i fondamenti della previdenza sociale
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CAPITOLO I I FONDAMENTI DELLA PREVIDENZA SOCIALE BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: F. SANTORO PASSARELLI, Rischio e bisogno nella previdenza sociale, in Riv. it. prev. soc., 1948, 177; M.S. GIANNINI, Profili costituzionali della protezione sociale delle categorie lavoratrici, in Riv. giur. lav., 1953, I, 1; L. LEVI SANDRI, Linee di una teoria giuridica della previdenza sociale, Milano, 1953; L. BARASSI, Previdenza sociale e lavoro subordinato, Milano, 1954; V. GUELI, Il sistema giuridico delle assicurazioni sociali, in Trattato dir. lav., diretto da U. Borsi e F. Pergolesi, IV, 1, Padova, 1954; U. PROSPERETTI, Sulle nozioni di protezione sociale e di sicurezza sociale, in Riv. giur. lav., 1954, I, 298; A. VENTURI, I fondamenti scientifici della sicurezza sociale, Milano, 1954; A. BARETTONI ARLERI, Il rapporto giuridico previdenziale, in Riv. it. prev. soc., 1959, 6; M. PERSIANI, Il sistema giuridico della previdenza sociale, Padova, 1960; M. 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L’epoca moderna, tuttavia – a partire dal «secolo dei lumi» e dalla rivoluzione francese, ma con più ampi e concreti svolgimenti collegati alle vicende che hanno immediatamente preceduto, accompagnato e seguito il secondo conflitto mondiale –, ha visto i compiti di solidarietà, già esercitati dalla società civile nelle sue varie articolazioni, progressivamente dilatati, generalizzati e assunti tra le funzioni primarie dello Stato. Affermare che ciò rappresenta un’assoluta novità potrebbe rivelarsi imprudente: le esperienze di epoche e civiltà remote, ma anche di quelle più o meno prossime sono, in merito, così composite e varie e, soprattutto, ancora così parzialmente sondate dall’indagine storiografica, che qualsiasi affermazione in termini assoluti potrebbe, prima o poi, risultare clamorosamente smentita. D’altra parte, nell’età contemporanea anche il significato del fenomeno non sempre appare del tutto univocamente decifrabile. Si mescolano – sarebbe inutile nasconderselo – istanze di diversa matrice e valenza: quelle, in particolare, che hanno segnato il passaggio dallo Stato di diritto allo Stato sociale; dall’originario sistema capitalistico di stampo liberista a quello interventista del capitalismo maturo delle democrazie occidentali; dall’individuo «liberato» e «responsabilizzato», secondo l’obiettivo delle rivoluzioni moderne, all’individuo bisognoso ed insicuro, che ricerca generalizzata protezione nello Stato assistenziale dei nostri giorni. Né quel fenomeno risulta, ancor oggi, stabilmente assestato, ché, anzi, forti sono le tensioni al mutamento e le oscillazioni che periodicamente lo animano. È certamente nuovo, tuttavia – e come tale va, dunque, apprezzato –, quanto meno il diffuso, profondo radicarsi di tale riformulazione del rapporto tra singoli, società e Stato, che, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, interessa e accomuna praticamente tutti, ormai, gli Stati dell’area cosiddetta occidentale, alla quale apparteniamo. §1 I fondamenti della previdenza sociale 3 Non mancano certo «giustificazioni» di tale innovativo fenomeno nelle legislazioni dei singoli paesi. Basti qui ricordare, per il loro fondamentale rilievo, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino nella Francia del 1793, ma anche nei vari Stati europei la legislazione sociale che, a cavallo tra gli ultimi decenni del 1800 e i primi del 1900, con minor solennità, ma con indubbia concretezza, sostanzialmente si pone sulla stessa linea di intendimenti e intervento. Tuttavia, è essenzialmente nelle fonti di diritto internazionale dell’immediato dopoguerra che prendono corpo, si diffondono e consolidano la nuova visione e l’impegno di rifondazione di quel rapporto. Ed è nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 (cioè, l’indomani stesso della guerra), che, per la prima volta nella storia delle relazioni internazionali, si includono tra i diritti umani, accanto a quelli tradizionali di natura civile e politica, i diritti sociali, primo tra i quali quello alla «sicurezza sociale» (art. 22): «ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità». In tale documento risulta evidente l’influsso di esperienze, prima tra tutte quella che ha caratterizzato la vicenda della Repubblica di Weimar, nonché di programmi di profondo significato ideale e politico, quali, in particolare, quelli proposti negli Stati Uniti d’America dal presidente Roosevelt, con il new deal del 1929, e, soprattutto, in Inghilterra dal rapporto Beveridge del 1942. Specialmente quest’ultimo, elaborato durante gli anni di guerra, ma nella prospezione di un avvenire di pace, identifica nel «bisogno» l’ostacolo non unico, ma indubbiamente prevalente, che si frappone al programma di liberazione e sicurezza sociale. Il modello elaborato è quello della erogazione di prestazioni economiche e di servizi a tutti i cittadini in condizioni di bisogno (cioè, con redditi inferiori ad un certo livello), a carico finanziario della collettività, tramite la leva fiscale 1. 