Grazie, Vi ringrazio per l`invito, Vi ringrazio per i

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Grazie, Vi ringrazio per l`invito, Vi ringrazio per i
Discorso agli Artigiani in occasione dell’assemblea celebrativa per i 60 anni dell’Unione ArtigianiConfindustria Bergamo.
On. Pasquale Viespoli
sottosegretario al Ministero del Lavoro
Grazie, Vi ringrazio per l’invito, Vi ringrazio per i saluti, mi permetterete innanzitutto di salutare per
la loro presenza i colleghi parlamentari, di salutare tutti Voi, di ringraziare il Presidente per le
espressioni che mi ha rivolto e cercherò rapidissimamente, a maggior ragione dopo l’intervento del
prof. Tiraboschi, di dare alcune risposte a domande che di fatto sono emerse dagli interventi, che
sono emerse dai saluti, che sono emerse dai contributi che, ad iniziare appunto dai colleghi
parlamentari come dai rappresentanti della Regione, sono stati indicati e individuati come temi da
porre all’attenzione in particolare del Governo.
Io credo innanzitutto di dover fare una considerazione preliminare e la considerazione preliminare
è legata anche ad alcune osservazioni che sono state fatte dal Presidente Villa nel suo intervento.
Questa crisi è una crisi di valori, ha sostanzialmente sottolineato il Presidente. Io credo che sia
vero e credo anche che la politica debba un ringraziamento alla società italiana, che le istituzioni
debbano un ringraziamento alla società italiana, perché se questo Paese ha retto, ha retto per la
sua struttura, ha retto per la sua cultura, ha retto per la sua articolazione, ha retto per la sua
profondità valoriale, se possiamo utilizzare questa espressione, questa definizione. Ha retto
perché c’era un tessuto, un impasto di valori, di storie di piccole dimensioni, di questa capacità di
reggere, di mantenere valori che l’ondata modernista riteneva di dover spazzare via e che la
linearità progressista riteneva appartenessero alla vecchia tradizione da mandare in archivio. In
realtà la dimensione comunitaria, l’impresa comunità, la famiglia, anche la storia religiosa di questa
terra, perché oggi veramente, mi consentirete la battuta, è arrivato il momento di dire: “Povero
Cristo! Non lo lasciano in pace neanche in croce”, perché l’Europa laicista e priva di radicamento
valoriale è arrivata anche a questo e centra con l’economia, perché se abbiamo retto, abbiamo
retto per questa profondità valoriale. Se abbiamo retto, abbiamo retto per la cultura del risparmio,
nonostante le difficoltà delle famiglie italiane, e quindi abbiamo retto per questa diffusione culturale
che c’è stata nel nostro Paese, tant’è che non solo si è scoperta la dimensione piccola, diciamo, si
è riscoperta la dimensione piccola della piccola impresa, ma si è scoperto anche che questo
Paese, sommando disastro dei conti pubblici a virtuosità dei conti privati, determina una
condizione che ci pone in Europa all’altezza se non avanti agli altri Paesi. È, come dire, un
riconoscimento che la politica e le istituzioni debbono al Paese che esprimono e che
rappresentano e che dev’essere anche, come dire, una sorta di monito per la politica che deve
cercare sempre più di adeguare meglio la sua capacità rappresentativa di un popolo che ha aiutato
il proprio Paese a reggere, a tenere, ad avere la possibilità di ripartire anche prima rispetto ad altre
comunità nel contesto europeo. E questo è accaduto in un Paese che è fatto di piccole imprese,
come è fatto di piccole istituzioni. In fondo, se ci si riflette, questo è un Paese che ha
un’architettura istituzionale ed un’architettura economica che sono fondate sul piccolo, sulla
dimensione piccola. In fondo quante grandi imprese ci sono in questo Paese? Poche. Qualche
media impresa, tante piccolissime imprese diffuse. In fondo quante grandi città ci sono in questo
Paese? Poche. Qualche media città e tanti piccoli Comuni. È la forza, a volte anche il limite,
certamente a volte è anche il limite di questo Paese, e noi dobbiamo cercare appunto di trovare un
nuovo punto di equilibrio in quella costruzione riformista, che, a partire dalla dimensione
istituzionale, bisogna recuperare per cercare di attrezzare meglio, attraverso la modernizzazione
dello Stato, il Paese rispetto alle sfide future.
