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“Così mamma ha accarezzato la pancia di mamma, e sei
nata tu”. Storia di una famiglia omogenitoriale
13 Settembre 2013 ore 18:52
Autore: Alessandra Ghiani,
[email protected]
Categoria:
Storie / Storie
URL della pagina:
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Data scaricamento: 15 Marzo 2017 ore 20:52
Come spiega un genitore omosessuale al proprio figlio la presenza di due mamme? Il bambino come reagisce? Come si prepara l’arrivo del bimbo? Risponde
Silvia, quarantenne cagliaritana e madre, insieme a Fabiana, di due bambine
«Un genitore è un padre o una madre; una persona che genera o dà la nascita a un figlio, oppure lo
nutre e lo fa crescere, oppure è un parente che esercita il ruolo di custode. Oltre alla genitorialità
biologica esiste la genitorialità adottiva nella quale il genitore non è stato partecipe alla procreazione
del figlio, ma, sia in termini giuridici che in termini sociali ed affettivi, viene considerato alla stessa
stregua del genitore biologico». (Wikipedia)
“Le parole hanno un senso!” si incazzava Nanni Moretti in un suo famoso film. E, se lo hanno, deve
essere un senso condiviso e slegato da ogni pregiudizio.
Ma cosa fa di un genitore un vero genitore? La biologia? L’identità sessuale?
Lo abbiamo chiesto a Silvia, quarantenne cagliaritana e madre, insieme a Fabiana, di due splendide
bimbe. "Quello che sappiamo - commenta Silvia - è che un figlio, per crescere bene ed equilibrato, ha bisogno
di un contesto accogliente e di figure genitoriali che lo sappiano amare e si prendano cura di lui, a
prescindere dal sesso e dall’orientamento sessuale dei genitori. In questo abbiamo il supporto della
comunità scientifica ufficiale (Associazione Italiana di Psicologia, American Psychological Association)
la quale afferma che i bambini e le bambine nati e cresciuti da coppie omogenitoriali hanno le stesse
opportunità e le stesse potenzialità dei bambini nati nelle famiglie cosiddette tradizionali. Anzi, alcune
ricerche ne mettono in evidenza delle caratteristiche diverse, in positivo, quali per esempio la maggiore
apertura mentale e maggior creatività.
Siamo sicure che le nostre bambine cresceranno bene perché abbiamo, come famiglia, le risorse
necessarie. Sappiamo di vivere in un contesto in cui ci sono dei pregiudizi legati alla convinzione che
un bambino e una bambina hanno bisogno di una mamma e di un papà. Ma questo è sbagliato. Un
bambino e una bambina hanno bisogno di figure genitoriali, uno due, tre o quattro, che lo sappiano
amare ma soprattutto si sappiano prendere cura di lui, perché, a volte, l’amore da solo non basta".
Come ci si prepara a essere una famiglia omogenitoriale?
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Dopo anni di relazione abbiamo deciso di fare famiglia e quando decidi di fare famiglia in una coppia
omogenitoriale devi prendere una serie di decisioni: la prima riguarda la visibilità. Se tu vuoi far
crescere bene un bimbo devi preparagli un contesto accogliente. Per farlo devi essere pronto a fare
coming out con tutti perché, mentre finché non hai bambini l’orientamento sessuale può essere anche
una questione tua personale, se decidi di avere un figlio è importante per la sua stabilità che tutti
sappiano.
Le reazioni?
Abbiamo avuto reazioni molto positive da persone che pensavamo avrebbero avuto più resistenze. La
differenza è data dalla relazione che si ha con le persone: più noi abbiamo un buon rapporto con le
persone che ci stanno intorno, più ci conoscono e sanno che siamo una coppia come tutte le altre, più
loro ci accolgono. E’ molto più difficile parlare di omogenitorialità che viverla.
In famiglia invece reazioni più disparate: chi contento, chi ci ha accusato di essere dei genitori egoisti
prevedendo una sicura infelicità del bambino, chi ha accettato.
Ci sono anche contesti in cui non c’è bisogno di dirlo, per esempio con i vicini di casa ai quali non
abbiamo mai detto nulla espressamente, eppure è evidente che conoscano bene la situazione e
l’abbiano accettata perché i loro figli frequentano i nostri. Non sempre è necessario doversi chiarire
perché a volte é la quotidianità che normalizza.
