango, status e ricchezza Logoli (Tanzania), Tallensi (Niger), Nuer (Sudan, Etiopia) Una storia globale della contemporaneità L’Africa Caratteristiche degli Stati pre-moderni: • Disposti a macchia di leopardo, Africa mai interamente suddivisa in stati • La nascita di comunità statali non era dovuta alla presenza di entità statali concorrenti che miravano ad esercitare il controllo su uno stesso territorio come avvenuto in Europa • La capacità di controllo del centro sulle aree periferiche era modesta: 1) densità di popolazione molto bassa, 2) abbondanza di terra, 3) surplus economico assai modesto. Questo rendeva difficile la creazione di forti istituzioni centralizzate. • Per le popolazioni periferiche era semplice rifiutare di sottomettersi o migrare in cerca di alternative Una storia globale della contemporaneità L’Africa Caratteristiche delle Società senza stato Società prive di forme di organizzazione simili a quelle europee Società segmentarie organizzate sulla base dei clan e del lignaggio (insieme delle generazioni del clan in vita in un determinato periodo storico) Apparente assenza di disparità e di disuguaglianze (mito della democraticità, diffuso nella storiografia) In realtà presenza di forme di superiorità sociale: uomini adulti e, ancora di più, gli anziani Una storia globale della contemporaneità L’Africa Caratteristiche dei regimi coloniali • Sforzo di costruire apparati istituzionali che penetrassero in profondità i territori assoggettati fu molto limitato • Livelli di penetrazione del territorio e di articolazione istituzionale assolutamente non equiparabili a quelli delle madrepatrie • Uso diffuso della repressione e della violenza • Gli apparati statali costruiti dai colonialisti : 1) incompleti 2) relativamente deboli 3) scarsamente capaci di intervenire in modo diretto sulle società Apparati statali costruiti dai colonialisti Controllo Diretto Francia: Prima fase: territori organizzati per essere interamente controllati dagli apparati burocratici francesi Seconda fase: dopo l’assoggettamento e la civilizazione i popoli africani sarebbero stati assimilati nella civiltà francese Caratteristiche: visione razzista che legittimava sfruttamento economico e sottomissione politica e sociale Controllo Indiretto Gran Bretagna: Idea di base: utilizzare le strutture di governo indigene in modo funzionale all’esercizio del potere coloniale Minimizzare i costi attraverso le amministrazioni indigene Sistema comunque inviso alle popolazioni che si trovarono ad ubbidire a gerarchie mai esistite prima Sistema non applicato dove vi era una significativa presenza bianca (Kenya, Sudafrica…) Apparati statali costruiti dai colonialisti Dopo I Guerra Mondiale: Anche i regimi che avevano utilizzato l’amministrazione diretta iniziano a riconoscere il ruolo dei capi tradizionali con la finalità di 1) legittimare il regime coloniale e di 2) creare sistemi amministrativi locali Francia, Belgio e Portogallo iniziarono ad appoggiarsi ai gruppi minoritari storicamente al potere per controllare popolazioni molto più ampie. Caratteristiche dei sistemi di governo: 1) dominazione razziale basata su un potere locale organizzato su basi etniche 2) istituzioni locali caratterizzate da un forte dispotismo 3) complementarietà fra la dominazione coloniale e regimi locali L’Africa post coloniale Geografia politica: restava quella coloniale con i confini coloniali trasformati in quelli dei nuovi stati Alcuni territori abitati da etnie omogenee furono divisi a causa delle rivalità fra le potenze europee (Ghana, Togo, Senegal, Gambia…) Altri molto ampli ed eterogenei furono mantenuti uniti (Nigeria, Congo) Nuovi leader