Numero 85 - Anno XIV, Novembre/Dicembre 2006

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Numero 85 - Anno XIV, Novembre/Dicembre 2006
IL CLUB
Anno XIV n.85 (novembre/dicembre 2006)
Bimestrale di informazione per i soci del Club Plein Air BdS
Pubblicazione periodica a circolazione interna
inviata anche ad altre associazioni di campeggio e alla stampa
Responsabile editoriale
Maurizio Karra
Associazione dei camperisti e
degli amanti del plein air del
Redazione
Mimma Ferrante, Giangiacomo Sideli e Alfio Triolo
Aderente a
Collaboratori
Francesco Bonsangue, Maurizio Carabillò, Paolo Carabillò, Luigi Fiscella,
Ninni Fiorentino, Enza Messina, Primo David e Giuseppe Eduardo Spadoni
In questo numero:
Editoriale
A.I.T.R. Associazione Italiana
Turismo Responsabile
Vita del Club
Gemellato con
Camping Car Club ProvenceCote d’Azur
Calabria Camper Club Sila
Tecnica e Mercato
Sede sociale
Via Rosolino Pilo n.33
90139 Palermo
Tel 091.608.5152
Fax 091.608.5517
Internet: www.pleinairbds.it
E-mail: [email protected]
Viaggi e Turismo
Comitato di Coordinamento
Maurizio Karra (Presidente);
Giangiacomo Sideli (Vice Presidente); Francesco Bonsangue, Adele Crivello, Patrizia
La China, Massimiliano Magno ed Elio Rea (Consiglieri);
Maurizio Carabillò, Mimma
Ferrante, Vittorio Parrino e
Alfio Triolo (Collaboratori)
Collegio sindacale
Silvana Caruso La Rosa (Presidente); Luigi Fiscella e
Franco Gulotta (Componenti)
Collegio dei Probiviri
Pippo Campo (Presidente);
Giuseppe Carollo e Pietro
Inzerillo (Componenti)
pag.
Miseria e nobiltà
Sapori d’autunno
Girotondo intorno al vulcano
Dalle zolfare alla lava
Scatti d’autore
Il progetto di adozioni a distanza del nostro Club
A caccia di sapori
Ritorno al camper
In viaggio col principe
Ricordi di viaggio
In ricordo di Jacob Fugger
Una passeggiata per le valli
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Terra di Sicilia
La fortezza sul mare
Ad ogni mottu c’è lu contra
Bivona: non solo pesche
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Rubriche
Terza pagina
Riflessioni
L’angolo della poesia
Cucina da camper
Internet, che passione
Musica in camper
News, notizie in breve
L’ultima parola
In copertina
Un’istantanea della Romantiche Strasse (foto di Francesco Bonsangue)
Questo numero è anche online sul nostro sito Internet
www.pleinairbds.it
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Editoriale
Q
uando, circa quindici
anni fa, alcuni di noi, uniti dalla
comune passione del viaggiare in
camper, pensarono di aggiungere
al rapporto di lavoro, che li “costringeva” a stare insieme durante
il giorno sotto lo stesso tetto del
BdS, anche una parte del loro tempo libero, con la creazione di
un’associazione di turismo itinerante, furono in tanti a prenderci in
giro o addirittura per pazzi: finirete
per parlare di banca anche sabato
e domenica, ma chi ve lo fa fare?
Oppure: nessuno vi verrà dietro e
fra tre mesi non sarete nemmeno i
quattro gatti di adesso!
