PIAZZA DI SPAGNA COLLEGIO DI PROPAGANDA FIDE FONTANA
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PIAZZA DI SPAGNA COLLEGIO DI PROPAGANDA FIDE FONTANA
P IAZZA D I S PAGNA F ONTANA D ELLA B ARCACCIA La forma irregolare della Piazza di Spagna di Roma si allarga davanti alla collina del Pincio, ai piedi della scalinata di Trinità dei Monti e come ideale punto di partenza della celebre e mondana Via Condotti. La forma attuale dell'intera area comincia a delinearsi intorno ai primi del '500 quando viene varata, su progetto di Carlo Maderno, la costruzione della chiesa francescana di Trinità dei Monti, consacrata poi da Sisto V nel 1587 d.C. Finché non ci furono i fondi necessari per realizzare la scalinata, garantiti da un lascito testamentario del 1660 del diplomatico francese Stefano Gueffier, e non furono risolte le diatribe sulla proprietà del terreno, il collegamento fra il vertice della collina e Piazza di Spagna era costituito da una coppia di sentieri che scendevano fra gli alberi. La scalinata di Trinità dei Monti nasce soltanto fra il 1723 ed il 1726 d.C. per mano di Francesco De Sanctis, come una serie di rampe e terrazzi, mai vincolati ad una qualche forma di simmetria spaziale ed in un perenne movimento scenografico grazie all'uso di percorsi rettilinei, curvi e poliganali. La piazza dove sorge il collegio dei gesuiti della "Propaganda Fide" nel 1662 d.C., ultima opera del Borromini, e la colonna ottocentesca dell'Immacolata, prende il nome di "Piazza di Spagna" nel XVII secolo, quando l'intera area viene considerata territorio facente parte dell'ambasciata di Spagna. Ai piedi della scalinata di Trinità dei Monti, Pietro Bernini, padre del più famoso Gianlorenzo, per effetto della scarsa pressione dell'acquedotto nella zona, sceglie di realizzare una fontana senza zampilli che fa sgorgare acqua dalle forme di una barca affondata; scolpisce così quella che è ritenuta, a ragione, una delle più particolari fontane di tutta Roma: la "Fontana della Barcaccia". COLLEGIO D I PROPAGAND A FID E Costruito dal Borromini per i gesuiti nel 1662, quando essi erano al culmine della loro potenza. I gesuiti volevano per la loro sede un palazzo fuori dal comune. La facciata è ritmata da larghi pilastri, tra cui si incurvano all’interno le finestre del primo piano, mentre quella centrale sporge verso l’esterno. Un marcapiano divide il piano terra dal primo piano, mentre la cornice sopra la finestra centrale convessa s’incurva verso l’interno contribuendo a sottolineare l’andamento mosso della facciata. Fatto curiosamente concomitante l' architetto si suicidò poco dopo averlo portato a termine. Il Palazzo di Propaganda Fide è un possedimento extraterritoriale della Santa Sede che si trova a Roma, nel rione Trevi, e si affaccia su Piazza di Spagna e su via di Propaganda. L’edificio è la sede del collegio gesuita del Vaticano e sin dall’inizio servì come sede della Congregazione per la diffusione della fede (Propaganda Fide), guidata dai Gesuiti, che fu fondata nel 1622 Il primo architetto incaricato dei lavori fu Gianlorenzo Bernini, che fu sostituito nel 1644 da Francesco Borromini, perché il suo stile era preferito dal committente, papa Innocenzo X. La fontana della Barcaccia è una celebre fontana di Roma, situata in Piazza di Spagna ai piedi della scalinata di Trinità dei Monti, che deve il suo nome alla sua forma di barcone che affonda. L'opera, del 1627, fu realizzata da Pietro Bernini, che lavorò aiutato anche dal figlio Gian Lorenzo su commissione del Papa Urbano VIII. Pare che la sua particolare forma sia stata ispirata dalla presenza sulla piazza di una barca, portata fin lì dall'alluvione del Tevere del 1598. La sua realizzazione comportò il superamento di alcune difficoltà tecniche, dovute alla bassa pressione dell'acquedotto dell'acqua Vergine in quel particolare luogo, che non permettevano la realizzazione di zampilli o cascatelle. Il Bernini tuttavia risolse l'inconveniente ideando la fontana a forma di barca semisommersa in una vasca posta leggermente al di sotto del piano stradale, con fontanelle di acqua (perfettame nte potabile) da poppa e da prua. Completano la Barcaccia le decorazioni a forma di soli e api dello