PIAZZA DI SPAGNA COLLEGIO DI PROPAGANDA FIDE FONTANA

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PIAZZA DI SPAGNA COLLEGIO DI PROPAGANDA FIDE FONTANA
P IAZZA D I S PAGNA
F ONTANA D ELLA B ARCACCIA
La forma irregolare della Piazza
di Spagna di Roma si allarga
davanti alla collina del Pincio, ai
piedi della scalinata di Trinità
dei Monti e come ideale punto di
partenza della celebre e mondana
Via Condotti.
La forma attuale dell'intera area
comincia a delinearsi intorno ai
primi del '500 quando viene
varata, su progetto di Carlo
Maderno, la costruzione della
chiesa francescana di Trinità dei
Monti, consacrata poi da Sisto V
nel
1587
d.C.
Finché non ci furono i fondi
necessari
per
realizzare
la
scalinata, garantiti da un lascito
testamentario
del
1660
del
diplomatico
francese
Stefano
Gueffier, e non furono risolte le
diatribe
sulla
proprietà
del
terreno, il collegamento fra il
vertice della collina e Piazza di Spagna era costituito da una coppia di
sentieri
che
scendevano
fra
gli
alberi.
La scalinata di Trinità dei Monti nasce soltanto fra il 1723 ed il 1726 d.C. per
mano di Francesco De Sanctis, come una serie di rampe e terrazzi, mai
vincolati ad una qualche forma di simmetria spaziale ed in un perenne
movimento scenografico grazie all'uso di percorsi rettilinei, curvi e poliganali.
La piazza dove sorge il collegio dei gesuiti della "Propaganda Fide" nel 1662
d.C., ultima opera del Borromini, e la colonna ottocentesca dell'Immacolata,
prende il nome di "Piazza di Spagna" nel XVII secolo, quando l'intera area
viene considerata territorio facente parte dell'ambasciata di Spagna.
Ai piedi della scalinata di Trinità dei Monti, Pietro Bernini, padre del più
famoso Gianlorenzo, per effetto della scarsa pressione dell'acquedotto nella
zona, sceglie di realizzare una fontana senza zampilli che fa sgorgare acqua
dalle forme di una barca affondata; scolpisce così quella che è ritenuta, a
ragione, una delle più particolari fontane di tutta Roma: la "Fontana della
Barcaccia".
COLLEGIO D I PROPAGAND A FID E
Costruito dal Borromini per i
gesuiti nel 1662, quando essi
erano al culmine della loro
potenza. I gesuiti volevano per la
loro sede un palazzo fuori dal
comune. La facciata è ritmata da
larghi pilastri, tra cui si incurvano
all’interno le finestre del primo
piano, mentre quella centrale
sporge
verso
l’esterno.
Un
marcapiano divide il piano terra
dal primo piano, mentre la
cornice sopra la finestra centrale
convessa s’incurva verso l’interno
contribuendo
a
sottolineare
l’andamento
mosso
della
facciata. Fatto
curiosamente
concomitante
l' architetto
si
suicidò poco dopo averlo portato
a
termine.
Il
Palazzo
di
Propaganda
Fide
è
un
possedimento
extraterritoriale
della Santa Sede che si trova a
Roma, nel rione Trevi, e si affaccia su Piazza di Spagna e su via di
Propaganda. L’edificio è la sede del collegio gesuita del Vaticano e sin
dall’inizio servì come sede della Congregazione per la diffusione della fede
(Propaganda Fide), guidata dai Gesuiti, che fu fondata nel 1622 Il primo
architetto incaricato dei lavori fu Gianlorenzo Bernini, che fu sostituito nel
1644 da Francesco Borromini, perché il suo stile era preferito dal
committente, papa Innocenzo X.
La fontana della Barcaccia è una celebre fontana di Roma, situata in
Piazza di Spagna ai piedi della scalinata di Trinità dei Monti, che deve il suo
nome alla sua forma di barcone che affonda. L'opera, del 1627, fu realizzata
da Pietro Bernini, che lavorò aiutato anche dal figlio Gian Lorenzo su
commissione del Papa Urbano VIII. Pare che la sua particolare forma sia
stata ispirata dalla presenza sulla piazza di una barca, portata fin lì
dall'alluvione del Tevere del 1598. La sua realizzazione comportò il
superamento di alcune difficoltà tecniche, dovute alla bassa pressione
dell'acquedotto dell'acqua Vergine in quel particolare luogo, che non
permettevano la realizzazione di zampilli o cascatelle. Il Bernini tuttavia
risolse l'inconveniente ideando la fontana a forma di barca semisommersa in
una
vasca
posta
leggermente
al di sotto
del
piano
stradale,
con
fontanelle di
acqua
(perfettame
nte potabile)
da poppa e
da
prua.
Completano
la Barcaccia
le
decorazioni
a forma di
soli e api
dello
stemma della famiglia del Papa committente, i Barberini.