1 Al suddetto modello beveridgiano (meglio noto come social security plan) suole contrapporsi il modello bismarkiano, il quale mantiene una stretta correlazione tra stato di bisogno e reddito da lavoro, riservando l’accesso della tutela ai cittadini non in quanto tali, ma, appunto, in quanto produttori di reddito da lavoro: cfr. cap. II, par. 2. 2. Le fonti di diritto internazionale 4 Libertà dal bisogno e Costituzione Capitolo primo §2 La «libertà dal bisogno» rappresenta, dunque, l’obiettivo (primario) dei moderni ordinamenti che si ispirano a quei principi: ed il riferimento ad essa, anche quando non espressamente enunciato, perviene ad accrescere il novero delle «libertà» garantite o da garantire. Ed, in effetti, anche in Costituzioni che, come quella italiana, non la enunciano espressamente, pure è evidente come la garanzia di libertà dal bisogno idealmente sostenga e giustifichi tutta una serie di diritti e di libertà riconosciuti dall’ordinamento, tra i quali emergono il diritto alla salute – al quale, infatti, la Costituzione espressamente si riferisce come diritto fondamentale del singolo, oltre che interesse dell’intera collettività –, il diritto all’assistenza, il diritto alla previdenza, la libertà dell’iniziativa privata in campo assistenziale e previdenziale. È stata più volte sottolineata, tuttavia, la singolarità, rispetto ai tradizionali diritti di libertà, della fisionomia della libertà dal bisogno, così come quella dei diritti di libertà, testé ricordati, che ad essa sostanzialmente si informano. La «libertà dal bisogno» appartiene, infatti, alla categoria di quelle libertà per la cui soddisfazione non basta la garanzia di esenzione da interventi esterni, ma si richiede l’adozione, da parte del legislatore, di iniziative di carattere positivo, indirizzate ad un fine specifico. D’altra parte, in virtù del fondamento costituzionale che caratterizza i diritti sociali, si è fatto parimenti notare come non risulti più consono il riferimento ai diritti in questione secondo lo schema, sulla base del quale è stata elaborata la categoria dei diritti pubblici soggettivi (o dei diritti civici): cioè, di quei diritti del cittadino, aventi anch’essi ad oggetto una prestazione positiva da parte dello Stato, ma fondati sulla legge ordinaria e, dunque, subordinati alla discrezionalità del legislatore «secondario». 2. Diritti sociali, solidarietà e uguaglianza sostanziale nella Costituzione italiana Radicamento costituzionale dei diritti previdenziali Nell’ordinamento italiano i diritti sociali – e tra questi, in particolare, i diritti previdenziali, dei quali qui specificamente ci si occupa – trovano esplicito radicamento ed immediata garanzia, quanto all’an e al quid di una prestazione positiva, nella norma costituzionale 2. 2 Un primo gruppo di diritti sociali riguarda i cittadini in generale: diritto alla difesa in §2 I fondamenti della previdenza sociale 5 I diritti sociali sono, a tutti gli effetti diritti fondamentali e perfetti, anche se la loro diretta e piena azionabilità può risultare subordinata alla realizzazione da parte del legislatore ordinario dei profili modali (quomodo e quando) 3. D’altra parte, il radicamento costituzionale della garanzia esclude che la discrezionalità del legislatore ordinario in merito ai suddetti profili modali possa assumersi come piena ed insindacabile, sì da ricondurre, nei fatti, i suddetti diritti ad una prospettiva meramente «programmatica». Proprio quel fondamento impone, come è stato giustamente osservato, che l’eventuale sindacato incidentale di costituzionalità delle modalità di regolamentazione legislativa si eserciti in riferimento alla ragionevolezza della scelta adottata dal legislatore ordinario nel bilanciare l’esigenza di attuazione di quei diritti sia con gli altri interessi primari costituzionalmente garantiti, sia con le