stemma della famiglia del Papa committente, i Barberini. F ONTANA D I T REVI La Fontana di Trevi di Roma, realizzata sotto il pontificato di Clemente XII intorno al 1735 d.C. lungo Palazzo Poli, è opera dell'architetto Nicolò Salvi ed è ancora oggi alimentata dall'acquedotto Vergine progettato nel 19 a.C. dal conso le Agrip pa. Intor no all'eti molo gia del monu ment o esist ono alme no due ipote si che tragg ono entrambe origine dall'antica storia di Roma: c'è chi sostiene che il nome della Fontana di Trevi derivi da "Trivia", la fanciulla che avrebbe indicato al generale Marco Agrippa, di rientro a Roma dopo la vittoriosa battaglia di Anzio contro Antonio, la sorgente che poi servirà la fonte, mentre altri ritengono probabile l'allitterazione del toponimo latino "regio trivii", con il quale presumibilmente si indicava o l'incrocio di tre strade presso il quale sorgeva la fonte romana o la caratteristica stessa della fonte di avere tre distinti getti d'acqua. La prima opera di sistemazione e restauro dell'acquedotto viene varata da Papa Nicolò V Parentucelli ed affidata ai progetti di Leon Battista Alberti e di Bernardo Rossellino; successivamente Urbano VIII Barberini conferisce l'incarico di progettare una nuova fonte al Bernini che comincerà con il demolire il prospetto rinascimentale preesistente. I lavori, tuttavia, si arrestano alla messa in opera di un basamento ad esedra, con una vasca antistante in cui confluiscono tre bocche d'acqua e soltanto nel 1730 d.C., 90 anni più tardi, papa Clemente XII bandirà un concorso per la realizzazione definitiva della fontana di Trevi vinto da Nicola Salvi. L'attico della Fontana di Trevi è decorato da quattro statue personificate che rappresentano, a partire da sinistra, "l'Abbondanza dei frutti", di Agostino Corsini, "la Fertilità dei campi" di Bernardino Ludovisi, "i Doni dell'autunno" di Francesco Queirolo e "l'Amenità dei prati" di Bartolomeo Pincellotti ed è culminato da una grande iscrizione voluta da papa Clemente XII, il cui stemma, alla sommità, è fiancheggiato da due Fame di Paolo Benaglia. Nella nicchia più grande al centro, affiancata da colonne corinzie, l'imponente statua di Oceano, progettata da Giovan Battista Maini ma scolpita da Pietro Bracci, conduce un cocchio a forma di conchiglia guidato da un tritone e trainato da due cavalli marini alati, uno iroso e l'altro placido mentre ai lati trovano collocazione le personificazioni della Salubrità e dell'Abbondanza di Filippo Della Valle.Giuseppe Pannini, succeduto al Salvi nella direzione dei lavori quale nuovo architetto dell'Acqua Vergine, completa il progetto del Salvi con la creazione di bacini regolari con bordi levigati in marmo nella parte centrale della scogliera. La piccola piazza di Trevi, che accoglie la più famosa fontana di Roma, è probabilmente il luogo più affollato dai visitatori, i quali, come la tradizione vuole, lanciano una monetina nella vasca sperando che questo gesto garantisca loro di tornare ancora una volta a Roma. C HIESA D EI S.S. V INCEN ZO ED A N ASTASIO La chiesa dei Ss.Vincenzo e Anastasio sorge di fronte alla Fontana di Trevi. Fino al XIV secolo era conosciuta solamente come S.Anastasio de Trivio, ma anche con il titolo, mantenuto fino al 1876, di "Parrocchia Pontificia", sia perché situata non distante dal palazzo del Quirinale, allora residenza papale, sia perché nell'abside si conservano, in appositi loculi, i precordi (gli organi racchiusi nella cavità toracica vicino al cuore) che venivano tolti prima di imbalsamare il corpo dei pontefici. La chiesa fu completamente ricostruita tra il 1644 e il 1650 da Martino Longhi il Giovane per volere del cardinale Mazzarino, come testimoniato dallo stemma sormontato dal cappello cardinalizio che una coppia di angeli tiene in bella mostra al centro del triplice frontone. La facciata, a edicola su due ordini e ricoperta di travertino, presenta inoltre alcune particolarità, innanzitutto la presenza di ben 18 colonne che valsero alla chiesa l'appellativo di "Canneto": 10 nell'ordine inferiore e 6 nell'ordine superiore, più 2 poste ai lati del grande finestrone centrale. Esempio unico a Roma per una chiesa, la presenza di due statue di donna a