il percorso della liberta

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il percorso della liberta
65° ANNIVERSARIO
dei deportati Franco Tosi
a Mauthausen
MEMORIA
ATTIVA
Il percorso della libertà
Per fare memoria dell’orrore di stragi ed assassini prodotti dall’odio;
per esprimere gratitudine a quanti nel travagliato secolo scorso,
con scelte coraggiose hanno difeso vite umane, la libertà, la democrazia.
Il dipinto è di Joseph NASSY, artista del Suriname, mulatto ed ebreo,
internato dai Nazisti a Laufen e Tittmoning in Baviera dal 1942 al 1945.
15/16 Gennaio 2009
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INDICE
Il percorso della libertà – Perchè ricordare.
Liliana Segre sopravvissuta ad Auschwitz.
Il fatidico giorno: 5 gennaio 1944 alla Franco Tosi.
20 ottobre 1994: il tragico evento bellico alla Filotecnica Salmoiraghi - oggi Selex Galileo Avionica Nerviano.
S.A Ercole COMERIO: arrestati e deportati a Mauthausen Giuseppe Ciampini e Giannino DE TOMASI.
La ROSA BIANCA: un fiore di libertà.
GLI SCHIAVI DI HITLER: l’altra resistenza dei deportati e internati italiani 1943-1945.
Introduzione alla Musica KLEZMER di Moni OVADIA.
VLADAH KLEZMER BAND.
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IL PERCORSO DELLA LIBERTÀ
PERCHÈ RICORDARE
A distanza di molti anni dagli eventi tragici del 1944 che segnarono cittadini, lavoratori e studenti del nostro territorio,
oggi si fanno considerazioni: “a che serve commemorare e
celebrare queste ricorrenze.
Quelli che devono sapere sanno tutto. Chi ha rimosso il problema lo ha fatto. Una cerimonia in più è così importante “
Come si vede ci riferiamo a modi di pensare non di cittadini
revisionisti o negazionisti, ma di persone autenticamente democratiche che in occasione di eventi obbligati e istituzionali,
si interrogano, riflettono e valutano sul senso delle celebrazioni legate alla memoria.
Per noi lavoratori della Franco Tosi, fare memoria attiva serve
a non perdere il senso della proporzione e non smarrire il filo
della storia.
Come diceva Padre David Maria Turoldo: Parlo della resistenza per amore verso i morti, perché non si possono tradire impunemente, i morti... la resistenza è anche adesso, è un fatto
dello spirito”. La resistenza per noi è un criterio permanente
e orientare.
Oggi più che mai è importante capire il senso della memoria
per il mondo ebraico.
Il 23 aprile di ogni anno gli ebrei si siedono a tavola, per celebrare la cena pasquale, per ricordare la liberazione dall’Egitto.
E’ una celebrazione molto emotiva, dove ai giovani si spiega
perché si celebra una ricorrenza vecchia di 3500 anni fa.
E’ un momento dove ricordando il grande evento si costruisce
una relazione tra anteriorità – interiorità e progetto.
La liberazione dall’Egitto è la prima “liberazione dal basso”,
seguita dal messaggio evangelico, e proseguita con l’affermazione dei concetti di uguaglianza e fraternità della rivoluzione francese. In questo straordinario cammino si inserisce
in modo perfettamente integrato la resistenza. La resistenza
come concetto legato alla libertà.
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Oggi il problema che si evidenzia è che il 14 Luglio è la festa
di tutti i francesi. Il 25 Aprile non lo è ancora purtroppo per tutti
gli italiani.
Ricordare le esperienze, quelle dei ghetti, in particolare quelli
di Varsavia, dello sterminio di 500.000 Rom e Sinti sterminati
durante la Shoah, delle rappresaglie, alle fucilazioni delle Fosse Ardeatine, di Stazzena, si ritrova il percorso della resistenza, al sacrificio di giovani che caricarono di senso la propria
vita e lottarono per la vita e per la libertà.
Ci dispiace doverlo dire ma i giovani di SALO’ hanno scelto la
morte. Questa è la differenza fondamentale.
Quelli che hanno servito il fascismo servivano un idea di disprezzo del diverso, di sopraffazione, di colonialismo, di razzismo.
Per questo riteniamo necessario ricordare, celebrare, e soprattutto trasformare la resistenza, attraverso gli eventi, in
qualcosa di sentito, che nasca dalla nostra interiorità.
Chi aspira ad una riconciliazione che appiattisca e parifichi
tutto, intossica la memoria, avvelena la società. Questo non è
possibile accettarlo.