Altro discorso invece sono le istituzioni e i contesti educativi che hanno bisogno di essere preparati. Lo
abbiamo fatto con la figlia più grande alle scuole elementari e medie, e con la piccolina al nido e ora
alla scuola d’infanzia. Posso vantarmi di aver incontrato persone stupende che ci hanno accolto con
entusiasmo e hanno spesso chiesto il nostro aiuto per non sbagliare ed essere più preparati.
E alle bimbe come avete spiegato la vostra famiglia?
Le abbiamo raccontato che le mamme volevano tanto avere dei figli ma poiché le mamme hanno solo
gli ovetti e non i semini e, siccome qua in Italia ci sono delle regole che non permettono coppie di due
mamme o due papà di avere dei figli, siamo andate in Spagna in una clinica dove ci sono dei signori
molto gentili che regalano i semini alle mamme. Così una mamma ha messo il semino nella pancia
dell’altra mamma, le ha dato una carezza e da lì sono nate loro.
Si sono mai fatte domande?
Facciamo una differenza di fascia d’età. Da piccole sono molto fiere di avere due mamme, lo
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raccontano, alle domande rispondono con la loro storiella orgogliose. Il problema è quando si passa
all’adolescenza, brutta età. Lì si inizia a non dirlo più o ad averne addirittura vergogna. A scuola poi gli
insegnanti spesso fanno finta di non sentire o non hanno gli strumenti per intervenire. Questa è la parte
più impegnativa ma ci aiuta molto essere soci dell’ Associazione Famiglie Arcobaleno che ci da
l’opportunità di confrontarci con altre famiglie omogenitoriali, partecipare a meeting e iniziative, e
sostiene la diffusione di tutta una serie di libri e manuali editi da Lo Stampatello che ci aiutano a gestire
le situazioni più disparate.
In Sardegna ci sono altre famiglie omogenitoriali?
Iscritte all’associazione no, siamo solo io e la mia compagna e recentemente si è iscritta un’altra coppia
di aspiranti papà dal nord Sardegna. Questo è il motivo per cui durante le iniziative dell’Associazione la
nostra famiglia ci mette la faccia perché vogliamo lavorare sull’opinione pubblica e cercare anche di
attirare l’attenzione di altre famiglie che magari non hanno il coraggio di uscire allo scoperto o di
esporsi. La visibilità è il nostro cavallo di battaglia. L’unico modo per sconfiggere il pregiudizio è farsi
vedere , farsi accettare e renderla una cosa normale.
Come si scegli chi tra le mamme sarà il genitore biologico?
Dipende, spesso la scelta è molto facile perché una delle due ha più la voglia di portare in grembo il
bambino o la bambina . In altri casi quando entrambe hanno lo stesso desiderio si parte con quella più
anziana. In altri casi poi sono le condizioni fisiche delle due mamme che stabiliscono chi tra loro sia
quella più adatta.
La bimba più piccola si incuriosisce nei confronti dei papà?
La curiosità c’è sempre e lei osserva tantissimo le altre famiglie. Da poco ridendo mi ha detto per la
prima volta che forse anche lei avrebbe voluto un papà. Allora le ho chiesto “ma se tu hai mamma Fabi
che te ne fai di un papà?” e lei si è messa a ridere dandomi ragione. Viviamo in una famiglia in cui la
presenza maschile è molto forte, con zii, amici, nonno, ha modo di confrontarsi con loro. E’ incuriosita,
ma in maniera molto serena e molto tranquilla.
Note dolenti?
La nota più dolente in assoluto è la tutela. Mentre dal punto di vista sociale non abbiamo avuto
particolari problemi perché il contesto più ci conosce più si prepara (e sono d’accordo con me le 300
famiglie che fanno parte dell’Associazione), il grande problema è il riconoscimento giuridico. Io sono la
madre biologica, la mia compagna è genitore agli occhi di tutti ma se a me, domani, succedesse
qualcosa la nostra bambina verrebbe privata di entrambi i genitori perché per la legge italiana l’altra
mamma non esiste. Questa è una delle lotte di Famiglie Arcobaleno. Non chiediamo a nessuno il
permesso avere dei figli, i figli li abbiamo, vorrei solo che la legge riconoscesse quello che già esiste.
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Questo è il problema più grande.
Il bambino chiama la mamma e domanda: «Da dove sono venuto? Dove mi hai raccolto?». La mamma
ascolta, piange e sorride mentre stringe al petto il suo bambino. «Eri un desiderio dentro al cuore» (Rabindranath Tagore)
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