seno nudo che sostengono, a braccia alzate, la trabeazione del secondo ordine e la presenza di un busto femminile sopra il portale, al centro del secondo timpano arcuato. L'interno, ad aula con tre cappelle per lato, custodisce un affresco del pittore Francesco Manno raffigurante i Ss.Vincenzo, Anastasio e Camillo, mentre sull'altare maggiore vi è una pala di Francesco De Rosa. P IAZZA N AVON A L'area di Piazza Navona a Roma ricalca le dimensioni e la forma dell'antico Stadio di Domiziano di epoca romana; un'arena lunga oltre 270 metri e larga circa 55, costruita intorno all'86 d.C. ed in grado di ospitare fino a 33000 persone. Dopo essere stata restaurata da Alessandro Severo, ed aver trovato l'attuale sistemazione per intervento di Papa Innocenzo X, nella piazza furono organizzati fino al XIX secolo, vari generi di spettacoli, celebrazioni, e durante il mese di agosto, quando la piazza veniva allagata chiudendo gli scarichi delle fontane, perfino naumachie. Il nome "Piazza Navona" trova probabilmente origine dalle competizioni che si svolgevano nell'area; dal termine latino "in agone" infatti, si sarebbe nel tempo passati al volgare "nagone" e definitivamente a "navona". Piazza Navona è longitudinalmete segnata dalla presenza di tre fontane; le laterali "Fontana del Nettuno o dei Calderoni" e "Fontana del Moro" si devono ai disegni di Giacomo della Porta, mentre la centrale "Fontana dei Fiumi" fu realizzata dal Bernini fra il 1648 ed il 1651 d.C. Di fronte a quest'ultima sorge, sulle rovine dello stadio di Domiziano e di un antica basilica ancora visitabili dai sotterranei dell'edificio, la chiesa a croce greca di Sant'Agnese in Agone, che, progettata inizialmente da G.Rinaldi, fu completata nel 1652 dal Borromini con la caratteristica facciata concava, i campanili gemelli e la cupola. F ONTANA D EI F IUMI D I B ERNI NI Tutta la struttura della Fontana dei Fiumi del Bernini sorregge l'obelisco egizio originariamente posto nel circo di Massenzio; sulle sporgenze della scogliera si ergono le personificazioni dei quattro fiumi realizzati dai collaboratori del maestro: il Danubio dal Raggi, il Gange dal Poussin, il Rio della Plata dal Baratta ed il Nilo dal Fancelli. Oltre a queste figure antropomorfe, simbolo dei quattro continenti allora noti, il bacino circolare è popolato da leoni ed altri animali fantastici, mentre al vertice della fontana dei quattro fiumi, fu posta una colomba in bronzo, simbolo al tempo stesso, sia dell'opera pacificatrice della Chiesa nel mondo, sia della famiglia del Pontefice che volle il monumento: i Pamphili. La tradizione vuole che le pose delle statue del Nilo e del Rio della Plata nella Fontana dei quattro fiumi, così come quelle della statua di Sant'Agnese nella base del campanile destro dell'antistante omonima chiesa, siano dovute alla rivalità fra i due maggiori architetti dell'epoca: Borromini e Bernini. Il Rio della Plata avrebbe la mano alzata per ripararsi dal crollo della facciata della Chiesa di Sant'Agnese in Agone mentre il Nilo avrebbe il capo velato, non per alludere al fatto che ancora fossero ignoti i luoghi delle sue sorgenti, ma per il rifiuto di vedere l'opera del Borromini; allo stesso modo gli abitanti di Roma vedono nel gesto di Sant'Agnese, che si tocca il petto con la mano, l'assicurazione che il Borromini stesso volle dare circa il fatto che la sua chiesa non sarebbe caduta. sufficientemente significativo nell'aneddotica della storia dell'arte: sembra, infatti, che il progetto si possa attribuire al Bernini, il quale tuttavia avrebbe preso spunto da un'idea del suo più acerrimo collega e rivale: il Borromini. S ANT 'A GNESE IN A GONE La chiesa di Sant'Agnese in Agone a Roma viene costruita a Piazza Navona nel XVII secolo su progetto iniziale di Carlo Rainaldi, ma con il decisivo intervento, fra il 1653 ed il 1657 d.C, di Francesco Borromini. F ONTANA D EL N ETTUNO La Fontana del Nettuno di Roma, nota anche come Fontana dei Calderai, è posta all'estremità settentrionale di Piazza Navona. L'opera deve il disegno e la realizzazione della sua vasca polilobata allo stesso Giacomo della Porta autore del bacino della Fontana del Moro all'estremità opposta della Piazza. Giunta fino