Diverso è il lavoro degli storici che devono scavare in profondità per ricostruire gli eventi
L’unica riconciliazione nazionale che si può proporre richiamandoci sempre alle parole di Padre David Maria Turoldo “il
25 Aprile diventi per gli italiani un rito spirituale sacro, laico e
religioso; collettivo perché deve essere aperto a tutti”.
Ecco perché è utile e doveroso fare memoria in modo attivo,
per far luce, per generare interesse, apprendimento e allargare l’orizzonte di ciò che si fa e che conosciamo.
Il nostro impegno di fare memoria è improntato a prospettare
e favorire un modo di vivere e di relazionarci tra persone legato ai valori di libertà , tolleranza, democrazia per non limitarci
alle corone di alloro, doverose, ma insufficienti a formare coscienze autenticamente libere.
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LILIANA SEGRE SOPRAVVISSUTA
AD AUSCHWITZ
Avevo otto anni al momento delle leggi razziali e mi ricordo
come una netta cesura della mia vita quella fine estate del
1938 quando mio papà cercò di spiegarmi che, poiché ero
una bambina ebrea, non avrei potuto continuare ad andare a
scuola. Non posso dire di aver capito allora quello che stava
succedendo, però mi sono sempre ricordata, dopo, come mi
ero sentita quel giorno che ha diviso la mia vita in un prima e
un dopo.
La mia era sempre stata una famiglia laica e io non mi ero mai
posta il problema di cosa volesse dire essere una bambina
ebrea. Lo avrei ben capito in seguito, anno dopo anno, giorno dopo giorno, man mano che la persecuzione si è fatta più
dura, quando è scoppiata la guerra ei nazisti sono diventati i
padroni dell’Italia del Nord.
Nel 1943 ero una ragazzina ormai tredicenne, molto consapevole di quello che avveniva intorno a lei.
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Falliti i tentativi di sfuggire alla persecuzione, nel corso dei
quali dovetti abbandonare la mia casa e dire addio ai miei
nonni, poco prima che venissero deportati e uccisi ad AUSCHWITZ, prima che ci arrivassi io, anche per me e mio papà
venne il momento di tentare la fuga in Svizzera.
Anche per noi le cose andarono male, non trovammo però,
come Goti, dei contrabbandieri che ci vendettero per quattro
soldi, ma un ufficiale svizzero, di una piccola stazione di frontiera del Canton Ticino, che ci riconsegnò alle autorità italiane
dopo che eravamo già riusciti ad espatriare.
Entrai così, a 13 anni,nel carcere di Varese ed ero sola
nell’umiliante trafila della fotografia e delle impronte digitali…
Arrivammo a AUSCHWITZ in pieno inverno. Era stato un viaggio inumano, ma inumano fu l’arrivo: quando fummo scaricate
a calci e pugni su quella spianta enorme che i nostri aguzzini
avevano preparato per noi nel lager di Birkenau, un lager femminile enorme, una città di disperazione.
Brano tratto dalla sua testimonianza nell’incontro “novecento barbaro”
Liliana SEGRE abita a Milano, dove è nata e
dove aveva vissuto da bambina fino al tempo
del suo arresto e della deportazione.
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IL FATIDICO GIORNO: 5 GENNAIO 1944
ALLA FRANCO TOSI
In tutta l’Europa occupata non si è verificata nessuna dimostrazione di massa che possa essere paragonata alla rivolta
dei lavoratori in Italia. E’ il momento culminante di una campagna di sabotaggi, di scioperi locali e di guerriglia che ha
avuto meno pubblicità di tutti gli altri movimenti di resistenza
solo perché l’Italia settentrionale è rimasta isolata dal mondo
esterno. E’ dunque in questo contesto che dobbiamo inserire la situazione della Franco Tosi e delle altre industrie del
Legnanese. Anche nella nostra zona, infatti, le settimane a
cavallo tra il 1943 e il 1944 videro una forte crescita delle proteste dei lavoratori.
Quando si parla degli anni 1943 – 1944 non bisogna però dimenticare che a Legnano non esisteva soltanto la Tosi, ma
anche una miriade di fabbriche in cui si organizzava la resistenza sindacale e politica, come le fabbriche metalmeccaniche Comerio, Bozzi, POMINI di Castellana, Salmoiraghi di
Nerviano e le fabbriche e;tessili Brusadelli, Cantoni, Manifattura, De-Angeli-Frua, Agosti, insomma c’era realmente un’attività che esprimeva sempre di più la capacità politica degli
operai e impiegati di creare il sostegno necessario per poter
giungere alla conclusione politica del 25 aprile 1945.
