Ascendere all`Inferno Da Aquamagia, morbido paradiso verde, c

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Ascendere all`Inferno Da Aquamagia, morbido paradiso verde, c
Ascendere all’Inferno
Da Aquamagia, morbido paradiso verde,
c’erano un tempo due sentieri che portavano alla Valle del Bove,
uno a labili tornanti
su per il Salto della Giumenta,
e un altro meno erto che l’aggirava
dalla sua estremità settentrionale, Monte Calanna,
difficili entrambi e recanti i segni
del grande amante di quei luoghi Gino Menza,
barre a “v” capovolta confitte nella lava,
per indicare al viandante ignaro
la giusta direzione per l’Inferno.
Chiamo così la Valle del Bove
perché già allora, prima del ’92, lo era.
Dubito che un bue abbia mai potuto
calcar zoccolo in quel luogo inaccessibile
e arido, dove proliferavan solo cespi spinosi,
sgraditi credo anche ai più resistenti e affamati.
La Valle del Bove e il Salto della Giumenta,
nome della cascata di lava che unisce
la prima, più alta, ad Aquamagia,
(oggi tutto è ricoperto di lava scurissima
che solo tra diecimila anni ospiterà un alberello)
eran già allora nomi bucolici, da letterati
come sempre languidi ed edulcoranti.
La Valle del Bove è inoltre così estesa
da non sembrare neppure una valle
ma una terra senza fine, estrema in tutto,
senza una goccia d’acqua, con un’eccezione
dovuta a Gino Menza.
Si presentava già come un piano immenso
chiuso da un’altissima parete semicircolare
vicina dal lato accessibile, lontanissima,
avvolta di foschia, all’opposto.
Le pareti avevano una loro identità.
A destra le frastagliature di Monte Zoccolaro,
dove Gino Menza, sempre in cerca di sentieri difficili, morì.
In quel punto amici e ammiratori
posero una grandiosa croce d’acciaio.
Viene poi la Schiena dell’Asino
che sovrasta un piccolo cratere avventizio,
assai verde a suo tempo, detto Isola Bella,
quindi l’immane cascata di sabbia della Montagnola.
Appresso il bordo della valle rientra di tanto
nel cono vulcanico che incide
da finire proprio sotto il Cratere Centrale,
da cui viene incessantemente bombardata,
e poi la Valle settentrionale,
ancor più misteriosa, sopra la Valle del Leone,
sovrastata dall’imponente cono di Monte Pizzillo,
gemello nordico della Montagnola.
Sotto il Cratere Centrale vi sono monti craterici
detti Centenari, che ogni tanto fumano,
spettrali, come spettrali sono le escrescenze
perpendicolari alle pareti della valle,
che fan pensare a frammenti della Grande Muraglia Cinese.
Ai piedi di Isola Bella v’era un albero grandioso
calcificato da un fulmine e detto per l’appunto
Grande Albero Bianco,da me Spettro.
E in fondo finalmente la mano dell’uomo,
i ruderi del Rifugio Gino Menza,
voluto da quell’uomo prodigioso verso il 1930,
e messo su con fatica enorme,
mobilitando muli a schiere e uomini
pagati tutti di tasca propria,
sebbene il Fascio si dicesse d’accordo e lo elogiasse,
senza sganciare un millesimo.
Ma come si dice in Sicilia
Cu pati p’amuri non senti duluri
e Gino Menza, che riusciva ad amare l’Inferno
più che la magnifica Aquamagia sottostante
riuscì a trasformarlo in un luogo di escursioni,
lunghe passeggiate in sci su fondo piano,
serate intorno al camino in pieno inverno
e raccontarsi avventure, a cantare,
proprio lì, nel cuore dell’Inferno.
E riuscì a trovare l’acqua, una sorgentina
nascosta tra inaccessibili pieghe di roccia
ai piedi della Montagnola che sovrastava il Rifugio.
La scoprì, la convogliò in un tubo d’acciaio
giunto fin lì a dorso di mulo
e così il suo Rifugio ebbe la sua più importante ospite,
l’acqua, che convenientemente fu raccolta in cisterna.
II
Sentivo parlare della Valle del Bove
da gente che incontravo in Aquamagia:
magica anch’essa, di diversa intonazione,
non vitalistica ma misterica.