Tutti sanno com’è andata e
chi ha avuto ragione; i quattro gatti di allora sono divenuti tanti e
tanti di più e di tutte le province
siciliane, e la storia del nostro
Club, che sinteticamente è leggibile anche sul nostro sito Internet,
ricorda - a quanti ignorano come
siamo nati - che spesso proprio da
un’idea bislacca possono venir fuori grandi progetti che poi travalicano anche gli obiettivi (e i confini)
che in un primo momento ci si era
prefissi. Negli anni tutti noi abbiamo viaggiato in lungo e in largo
per la nostra terra e molti hanno
percorso itinerari molto più lontani
sui vari continenti, in gruppi piccoli
e grandi o da soli; abbiamo così
pian piano imparato a conoscere
mondi nuovi, condividendo sensazioni ed esperienze grazie a questo
nostro giornalino e, guardando anche oltre il nostro piccolo orizzonte, grazie anche al nostro sito web.
Ma abbiamo anche cercato
di guardare il mondo con occhi
sempre nuovi, concretizzando ideali di turismo responsabile verso
l’ambiente e verso gli altri grazie
alla voglia di portare con noi messaggi di pace e di rispetto per
quanto e per quanti apparivano
“diversi”. Abbiamo quindi cercato
di vincere diffidenze e idiosincrasie, egoismi ed egocentrismi e ci
siamo ritrovati ambasciatori di pace per il mondo, guardati talvolta
con occhi strani e con atteggiamento anche sfottente da altri
camperisti che usano il loro mezzo
solo per andare a gozzovigliare
nelle sagre di paese e a lordare le
spiagge e le piazze dei paesi che
“visitano”, pensando di affermare
così un loro preciso diritto di libertà senza nel contempo conoscere
regole e doveri.
Non è stato facile lasciar
perdere le cose più semplici e ovvie (il semplice divertimento) e mirare in alto, a qualcosa che coniugasse il mero divertimento all’impegno. Ma noi avevamo un sogno,
un ideale; e poi un altro e un altro
ancora: e li abbiamo via via realizzato e li stiamo continuando a realizzare perché non abbiamo voluto
cullarci sui primi “allori”. E così,
quando ci siamo ritrovati, poche
settimane fa, all’inaugurazione della settima edizione della nostra
mostra fotografica, ci siamo guardati tutti negli occhi un po’ increduli: quasi duecento foto di trenta di
noi stavano lì a testimoniare cosa
è diventato questo nostro Club;
non a parole ma con i fatti. Erano
la testimonianza dei nostri valori e
dei nostri obiettivi associativi, erano la concretizzazione del nostro
modo di essere viaggiatori e di vivere il viaggio come esperienza e
arricchimento.
Nessuno di noi si meravigli
se così tanta eco la mostra ha avuto sulla stampa (nelle prossime
pagine troverete anche alcuni articoli a noi dedicati sull’argomento
da quotidiani, riviste e siti Internet); nessuno sottovaluti nemmeno il fatto che quest’anno il calendario del Club è stato prodotto dal
Banco di Sicilia in ventimila copie
per farne omaggio anche alla propria clientela. Le cose non accadono casualmente, credetemi. Ma è
importante non “sedersi” e cullarsi
sugli allori. Ancora più importante,
proprio quando pensiamo di aver i
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nostri occhi del tutto aperti sul
mondo, fare uno sforzo ancor più
difficile e provare ad aprirli per
davvero al massimo, così da accorgerci che esistono tanti mondi
paralleli al nostro che solo col nostro massimo sforzo potranno essere conosciuti almeno un po’;
mondi che spesso coesistono anche a due passi da noi ma che
spesso è più facile ignorare, supponendo che non esistono.
In quella sede festaiola e
spensierata che è stato il Circolo
del Banco di Sicilia la sera del 22
novembre u.sc., mentre tante persone ammiravano le nostre foto,
noi abbiamo dato notizia, davanti
all’Amministratore Delegato e al Direttore Generale del Banco di Sicilia
che presenziavano all’inaugurazione
della mostra, dell’ultimo progetto in
ordine di tempo che vogliamo perseguire, credo di gran lunga il più
complesso di quelli che abbiamo
portato avanti finora: un piano pluriennale di adozioni a distanza sotto
l’egida
della
Comunità
di
Sant’Egidio, ONLUS che è stata
prescelta fra quelle italiane e internazionali che operano nel settore
per le valenze etiche e sociali della
sua missione e la fama di cui gode.