Sul finire del 1943 la Situazione alla Franco Tosi si fece incandescente, soprattutto per motivi legati ai bassi salari. Fin dalla
metà del mese di dicembre iniziarono gli scioperi e, parallelamente, i tentativi di accordo e di mediazione tra la direzione
e la Commissione Interna che si era costituita nelle giornate
successive al 25 Luglio ed alla caduta di Mussolini.
Il 5 Gennaio del 1944 nel piazzale interno della fabbrica si radunarono tutti gli operai, speranzosi di ricevere una conferma
ufficiale degli accordi raggiunti per un adeguamento almeno
parziale dei salari al continuo aumento del costo della vita. Si
desiderava in particolare introdurre anche a Legnano alcune
facilitazioni già adottate per i colleghi di Milano. Il clima appari7
va dunque teso e forti erano i sentimenti di esasperazione per
una trattativa tirata ormai troppo alla lunga. Mentre la massa
degli operai era in attesa si verificò un discutibile episodio di
violenza, che contribuì a fare precipitare la situazione.
Un gruppo di lavoratori scatenò la caccia al direttore amministrativo, che era il dott. Stegagnini. Costui, forse informato
di ciò, fuggì in un luogo che serviva da rifugio per i bombardamenti; li fu trovato attorno alla dieci di mattina e condotto
attraverso i reparti dell’azienda affinché si rendesse conto di
persona delle condizioni materiali e lavorative dei lavoratori.
Dopo questo tragitto obbligato, che si può definire un calvario,
arrivò verso le tredici al reparto calderai.
Dopo averlo colpito con un forte pugno sulla scalinata che
conduceva a quel settore della fabbrica, lo portarono in infermeria e lo lasciarono lì. La salvezza di Stegagnini fu dovuta probabilmente al buon senso di molti operai presenti che
calmarono i più scalmanati. A quel tempo operaio nel reparto
calderai, Stegagnini contribuì con la sua rigidezza a esasperare i manifestanti, affermando di voler trattare solo in presenza
dei tedeschi.
Mentre si svolgevano questi avvenimenti, la Commissione Interna della Tosi si era insediata nella palazzina della Direzione
e dell’amministrazione della fabbrica ed aveva Zimmermann,
capo delle SS e specialista in materia di “trattative” con il quale si sarebbe potuto concludere la vertenza.
Il Comando delle SS a Milano aveva ricevuto una segnalazione nella mattinata di disordini alla Franco Tosi di Legnano.
L’ufficiale che raccoglie la comunicazione sbaglia a capire e a
Zimmermann trasmette: Legnago.
La colonna tedesca parte per Legnago, poi si accorge dell’errore e a Legnano arrivano solo verso le 13.20.
All’improvviso la fabbrica è invasa dai tedeschi: gli autoblindo
entrano dall’ingresso principale di fronte al piazzale dove ci
sono gli operai, in pochi secondi piazzano le mitragliatrici e
presidiano gli uffici.
Nel frattempo il maresciallo della milizia di Legnano, al corren8
te della segnalazione e preso forse da scrupolo, per cercare
di evitare all’ultimo momento la retata, avvisa qualcuno della
Commissione Interna. Quando arrivano le SS i fascisti stessi
accompagnano la colonna davanti alla fabbrica ma se ne restano fuori a presidiarne il perimetro.
Dentro intanto un ufficiale delle SS con un altoparlante ordina
agli operai di riprendere a lavorare ma, nessuno si muove.
All’ufficiale tedesco è stato anche detto che gli operai in fabbrica sono armati e allora ordina ai suoi uomini di far fuoco: le
raffiche, ad altezza d’uomo, mandano in frantumi i vetri delle
finestre. E’ un attimo, nel fuggi- fuggi generale qualcuno cade
a terra, quelli che rimangono sul piazzale vengono presi a
caso e messi al muro a ridosso dei garage, mentre le SS corrono dentro, nei reparti, ed iniziano una vera e propria caccia
all’uomo. Cercano gli antifascisti più noti.
La grande maggioranza di questi ostaggi fu gradualmente liberata e potè fare ritorno a Legnano. Nove (9) uomini, invece,
non furono rilasciati e nelle settimane successive vennero
dapprima avviati verso il campo di transito di Fossoli, presso
Carpi, e da qui direttamente al famigerato Lager di Mauthausen, situato presso la città austriaca di LINZ.
Conosciamo anche qualche particolare sul convoglio che li
portò a destinazione: esso infatti fu il trasporto n° 32, che partì da Firenze l’8 Marzo, fece sosta a Fossoli (dove appunto
caricò anche gli operai della TOSI) ed a Verona, giunse a
Mauthausen l’11 Marzo. Sul treno, si è potuto stabilire, presero posto 597 deportati, fra cui 78 operai torinesi della Fiat.