all'unità d'Italia senza alcun corredo scultoreo, per dare alla Fontana del Nettuno una similitudine stilistica con le altre fontane dell'area, viene varato nel 1878 un concorso per la realizzazione dell'apparato monumentale che vede vincitori Gregorio Zappalà e Antonio Della Bitta. Il primo realizzerà il complesso decorativo a soggetto mitologico delle "Nereidi con putti e cavalli marini", il secondo il gruppo marmoreo "Nettuno lotta con una piovra" che riprende il tema dello scontro fisico che già nella fontana del Moro vede fronteggiarsi un etiope ed un delfino. F ONTANA D EL M OR O La Fontana del Moro, posta nella zona meridionale di Piazza Navona, deve il suo nome al gruppo scultoreo della vasca rappresentante un etiope in lotta con un delfino. L'opera, scolpita su disegno di Bernini nel 1654 d.C. da Giovanni Antonio Mari e che nella realtà raffigurerebbe un tritone, fu espressamente richiesta dalla cognata di Innocenzo X, Olimpia Maidalchini per dare ideale completamento al bacino polilobato di Giacomo della Porta, fatto posare nella piazza dal Pontefice Gregorio XIII già nel 1576. La maggior parte del corredo scultoreo, a partire dai tritoni e dalle maschere che ornano il bacino, sono delle copie degli originali oggi posti in alcune fontane del giardino di Villa Borghese. Mentre per i primi si deve pensare ad un opera originale realizzata nel tardo ‘500 da artisti quali Meschino, Taddeo Landini, Silla Longhi, Egidio della Rivera, la cui sottrazione ha reso necessario l'opera di integrazione affidata nel 1874 a Luigi Amici, per il gruppo delle maschere è bene ricordare come nella realtà Giacomo della Porta le avesse scolpite inizialmente per la Fontana in Piazza del Popolo e solo nel 1823 il Valadier le avesse poste nella Fontana del Moro. La piscina che ripete circondandola la forma della vasca, infine, rappresenta un particolare di scarsa importanza architettonica ma Papa Innocenzo X Pamphili, che ha il suo monumento funebre all'interno di questa stessa basilica, decide di procedere ad un riassetto urbanistico dell'area e far costruire la chiesa di Sant'Agnese in Agone quasi come una cappella privata annessa alla residenza di famiglia che le sorge a lato. Lo stretto rapporto che intercorre fra la chiesa e il palazzo Pamphili è ancora testimoniato da un'apertura nel tamburo della cupola che permetteva al pontefice di assistere alle celebrazioni direttamente dal suo appartamento. L'impianto a croce greca, nato sul luogo del martirio dell'omonima santa, che l'agiografia vuole miracolosamente ricoperta dai propri capelli dopo essere stata esposta nuda alla gogna, nasconde negli attuali sotterranei un oratorio medioevale ed alcune rovine dell'antico Stadio di Domiziano. Nel breve periodo in cui fu chiamato a sostituire Carlo Rainaldi alla direzione dei lavori, Francesco Borromini modifica il prospetto della facciata utilizzando dei volumi concavi per esaltare lo slancio della cupola incorniciata fra due campanili gemelli. L'interno di Sant'Agnese in Agone conta sette altari ed è impreziosito dagli affreschi di Gaulli, Ciro Ferri e Sebastiano Corbellini nella cupola, dalle statue di Piero Palo Campi e Melchiorre Caffà, da un rilievo marmoreo che rappresenta il miracolo dei capelli della Santa posto sull'altare nei sotterranei attribuibile ad Alessandro Algardi e da vari dipinti di Francesco Rossi, Domenico Guidi, Antonio Raggi ed Ercole Ferrata. La basilica, decorata da marmi pregiati e da un uso esteso di stucchi dorati, annovera anche l'uso di materiali sottratti ad altri edifici religiosi come nel caso delle colonne nelle cappelle della crociera provenienti da San Giovanni in Laterano o le campane sottratte alla Cattedrale di Castro nel Viterbese. S AN L UIGI D EI F RANCESI La chiesa di San Luigi dei Francesi di Roma viene realizzata a partire dal 1518 d.C. per volontà di quel cardinale Giulio de'Medici che, solo pochi anni più tardi, sarebbe salito al soglio pontificio con il nome di Clemente VII. Dopo la sospensione dei lavori del 1524 d.C., la fabbrica della basilica vive il periodo di massimo attività durante la direzione di Domenico Fontana nel decennio che va dal 1580 al 1589 e che si conclude con la consacrazione