esigenze globali della finanza dello Stato. Nell’ambito della disciplina costituzionale, le tematiche della libertà dal bisogno direttamente si collegano al principio di eguaglianza, inteso in quell’accezione «sostanziale», che rappresenta la novità fondamentale del nostro testo costituzionale (art. 3, 2° comma, Cost.): inteso, cioè, non soltanto come apprestamento di rimedi compensatori per i più deboli (ad esempio, «i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione», che l’art. 24, 3° comma, Cost. garantisce ai non abbienti), ma soprattutto come ininterrotto processo di parificazione dei cittadini davanti alla legge, attraverso la progressiva rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale. In altre parole, si può affermare che nell’attuale ordinamento costituzionale la libertà dal bisogno è obiettivo che si qualifica e attua attraverso il collegamento della correlativa pretesa ad un contestuale ulteriore risultato, che, per molti versi, non è che la specificazione e insieme il «limite» di quella: il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva possibilità di partecipazione di ciascuno all’organizzazione politica, sociale ed economica del Paese. giudizio dei non abbienti (art. 24, 3° comma, Cost.), tutela della famiglia (art. 31), tutela della salute (art. 32), diritto all’assistenza e al mantenimento (art. 38, 1° e 5° comma); un secondo gruppo fa perno sul lavoro: diritto al lavoro (art. 4), diritto alla formazione e all’elevazione professionale (art. 35), diritto alla retribuzione sufficiente (art. 32), tutela del lavoro femminile e maschile (art. 37), diritto alla previdenza in caso di bisogno (art. 38, 2° comma). 3 Corte cost. 18 gennaio 1991, n. 20, in Giust. civ., 1991, I, 819; 27 luglio 1995, n. 409, ivi, 1995, I, 25. Il principio di uguaglianza sostanziale 6 Il principio di solidarietà Capitolo primo §3 Al soddisfacimento di quella pretesa – e non potrebbe essere altrimenti, trattandosi di provvedere al superamento di preesistenti condizioni di disparità sostanziale, interne al corpo sociale, e data la struttura democratica dello Stato – sono chiamati tutti i cittadini. Ad essi, per questo motivo, la Costituzione italiana espressamente e direttamente, come singoli e come formazioni sociali, impone «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (art. 2 Cost.). Il dovere di solidarietà, dunque, è stato recepito anche formalmente da tale fondamentale fonte normativa, e, nel disegno da questa espresso, idealmente rappresenta non già misura restrittiva o di coercizione, bensì strumento di promozione e garanzia della libertà di ciascuno, e, insieme, strumento di realizzazione del programma di «liberazione» e rinnovamento che il Costituente si è proposto come obiettivo. In ciò, peraltro, il dovere di solidarietà manifesta un carattere e un’attitudine ulteriori: poiché è imposta e riferita alla generalità dei cittadini, la solidarietà è, in via di principio, (anche) elemento di interrelazione e di coesione di tutto il corpo sociale, considerato unitariamente, e non frazionisticamente, cioè, «per gruppi». Sottolineare che la garanzia costituzionale ha ad oggetto la «persona» è necessario ed importante, comunque, anche per un ulteriore motivo: precisamente, perché solo in considerazione di tale riferimento appare possibile individuare quel necessario elemento di specificazione, o limite, ai doveri di solidarietà, che, viceversa, di per sé non traspare dalla generica formula usata dalla norma costituzionale. Se, dunque, la «persona» rappresenta il fine del sistema delle libertà costituzionali garantite, deve intendersi che la «solidarietà», imposta dalla norma costituzionale a garanzia di quel sistema di libertà, non abbia motivo di estendersi oltre quanto sia essenziale al conseguimento di quel fine, e che tale obiettivo, dunque, per quanto elastico possa risultare il riferimento al «libero sviluppo della persona umana», di quei doveri costituisca il naturale confine. 