Dei nove uomini provenienti da Legnano sette non fecero
ritorno a casa, uccisi dagli stenti a dal terribile rigore imposto
dai tedeschi:
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9 lavoratori della Franco Tosi deportati. 7 di loro sfiniti dalla
fame, malattie e maltrattamenti gratuiti delle guardie naziste,
perirono a MAUTHAUSEN per difendere i diritti sindacali e
rivendicare una vita dignitosa.
Francesco Orsini
Carlo Grassi
Carlo Ciapparelli
Ernesto Venegoni
Angelo Sant’Ambrogio
della Franco Tosi
Operaio Fresatore
della Franco Tosi
Tubista
della Franco Tosi
Operaio
della Franco Tosi
Modellista
della Franco Tosi
Operaio Tornitore
Pericle Cima
Alberto Giuliani
Antonio Vitali
della Franco Tosi
Ingegnere
della Franco Tosi
Perito Tecnico
della Franco Tosi
Tubista
Paolo Arturo Cattaneo e Natale
Morandi
poterono fare ritorno a casa
alla fine del conflitto.
Lavoratori delle aziende del legnanese e circondario che furono catturati e deportati nei campi di concentramento di
GUSEN, BRUX e MAUTHAUSEN.
Rino Cassani
Giuseppe Ciampini
della Emilio Bozzi
Operaio
della Ercole Comerio
Operaio
Astorre Landoni
Eugenio Verga
Davide Zanin
Per brevità e per carenza
di documentazione fotografica, riportiamo solo
una parte dei lavoratori
catturati e deportati nei
campi di concentramento
nazisti.
Furono molto più di quelli
che perirono e parteciparono alla lotta di liberazione.
A tutti loro va il nostro riconoscimento per il contributo dato per la libertà
e la democrazia.
Giuseppe Filetti
E’ stata questa la giornata del 5 gennaio 1944 alla Franco Tosi
di Legnano.
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20 OTTOBRE 1944:
IL TRAGICO EVENTO BELLICO
ALLA FILOTECNICA SALMOIRAGHI.
(OGGI SELEX GALILEO AVIONICA)
La FILOTECNICA SALMOIRAGHI aveva la sua sede operativa principale in via Raffaello Sanzio 5 a Milano ed occupava
centinaia di lavoratori, collocati in immobili differenti.
Durante il periodo bellico (1940-1945) il rischio di bombardamenti aumentava; gli allarmi che si susseguivano sempre più
intensi interrompevano il ritmo produttivo di tutta l’azienda,
procurando disagi e costi produttivi elevati.
Nei primi anni, sempre per bombardamenti vennero distrutte
due dipendenze aziendali, (via Colonna e via Valparaiso) per
questo motivo la Direzione Aziendale deliberò di spostare tutti gli uffici e reparti produttivi in 6 decentramenti- Maslianico,
Cantù Centro (sede della direzione)- Cermenate, Mariano Comense, Lentate sul Seveso, Cernusco sul Naviglio.
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In ogni sito erano presenti componenti dell’Ufficio del personale. Nei giorni precedenti i periodi di paga (quindicina per gli
operai e stipendi per gli impiegati, i componenti dell’ufficio del
personale rientravano a Milano, preparavano i cedolini paga
e imbustavano i soldi, per poi ripartire ognuno per i propri siti
decentrati con le buste paga già pronte per la distribuzione.
Quel giorno mentre era in corso la preparazione delle buste
paga, una bomba dirompente sganciata da aerei alleati cadde
sulla palazzina e spezzò quel prezioso lavoro.
La palazzina adibita a Ufficio del personale nella sede SALMOIRAGHI di via Sanzio a Milano, crollò provocando la morte
violenta e tragica di 14 dipendenti impiegati intenti nel loro
lavoro che sono ricordati sulla lapide commemorativa.
Altri lavoratori della Filotecnica furono deportati nei campi di
concentramento tedeschi.
Tra questi il GENTILINI Antonio che perì per fame e di stenti a
MAUTAUSEN. L’interruzione di quel lavoro prezioso accentuò
le già precarie le condizioni di vita dei lavoratori, privandoli per
alcune settimane del salario indispensabile per la sopravvivenza dei lavoratori e delle loro famiglie.