F ONTANA D I T REVI
La Fontana di Trevi di Roma, realizzata sotto il pontificato di Clemente XII
intorno al 1735 d.C. lungo Palazzo Poli, è opera dell'architetto Nicolò Salvi ed
è ancora oggi alimentata dall'acquedotto Vergine progettato nel 19 a.C. dal
conso
le
Agrip
pa.
Intor
no
all'eti
molo
gia
del
monu
ment
o
esist
ono
alme
no
due
ipote
si
che
tragg
ono
entrambe origine dall'antica storia di Roma: c'è chi sostiene che il nome
della Fontana di Trevi derivi da "Trivia", la fanciulla che avrebbe indicato al
generale Marco Agrippa, di rientro a Roma dopo la vittoriosa battaglia di
Anzio contro Antonio, la sorgente che poi servirà la fonte, mentre altri
ritengono probabile l'allitterazione del toponimo latino "regio trivii", con il
quale presumibilmente si indicava o l'incrocio di tre strade presso il quale
sorgeva la fonte romana o la caratteristica stessa della fonte di avere tre
distinti getti d'acqua. La prima opera di sistemazione e restauro
dell'acquedotto viene varata da Papa Nicolò V Parentucelli ed affidata ai
progetti di Leon Battista Alberti e di Bernardo Rossellino; successivamente
Urbano VIII Barberini conferisce l'incarico di progettare una nuova fonte al
Bernini che comincerà con il demolire il prospetto rinascimentale
preesistente. I lavori, tuttavia, si arrestano alla messa in opera di un
basamento ad esedra, con una vasca antistante in cui confluiscono tre
bocche d'acqua e soltanto nel 1730 d.C., 90 anni più tardi, papa Clemente
XII bandirà un concorso per la realizzazione definitiva della fontana di Trevi
vinto da Nicola Salvi. L'attico della Fontana di Trevi è decorato da quattro
statue personificate che rappresentano, a partire da sinistra, "l'Abbondanza
dei frutti", di Agostino Corsini, "la Fertilità dei campi" di Bernardino Ludovisi,
"i Doni dell'autunno" di Francesco Queirolo e "l'Amenità dei prati" di
Bartolomeo Pincellotti ed è culminato da una grande iscrizione voluta da
papa Clemente XII, il cui stemma, alla sommità, è fiancheggiato da due
Fame di Paolo Benaglia. Nella nicchia più grande al centro, affiancata da
colonne corinzie, l'imponente statua di Oceano, progettata da Giovan
Battista Maini ma scolpita da Pietro Bracci, conduce un cocchio a forma di
conchiglia guidato da un tritone e trainato da due cavalli marini alati, uno
iroso e l'altro placido mentre ai lati trovano collocazione le personificazioni
della Salubrità e dell'Abbondanza di Filippo Della Valle.Giuseppe Pannini,
succeduto al Salvi nella direzione dei lavori quale nuovo architetto dell'Acqua
Vergine, completa il progetto del Salvi con la creazione di bacini regolari con
bordi levigati in marmo nella parte centrale della scogliera. La piccola piazza
di Trevi, che accoglie la più famosa fontana di Roma, è probabilmente il
luogo più affollato dai visitatori, i quali, come la tradizione vuole, lanciano
una monetina nella vasca sperando che questo gesto garantisca loro di
tornare ancora una volta a Roma.
C HIESA D EI S.S. V INCEN ZO ED A N ASTASIO
La chiesa dei Ss.Vincenzo e Anastasio sorge di fronte alla Fontana di Trevi.
Fino al XIV secolo era
conosciuta
solamente
come S.Anastasio de
Trivio, ma anche con il
titolo, mantenuto fino al
1876,
di "Parrocchia
Pontificia", sia perché
situata non distante dal
palazzo del Quirinale,
allora residenza papale,
sia perché nell'abside si
conservano, in appositi
loculi, i precordi (gli
organi racchiusi nella
cavità toracica vicino al
cuore) che venivano
tolti
prima
di
imbalsamare il corpo dei
pontefici.
La
chiesa
fu
completamente
ricostruita tra il 1644 e
il 1650 da Martino
Longhi il Giovane per
volere
del
cardinale
Mazzarino,
come
testimoniato
dallo
stemma sormontato dal
cappello cardinalizio che
una coppia di angeli tiene in bella mostra al centro del triplice frontone.
La facciata, a edicola su due ordini e ricoperta di travertino, presenta inoltre
alcune particolarità, innanzitutto la presenza di ben 18 colonne che valsero
alla chiesa l'appellativo di "Canneto": 10 nell'ordine inferiore e 6 nell'ordine
superiore, più 2 poste ai lati del grande finestrone centrale. Esempio unico a
Roma per una chiesa, la presenza di due statue di donna a seno nudo che
sostengono, a braccia alzate, la trabeazione del secondo ordine e la
presenza di un busto femminile sopra il portale, al centro del secondo
timpano
arcuato.