dell'edificio. La facciata di San Luigi dei Francesi, probabilmente riferibile ad un progetto di Giacomo della Porta, si sviluppa su due ordini sovrapposti, culminanti con un timpano triangolare, decorati orizzontalmente con cornici a rilievo e verticalmente da lesene con capitelli corinzi. Il risultato è l'individuazione nel prospetto frontale di cinque settori distinti per ognuno dei due livelli, quelli inferiori occupati centralmente dai tre portali di accesso e lateralmente da statue allocate in nicchie, quelli superiori da finestre ed un balcone centrale intervallati da altre due sculture realizzate, come le prime, nel 1758 da Pierre Lestache. L'impianto interno conta tre navate con cinque cappelle per lato finemente decorate con uso di marmi e stucchi; è, tuttavia, l'arredo interno, più del complesso architettonico a sorprendere tanto per il numero quanto per la qualità delle opere ospitate. Nella quinta cappella di sinistra della basilica, ad esempio, spiccano il "San Matteo e l'angelo",la "Vocazione di San Matteo" ed il "Martirio di San Matteo" dipinti dal Caravaggio fra il 1597 ed il 1602; a questi si può aggiungere un vasto elenco di opere di grande pregio: Nella volta. P ALAZZO M AD AMA Fu la residenza romana della famiglia fiorentina dei Medici. Il cardinale Giovanni de' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico e futuro papa Leone X, nel 1503 prese in affitto la casa del vescovo Sinulfo, tesoriere di Sisto IV Domenico Fontana nel 1589. La vicinanza con la sede dell'università romana e i profondi interessi umanistici del cardinale una biblioteca a disposizione degli studiosi e una straordinaria raccolta di statue antiche nel giardino del palazzo contribuirono a fare della sua abitazione un luogo di ritrovo per tutta la cultura dell'epoca. Leone X nel 1523 affidò a Giuliano e Antonio da Sangallo il rifacimento dell'edificio destinato ad ospitare vari esponenti della famiglia fiorentina e successivamente Clemente VII lo assegnò in usufrutto alla giovanissima vedova del duca Alessandro de' Medici, Margherita d'Austria, la famosa "madama"figlia naturale dell'imperatore Carlo V- dalla quale prese nome anche la villa di Monte Mario. La facciata fu arricchita nella prima metà del Seicento con le abbondanti decorazioni. Il palazzo nel 1755 divenne sede del governatore pontificio, carcere criminale e carcere di polizia; sotto Pio IX ospitò il Ministero delle Finanze e fu sede delle poste pontificie, dal 1870 sede del Senato del Regno d'Italia alla cui prima seduta il 28 novembre del 1871 assistette Vittorio Emanuele II. Dal 1929, un passaggio sotterraneo, collega questo edificio a Palazzo Giustiniani. C HIESA D I S ANTA M A RIA D ELLA P ACE Piazza Santa Maria della Pace, è uno dei più perfetti esempi di teatralità barocca. La costruzione della chiesa, che dà nome alla piazza, risale al 1480. Sul luogo di una chiesetta medievale dedicata a sant'Andrea, Sisto IV diede incarico a Baccio Pontelli di progettare la nuova chiesa in rispetto del voto con il quale il pontefice aveva invocato la pace nel conflitto che a quell'epoca devastava Firenze. La piazza e la facciata della chiesa furono oggetto di un completo rifacimento all'epoca di papa Alessandro VII. Fu incaricato dei lavori Pietro da Cortona, l'altro grande esponente del barocco romano insieme a Bernini e Borromini. L'architetto inventò una facciata a due ordini preceduta da un portico semicircolare che con la sua forma convessa si collega alle ali laterali che fungono da quinte sceniche. All'interno della chiesa, oltre ad opere di Rosso Fiorentino e Orazio Gentileschi si trovano i famosi affreschi di Raffaello rappresentanti le Sibille e i profeti, che gli valsero un'accusa di plagio da parte di Michelangelo. Sul fianco destro della chiesa si apre l'ingresso al famoso Chiostro del Bramante, esempio dell'equilibrio di forme e volumi rinascimentali e che dopo un attento restauro è oggi utilizzato per mostre temporanee. Oltrepassata la chiesa, il reticolo di stradine ancora dal sapore medievale conduce verso la Via dei Coronari. C H I ESA DI S AN T ’A M BROGI O E C ARLO A L C ORSO La titolazione vera della chiesa è ai SS. Ambrogio e Carlo, i due principali patroni