Un’attività produttiva che malgrado le trasformazioni produttive e diverse denominazioni passando da Filotecnica Salmoiraghi ad AREITALIA, poi GF. ALENIA per arrivare in anni più
recenti alla denominazione di GALILEO AVIONICA ed oggi
SELEX GALILEO con sede a Nerviano, a resistito grazie allo
sforzo di tutti i dipendenti di allora, che attraverso la solidarietà che li univa consentì di superare una situazione tragica e
riprendere gradualmente l’attività produttiva in difesa del posto di lavoro. L’affermazione del valore della solidarietà e del
sacrificio dimostrato dai lavoratori della Filotecnica Salmoiraghi, nostri colleghi di lavoro sono ancora una pagina di storia
aziendale validissima da trasmettere al futuro alle nuove generazioni, che vivono e lavorano all’interno della attuale Selex
Galileo Avionica di Nerviano affinché comprendano quanto sia
importante per la continuità la solidarietà e l’impegno per valorizzare il bene comune che è il patrimonio aziendale.
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20 ottobre 1944: la palazzina degli impiegati della Filotecnica Salmoiraghi distrutta dalla
bomba “alleata”.
Villa del Senatore Salmoiraghi.
23 ottobre 1944: via Raffaello Sanzio, 5 - Milano.
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18 MARZO 1994: IRRUZIONE DEI
TEDESCHI ALLA SA ERCOLE COMERIO
DI VIA GAETA,1 - LEGNANO.
ARRESTATI E DEPORTATI A MAUTAHUSEN
GIUSEPPE CIAMPINI E GIANNINO DE TOMASI.
Quanto avvenuto alla Franco Tosi fu replicato il 10 Gennaio
alla SA ERCOLE COMERIO di Busto Arsizio con rastrellamenti, incarcerazioni e deportazioni nei campi di concentramento
tedeschi. La rabbia e la disperazione degli operai portarono a
nuove forme di protesta con manifestazioni che coinvolse tutto il territorio da Legnano a Castellana, Busto Arsizio, Saronno
e Canegrate. Il 18 Marzo i tedeschi effettuarono una nuova
incursione in fabbrica, simile a quelle precedenti, ma questa
volta alla ERCOLE COMERIO, la Società di Busto Arsizio proprietaria a Legnano dello stabilimento di via Gaeta 1, a pochi
passi dalla ferrovia.
Li alcune centinaia di operai erano addetti alla costruzione di
macchinari industriali di vario genere. Vittime della retata, di
cui stranamente si parla poco nei testi dell’epoca, furono diverse decine di lavoratori.
Due di loro, Giuseppe CIAMPINI ammogliato con 10 figli e
Giannino DE TOMASI, furono arrestati senza motivazioni
comprovate e deportati.
Come succedeva spesso in questi casi i familiari rimasero senza notizie, tanto che quasi un anno dopo i familiari di CIAMPINI scrissero al Capo della Provincia di Milano, chiedendo
chiarimenti. Anche in questo caso la speranza di conoscere
la situazione del proprio caro andò delusa, il Capo provinciale
rispose di consultare gli uffici della Sicherheitpolizei tedesca
di Verona che contattati si limitarono a rispondere che non
erano a conoscenza dei fatti relativi al Ciampini.
CIAMPINI E DE TOMMASI non fecero mai ritorno dal campo
di concentramento di MAUTHUSEN.
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LA ROSA BIANCA:
UN FIORE DI LIBERTA’
Il Film di Rothemund ci ricorda che anche nella Germania Hitleriana, durante la seconda guerra mondiale, ci fu la Resistenza. Non una resistenza armata e diffusa, ma una Resistenza
minuta e non violenta, un imperioso sussulto di coscienza che
usava come armi la forza delle idee e il potere delle parole.
Nel 1942 a Monaco di Baviera, un piccolo movimento di studenti e professori dell’Università locale sfidò Hitler incitando i
giovani e la borghesia tedesca a ribellarsi allo Stato Nazionalsocialista.
Era il Gruppo della “Weisse Rose” della “Rosa Bianca” appunto, capeggiato dalla giovane ventenne Sophie SCHOLL
insieme con il fratello HANS.
Con loro c’erano Christoph Probst,Alexander Schmorell, il
professor Kurt Huber, Willi Graf e altri studenti condivisero la
loro protesta.
Sophie SCHOLL, 21 anni, unica donna del Gruppo de la Rosa
Bianca, venne arrestata insieme a suo fratello Hans mentre
distribuiva volantini antinazisti all’Università di MONACO.
Il nome di Sophie Scholl è divenuta nel tempo simbolo della
pace e della ribellione non violenta contro qualsiasi forma di
soprusi e oppressione.
Quella della Rosa Bianca è una vicenda appassionante capace di andare oltre i confini del tempo e dello spazio.
I giovani spedivano per posta o lasciavano i volantini, con circospezione, nei corridoi dell’università dove studiavano.