Ne provai fascino ugualmente
e decisi di salirvi da Aquamagia.
Di fronte a me avevo il ripidissimo Salto della Giumenta.
La sommità era piana e l’immaginavo come il bordo
di una grandiosa valle sottostante.
Invece, come seppi dopo, rispetto ad essa la Valle del Bove
era addirittura lievemente rialzata, ma da lì non si vedeva.
III
Provai ad arrivarvi da solo, nell’estate del ’77,
senza però riuscire a raggiungere
quella sognata, agognata, immaginata, temuta Valle del Bove,
santuario naturale del mistero.
Vi riprovai di nuovo a ottobre,
che mi fece dono allo scopo
di una magnifica giornata estiva
finalmente raggiunsi la Valle sconfinata,
cinquecento metri più in alto di Aquamagia.
Stavolta i segnali a “v” capovolta
li vidi tutti e sebbene il sentiero
fosse tale soltanto nelle mie aspettative
nondimeno conduceva davvero alla Valle
e fu così che vidi i luoghi più sopra descritti.
Rimasi di stucco, io che mi sentivo
come il primo astronauta sulla Luna,
quando scoprii un gruppetto di miei simili
che bivaccava presso l’Isola Bella.
Com’eran giunti lì? Io non avevo sentito voci
né avanti né dietro me, né doveva esserci altra strada!
Familiarizzando con loro mi dissero
ch’eran giunti fin lì scendendo dalla Schiena dell’Asino,
dov’eran saliti dalla Casa del Vescovo,
sulla Zafferana-Rifugio Sapienza.
Proprio agli inizi della salita
avevan fatto scorte d’acqua alla sorgente Acquarocca,
che si presentò a me più tardi come una pozza
d’acqua limpida e rigenerata,
unica sorgente ad alta quota insieme
alla magnifica fontana d’Aquamagia.
Sentiero realizzato dall’onnipresente Gino Menza.
Mi indicaron da lontano quanto restava del rifugio,
una piccola macchia bianca in fondo a una steppa arida.
Loro facevano uno spuntino prima di rifare
dopo un paio d’ore la strada all’indietro.
Chiesi se avevo il tempo di visitare il Rifugio
non senza un po’ di rammarico,
e poi tornare con loro per quella via imprevista.
Sopportai il dramma che la strada da me faticosamente tentata
non era l’unica, l’Assoluta.
l’Inferno comunque era quello, la steppa brulla,
spinosa, infinita, arida, primordiale
e in fondo l’unico segno della presenza umana,
il Rifugio Gino Menza.
Lo raggiunsi in un cammino che mi parve senza fine,
e lo trovai spettrale, diruto, cigolante,
nudo di suppellettili, tutto muri, solo muri,
in gran parte crepati, con infiniti nomi e scritte ricordo
a carboncino, più indelebili delle incisioni,
uno scabro monumento ai sogni, alla dedizione
alle idee fisse che durano una vita,
nevrosi che diventano a volte
meravigliose conquiste collettive
finchè rimane in vita chi le concepì,
una volontà sovrana che può domare il cosmo
finchè non viene senza preavviso il risveglio
da una vita vissuta come un sogno.
IV
Vedo il conquistatore e grande riformatore
della valle infernale detta del Bove
organizzare squadre d’uomini per segnare trazzere,
muri a secco, bordature e scale
(ne restan qua e là rovine sepolte
come nei luoghi sacri dei Maya).
Operai all’opera come se da lì prima o poi
dovesse passare una ferrovia mitica,
transcontinentale, che unisse luoghi impossibili,
per esempio la realtà e i sogni,
capostazione Gino Menza.
V
Voleva umanizzarla, renderla abitabile.
Ma la Valle restò fedele
al suo demoniaco cromosoma,
sì che ribattezzarla Death Valley,
per la grande somiglianza con quella
non sarebbe punto ingiustificato.
Ti son stato infedele, Aquamagia?
Sempre mi divora il mistero,
restarne privo se posso fruirne
è la peggiore forma di anoressia.
Sono fedele a entrambe le valli,
il Paradiso e l’Inferno
ed è vero, son duplice sempre,
oppositorio, parallelo,
nato biunivoco per restare tale.