africani si impegnarono a mantenere lo status quo per paura che gli aggiustamenti dessero luogo a secessioni e/o guerre Anticolonialismo = collante dei nazionalismi africani. Non vi era l’idea di nazione intesa come insieme di popolazioni unite dalla lingua comune e da forti legami di tipo religioso e culturale Forte divisione fra i gruppi etnici che avevano appoggiato i colonizzatori e la maggioranza della popolazione L’Africa post coloniale Le idelogie politiche Via africa al socialismo (Leopold Senghor in Senegal; Kenneth Kaunda nello Zambia; Julius Nyerere in Tanzania; Sekou Touré in Guinea): 1) NO allo sviluppo capitalistico 2) NO al mutamento rivoluzionario di tipo sovietico 3) conciliare il processo di modernizzazione con la naturale assenza di divisioni di classe 4) il senso di comunità doveva trasformarsi nello stimolo alla modernizzazione L’Africa post coloniale Le idelogie politiche Il ritorno alla scienza del marxismo leninismo (Samora Machel, Mozambico; Agostino Neto, Angola; Menghistu (Etiopia); Siad Barre (Somalia) Lotta di classe e rivoluzione attraverso alleanza fra contadini e lavoratori Risultati deludenti quando non drammatici per gli effetti negativi Deriva autoritaria e dittatoriale di questi regimi L’Africa post coloniale Le idelogie politiche L’adesione al capitalismo occidentale (Kenya, Nigeria, Costa d’Avorio, Camerun, Malawi, Gabon) Principi liberisti proclamati teoricamente e difesi esplicitamente dai governi Presenza concomitante di piccole imprese locali e di grandi aziende straniere Ruolo dello Stato L’Africa post coloniale Le ideologie politiche Il populismo (Jerry Rawlings in Ghana; Thomas Sankara in Burkina Faso; Yoweri Museveni in Uganda) Ruolo centrale assegnato alla partecipazione popolare nel tentativo di porre sotto contro controllo la discriminazione delle minoranze e il dilagare della corruzione Ghana: lavoratori coinvolti nella direzione delle imprese e nella lotta contro il kalabule (corruzione, eccessivo arricchimento personale, profitto parassitico….) L’Africa post coloniale Le caratteristiche della leadership africana A causa dello scarso sviluppo economico, le classi dominanti si formano all’interno della burocrazia statale Regimi neopatrimoniali: distorsione del regolare funzionamento delle strutture statali a favore di esigenze private. Le quattro tipologie di leadership autoritaria: Il principe L’autocrate Il profeta Il tiranno L’Africa post coloniale Le caratteristiche della leadership africana Il principe (Leopold Senghor in Senegal; Jomo Kenyatta in Kenya; Kenneth Kauda nello Zambia; William Tubman e William Tolbert in Liberia): 1) abili manipolatori dei loro collaboratori e delle loro clientele; 2) capacità di estendere il governo ad una oligarchia; 3) loro posizione al di sopra delle parti che ha permesso loro di sovrintendere alla competizione fra diverse fazioni. L’autocrate (Mobuto in Congo/Zaire; Omar Bongo in Gabon….): 1) comando assoluto del partito unico e dell’apparato statale; 2) nessuna tolleranza verso altri poteri autonomi L’Africa post coloniale Le caratteristiche della leadership africana Il profeta (Kwame Nkrumah in Ghana; Sekou Touré in Guinea; Julius Nyerere in Tanzania): 1) ricorso al carisma personale; 2) capacità di mobilitare un ampio sostegno popolare; 3) visione del futuro declinata con il linguaggio delle ideologie socialiste Il tiranno (Jean Bokassa nella Rep. Centroafrica; Idi Amin in Uganda; Francisco Nguema in Guinea equatoriale): 1) sistematico ricorso a violenze brutali e ad abusi; 2) utilizzo del tutto arbitrario del potere personale; 3) estrema personalizzazione dell’autorità Modalità di abbandono del potere. 