Fatta questa considerazione, questa premessa, aggiungo che dentro la crisi c’è un ulteriore
elemento e l’ulteriore elemento è che il portato di questa crisi sarà, ed è già ormai così, la
riscoperta della centralità del lavoro. E quindi nella riscoperta della centralità del lavoro, della
dimensione dell’economia reale c’è la riscoperta inevitabile della persona, della centralità della
persona e quindi la riscoperta di alcuni valori fondamentali: il merito, la capacità, il sacrificio; per
cui quello che, ripeto, sembrava dovesse essere spazzato via deve ritornare, bisogna recuperare
quanto più merito nell’impresa, quanto più merito nella scuola, quanto più merito nella società per
assecondare questi processi. Ora rispetto a questo scenario il Governo si è comportato
esattamente in direzione, come dire, coerente rispetto questo a questo background. A volte se un
limite ha il Centrodestra, se mi consentite questa parentesi diciamo di carattere politico più che
istituzionale, se un merito ha è quello di risentire ancora di una sorta di minorità culturale che non
lo porta a segnalare che il programma di governo nasce anche da una cultura politica pregressa
che affonda in alcuni valori di riferimento. In fondo se dovessimo valutare con questo metro alcune
riforme sulle quali si può essere o meno d’accordo, come è legittimo che sia nel dibattito politico
democratico, tuttavia quelle riforme rispondono ad un’impostazione culturale che va nel segno
della sussidiarietà orizzontale, nel segno della dimensione della centralità della persona, di una
serie di opzioni, di scelte che poi si traducono sul terreno normativo, sul terreno operativo, sul
terreno del programma di governo. Ed è accaduto così anche durante questa crisi, tant’è che noi
abbiamo puntato, lo dico attraverso tre parole d’ordine, diciamo così, abbiamo puntato a
determinare le condizioni perché non si interrompesse il flusso di credito nei confronti delle
imprese ed in particolare delle piccole imprese, si preservasse il capitale umano delle aziende
come fattore fondamentale da utilizzare o riutilizzare nel momento in cui ci sarebbe stata la scintilla
della ripresa. Queste sono state le due grandi coordinate. Accanto a questo l’esigenza di rimettere
in moto la capacità di investimento dello Stato, in particolare sul terreno delle grandi opere
pubbliche, capaci di riattivare non solo meccanismi di intervento per dare forza alla ripresa
economica, ma anche per affrontare alcuni nodi che impediscono, per le condizioni fuori dalle
aziende, alle aziende di poter essere competitive soprattutto nella competizione tra sistemi
territoriali che si è aperta nel contesto globale. Quindi l’intervento in direzione del credito, ma non
l’intervento in direzione delle banche, ma l’intervento in direzione della capacità di preservare il
sistema del credito rispetto alla stabilità e rispetto all’esigenza di liquidità per non interrompere,
come dicevo prima, il flusso di risorse verso il sistema produttivo in particolare in una condizione di
crisi. E per farlo, e per garantirlo, abbiamo anche rotto qualche tabù, lo vorrei ricordare a me
stesso in un Paese che ha una memoria breve, perché gli eventi, le notizie spazzano le notizie del
giorno prima, ma la polemica in questo Paese che è stata fatta nei confronti del Governo, il quale
si era posto il problema di dire: “Le banche devono passare anche attraverso una sorta di controllo
istituzionale e sociale che garantisce nella dimensione del territorio la continuità dei flussi verso il
sistema produttivo, attraverso il coinvolgimento delle Prefetture come presidio del Governo rispetto
al territorio” determinò una sorta di sollevazione nei confronti della lesa autonomia del sistema del
credito, come se noi volessimo accoppiare alla vigilanza della Banca d’Italia la vigilanza dei
Prefetti. Non era così: l’autonomia è l’autonomia da preservare, ma dentro quell’autonomia c’è,
soprattutto in periodo di crisi, da parte del sistema del credito una responsabilità sociale
aggiuntiva, soprattutto nel momento in cui c’è un Governo che ti dice: “Ti garantisco sul terreno
della stabilità e ti garantisco sul terreno della liquidità e ti garantisco rispetto alle possibilità di
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patrimonializzazione che ti aiutino in questa fase a reggere bene l’urto. Quindi sul terreno del
credito noi ci siamo posti un tema fondamentale, nella consapevolezza che uno degli elementi
centrali per consentire di accompagnare la crisi c’era e c’è quello del credito, del flusso del credito
nei confronti della piccola e media impresa italiana, soprattutto in una fase in cui c’è un elemento di
riconversione della cultura del credito che non può essere, non può non essere quello di favorire,
di supportare l’impresa, l’idea rispetto alla dimensione del territorio e non soltanto rispetto alla
dimensione del bilancio che si presenta per chiedere il fido. E ha ragione il Presidente: non c’è
dubbio che i consorzi fidi abbiano avuto in questa fase un ruolo e una funzione importante. Credo
possiamo rivendicare come Governo anche questo, e cioè il sostegno che abbiamo dato ai
consorzi fidi nella consapevolezza del ruolo che svolgono, del ruolo di supporto che danno in
particolare alle piccole imprese nei confronti del credito.