A tale scopo abbiamo provveduto ad aprire presso la Filiale 99
di Palermo del Banco di Sicilia un
apposito conto corrente intestato
Club Plein Air BdS – Opere di beneficenza. Il conto (n. 2199–2698.32)
servirà ad accogliere, oltre al primo
versamento delle somme appositamente raccolte tra i presenti
all’inaugurazione della mostra fotografica, tutte le somme destinate al
progetto di adozioni da parte dei
nostri soci nonché dei colleghi e dei
pensionati del Banco di Sicilia che
sono stati raggiunti da un’apposita
comunicazione aziendale.
Sarà nostra personale responsabilità fornire periodicamente
un resoconto delle somme raccolte
e del loro specifico utilizzo. E i
prossimi numeri del nostro bimestrale conterranno tutte le news
utili per informare degli sviluppi
dell’iniziativa, che però attende il
sostegno continuo di tutti noi. Anche questo vuol dire essere soci del
Club Plein Air BdS: non dimentichiamolo mai.
Maurizio Karra
Miseria e nobiltà
Un insolito pomeriggio domenicale, quello del 15 ottobre, trascorso al Teatro Savio di Palermo per assistere alla rappresentazione de “Il cortile degli Aragonesi”, insieme all’amico
Filippo La Porta, ci ha permesso un interessante tuffo nel passato della Sicilia e della sua
lingua
L’
invito era arrivato da
una nostra vecchia conoscenza,
quel Filippo La Porta che ci aveva
fatto da guida nell’ultimo ciclo di
visite di Palermo, effettuato dal
nostro Club l’anno scorso, e che ci
aveva affascinato grazie alla sua
cultura e alla sua simpatia. Questa
volta il nostro amico ci ha spalancato il mondo del teatro siciliano,
invitandoci alla rappresentazione
de “Il cortile degli Aragonesi”, una
vastasata in tre atti del ‘700 di anonimo, da lui stesso recentemente rielaborata.
Così il pomeriggio di domenica 15 ottobre una quarantina
di soci del Club si sono dati appuntamento al Teatro Savio di Palermo
per un tuffo nella Palermo del
‘700, allietati anche dalla musica
d’epoca suonata dal vivo su un liuto, una tjorba (un altro affascinante strumento a corde dell’epoca), e
da un clavicembalo.
Ben presto è iniziato il primo atto della rappresentazione,
ambientato all’interno del cortile
dal quale l’opera trae il titolo, che
racconta le vicissitudini tragicomiche di due innamorati poveri in
canna, Lisetta e Onofrio, costretti
ad elaborare mille strategie per
poter fare una “fuitina” di nascosto
dai genitori, a ‘za Laura e u ‘zu Cosimo, interessati non meno di loro
alla poca “roba” disponibile nelle
due famiglie.
Qui e in basso alcune scene della vastasata
Vari colpi di scena si sono
susseguiti lungo i tre atti della
rappresentazione, in cui si introducono anche personaggi nobili e
borghesi che fanno da contrasto
con le vite povere e ingenue dei
poveri del cortile: c’è il barone, il
suo saggio servitore e perfino un
malandrino e un notaio da operetta, che contrastano con la loro lingua aulica con il dialetto siciliano
antico parlato dal volgo, lingua che
ha affascinato i presenti sia grazie
alla sua innata musicalità, sia perché riportava alla memoria antichi
proverbi o modi di dire che ciascuno di noi ricordava di avere udito
in famiglia anche da piccoli, facendo sì che gli intervenuti ritrovassero più che mai intatte le radici con
il passato della nostra città, confuso indissolubilmente con quello
della propria famiglia.