Con lucide parole accusavano le élite tedesche non solo di
aver tollerato “il militarismo prussiano e i suoi deliri di poteri imperialisti, ma anche la persecuzione di ebrei e la guerra
d’annientamento sul fronte russo,e tutti gli altri crimini contro
l’umanità”.
Avevano sottovalutato i devastanti effetti della manipolazione
delle coscienze.
E pagarono con la vita. Un bidello dell’università li denunciò e
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alla Gestapo. Il 18 febbraio del 43 furono arrestati e condannati a morte. La ghigliottina pose fine alla loro vita il 22 febbraio del 1943 mentre rivendicavano la libertà di parola, la libertà
di scelta,il rispetto della dignità della persona.
Il gruppo della Rosa Bianca:Hans Scholl, Sophie Scholl e Willi GRAF
“Noi non taceremo, noi siamo la voce
della vostra cattiva coscienza;
la Rosa Bianca non vi darà pace”
Il primo volantino della Rosa Bianca tedesca - Giugno 1941
Lasciarsi”governare” senza opporre resistenza, da una cricca
di capi privi di scrupoli e dominati da torbidi istinti.
Non è forse vero che ogni tedesco onesto prova vergogna
per il suo governo? E chi di noi prevede l’onta che verrà su
di noi e sui suoi figli, quando un giorno cadrà il velo dai nostri
occhi e verranno alla luce i crimini più orrendi, che superano
infinitamente ogni misura?
Se il popolo tedesco è già così profondamente corrotto e decaduto nel più profondo della sua essenza , da rinunciare senza una minima reazione, con una fiducia sconsiderata in una
legittimità discutibile della storia, al bene supremo dell’uomo
che lo eleva al di sopra di ogni creatura, cioè la libera volontà,
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ovverosia la libertà che l’uomo ha di influenzare il corso della
storia e di subordinarlo alle proprie decisioni razionali; se i
tedeschi sono già privi di ogni individualità, se sono diventati
una massa vile e ottusa, allora si che meritano la rovina. Goethe definisce i tedeschi un popolo tragico come gli ebrei e i
greci, ma oggi sembra che siano piuttosto un gregge di adepti,
superficiali, privi di volontà, succhiati fino al midollo, privi della
loro essenza umana, e disposti a lasciarsi spingere verso il
baratro.
Così sembra, ma non lo è. Ogni individuo è stato chiuso in una
prigione spirituale mediante una violenza lenta, ingannatrice
e sistematica; e soltanto quando si è, trovato ridotto in catene,
si è accorto della propria sventura.
Soltanto pochi hanno compreso la rovina incombente, ed essi
hanno pagato con la morte i loro eroici ammonimenti.
Si parlerà ancora del destino toccato a queste persone. Se
ognuno aspetta che sia l’atro a darel’avvio all’opposizione, i
messaggeri della Nemesi vendicatrice si avvicinano sempre
di più...
Perciò ogni singolo, cosciente della propria responsabilità
come membro della cultura cristiana e occidentale, deve difendersi con ogni forza, opporsi in quest’ultima ora al flagello
dell’umanità, al fascismo e ad ogni sistema simile di stato assoluto.
Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate
impedite che questa macchina da guerra continui a funzionare….
Il volantino terminava in questo modo. Vi preghiamo di ciclostilare questo foglio nel maggior numero di copie e di diffonderle.
Christoph Probst
KURT Huber
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Gli SCHIAVI di HITLER
Le formazioni partigiane erano più veloci a far saltare i ponti ed
i convogli ferroviari di quanto non lo fosse Otto Zimmermann a
disporre programmi produttivi.
Visto che non riusciva a far funzionare le fabbriche italiane ,
decise di trasferire in Germania gli impianti ed il macchinario
delle principali industrie lombarde, Innocenti, Pirelli.
Nel corso dell’ultimo anno di guerra la classe operaia visse il
terrore della deportazione.
Il governo tedesco pretendeva che la Repubblica Sociale gli
fornisse impianti e soprattutto manodopera per produrre in
terra tedesca.
Si erano posti l’obiettivo di trasferire almeno 200.000 lavoratori,
cifra che poi fu elevata al Milione.
I tedeschi puntavano sul fatto che in Italia il salario medio
era di lire 1.100 mensili, quello di un impiegato di lire 1.400
mensili.
Nel settembre del 43 al giugno 44 la spesa quotidiana era
aumentata del 150/200 % mentre i salari erano saliti solo del
50%.
Funzionava molto la borsa nera, ma per il 90% lavoratori era
irraggiungibile.
Un volantino diceva:
“Lavoratore, in Italia trovi miseria, povertà,caos....