L'interno, ad aula con tre cappelle per lato, custodisce un affresco del pittore
Francesco Manno raffigurante i Ss.Vincenzo, Anastasio e Camillo, mentre
sull'altare maggiore vi è una pala di Francesco De Rosa.
P IAZZA N AVON A
L'area
di
Piazza
Navona a
Roma
ricalca
le
dimensioni
e la forma
dell'antico
Stadio di
Domiziano
di
epoca
romana;
un'arena
lunga oltre
270 metri e
larga circa
55,
costruita
intorno
all'86 d.C.
ed in grado
di ospitare
fino
a
33000
persone.
Dopo
essere stata restaurata da Alessandro Severo, ed aver trovato l'attuale
sistemazione per intervento di Papa Innocenzo X, nella piazza furono
organizzati fino al XIX secolo, vari generi di spettacoli, celebrazioni, e
durante il mese di agosto, quando la piazza veniva allagata chiudendo gli
scarichi delle fontane, perfino naumachie. Il nome "Piazza Navona" trova
probabilmente origine dalle competizioni che si svolgevano nell'area; dal
termine latino "in agone" infatti, si sarebbe nel tempo passati al volgare
"nagone"
e
definitivamente
a
"navona".
Piazza Navona è longitudinalmete segnata dalla presenza di tre fontane; le
laterali "Fontana del Nettuno o dei Calderoni" e "Fontana del Moro" si
devono ai disegni di Giacomo della Porta, mentre la centrale "Fontana dei
Fiumi" fu realizzata dal Bernini fra il 1648 ed il 1651 d.C. Di fronte a
quest'ultima sorge, sulle rovine dello stadio di Domiziano e di un antica
basilica ancora visitabili dai sotterranei dell'edificio, la chiesa a croce greca di
Sant'Agnese in Agone, che, progettata inizialmente da G.Rinaldi, fu
completata nel 1652 dal Borromini con la caratteristica facciata concava, i
campanili gemelli e la cupola.
F ONTANA
D EI F IUMI D I B ERNI NI
Tutta la struttura
della
Fontana
dei Fiumi del
Bernini sorregge
l'obelisco egizio
originariamente
posto nel circo di
Massenzio;
sulle
sporgenze
della scogliera si
ergono
le
personificazioni
dei quattro fiumi
realizzati
dai
collaboratori del
maestro:
il
Danubio
dal
Raggi, il Gange dal Poussin, il Rio della Plata dal Baratta ed il Nilo dal
Fancelli.
Oltre a queste figure antropomorfe, simbolo dei quattro continenti allora
noti, il bacino circolare è popolato da leoni ed altri animali fantastici, mentre
al vertice della fontana dei quattro fiumi, fu posta una colomba in bronzo,
simbolo al tempo stesso, sia dell'opera pacificatrice della Chiesa nel mondo,
sia della famiglia del Pontefice che volle il monumento: i Pamphili.
La tradizione vuole che le pose delle statue del Nilo e del Rio della Plata nella
Fontana dei quattro fiumi, così come quelle della statua di Sant'Agnese nella
base del campanile destro dell'antistante omonima chiesa, siano dovute alla
rivalità fra i due maggiori architetti dell'epoca: Borromini e Bernini.
Il Rio della Plata avrebbe la mano alzata per ripararsi dal crollo della facciata
della Chiesa di Sant'Agnese in Agone mentre il Nilo avrebbe il capo
velato, non per alludere al fatto che ancora fossero ignoti i luoghi delle sue
sorgenti, ma per il rifiuto di vedere l'opera del Borromini; allo stesso modo
gli abitanti di Roma vedono nel gesto di Sant'Agnese, che si tocca il petto
con la mano, l'assicurazione che il Borromini stesso volle dare circa il fatto
che la sua chiesa non sarebbe caduta.
sufficientemente significativo nell'aneddotica della storia dell'arte: sembra,
infatti, che il progetto si possa attribuire al Bernini, il quale tuttavia avrebbe
preso spunto da un'idea del suo più acerrimo collega e rivale: il Borromini.
S ANT 'A GNESE IN A GONE
La
chiesa
di
Sant'Agnese in
Agone a Roma
viene costruita a
Piazza Navona nel
XVII secolo su
progetto iniziale di
Carlo Rainaldi, ma
con
il
decisivo
intervento, fra il
1653 ed il 1657
d.C, di Francesco
Borromini.
F ONTANA D EL N ETTUNO
La Fontana del
Nettuno
di
Roma,
nota
anche
come
Fontana
dei
Calderai,
è
posta
all'estremità
settentrionale di
Piazza Navona.
L'opera deve il
disegno
e
la
realizzazione
della sua vasca
polilobata
allo
stesso Giacomo
della
Porta
autore del bacino
della
Fontana
del
Moro
all'estremità
opposta
della
Piazza.