La rappresentazione è
giunta al termine anche troppo
presto, non senza aver fatto riflettere sulla vita grama e senza prospettive che si conduceva all’epoca
e sull’enorme divario sociale, culturale ed economico che vi era tra
le classi meno abbienti e i vari signorotti locali, ed è stata salutata
con un fragoroso applauso che
premiava il meritato impegno e la
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convinta recitazione dei protagonisti: Gaspare Sanzo, Erina Mollica,
Maurizio Bologna, Rosalba Bologna, Filippo La Porta e Massimo
D’Anna.
E nel salutarci alla fine di
questa piacevole esperienza, da
più parti è venuto l’auspicio di rinnovare il piacere dello stare insieme sia in camper che nei weekend palermitani, scoprendo altre
mille sfaccettature della nostra
splendida città.
Mimma Ferrante
Sapori d’autunno
La gita nel Parco dei Nebrodi, a Floresta, fra magici scenari naturalistici e i genuini sapori
della tradizione siciliana
Quella del 21 e 22 ottobre è stata sicuramente una delle
escursioni più belle dell’anno: a
dirlo non è certamente solo chi
scrive, dato che unanime è stato il
giudizio fra i ventisei equipaggi
partecipanti alla gita. Merito anche
delle due bellissime giornate di sole venute fuori dal maltempo che
aveva invece flagellato tutta quanta la Sicilia fino al venerdì precedente e merito dei luoghi visitati.
Parliamo del Parco dei Nebrodi,
un’area naturalistica di per sé fantastica per i suoi paesaggi mozzafiato, per i suoi piccoli centri a misura d’uomo, per i suoi prodotti
genuini che riportano ai sapori
d’altri tempi: un mix che l’autunno
contribuisce a rendere ancora più
esaltante già a partire dai colori
fiammeggianti del paesaggio boschivo che fa da cornice a ogni
centro abitato all’interno del Parco,
come a Floresta, meta della gita, il
comune più alto della Sicilia, situato all’interno di una conca di rara
bellezza dove dominano castagneti
secolari.
Molti degli equipaggi che
hanno preso parte alla gita si erano avventurati già il venerdì, alcuni
addirittura fin dalla mattina (i soliti
pensionati tanto invidiati), proponendosi un’anteprima della gita sul
mare della vicina cittadina di Brolo; ma chi era stato anche chi,
muovendosi a fine giornata, “fuggito” da Palermo era approdato a
Castelbuono o “fuggito” da Enna
era approdato a Randazzo, altri
due bellissimi centri non a caso facenti parte di altri due parchi, le
Madonie il primo, l’Etna il secondo.
Comunque, a fine mattinata del
sabato, la quasi totalità dei partecipanti
era
già
sul
luogo
dell’appuntamento, in contrada Favoscuro di Floresta, nel parcheggio
della trattoria “Don Santo” dove si
sarebbe “celebrata” la cena, pronti, dopo un pranzo che a tutti era
stato consigliato caldamente di fare “leggero” (a causa dell’imminente cena “pesante” della sera),
pronti - dicevamo – a percorrere i
vicini sentieri del bosco alla ricerca
di funghi e castagne.
I nostri soci fra i boschi vicino Floresta
Magari di funghi ne sono
stati trovati pochi e quegli stessi,
nel dubbio sulla loro commestibilità, sono stati più ammirati e fotografati che raccolti per essere
mangiati; ma quanto a castagne
ne sono state raccolte a chili sia
dai grandi che dai più piccoli, ritrovatisi quindi a fine pomeriggio a
far ritorno ai camper con cesti e
sacchetti ricolmi all’inverosimile,
contenti anche di mostrare il bottino di guerra agli ultimi soci nel
frattempo arrivati.