1960-2011 1) Rovesciamento causato da golpe, guerra o invasione: 109 (durata media: 5,7 anni) = 46% del totale 2) Ritiro volontario: 45 (durata media: 11,7 anni) 3) Regime ad interim, impeachment: 40 (durata media: 7,2 anni) 4) Sconfitta elettorale: 20 (durata media: 1,2 anni) = 8,40% del totale 5) Morte per cause naturali/accidentali: 17 (durata media: 11,7 anni) 6) Assassinio: 7 (durata media: 7,8 anni) Sostituzioni dei leader africani 1960-2011 0: Eritrea, Sud Sudan, Zimbabwe (3) 1: Angola, Camerun, Gambia, Gibuti, Guinea Equatoriale, Namibia (6) 2: Capo Verde, Kenya, Malawi, Mozambico, Senegal, Seychelles (6) 3: Botswana, Guinea Bissau, Mali, Rwanda, Swaziland, Tanzania, Zaire/Congo (7) 4: Centrafrica, Costa d’Avorio, Etiopia, Gabon, Guinea, Mauritania, Mauritius, Sao Tome, Togo, Zambia (10) 5: Burkina Faso, Sudan (2)/ 6: Ciad, Lesotho, Uganda (3) 7: Congo, Niger, Somalia (3)/ 8: Liberia, Sudafrica (2) 9: Madagascar (1)/ 10: Ghana, Isole Comore, Sierra Leone (3) 11: Burundi (1)/ 13: Benin, Nigeria (2) 65% di stati tra 0 e 4 sostituzioni in 42 anni con durata media tra 41 e 10,5 anni Tassonomia dei regimi africani nel 1989 Regimi militari Dittature personali = personalizzazione completa del potere Oligarchie = potere a una cerchia militare chiusa e ristretta, politiche tecnocratiche 11 Stati: Burkina Faso, Burundi, Ciad, Ghana, Guinea, Lesotho, Liberia, Mauritania, Nigeria, Sudan, Uganda Tassonomia dei regimi africani nel 1989 Regimi a partito unico Regimi plebiscitari = mobilitazione indotta con elezioni non competitive 16 Stati: Angola, Benin, Capo Verde, Isole Comore, Congo, Gibuti, Guinea Bissau, Guinea Equatoriale, Gabon, Etiopia, Kenya, Mozambico, Niger, Swaziland, Somalia, Zaire Regimi semi-competitivi = scelta limitata in elezioni partitiche e parlamentari 13 Stati: Camerun, Centrafrica, Costa d’Avorio, Madagascar, Mali, Malawi, Rwanda, Sao Tomé, Seychelles, Sierra Leone, Tanzania, Togo, Zambia Tassonomia dei regimi africani nel 1989 Regimi pluralistici Multipartitismi includenti = partito dominante e debole opposizione con alternanza scarsa o assente e parziale stato di diritto 5 Stati: Botswana, Senegal, Mauritius, Gambia, Zimbabwe Oligarchie razziali = regimi elettorali esclusivi, amministrazione razionale legale 2 Stati: Sudafrica, Namibia Le guerre civili Guerre di liberazione 1) Contro i regimi coloniali: Angola, Mozambico, Guinea Bissau 2) Contro i regimi razzisti: Rhodesia, Namibia Movimenti secessionisti Rivendicazioni di comunità subnazionali che rifiutavano le costruzioni statali ereditata dal colonialismo Casi principali: Katanga (Congo); Biafra (Nigeria); Casamance (Senegal). Rivolte duramente represse. 1991: con la separazione dell’Eritrea dall’Etiopia si ha il primo caso di secessione coronato da successo 2011: secondo caso di secessione coronato da successo (Sud Sudan) Le guerre civili Ribellioni riformiste Tentativo di dare vita ad una profonda riforma dello stato Capi carismatici impegnati nella missione militare e poi nell’azione riformista di governo Carattere autoritario che ha reso i tentativi di riforma molto controversi Conflitti tra signori della guerra Uso della violenza per controllare territori dotati di risorse economiche Stimolo delle guerre = la presenza di risorse da sfruttare (minerali, petrolio, legname pregiato…) Rigido controllo delle risorse e del governo centrale, ma non interessati alle strutture istituzionali Le guerre civili Le cause Motivi geopolitici e ideologici: contrapposizione tra governi e ribelli nel quadro della guerra fredda Motivazioni etniche e religiose: 1) guerra africane tradizionalmente di natura etnica; 2) dopo il 1989 le diversità, non più