Vieni a lavorare in Germania. Troverai: lavoro,
buona retribuzione, progresso sociale... Lavoratore, rifletti....Hai scelto?
Altri volantini dicevano:
“Il soldato germanico è tuo amico e combatte per
te. Il tuo lavoro in Germania ti renderà degno di
lui!“
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Nonostante questi alettanti inviti i lavoratori che aderirono
furono pochi.
Fu così che MUSSOLINI per soddisfare le esigenze tedesche
emanò un decreto che richiamò alle armi folti contingenti di
giovani, e una volta in divisa, sarebbero stati dirottati verso le
fabbriche tedesche come lavoratori forzati.
Furono moltissime le renitenze alla leva. Molti si arruolarono
nelle formazioni partigiane pur di evitare di lavorare per i
tedeschi.
Anche alla TOSI vi furono dei dipendenti che si arruolarono.
Dovettero firmare una dichiarazione di “arruolamento
volontario”.
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INTRODUZIONE ALLA MUSICA KLEZMER
di Moni Ovadia
La parola klezmer viene dalla fusione di due parole ebraiche,
kley e zemer, letteralmente strumento musicale. La musica
klezmer dunque, volendo definire sé stessa, si definisce tautologicamente musica strumentale.
Eppure questa definizione un po’ ingenua in una certa misura
ci spiega la ragione d’essere profonda di questa musica venuta da lontano, da lontano nel tempo e nello spazio, che cionondimeno affascina e commuove persone apparentemente
ad essa estranee. In termini sintetici, familiari ad un pubblico
giovanile, il klezmer è insieme una fusion music e una soul
music.
Fusion music in quanto è musica di sincretismo che fonde in
sé strutture melodiche, ritmiche ed espressive che provengono da differenti aree geografiche e culturali; soul music perché
esprime profondamente sentimenti di un popolo, il suo travaglio, la sua estasi, la sua esistenza, la sua fede.
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Il klezmer si genera all’interno delle comunità ebraiche dell’Europa orientale, in particolare delle comunità khassidiche, ed è
patrimonio e prerogativa di musicisti che per scelta o costrizione sono in continuo movimento.
Le forme musicali presenti nel klezmer provengono da un’area
territoriale molto vasta che comprendeva: l’Impero Austro-Ungarico, tutto l’Impero zarista fino a lambire consistentemente
l’Impero Ottomano, ragione per la quale si avvertono influenze
della musica greca e di quella turca.
Lo strumento emblematico del mondo ebraico degli zhtetl e
dei ghetti è sicuramente il violino, ma nel klezmer acquisterà
crescente rilievo il clarinetto apportando un contributo centrale
che marcherà il carattere delle sonorità più tipiche. Ma svolgeranno un ruolo importante anche gli ottoni, in particolare la
tromba, gli strumenti percussivi, melodico percussivi come il
cymbalon e altri strumenti come il cello, usato in funzione di
bassetto portatile.
Il klezmer, in quanto musica tradizionale, non nasce per ragioni meramente estetiche, ma con la funzione di accompagnare
eventi della vita delle comunità da cui proviene. Quindi questa
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musica era intimamente legata alla vita ebraica e al popolo
dell’ebraismo est-europeo e veniva eseguita in occasione di
matrimoni, nascite e circoncisioni, maggiorità religiose, feste
e riti, segnava in generale il ritmo dell’esistenza degli ebrei
intrecciata con lo studio e la prassi della Torah. Legato al destino della sua gente, il klezmer ha subito ogni sorta di vessazione. Ha subito proibizioni, revoche delle proibizioni, revoche
delle revoche.
È stato in balia del ridicolo furore di poteri locali laici e religiosi
che ne chiedevano il contingentamento, così che era lecito
esibirsi in un trio ma non in un quartetto e altre bizzarie del
genere.
Una musica dalla vita estremamente travagliata ma che, nascendo dalla profondità dei sentimenti della sua gente, è riuscita ad arrivare fino a noi integra e vitale resistendo alle
temperie delle migrazioni, prima la fuga seguita alla dissoluzione dello Shetl (per accogliere una espressione dello scrittore Joseph Roth), poi la massiccia emigrazione degli ostjuden
negli Stati Uniti dove questa musica ha conosciuto una nuova
stagione. Si è contaminata con il jazz e lo ha verosimilmente
influenzato nel periodo del suo formarsi come espressione artistica originale.
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La familiarità del klezmer con l’improvvisazione ha evidentemente favorito questo incontro. Musicisti ebrei di origine est
e centro Europa come Benny Goodman e George Gershwin
hanno probabilmente e vissuto il klezmer in ambito familiare.