A fine giornata, la saletta
riservata della trattoria Don Santo
attendeva i nostri soci per una
pantagruelica cena a base di pro-
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dotti di memorabile bontà, forse
anche a livelli più alti (e non era
cosa facile) rispetto alle precedenti
occasioni in cui il nostro gruppo si
era fermato da …quelle parti. Dopo
un collage di antipasti in cui hanno
fatto la parte del leone i formaggi
e i salumi della casa, si è entrati
nel vivo con i maccheroni di casa
al ragù di maiale nero dei Nebrodi
gratinati al forno, un’apoteosi del
gusto se non ci fosse stata anche
la presenza delle fettuccine ai funghi porcini freschi (ecco perché nei
boschi i nostri soci non ne avevamo trovato!), che hanno mandato
in estasi anche i palati più esigenti.
Mauro Azzaretto con i suoi bambini
mostra il “bottino” di castagne raccolte nel bosco
Per non parlare poi di quella grigliata di carni, dal vitello al
maiale, dal castrato alla salsiccia,
che giungeva in bocca come manna, portando con sé quella distinta
selezione di sapore e genuinità che
soprattutto per chi vive in città è
divenuta ormai un miraggio. Per
finire, dopo la frutta, con un magico cannolo con ricotta e pistacchi
che ha coronato in modo eccezionale la cena e tutta la serata. Meno male che il vino a fiumi e le
grappe e gli amari finali hanno
consentito anche alle panze più
riottose di far pace con il resto del
corpo, regalando una notte di sonno meraviglioso a tutti i soci.
La mattina della domenica
il risveglio è coinciso con i primi
furgoni di prodotti locali che tentavano di entrare nel parcheggio stipato di camper; poco male, dato
che gli acquisti fatti un po’ da tutti
hanno fatto sì che fin dalla mattina
si partisse con la giusta carica da
buongustai: dai funghi alle provole, dal lardo ai salami, dai funghi di
bosco alle mele della vicina Etna,
dai fichidindia alle conserve fatte in
casa, insomma non c’è stato nessun socio – credo – che sia stato
immune dallo shopping.
Concluso anche questo rituale e salutati altresì i proprietari
della trattoria, dove pure salsiccia
e carne di castrato sono stati acquistati fino all’ultimo a chili e chili
per le dispense di casa, il gruppo
dei camper si è mosso in corteo
per raggiungere il vicino centro abitato di Floresta, dove ad atten-
derci c’erano i vigili urbani che
hanno fatto sistemare il serpentone di mezzi lungo la circonvallazione a nord del paese. Qui è trascorso il resto della domenica, fra ulteriore shopping di prodotti locali
(provole di ogni tipo, prima di tutto, dato che Floresta è denominato
il paese della provola) e assaggi
nei vari stand allestiti nella piazza
centrale e lungo il corso per la sagra dei funghi.
Inutile parlare dei visi ridanciani delle persone, mescolatesi
ben presto a qualche altro gruppo
di turisti giunti nell’occasione in
paese; inutile ricordare i sacchetti
ricolmi di ogni bontà (come le famose provole fotografate qui accanto) che faticosamente ognuno
reggeva in mano, mentre con
l’altra tentava magari un assaggio
a questo stand e un altro in quello
accanto, fra formaggi, salumi,
cannolicchi, ecc..
E poi, mentre in paese sfilavano Ferrari e altre auto d’epoca
ad allietare i locali (che in pieno
In alto, a cena da Don Santo. In basso i nostri camper a Floresta
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I maestosi boschi dei Nebrodi, con i loro verdi dalle mille
tonalità resi ancor più belli dal
fiammeggiare dei bruni e dei rossi
autunnali ci porgevano il loro saluto, testimoni di una Sicilia che va
preservata e gelosamente custodita affinché nessuna omologazione
possa mai distruggerne quelle peculiarità e quelle mille particolarità
che ne fanno una terra unica e non
a caso così tanto amata da tutti i
siciliani ovunque residenti nel
mondo.