L’altra questione è stata quella cui ha fatto cenno in particolare il professor Tiraboschi e qui vorrei
ricordare una cosa: le casse in deroga ed il sistema derogatorio non nasce come esigenza di
accompagnare la grande impresa nel momento in cui la grande impresa esaurisce la batteria degli
strumenti utilizzabili dalla 223 a scendere. Nasce esattamente per determinare condizioni di
sostegno alla piccola impresa e consentire alla piccola impresa di avere quei momenti di respiro in
condizioni di difficoltà e di criticità tali da impedire la perdita di capitale umano fondamentale, in
particolare per la piccola impresa anche in termini di costo dell’investimento stesso. Questo
strumento sostanzialmente nasce nella precedente esperienza del governo Berlusconi nel 20012006, nell’arco temporale del 2001-2006, e nasce in particolare certo anche per la crisi della
grande azienda, ma nasce in particolare per accompagnare la crisi del tessile in Italia nella
dimensione del distretto e della microazienda, che in quella fase era assolutamente priva di
garanzie e di tutele sia sul versante delle imprese, sia sul versante dei lavoratori. Allora quando si
parla della tutela e della difesa dei lavoratori, io credo che senza enfasi che noi abbiamo il diritto
ed il dovere di rivendicare che per la prima volta in questo Paese si è determinata la condizione
per la quale il lavoratore che è entrato nel cancello della grande fabbrica ha una tutela e quello che
è rimasto fuori dal cancello della grande fabbrica e magari subiva la crisi della grande fabbrica e
non aveva garanzie e tutele oggi quella garanzia e quella tutela ce l’ha, non in termini di sistema,
ma sicuramente in maniera tale da poter essere allo stesso modo garantito, allo stesso modo
tutelato. Ed è un presupposto fondamentale per costruire un sistema che abbiamo contribuito a
determinare, non solo attraverso lo strumento derogatorio, ma abbiamo “revisionato”, tra virgolette,
tutta la batteria degli strumenti utilizzabili, anche qui: ve lo ricordate questo Paese che dibatteva se
doveva utilizzare o meno la settimana corta dei Tedeschi? -perché anche quello era un dibattitoed invece questo è un Paese che storicamente ha una batteria di strumenti utilizzabili, flessibili,
che possono essere utilizzati e che sono stati utilizzati e che noi abbiamo cercato, come dire, non
dico neanche di migliorare, ma di chiosare in relazione ad alcuni elementi di flessibilità importanti e
vorrei ricordare l’intervento che è stato fatto sulla cassa integrazione ordinaria, di fatto con alcune
modifiche sulla cassa integrazione ordinaria si è raddoppiata la possibilità della CIGO e non solo,
nel momento in cui c’è l’esaurimento della CIGO, l’intervento in via amministrativa sulla cassa
integrazione in deroga ha determinato una possibilità di accesso semplificata e quindi priva delle
pastoie di carattere burocratico che prima accompagnavano l’utilizzo di questo strumento e
abbiamo poi determinato il meccanismo di finanziamento delle casse straordinarie in deroga e
determinato anche per la prima volta che agli strumenti di politica passiva si accompagnino
strumenti di politica attiva del lavoro, che si innestano per la capacità anche di fare ricollocazione e
non soltanto sostegno al reddito nella fase di difficoltà e nella fase di crisi. E lo abbiamo fatto
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evitando i licenziamenti e quindi sottolineando un’impostazione di carattere politico-culturale, oltre
che di carattere normativo, diversa rispetto ad altre impostazioni e da questo punto di vista, l’ha
citato in particolare il Dott. Mazzoleni che ha parlato appunto delle casse in deroga come del tema
diciamo della capitalizzazione delle piccole imprese, è evidente che il ministro Sacconi darà
risposte a proposito del progetto della Val Seriana e quindi sicuramente ci sarà la possibilità di
aprire un tavolo di confronto per vedere se e in che misura è possibile supportare iniziative che dal
territorio si esprimono in termini positivi sul piano qualitativo rispetto appunto a questa capacità di
coniugare flessibilità e sicurezza e di fare sperimentazione sul territorio. Sicuramente daremo
risposte e sicuramente il ministro Sacconi darà risposte da questo punto di vista.