La musica klezmer non cesserà mai di esistere negli USA,
ma vi conoscerà un declino negli anni fra i ’30 e i ’60 a causa dell’ardente aspirazione della prima generazione di ebrei
“born in U.S.A.” di integrarsi e confondersi nella nuova patria.
In seguito la sua inestinguibile forza vitale troverà nei nipoti e
nei pronipoti della generazione dei maestri, nuovi profeti e il
klezmer conoscerà un impetuoso revival nord-americano negli anni ’70 e ’80, quindi dilagherà in Europa, in particolare in
Francia, Germania, Olanda e da ultimo anche in Italia.
In Israele il mitico clarinettista Giora Feidman sarà il mirabile e ineguagliato musicista-ponte fra la grande tradizione del
passato e il futuro ancora tutto da scrivere. Ma qual’è identità
intima di questa musica, cosa la differenzia dalle espressioni
musicali dell’est-Europa, verso le quali ha debiti evidenti ed
imprescindibili.
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Il suo specifico è il filo rosso del canto sinagogale, del nigun
khassidico, la melodia paraliturgica, creazione di geniali cantori su memorie antiche cha hanno ancora il sapore di quel
deserto dove l’uomo si smarrisce per incontrare il divino.
E questo filo è ineluttabilmente intessuto nelle fibre dei suoni,
così come nell’ordito che forma il tessuto di quella musica.
I modi, lo stile, melismi, espressioni, tensioni espressive
dell’arte cantoriale sono ripresi e assimilati nell’intenzione
esecutiva ed espressiva dei klezmorin (i musicisti klezmer).
Lo sono tecnicamente, ma lo sono soprattutto nell’interiorità,
“nell’essere cantati”, più che nel cantare. I klezmorin provenivano spesso dal mondo della sinagoga, che è insieme teatro
e teatro d’opera ebraico, erano stati khazanim, cantori, o meshorerim, aiuto-cantori.
Il klezmer, secolarizzandosi e laicizzandosi, è in qualche misura “decaduto”, ma nel suo profondo mantiene i suoi geni di
musica “povera” proveniente da una cultura a lungo vessata e
disprezzata, è musica “sporca”, mai salottiera, non è fatta per
essere commerciale, anche se lo scempio mercantile non l’ha
risparmiata.
I giovani che entusiasticamente vi si avvicinano devono avere
la consapevolezza che il popolo che ha generato il klezmer ha
vissuto un destino unico, è stato sradicato dalla terra d’Europa, la sua terra, è stato annientato e bruciato nel silenzio.
Questo mondo e i suoi segni ci parlano da un infinito dolore e
pure riescono a trasmetterci vita e gioia nel loro essere sospesi fra cielo e terra, fra il divino e la sua assenza.
Chi sceglie di vivere con essi e di esse non può prescindere
dalle loro singolarità, deve curarsi di non museificarli, né per
converso di ucciderli con la banalità delle kermesse festaiole.
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VLADAH KLEZMER BAND
VLADAH, fondato da Paolo Buconi, a Bologna Dolce e Amaro, il KLEZMER sorride tra le lacrime e sprigiona tutta la sua
incredibile energia coinvolgente.
Attualmente il gruppo è formato da seguenti componenti:
Paolo BUCONI
violino e voce
Marco FERRARI
clarinetto
Marco DALPANE
fisarmonica
Massimo DE STEPHANIS
contrabbasso
Marco MUZZATI
percussioni e batteria
Mario GIGLIOTTI
tromba
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Si ringraziano
• Il gruppo anziani di Selex Galileo Avionica di Nerviano.
• Giorgio Vecchio - Nicoletta Bigatti - Alberto Centinaio per aver
consentito l’uso di materiale della loro ricerca.
• L’ANPI di Legnano.
• Il Sindaco di Legnano - Lorenzo Vitali.
• Fim Fiom Uilm di Legnano Magenta.
• Moni Ovadia.
• Prof. WALTER MERAZZI autore della mostra e respon- sabile
centro “Schiavi di Hitler” fondo IMI Claudio Sommaruga.
• I Presidi degli istituti scolastici DELL'ACQUA - ITIS Bernocchi
- Liceo Scientifico.
• Giovanni Colombo - Presidente della Rosa Bianca.
• Gianni ALIOTI - Responsabile Internazionale FIM CISL Nazionale.
• La RSU della Ercole COMERIO.
Uso esclusivamente interno a Fim Fiom Uilm Legnano Magenta per attività didattica.
MATERIALE NON IN VENDITA. Vietata la diffusione ad uso commerciale. Gennaio 2009
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