milanesi. Fin dal X secolo esisteva una chiesetta sul luogo del grande tempio odierno, che nel 1471 fu concessa ai Lombardi residenti a Roma da Sisto IV. I Lombardi (con il quale termine all'epoca si intendevano gli abitanti di larga parte della pianura Padana) andarono concentrando la loro presenza nella zona, e accanto alla chiesa, ricostruita, sorsero la sede di una arciconfraternita e un ospedale. Tra l'atro pare che la chiesa avesse affreschi di grande bellezza, opera di Perin del Vaga e Baldassarre Peruzzi; essa sopravvisse durante la costruzione del nuovo tempio, per finire demolita verso il 1672. Il nuovo tempio prese le mosse dalla canonizzazione di S. Carlo, avvenuta nel 1610, e nel 1612 iniziarono i lavori ad opera di Onorio Longhi, alla morte del quale proseguiti dal figlio Martino. Defunto anche questi nel 1634, seguì un interruzione dei lavori fino al 1665, quando furono ripresi da Pietro da Cortona, che progettò la cupola e l'abside, conclusi nel 1672. Infine la facciata, gigantesca ma vuota, con un aspetto scenografico che appare poco collegato al corpo retrostante dell'edificio, fu costruita tra il 1682 e il 1684 su progetto del cardinale Alessandro Omodei, ed è stata restaurata di recente. Dello stesso periodo sono i due edifici simmetrici ai lati della chiesa, che un tempo ospitavano la confraternita e l'ospedale. In ogni caso occorre dire che l'insieme doveva dare un maggior slancio alla facciata della chiesa quando ancora sulla destra non si era creato lo slargo sul Corso dovuto alle demolizioni per la realizzazione di piazza Augusto Imperatore (1934-1938). E' invece splendida la vista della cupola e dell'abside di Pietro da Cortona che si ha da questa piazza, e che in precedenza era nascosta dal fitto tessuto edilizio. Entrando nella chiesa, colpisce subito l'ampia spazialità dell'edificio a tre navate con cappelle laterali e volta a botte, e che inoltre, caso unico a Roma, si articola nel presbiterio in un deambulatorio, cioè un corridoio anulare che corre tutt'intorno all'abside, elemento architettonico proprio dell'architettura gotica e che qui è certo ripreso da quello del Duomo di Milano. La decorazione a stucchi della volta della navata centrale fu realizzata su disegno del Da Cortona e ricche decorazioni in stucco sono pure presenti nell'abside e nelle navate laterali. C HIESA D I G ESÙ E M A RIA La chiesa sorge sul luogo della cinquecentesca villa dei principi Orsini. Fu acquistata nel 1615 dagli Agostiniani Scalzi che nel 1633 diedero inizio alla nuova costruzione assieme al convento. Il progetto originario di Carlo Maderno, risalente al 1633, fu rielaborato da Carlo Rainaldi nel 1675. La facciata del Rainaldi riflette l'austerità dell'ordine mendicante: nella tripartizione assume risalto la parte corrispondente alla navata, rivestita di travertino, con portale e finestrone tra coppie di paraste corinzie e timpano triangolare. Il sontuoso interno, orchestrato dal Rainaldi recuperando tutta la spettacolarità barocca, è a sala con volta a botte (tele di Giacinto Brandi e allievi, 1685) e tre cappelle per lato. L'impianto decorativo muta tra il 1678 e il 1690 per volere del cardinale Giorgio Bolognetti, che patrocinerà la manutenzione della chiesa rendendola sacrario di famiglia. All'interno, collocati sopra i confessionali, in forma di logge o palchetti teatrali, si trovano i monumenti funebri di Pietro e Francesco Bolognetti, realizzato da Francesco Aprile, di Mario e Giorgio Bolognetti, eseguito da Francesco Cavallini, di Ercole e Luigi Bolognetti progettato da Michel Maille, di Camillo del Corno, per opera di Domenico Guidi, e di Giulio del Corno, scolpito da Ercole Ferrata. Ricchissimo il presbiterio (1678-80) con altare maggiore su disegno di Carlo Rainaldi: 'Incoronazione di Maria' di Giacinto Brandi, ai lati dell'altare statue dei Ss.Giovanni Battista ed Evangelista di Giuseppe Mazzuoli. La seconda cappella a sinistra fu ridecorata da Giuseppe Valadier in forme neoclassiche (1824). La pala è del Brandi. I dipinti sull'altare e sulla volta della sagrestia sono attribuiti a Giovanni Lanfranco I L P ANTHEON Il tempio del Pantheon di Roma viene eretto sull'area del Campo Marzio, dove, secondo