Quindi, per chiudere, ci siamo mossi sul terreno della stabilità, sul terreno della liquidità, sul terreno
dell’occupabilità, sul terreno, ed è concretezza, non annuncio, l’ha citato in particolare la collega
Gallone, è concretezza l’intervento di ieri al CIPE, dell’altro giorno al CIPE, a proposito degli
interventi per accompagnare l’Expo e determinare alcune scelte di carattere infrastrutturale e credo
che complessivamente il CIPE abbia deliberato circa sei miliardi, euro in più o euro in meno, sei
miliardi di euro per le infrastrutture che riguardano la città di Milano in relazione al sistema
metropolitano, come riguardano la Pedemontana ed il collegamento Bergamo - Lecco come
intervento finalizzato a creare quel sistema infrastrutturale funzionale rispetto all’Expo e
all’importanza che questo evento riveste non solo per quest’area, ma per l’intero sistema Paese.
Quindi anche in questo caso la concretizzazione di quella impostazione alla quale mi sono
permesso prima di far riferimento.
E quindi io concludo ancora una volta ringraziando tutti, ringraziando anche il senatore Carrara
che, come dire, ha spinto perché io venissi a Bergamo, una città dove io ho, come dire, un legame
cultural-politico, diciamo così, che mi consentirete di ... La mia memoria storica, quella di ciascuno
di noi ha il suo peso, il suo valore, ognuno ha la sua storia, la sua cultura politica e io sono molto
legato a questa comunità perché per me questa comunità h avuto un punto di riferimento
importante nell’on. Mirco Tremaglia e soprattutto in Marzio Tremaglia per quella qualità di
innervare, diciamo, anche attraverso il ruolo di governo di assessore regionale della Lombardia
una capacità di esprimere una forte presenza di carattere culturale di senso delle istituzioni. Non lo
dico soltanto per recuperare diciamo un valore di memoria storica, ma perché molti hanno avuto
storie che li hanno visti all’opposizione, ma con cultura istituzionale, quando sono stati chiamati al
Governo, hanno mostrato che si può avere cultura istituzionale anche restando all’opposizione. È
quello di cui in fondo avrebbe bisogno questo Paese, che ha bisogno di una maggioranza, ma
anche di un’opposizione che ha cultura istituzionale quando fa l’opposizione, perché solo con più
cultura istituzionale ci si candida a diventare Governo nella democrazia dell’alternanza, come
dovrebbe essere normalità nella dialettica politica e culturale di questo Paese, cosa che non
sempre capita, non sempre si determina.
E mi consentirete di chiudere con una battuta. Prima il Presidente della Confindustria lombarda ha
detto: “Si parla di ben altro rispetto alle operazioni tra Confindustria e Artigiani che hanno innestato
questa forte e importante significativa novità, che arriva fino a Assoartigianato [Assoartigiani, ndr].
Purtroppo si parla di ben altro, di ben altri intrecci, insomma, si parla di ben altri trans”. Invece Voi
avete fatto, se mi è consentita la battuta, un’operazione trans-produttiva che è molto utile, molto
significativa, molto importante, che non dà luogo ad un genere terzo, ma dà luogo ad un genere
nuovo, che è la capacità di rimettere appunto al centro l’impresa e la diversità del sistema
produttivo, che diventa esso stesso valore e che supera vecchie contrapposizioni che, come nel
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sistema produttivo, così nel sistema politico, dovremmo tutti riuscire a superare per cercare tutti,
sul terreno associativo come sul terreno istituzionale, di rendere un servizio alla nostra comunità
nazionale. Vi ringrazio e tanti auguri.
Bergamo, 7 novembre 2009
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