Giunta fino all'unità d'Italia senza alcun corredo scultoreo, per dare alla
Fontana del Nettuno una similitudine stilistica con le altre fontane dell'area,
viene varato nel 1878 un concorso per la realizzazione dell'apparato
monumentale che vede vincitori Gregorio Zappalà e Antonio Della Bitta.
Il primo realizzerà il complesso decorativo a soggetto mitologico delle
"Nereidi con putti e cavalli marini", il secondo il gruppo marmoreo "Nettuno
lotta con una piovra" che riprende il tema dello scontro fisico che già nella
fontana del Moro vede fronteggiarsi un etiope ed un delfino.
F ONTANA D EL M OR O
La Fontana del Moro, posta nella zona meridionale di Piazza Navona, deve
il suo nome al gruppo scultoreo della vasca rappresentante un etiope in lotta
con un delfino.
L'opera, scolpita su disegno di Bernini nel 1654 d.C. da Giovanni Antonio
Mari e che nella realtà raffigurerebbe un tritone, fu espressamente richiesta
dalla cognata di Innocenzo X, Olimpia Maidalchini per dare ideale
completamento al bacino polilobato di Giacomo della Porta, fatto posare
nella
piazza
dal
Pontefice
Gregorio
XIII
già
nel
1576.
La maggior parte del corredo scultoreo, a partire dai tritoni e dalle maschere
che ornano il bacino, sono delle copie degli originali oggi posti in alcune
fontane del giardino di Villa Borghese. Mentre per i primi si deve pensare ad
un opera originale realizzata nel tardo ‘500 da artisti quali Meschino, Taddeo
Landini, Silla Longhi, Egidio della Rivera, la cui sottrazione ha reso
necessario l'opera di integrazione affidata nel 1874 a Luigi Amici, per il
gruppo
delle
maschere è bene
ricordare
come
nella
realtà
Giacomo
della
Porta le avesse
scolpite
inizialmente per la
Fontana in Piazza
del Popolo e solo
nel
1823
il
Valadier le avesse
poste
nella
Fontana del Moro.
La
piscina
che
ripete
circondandola
la
forma della vasca,
infine, rappresenta un particolare di scarsa importanza architettonica ma
Papa Innocenzo X
Pamphili, che ha il
suo
monumento
funebre all'interno
di questa stessa
basilica, decide di
procedere ad un
riassetto
urbanistico dell'area e far costruire la chiesa di Sant'Agnese in Agone quasi
come una cappella privata annessa alla residenza di famiglia che le sorge a
lato. Lo stretto rapporto che intercorre fra la chiesa e il palazzo Pamphili è
ancora testimoniato da un'apertura nel tamburo della cupola che permetteva
al pontefice di assistere alle celebrazioni direttamente dal suo appartamento.
L'impianto a croce greca, nato sul luogo del martirio dell'omonima santa,
che l'agiografia vuole miracolosamente ricoperta dai propri capelli dopo
essere stata esposta nuda alla gogna, nasconde negli attuali sotterranei un
oratorio medioevale ed alcune rovine dell'antico Stadio di Domiziano. Nel
breve periodo in cui fu chiamato a sostituire Carlo Rainaldi alla direzione dei
lavori, Francesco Borromini modifica il prospetto della facciata utilizzando dei
volumi concavi per esaltare lo slancio della cupola incorniciata fra due
campanili
gemelli.
L'interno di Sant'Agnese in Agone conta sette altari ed è impreziosito dagli
affreschi di Gaulli, Ciro Ferri e Sebastiano Corbellini nella cupola, dalle statue
di Piero Palo Campi e Melchiorre Caffà, da un rilievo marmoreo che
rappresenta il miracolo dei capelli della Santa posto sull'altare nei sotterranei
attribuibile ad Alessandro Algardi e da vari dipinti di Francesco Rossi,
Domenico Guidi, Antonio Raggi ed Ercole Ferrata. La basilica, decorata da
marmi pregiati e da un uso esteso di stucchi dorati, annovera anche l'uso di
materiali sottratti ad altri edifici religiosi come nel caso delle colonne nelle
cappelle della crociera provenienti da San Giovanni in Laterano o le
campane sottratte alla Cattedrale di Castro nel Viterbese.
S AN L UIGI D EI F RANCESI
La chiesa di San Luigi dei Francesi di Roma viene realizzata a partire dal
1518 d.C. per volontà di quel cardinale Giulio de'Medici che, solo pochi anni
più tardi, sarebbe salito al soglio pontificio con il nome di Clemente VII.
Dopo la sospensione dei lavori del 1524 d.C., la fabbrica della basilica vive il
periodo di massimo attività durante la direzione di Domenico Fontana nel
decennio che va dal 1580 al 1589 e che si conclude con la consacrazione
dell'edificio.