un'antica tradizione, il fondatore della città, Romolo, sarebbe asceso al cielo. L'impianto primitivo della struttura, eretto nel 27a.C. per ordine del console Marco Agrippa, è costituito da un tempio quadrato di stile greco consacrato al culto di tutte le divinità che venivano venerate nelle varie regioni dell'Impero. A seguito di terremoti ed incendi, appena novanta anni più tardi, Adriano reputò che fosse necessario provvedere ad un profondo restauro. Fra il 118 ed il 128 d.C., infatti, l'edificio subisce varie modifiche nell'impianto con l'aggiunta del pronao, e l'erezione della più grande cupola in calcestruzzo mai edificata. Benché la struttura risultante del Pantheon possa considerarsi ben distinta da quella preesistente, l'imperatore Adriano volle che sul frontone del portico fosse apposta un'iscrizione che ricordava il primo committente: "M.Agrippa L:F: Cos Tertium Fecit" – "Lo costruì Marco Agrippa, figlio di Lucio, console per la terza volta". Nel 608 d.C. Foca, imperatore di Bisanzio, cede il tempio al Papa Bonifacio IV che, dopo averlo consacrato al culto cristiano, lo rinomina "Sancta Maria ad Martyres"; pochi anni più tardi, nel 663d.C., Costante II, nuovo imperatore dell'Impero d'Oriente, dà ordine di rimuovere e trasportare a Costantinopoli le tegole in bronzo dorato che ricoprivano il pronao, ma queste vengono rubate dagli arabi durante il trasporto via mare. Fra il 1623 ed il 1644 d.C., per ordine di Papa Urbano VIII Barberini, i rivestimenti bronzei del portico vengono destinati in parte alla costruzione del Baldacchino del Bernini in San Pietro ed in parte alla fusione di alcuni cannoni per la fortezza di Castel Sant'Angelo. L'episodio, insieme alle varie spoliazioni di materiali da costruzione che in quegli anni venivano perpetrate sui monumenti della Roma imperiale, fece nascere fra la gente il detto: "Quod non fecerunt Barbari, fecerunt Barberini" – "Quello che non fecero i barbari lo fecero i Barberini".Negli stessi anni, per la volontà del pontefice di accentuare il carattere clericale della struttura, il Bernini progetta e guida i lavori per la costruzione di due campanili ai lati del timpano del pronao che, da subito invisi alla cittadinanza, tanto da essere soprannominati "le orecchie d'asino", saranno eliminati sul finire del XIX secolo. Il Pantheon cela dietro al porticato con 16 colonne di granito, alte circa 14 metri e con una circonferenza di oltre 4, un ambiente circolare illuminato solo dall'apertura di 9 metri di diametro dell' "oculus" posta sul vertice della cupola. Per raggiungere gli oltre 43 metri d'altezza ed al tempo stesso di diametro di quella stessa cupola, gli architetti romani furono costretti ad alleggerire progressivamente i carichi, usando materiali sempre più leggeri e spessori sempre più sottili via via che la costruzione procedeva verso l'alto. Mentre i muri di base in travertino sono larghi circa 6.5 metri, salendo per i restanti 5 settori concentrici di cui si compone il Pantheon lo spessore decresce fino ad 1.5metri, e si incontrano passo a passo anelli in miscela di travertino e tufo vulcanico, in tufo e mattoni, in mattoni, in mattoni e pietra pomice, e, al vertice della struttura, in vasi di terracotta vuoti e pietra pomice. All'interno, le modifiche rispetto ai prospetti di epoca imperiale sono dovuti essenzialmente agli arredi sacri della chiesa e alla presenza dei monumenti funebri di Baldassarre Peruzzi, Taddeo Zuccari, Raffaello Sanzio e dei reali d'Italia. P ALAZZO M O NTECITORI O La modesta altura sulla quale fu costruito Palazzo Montecitorio è stata generata da una discarica di materiali di epoca medievale. La zona, controllata dai Colonna, dopo le lotte baronali fu adattata ad orti e giardini fino a quando, nel 1650, i Ludovisi diedero incarico a Bernini di realizzare la propria residenza. L'architetto, straordinario interprete della vera essenza del Barocco romano, realizzò un edificio che, sia nella struttura che nelle decorazioni, si adatta alla morfologia del territorio. La facciata del palazzo, lievemente curva, segue l'andamento della collina artificiale e gli elementi di pietra appena sbozzata, dai quali fuoriescono foglie e rametti spezzati, simulano