Scarica il PDF

Transcript

Scarica il PDF
®
NEOPRENE ECOLOGICO?
Nel mondo del surf si è fatto un gran parlare di mute
Chiunque è in grado di immaginare l’impatto ambientale di un
“ecologiche”, ossia mute realizzate in neoprene derivato da pietra
derivato del petrolio. Come per la benzina e per la maggior parte
calcarea invece che dal petrolio. Molti di coloro che lavorano a
dei prodotti chimici sintetici, anche le origini del butadiene da cui
Patagonia praticano surf e usano wetsuits, ma la produzione di
si ricava il cloroprene con il Metodo 1 partono dalle trivellazioni
questo capo è iniziata solo nel 2005. Quando per la prima volta
per l’estrazione del petrolio. Poi il greggio deve essere trasportato.
abbiamo pensato di addentrarci nella realizzazione di mute per
(E qui tornano alla mente le immagini della Trans-Alaska Pipeline,
il surf, abbiamo fatto visita ai produttori di materie prime per
della Exxon Valdez e degli uccelli morenti in chiazze di petrolio
sapere quali fossero i materiali a disposizione, i loro vantaggi e
riversato in mare). Nella raffineria, i componenti del greggio
svantaggi (inclusi quelli ambientali) e come si realizza il neoprene.
vengono separati per la sintesi di diversi composti organici,
Il materiale impiegato per la creazione di una muta è una
incluso il butadiene.
gomma porosa e spugnosa, che può essere laminata su entrambi
A differenza di quanto accade nel caso del petrolio, l’impatto
i lati con tessuto, in genere poliestere o nylon lavorato come
ambientale di qualcosa che si ottiene dal calcare è pressoché
jersey. I vari pezzi vengono incollati e/o cuciti insieme per dare
sconosciuto. Come il petrolio, anche il calcare è una risorsa
forma al capo finito e le cuciture possono essere sigillate per
limitata e non rinnovabile che viene estratta dal suolo con
l’impermeabilizzazione.
Lo strato spugnoso si ottiene da scaglie di policloroprene,
comunemente chiamato neoprene. Queste scaglie vengono fuse e
mescolate insieme con agenti schiumogeni e pigmento, di solito
nero di carbone, quindi cotte in uno speciale forno affinché si
espandano.
Per ottenere le scaglie di policloroprene, si procede alla
polimerizzazione dei monomeri del cloroprene; in questo
processo, molecole di piccole dimensioni vengono fatte reagire
per produrre le macromolecole più grandi (polimeri) di cui è
fatta la gomma. Esistono due modi per lavorare i monomeri del
cloroprene. Nel metodo più comune – Metodo 1 – il butadiene
viene sottoposto a un processo in due fasi di clorurazione e
successiva deidroclorurazione. Il butadiene impiegato nel Metodo
l’impiego di gru, scavatrici e autocarri con cassoni delle
dimensioni di una casa. La pietra calcarea polverizzata viene
posta in una fornace e riscaldata a temperature molto elevate
(circa 1982 C°) in un processo ad intenso consumo di energia.
Qui i componenti vengono fatti reagire con altri agenti chimici
creando una serie di derivati, tra cui il gas denominato acetilene.
Il cloroprene ricavato dal petrolio e quello ricavato da pietra
calcarea sono equivalenti dal punto di vista chimico. Con il
processo di polimerizzazione e scomposizione in scaglie, il
policloroprene derivato da pietra calcarea non è in sé più
resistente o più flessibile di quello ottenuto dal petrolio, né risulta
maggiormente isolante. Se esiste un vantaggio legato a un tessuto
rispetto all’altro è nei diversi metodi di lavorazione impiegati per
ottenere la sostanza spugnosa (il neoprene).
1 deriva dal petrolio. Nel Metodo 2, meno utilizzato, si procede
Per la maggior parte dei propri prodotti in neoprene, Patagonia
alla dimerizzazione dell’acetilene (reazione di due molecole di
utilizza policloroprene derivato da calcare; crediamo che ridurre
acetilene che insieme formano una doppia molecola), seguita
la nostra dipendenza dal petrolio e dai suoi derivati chimici
dalla idroclorurazione del dimero. L’acetilene usato nel Metodo 2
sia importante. Detto questo, sia il policloroprene derivato
si ottiene da pietra calcarea.
dal calcare che quello derivato dal petrolio hanno un impatto
pagina 1
©2012 Patagonia, Inc
ambientale ugualmente significativo, sebbene i versamenti di
calcare siano molto più semplici da ripulire.
A prescindere dalla materia prima da cui si ottiene, è proprio il
policloroprene di cui è composta buona parte di una muta ad
avere il maggiore impatto ambientale; gli altri componenti, come
il tessuto in nylon o in poliestere, rivestono un ruolo minore.
Patagonia ha ridotto l’impatto ambientale delle proprie wetsuits
utilizzando poliestere riciclato e lana prodotta senza l’utilizzo di
cloro per la fodera. Questi materiali sono infatti più rispettosi
dell’ambiente se paragonati al poliestere vergine o alla lana
prodotta con l’utilizzo di cloro, e il calore offerto dal nostro
interno Regulator ci consente di usare un minor quantitativo di
neoprene.
È positivo che gli amanti del surf dimostrino interesse verso le
cosiddette mute “verdi”. Ma la pietra calcarea non rende una
wetsuit più rispettosa dell’ambiente. È necessario orientarsi
verso nuovi materiali innovativi e metodi di lavorazione
alternativi. Se ad esempio potessimo sostituire il policloroprene
con un materiale completamente diverso, si avrebbe un’effettiva
riduzione dell’impatto ambientale delle wetsuits.
Un altro modo per rendere più “ecologiche” le nostre mute
potrebbe essere concentrarsi maggiormente sugli adesivi utilizzati
sia per il processo di laminazione che per quello di incollaggio. I
solventi impiegati in tali processi evaporano nell’aria durante la
produzione, inquinando l’ambiente con COV (composti organici
volatili). La conversione a metodi non tossici e più rispettosi
dell’ambiente nella laminazione del tessuto in neoprene e
nell’incollaggio dei pezzi tagliati contribuirebbe significativamente
a ridurre l’impatto ambientale di una wetsuit.
Sono queste le sfide che Patagonia e il settore del surf dovranno
affrontare per creare mute realmente “ecologiche”.
pagina 2
©2012 Patagonia, Inc