La facciata di San Luigi dei Francesi, probabilmente riferibile ad un progetto
di Giacomo della Porta, si sviluppa su due ordini sovrapposti, culminanti con
un timpano triangolare, decorati orizzontalmente con cornici a rilievo e
verticalmente
da
lesene
con
capitelli
corinzi.
Il risultato è l'individuazione nel prospetto frontale di cinque settori distinti
per ognuno dei due livelli, quelli inferiori occupati centralmente dai tre
portali di accesso e lateralmente da statue allocate in nicchie, quelli superiori
da finestre ed un balcone centrale intervallati da altre due sculture
realizzate,
come
le
prime,
nel
1758
da
Pierre
Lestache.
L'impianto interno conta tre navate con cinque cappelle per lato finemente
decorate con uso di marmi e stucchi; è, tuttavia, l'arredo interno, più del
complesso architettonico a sorprendere tanto per il numero quanto per la
qualità delle opere ospitate.
Nella quinta cappella di
sinistra della basilica, ad
esempio, spiccano il "San
Matteo
e
l'angelo",la
"Vocazione
di
San
Matteo" ed il "Martirio di
San Matteo" dipinti dal
Caravaggio fra il 1597 ed
il 1602; a questi si può
aggiungere
un
vasto
elenco di opere di grande
pregio:
Nella volta.
P ALAZZO M AD AMA
Fu la residenza romana della famiglia fiorentina dei Medici. Il cardinale
Giovanni de' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico e futuro papa Leone X, nel
1503 prese in affitto la casa del vescovo Sinulfo, tesoriere di Sisto IV
Domenico Fontana nel 1589.
La vicinanza con la sede dell'università romana e i profondi interessi
umanistici
del
cardinale
una
biblioteca a disposizione degli studiosi
e una straordinaria raccolta di statue
antiche nel giardino del palazzo contribuirono
a
fare
della
sua
abitazione un luogo di ritrovo per tutta
la
cultura
dell'epoca.
Leone X nel 1523 affidò a Giuliano e
Antonio da Sangallo il rifacimento
dell'edificio destinato ad ospitare vari
esponenti della famiglia fiorentina e
successivamente Clemente VII lo
assegnò in usufrutto alla giovanissima
vedova del duca Alessandro de'
Medici, Margherita d'Austria, la famosa
"madama"figlia
naturale
dell'imperatore Carlo V- dalla quale
prese nome anche la villa di Monte
Mario.
La facciata fu arricchita nella prima
metà del Seicento con le abbondanti
decorazioni. Il palazzo nel 1755 divenne sede del governatore pontificio,
carcere criminale e carcere di polizia; sotto Pio IX ospitò il Ministero delle
Finanze e fu sede delle poste pontificie, dal 1870 sede del Senato del Regno
d'Italia alla cui prima seduta il 28 novembre del 1871 assistette Vittorio
Emanuele II. Dal 1929, un passaggio sotterraneo, collega questo edificio a
Palazzo Giustiniani.
C HIESA D I S ANTA M A RIA D ELLA P ACE
Piazza Santa Maria della Pace, è uno dei più perfetti esempi di teatralità
barocca. La costruzione della chiesa, che dà nome alla piazza, risale al 1480.
Sul luogo di una chiesetta medievale dedicata a sant'Andrea, Sisto IV diede
incarico a Baccio Pontelli di progettare la nuova chiesa in rispetto del voto
con il quale il pontefice aveva invocato la pace nel conflitto che a quell'epoca
devastava Firenze.
La piazza e la facciata della chiesa furono oggetto di un completo rifacimento
all'epoca di papa Alessandro VII. Fu incaricato dei lavori Pietro da Cortona,
l'altro grande esponente
del
barocco
romano
insieme
a
Bernini
e
Borromini.
L'architetto inventò una
facciata a due ordini
preceduta da un portico
semicircolare che con la
sua forma convessa si
collega alle ali laterali che
fungono
da
quinte
sceniche. All'interno della
chiesa, oltre ad opere di
Rosso Fiorentino e Orazio
Gentileschi si trovano i
famosi
affreschi
di
Raffaello rappresentanti
le Sibille e i profeti, che
gli valsero un'accusa di
plagio
da
parte
di
Michelangelo.
Sul fianco destro della
chiesa si apre l'ingresso
al famoso Chiostro del
Bramante,
esempio
dell'equilibrio di forme e
volumi rinascimentali e
che dopo un attento
restauro è oggi utilizzato
per mostre temporanee.
Oltrepassata la chiesa, il
reticolo di stradine ancora dal sapore medievale conduce verso la Via dei
Coronari.