un edificio costruito nella viva roccia. L'artista ingaggia una sfida con la natura, cerca di sfruttarla, piegarla alle proprie necessità, seppure consapevole di non la pala dell’altare maggiore, di Corrado Giaquinto, che raffigura la Santissima Trinità e la liberazione di uno schiavo, poterla dominare. I lavori, interrotti bruscamente a causa delle difficoltà economiche dei Ludovisi, furono ripresi e portati a termine trent'anni dopo, per volere di Papa Innocenzo XII che destinò l'edificio al massimo organismo dell'amministrazione della giustizia: la Curia Pontificia. Il triplice portale è sormontato da una vela con l'orologio, corredata di tre campane, la più grande delle quali scandiva l'orario di scuole ed uffici pubblici. Palazzo Montecitorio, acquisito dallo Stato italiano e destinato ad ospitare la Camera dei Deputati, fu ampliato nel 1919 con l'aggiunta del nuovo edificio verso Piazza del Parlamento. L'obelisco, proveniente dall'orologio di Augusto, fu collocato sulla piazza alla fine del ‘500, per volontà di Sisto V. e la calotta, con la rappresentazione di Abramo e i tre angeli e Abramo e Sara, opere di Antonio González Velázquez. C HIESA D I S ANTA M A RIA IN V IA L ATA La struttura primitiva risale al 687, periodo del pontificato di Sergio I, ed era costituita da una diaconia su preesistenti strutture del V secolo. Secondo la tradizione nella diaconia vennero ospitati Pietro e Paolo e gli evangelisti Giovanni e Luca. Demolita nel 1491 venne ricostruita con interventi che si protrassero per tutto il 1500, e successivamente rinnovata dal 1639 da Cosimo Fanzago in occasione dell'anno santo del 1650. La facciata barocca è opera di Pietro Da Cortona [1658-62] con due ordini corinzi che si aprono nel portico e nella sovrastante loggia con serliana. L'elegante campanile è opera di Martino Longhi il Vecchio. [1580] L'interno è suddiviso in tre navate, scandite da dodici colonne rosse di diaspro siciliano. Le navate laterali hanno due altari ciascuna e volta a crociera. Lungo la navata destra nel primo altare 'Martirio di S.Andrea' di Giacinto Brandi. [1685] nel secondo altare 'S.Giuseppe e i Ss.Nicola e Biagio' di Giuseppe Ghezzi. Nella cappella a destra dell'abside è collocato il ciborio di alabastro e lapislazzuli. Sull' altare maggiore, attribuito al Bernini, [1636] tavola del XII secolo raffigurante la 'Madonna Advocata'. Nella cappella a sinistra dell'abside 'Madonna con Bambino e i Santi Ciriaco e Caterina' di Giovanni Odazzi del 1716. All'interno le tombe di Giuseppe Napoleone e di Zenaide Bonaparte. Alla navata sinistra secondo altare con 'San Paolo battezza Sabina e i figli' di Pier Leone Ghezzi del 3° decennio del XVIII secolo; nel primo altare 'Madonna tra i Santi Antonio, Lorenzo, Prassede e Venanzio' di Pietro de Pietri [1705 circa] C HIESA D ELLA S. S . T RINITÀ D EGLI S PAGNOLI La chiesa e il convento annesso furono fatti costruire dai Trinitari spagnoli tra il 1741 e il 1746, sotto il pontificato di Benedetto XIV, dall’architetto portoghese Emanuele Rodriguez dos Santos aiutato da Giuseppe Sardi. Intorno al 1880, ridotta al minimo la comunità dei padri trinitari, i Superiori decisero la trasformazione del convento in Collegio per le missioni dell’Estremo Oriente dei Domenicani, cha da quel momento ne diventano i proprietari. La facciata della chiesa è a forma concava, e le sue decorazioni ricordano l’appartenenza della chiesa all’Ordine della Santissima Trinità: vi sono infatti le statue dei due fondatori dell’Ordine, Giovanni de Matha e Felice di Valois; inoltre vi sono le insegne regie del re spagnolo Filippo V. L’interno, preceduto da un vestibolo, è a pianta ellittica, con sette cappelle intercomunicanti, quattro a destra, e tre a sinistra. Le pitture presenti nella chiesa sono quelle originali del Settecento. Nel presbiterio spiccano: Nella volta ellittica della chiesa, è rappresentata, in un quadro ovale, la scena di San Giovanni di Matha in gloria di Gregorio Guglielmi e nelle cappelle laterali si trovano numerose tele di Andrea Casali. costruzione di un itinerario ITINERARIO BAROCCO + PANTHEON ROMA classi 3^/4^/5^ istituto ipssar formia corso di storia dell’arte rif. documentazione www.romaviva.com