inibite dal quadro geopolitico della guerra fredda, esplodono in numerosi antagonismi Motivazioni storico-culturali: richiami ai riti di passaggio tribali; scontri fra minoranze più colte e ricche e maggioranze scarsamente alfabetizzate e povere La transizione alla democrazia 1990-2000 • 20 Transizioni democratiche: Benin, Capoverde, Centrafica, Congo, Guinea Bissau, Lesotho, Liberia, Madagascar, Malawi, Mali, Mozambico, Namibia, Niger, Nigeria (1999), Sao Tomé, Seychelles, Sierra Leone, Sudafrica, Tanzania, Zambia • 17 Transizioni irregolari: Burkina Faso, Camerun, Ciad, Comore, Costa d’Avorio, Etiopia, Gabon, Ghana, Gibuti, Guinea, Guinea Equatoriale, Kenya, Mauritania, Sudan, Swaziland, Togo, Uganda • 7 Transizioni bloccate: Angola, Burundi, Congo, Eritrea, Nigeria (1993), Rwanda, Somalia La transizione alla democrazia 1990-2000 I vincoli alla democrazia 1) Assenza di esperienza di pratiche democratiche (i precedenti hanno avuto origine esterna nel periodo post coloniale e sono stati di brevissima durata) 2) Bassi livelli di sviluppo economico = ostacolo alla stabilizzazione democratica 3) Società prevalentemente rurali con scarsa mobilità delle persone 4) Assenza di una solida classe media favorisce la corruzione e il funzionamento distorto degli apparati politici e amministrativi L’Africa nel XXI secolo • Crescita economica (a macchia di leopardo). Paesi leader: Botswana, Burkina Faso, Capo Verde, Etiopia, Ghana, Lesotho, Mali, Mauritius, Mozambico, Namibia, Rwanda, Uganda, Zambia • Molte economie tendono ad avere dimensioni modeste nonostante la crescita • Motivi della crescita: 1) domanda di risorse minerarie e naturali da parte della Cina, 2) prezzi elevati delle materie prime, 3) miglioramento delle gestioni macroeconomiche con politiche meno appesantite dal debito e più favorevoli alla stabilità, 4) ritorno degli investimenti esteri soprattutto grazie alla Cina, 5) formazione di una classe media urbana, 6) riforme in senso liberista • Permanenza di ostacoli: a) instabilità politica diffusa, b) scarse infrastrutture, c) insufficiente livello dei servizi, d) cosa pubblica ancora neopatrimonializzata L’Africa e le potenze straniere Francia • 1960-1990: 1) mantenimento di rapporti clientelari con paesi più ricchi di risorse, 2) cooperazione strutturata • 1990-2003: 1) progressivo disimpegno, 2) politica di rupture di Sarkozy (no rapporti con regimi corrotti e autoritari) • 2003-: scivolamento di stati dell’Africa occidentale verso GB e riattivazione della Francia: 1) rilancio degli aiuti, 2) interventi militari con finalità di realpolitik Gran Bretagna • 1960-1997: 1) forte disimpegno, 2) aiuti esigui alle ex-colonie, 3) ritrosia ad intervenire nei conflitti • 1997-2008 (Blair): 1) politica estera etica (contro le guerre), 2) interventi umanitari diretti (peacekeeping), creazione di un Dipartimento per le politiche di sviluppo, 3) Commissione per l’Africa: riduzione povertà, stabilizzazione politica L’Africa e le potenze straniere Stati Uniti • Scarsa disponibilità ad intervenire in Africa, confermata dagli esiti della missione in Somalia del 19921994 • Forte cambiamento dal 2000 (George Bush): 1) importanza del petrolio africano (Nigeria) per instabilità nel Medio Oriente, 2) lotta al terrorismo (Al Qaeda aveva la base in Sudan), 3) alleanze con potenze regionali, 4) sensibile aumento degli aiuti umanitari Cina • Forte presenza da 1993: 1) necessità di risorse come petrolio; terra coltivabile, minerali (rame di Zambia e Congo; ferro di Liberia e Sudafrica; platino dello Zimbabwe; cobalto del Congo), 2) ricerca di nuovi mercati per i prodotti cinesi, 3) ricerca di ruolo politico internazionale