C H I ESA
DI
S AN T ’A M BROGI O E C ARLO A L C ORSO
La titolazione vera della chiesa è ai SS. Ambrogio e Carlo, i due principali
patroni milanesi. Fin dal X secolo esisteva una chiesetta sul luogo del grande
tempio odierno, che nel 1471 fu concessa ai Lombardi residenti a Roma da
Sisto IV. I Lombardi (con il quale termine all'epoca si intendevano gli
abitanti di larga parte della pianura Padana) andarono concentrando la loro
presenza nella zona, e accanto alla chiesa, ricostruita, sorsero la sede di una
arciconfraternita e un ospedale. Tra l'atro pare che la chiesa avesse affreschi
di grande bellezza, opera di Perin del Vaga e Baldassarre Peruzzi; essa
sopravvisse durante la costruzione del nuovo tempio, per finire demolita
verso il 1672. Il nuovo tempio prese le mosse dalla canonizzazione di S.
Carlo, avvenuta nel 1610, e nel 1612 iniziarono i lavori ad opera di Onorio
Longhi, alla morte del
quale proseguiti dal
figlio Martino. Defunto
anche
questi
nel
1634,
seguì
un
interruzione dei lavori
fino al 1665, quando
furono
ripresi
da
Pietro da Cortona, che
progettò la cupola e
l'abside, conclusi nel
1672.
Infine
la
facciata,
gigantesca
ma vuota, con un
aspetto scenografico
che
appare
poco
collegato
al
corpo
retrostante
dell'edificio,
fu
costruita tra il 1682 e
il 1684 su progetto
del
cardinale
Alessandro
Omodei,
ed è stata restaurata
di
recente.
Dello
stesso periodo sono i
due edifici simmetrici
ai lati della chiesa,
che
un
tempo
ospitavano la confraternita e l'ospedale. In ogni caso occorre dire che
l'insieme doveva dare un maggior slancio alla facciata della chiesa quando
ancora sulla destra non si era creato lo slargo sul Corso dovuto alle
demolizioni per la realizzazione di piazza Augusto Imperatore (1934-1938).
E' invece splendida la vista della cupola e dell'abside di Pietro da Cortona
che si ha da questa piazza, e che in precedenza era nascosta dal fitto
tessuto edilizio. Entrando nella chiesa, colpisce subito l'ampia spazialità
dell'edificio a tre navate con cappelle laterali e volta a botte, e che inoltre,
caso unico a Roma, si articola nel presbiterio in un deambulatorio, cioè un
corridoio anulare che corre tutt'intorno all'abside, elemento architettonico
proprio dell'architettura gotica e che qui è certo ripreso da quello del Duomo
di Milano. La decorazione a stucchi della volta della navata centrale fu
realizzata su disegno del Da Cortona e ricche decorazioni in stucco sono pure
presenti nell'abside e nelle navate laterali.
C HIESA D I G ESÙ E M A RIA
La chiesa sorge sul luogo della cinquecentesca villa dei principi Orsini. Fu
acquistata nel 1615 dagli Agostiniani Scalzi che nel 1633 diedero inizio alla
nuova costruzione assieme al convento. Il progetto originario di Carlo
Maderno, risalente al 1633, fu rielaborato da Carlo Rainaldi nel 1675. La
facciata del Rainaldi riflette l'austerità dell'ordine mendicante: nella
tripartizione assume risalto la parte
corrispondente alla navata, rivestita di
travertino, con portale e finestrone tra
coppie di paraste corinzie e timpano
triangolare.
Il
sontuoso
interno,
orchestrato dal Rainaldi recuperando
tutta la spettacolarità barocca, è a sala
con volta a botte (tele di Giacinto
Brandi e allievi, 1685) e tre cappelle
per lato. L'impianto decorativo muta
tra il 1678 e il 1690 per volere del
cardinale
Giorgio
Bolognetti,
che
patrocinerà la manutenzione della
chiesa rendendola sacrario di famiglia.