3. L’azione sociale dello Stato, in generale Espressione tipica dell’azione sociale dello Stato è la previdenza sociale. Tuttavia, di quest’ultima non è agevole definire la nozione giuri- §3 I fondamenti della previdenza sociale 7 dica, né delimitare i relativi ambiti rispetto a quelli contigui di altre forme di intervento sociale dello Stato, come, in particolare, quelli assistenziali 4. Ed, in effetti, sebbene il diritto della previdenza sociale risulti dotato ormai di riconosciuta autonomia scientifica e didattica, permangono tuttora sostanziali incertezze sia circa alcuni connotati della materia, sia (e correlativamente) circa la stessa delimitazione della «porzione» di ordinamento giuridico, cui, allo stato, con tale espressione sia giusto propriamente riferirsi. Ne conseguono, innanzitutto, una sorta di crisi di identità della «materia», ma anche una sostanziale ambiguità di quella nozione, dalla quale derivano, a loro volta, conseguenze di rilievo tanto sul piano pratico, che sul piano della configurazione teorica del sistema previdenziale nel suo complesso. Varie e composite sono le ragioni di tale stato di cose. Al proposito, va innanzitutto osservato, in via generale, che la materia della previdenza sociale, quale espressione tipica (ma non esaustiva) delle politiche sociali proprie dello Stato moderno, risente, ovviamente, di tutti i mutamenti di quelle. E le iniziative dello Stato sociale, per loro stessa natura, rispondono in prevalenza ad esigenze e problemi di ordine pratico; e questi, pur determinati da fenomeni di rilevanza generale, sono mutevoli nel tempo, nell’ambito di più o meno avvertite e consapevoli variazioni nel medio o lungo periodo della cosiddetta costituzione materiale. Un breve excursus storico delle vicende delle origini e successive varrà a chiarire meglio, nelle pagine che seguono, tale aspetto 5. Ma, nel quadro che qui si tratteggia in via del tutto preliminare, va anche tenuto conto del fatto che le politiche dello Stato sociale fin dall’origine non hanno trovato attuazione – e non si realizzano tuttora – soltanto attraverso mezzi e strumenti di trasferimenti monetari (nocciolo storico e riconosciuto della previdenza sociale), ma anche attraverso misure diversamente caratterizzate – quali, in particolare, le misure di prevenzione, l’erogazione di servizi (non necessariamente a carico dell’erario), l’attribuzione di crediti o esenzioni fiscali –, e non soltanto attraverso organismi pubblici, ma anche attraverso 4 5 Cfr. par. 7 del presente capitolo. Si rinvia al cap. II. Problematicità della nozione di previdenza sociale Le politiche sociali dello Stato 8 Capitolo primo §4 strutture ed iniziative private (sia pur delegate, controllate, promosse o assistite dalla mano pubblica) 6. Ne consegue che sia l’ambito della materia, sia il grado di effettività della protezione vanno apprezzati non solo «storicamente», ma anche in riferimento alle varie modalità secondo le quali si espande ed articola l’azione sociale dello Stato, nonché in riferimento al modo di rapportarsi ad essa delle «comunità intermedie». 4. L’idea della sicurezza sociale e l’elaborazione della nozione di previdenza sociale nell’ordinamento nazionale Nozione di sicurezza sociale I documenti internazionali A proposito dell’azione sociale dello Stato, si è fatto e si fa assai spesso ricorso al concetto di sicurezza sociale. Anche a tale espressione, tuttavia, non è agevole attribuire un unico valore semantico, né un sicuro radicamento di diritto positivo. Se, infatti, alla nozione di «sicurezza sociale» si riconoscono tutte le implicazioni che sono proprie di quel concetto – quali quelle, in particolare, che attengono alla sicurezza economica di ciascuno, alla prevenzione dei rischi sociali, allo sviluppo della persona umana e alla effettiva partecipazione dei lavoratori all’organizzazione del Paese –, di estensione in estensione, si può arrivare a comprendervi tutte le attività proprie della politica sociale: dalla tutela dell’occupazione alla tutela del reddito, dalla tutela della salute a quelle dell’ambiente e dell’edilizia, dall’istruzione alla giustizia, alla difesa, alla cultura, alla tutela del tempo libero, e così via. Ma, come è stato giustamente osservato, l’ipertrofia del concetto è suscettibile di determinare la sua sostanziale negazione, per difetto, se non altro, di pratica utilizzabilità. Una incontrovertibile e puntuale definizione di quel concetto, d’altronde, non è ricavabile neppure dalle fonti internazionali o dai testi di legislazione straniere, che, pure, in via originaria, l’hanno impiegata, e dai quali le norme di legge nazionali quel concetto hanno in gran parte mutuato – il Social security act americano del 1935 e quello neozelandese del 1938, la Carta atlantica del 1941, l’inglese piano Beveridge del 1942, l’Universal declaration of human rights, 6 Sul principio di sussidiarietà, v. capp. II, III e V, passim, nonché, sul ruolo delle soggettività private, cap. IV, par.1 (e ivi ulteriori riferimenti).