All'interno,
collocati
sopra
i
confessionali, in forma di logge o
palchetti
teatrali,
si
trovano
i
monumenti
funebri
di
Pietro
e
Francesco Bolognetti, realizzato da
Francesco Aprile, di Mario e Giorgio
Bolognetti, eseguito da Francesco
Cavallini, di Ercole e Luigi Bolognetti
progettato da Michel Maille, di Camillo
del Corno, per opera di Domenico
Guidi, e di Giulio del Corno, scolpito da
Ercole Ferrata. Ricchissimo il presbiterio (1678-80) con altare maggiore su
disegno di Carlo Rainaldi: 'Incoronazione di Maria' di Giacinto Brandi, ai lati
dell'altare statue dei Ss.Giovanni Battista ed Evangelista di Giuseppe
Mazzuoli. La seconda cappella a sinistra fu ridecorata da Giuseppe Valadier
in forme neoclassiche (1824). La pala è del Brandi. I dipinti sull'altare e sulla
volta della sagrestia sono attribuiti a Giovanni Lanfranco
I L P ANTHEON
Il tempio del Pantheon di Roma viene eretto sull'area del Campo Marzio,
dove, secondo un'antica tradizione, il fondatore della città, Romolo, sarebbe
asceso al cielo. L'impianto primitivo della struttura, eretto nel 27a.C. per
ordine del console Marco Agrippa, è costituito da un tempio quadrato di stile
greco consacrato al culto di tutte le divinità che venivano venerate nelle
varie regioni dell'Impero. A seguito di terremoti ed incendi, appena novanta
anni più tardi, Adriano reputò che fosse necessario provvedere ad un
profondo restauro. Fra il 118 ed il 128 d.C., infatti, l'edificio subisce varie
modifiche nell'impianto con l'aggiunta del pronao, e l'erezione della più
grande cupola in calcestruzzo mai edificata. Benché la struttura risultante
del Pantheon possa considerarsi ben distinta da quella preesistente,
l'imperatore Adriano volle che sul frontone del portico fosse apposta
un'iscrizione che ricordava il primo committente: "M.Agrippa L:F: Cos
Tertium Fecit" – "Lo costruì Marco Agrippa, figlio di Lucio, console per la
terza volta". Nel 608 d.C. Foca, imperatore di Bisanzio, cede il tempio al
Papa Bonifacio IV che, dopo averlo consacrato al culto cristiano, lo rinomina
"Sancta Maria ad Martyres"; pochi anni più tardi, nel 663d.C., Costante II,
nuovo imperatore dell'Impero d'Oriente, dà ordine di rimuovere e
trasportare
a
Costantinopoli le
tegole in bronzo
dorato
che
ricoprivano
il
pronao,
ma
queste
vengono
rubate dagli arabi
durante
il
trasporto
via
mare.
Fra il 1623 ed il
1644 d.C., per
ordine di Papa
Urbano
VIII
Barberini,
i
rivestimenti
bronzei
del
portico vengono destinati in parte alla costruzione del Baldacchino del
Bernini in San Pietro ed in parte alla fusione di alcuni cannoni per la
fortezza di Castel Sant'Angelo. L'episodio, insieme alle varie spoliazioni di
materiali da costruzione che in quegli anni venivano perpetrate sui
monumenti della Roma imperiale, fece nascere fra la gente il detto: "Quod
non fecerunt Barbari, fecerunt Barberini" – "Quello che non fecero i barbari
lo fecero i Barberini".Negli stessi anni, per la volontà del pontefice di
accentuare il carattere clericale della struttura, il Bernini progetta e guida i
lavori per la costruzione di due campanili ai lati del timpano del pronao che,
da subito invisi alla cittadinanza, tanto da essere soprannominati "le
orecchie d'asino", saranno eliminati sul finire del XIX secolo. Il Pantheon cela
dietro al porticato con 16 colonne di granito, alte circa 14 metri e con una
circonferenza di oltre 4, un ambiente circolare illuminato solo dall'apertura di
9 metri di diametro dell' "oculus" posta sul vertice della cupola. Per
raggiungere gli oltre 43 metri d'altezza ed al tempo stesso di diametro di
quella stessa cupola, gli architetti romani furono costretti ad alleggerire
progressivamente i carichi, usando materiali sempre più leggeri e spessori
sempre più sottili via via che la costruzione procedeva verso l'alto. Mentre i
muri di base in travertino sono larghi circa 6.5 metri, salendo per i restanti 5
settori concentrici di cui si compone il Pantheon lo spessore decresce fino ad
1.5metri, e si incontrano passo a passo anelli in miscela di travertino e tufo
vulcanico, in tufo e mattoni, in mattoni, in mattoni e pietra pomice, e, al
vertice della struttura, in vasi di terracotta vuoti e pietra pomice.
All'interno, le modifiche rispetto ai prospetti di epoca imperiale sono dovuti
essenzialmente agli arredi sacri della chiesa e alla presenza dei monumenti
funebri di Baldassarre Peruzzi, Taddeo Zuccari, Raffaello Sanzio e dei reali
d'Italia.
P ALAZZO M O NTECITORI O
La modesta altura sulla quale fu costruito Palazzo Montecitorio è stata
generata da una discarica di materiali di epoca medievale. La zona,
controllata dai Colonna, dopo le
lotte baronali fu adattata ad orti e
giardini fino a quando, nel 1650, i
Ludovisi
diedero
incarico
a
Bernini di realizzare la propria
residenza.
L'architetto,
straordinario
interprete della vera essenza del
Barocco romano, realizzò un
edificio che, sia nella struttura
che nelle decorazioni, si adatta
alla morfologia del territorio. La
facciata del palazzo, lievemente
curva, segue l'andamento della
collina artificiale e gli elementi di
pietra appena sbozzata, dai quali
fuoriescono foglie e
rametti
spezzati, simulano un edificio
costruito
nella
viva
roccia.
L'artista ingaggia una sfida con la
natura,
cerca
di
sfruttarla,
piegarla alle proprie necessità,
seppure consapevole di non
la
pala
dell’altare
maggiore, di Corrado
Giaquinto, che raffigura
la Santissima Trinità e la
liberazione
di
uno
schiavo,
poterla dominare. I lavori, interrotti bruscamente a causa delle difficoltà
economiche dei Ludovisi, furono ripresi e portati a termine trent'anni dopo,
per volere di Papa Innocenzo XII che destinò l'edificio al massimo organismo
dell'amministrazione
della
giustizia:
la
Curia
Pontificia.
Il triplice portale è sormontato da una vela con l'orologio, corredata di tre
campane, la più grande delle quali scandiva l'orario di scuole ed uffici
pubblici. Palazzo Montecitorio, acquisito dallo Stato italiano e destinato ad
ospitare la Camera dei Deputati, fu ampliato nel 1919 con l'aggiunta del
nuovo
edificio
verso
Piazza
del
Parlamento.
L'obelisco, proveniente dall'orologio di Augusto, fu collocato sulla piazza alla
fine del ‘500, per volontà di Sisto V.
e la calotta, con la
rappresentazione
di
Abramo e i tre angeli e
Abramo e Sara, opere di
Antonio
González
Velázquez.
C HIESA D I S ANTA M A RIA IN V IA L ATA
La struttura primitiva risale al 687, periodo del pontificato di Sergio I, ed era
costituita da una diaconia su preesistenti strutture del V secolo. Secondo la
tradizione nella diaconia vennero ospitati Pietro e Paolo e gli evangelisti
Giovanni e Luca. Demolita nel 1491 venne ricostruita con interventi che si
protrassero per tutto il 1500,
e successivamente rinnovata
dal 1639 da Cosimo Fanzago
in occasione dell'anno santo
del 1650. La facciata barocca
è opera di Pietro Da Cortona
[1658-62] con due ordini
corinzi che si aprono nel
portico e nella sovrastante
loggia
con
serliana.
L'elegante campanile è opera
di Martino Longhi il Vecchio.
[1580] L'interno è suddiviso
in tre navate, scandite da
dodici
colonne
rosse
di
diaspro siciliano. Le navate
laterali hanno due altari
ciascuna e volta a crociera.
Lungo la navata destra nel
primo altare 'Martirio di
S.Andrea' di Giacinto Brandi.
[1685] nel secondo altare
'S.Giuseppe e i Ss.Nicola e
Biagio' di Giuseppe Ghezzi.
Nella
cappella
a
destra
dell'abside è collocato il
ciborio
di
alabastro
e
lapislazzuli.
Sull'
altare
maggiore,
attribuito
al
Bernini, [1636] tavola del XII secolo raffigurante la 'Madonna Advocata'.
Nella cappella a sinistra dell'abside 'Madonna con Bambino e i Santi Ciriaco e
Caterina' di Giovanni Odazzi del 1716. All'interno le tombe di Giuseppe
Napoleone e di Zenaide Bonaparte. Alla navata sinistra secondo altare con
'San Paolo battezza Sabina e i figli' di Pier Leone Ghezzi del 3° decennio del
XVIII secolo; nel primo altare 'Madonna tra i Santi Antonio, Lorenzo,
Prassede e Venanzio' di Pietro de Pietri [1705 circa]
C HIESA D ELLA S. S . T RINITÀ D EGLI S PAGNOLI
La chiesa e il convento annesso furono fatti costruire dai Trinitari spagnoli
tra il 1741 e il 1746, sotto il pontificato di Benedetto XIV, dall’architetto
portoghese Emanuele Rodriguez dos Santos aiutato da Giuseppe Sardi.
Intorno al 1880, ridotta al minimo la comunità dei padri trinitari, i Superiori
decisero la trasformazione del convento in Collegio per le missioni
dell’Estremo Oriente dei Domenicani, cha da quel momento ne diventano i
proprietari.
La facciata della chiesa è a forma concava, e le sue decorazioni ricordano
l’appartenenza della chiesa all’Ordine della Santissima Trinità: vi sono infatti
le statue dei due fondatori dell’Ordine, Giovanni de Matha e Felice di Valois;
inoltre vi sono le insegne regie del re spagnolo Filippo V.
L’interno, preceduto da un vestibolo, è a pianta ellittica, con sette cappelle
intercomunicanti, quattro a destra, e tre a sinistra. Le pitture presenti nella
chiesa sono quelle originali del Settecento.
Nel presbiterio spiccano:
Nella volta ellittica della
chiesa, è rappresentata,
in un quadro ovale, la
scena di San Giovanni di
Matha
in
gloria
di
Gregorio
Guglielmi
e
nelle cappelle laterali si
trovano numerose tele di
Andrea Casali.
costruzione di un itinerario
ITINERARIO BAROCCO + PANTHEON ROMA
classi
3^/4^/5^
istituto ipssar formia
corso di storia dell’arte
rif. documentazione www.romaviva.com