A Floresta fra i sapori e i colori dell’Autunno
Castagneti e castagne
inverno non superano le 350 anime) e i turisti, anche i nostri camper hanno iniziato la loro sfilata ridiscendendo giù per le strade dei
Nebrodi così da fare ritorno, appesantiti palesemente dai tanti ge-
nuini prodotti acquistati nel weekend, nelle varie città della Sicilia –
Palermo, Termini Imerese, Milazzo,
Siracusa, Palazzolo Acreide, Enna,
ecc. - da cui erano partiti tra venerdì e sabato.
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Testo di Maurizio Karra
Foto di Francesco Bonsangue
e Maurizio Karra
Girotondo intorno al vulcano
In treno dalle zolfare del nisseno alle pendici dell’Etna nella bellissima gita d’inizio novembre in compagnia di un siciliano doc come Primo David
U
n grande successo di
partecipazione ha riscosso la gita
che, tra il 3 e il 5 novembre, ci ha
portato nuovamente a Villarosa e
da qui all’esplorazione delle pendici
dell’Etna a bordo della CircumEtnea, in una sorta di viaggio nel
viaggio che ha entusiasmato grandi e piccini. I numeri dei soci intervenuti parlano chiaro sul gradimento dell’iniziativa: oltre trenta
equipaggi per un totale di 83 persone presenti, di tutte le età, tutti
ugualmente entusiasti di imbarcarsi sull’unica ferrovia a scartamento
ridotto rimasta in Sicilia, per andare ad esplorare i paesaggi unici al
mondo che costellano le pendici
del più alto vulcano dell’Europa.
L’appuntamento era per la
sera di venerdì 3 novembre presso
la stazione ferroviaria di Villarosa,
nel cuore della Sicilia, dove il nostro Club aveva visitato appena un
mese prima il Museo del treno, dedicato agli emigranti e alle zolfare
e curato con grande amore da Primo David e dalla sua associazione.
Qui, infatti, dopo il pernottamento,
era previsto l’indomani mattina alle
7,15 l’imbarco sul treno che ci avrebbe condotto a Catania per la
coincidenza con le vetture riservate della CircumEtnea.
I nostri camper
alla stazione di Villarosa
Come previsto, i camper
dei nostri soci sono arrivati uno
dopo l’altro già nel corso del pomeriggio, sistemandosi l’uno accanto
all’altro fino a riempire tutta la
parte interna della stazione, a ridosso dei vagoni del Museo del
treno. Quello che non era previsto
è stato il notevole abbassamento
della temperatura nel corso della
notte a fronte di un cielo magnificamente stellato: il termometro,
infatti, è arrivato a toccare alcuni
gradi sottozero, dopo una settimana di temperatura diurna vicina ai
venticinque gradi, causando il repentino ricorso a stufe e coperte di
lana che però non tutti avevano
pensato di risistemare in camper
approssimandosi la stagione fredda!
Insomma l’autunno era
ampiamente arrivato e i soci se ne
sono resi conto svegliandosi in ore
antelucane all’interno dei camper
diventati quasi dei frigoriferi; ma il
tempo di imbottirsi di maglioni e
giacche a vento e tutti quanti sono
scesi giù dai camper ugualmente
contenti e, fatti pochi passi, si sono ritrovati davanti al binario della
stazione ad aspettare febbrilmente
l’arrivo del treno, tra saluti, battute e tanta voglia di condividere insieme questa bella esperienza.
Il tempo di occhieggiare
verso i binari, sotto un cielo azzurro che prometteva una giornata
decisamente fredda, e la sagoma
del treno (cioè del primo dei tanti
treni che avremmo preso nel corso
della giornata) si è avvicinata, preceduta da una campanella che ne
annunciava l’arrivo. E tutti quanti,
eccitati come scolaretti, sono saliti
sul “Minuetto” che ci avrebbe ospitato fino all’arrivo a Catania, sistemandosi sui sedili e ammirando
il panorama che sfilava ai lati.
Ben presto l’attenzione dei
soci è stata calamitata dai vassoi
dei cornetti offerti da una graziosa
hostess e la giornata è iniziata decisamente all’insegna della dolcezza, tra cioccolato e crema, mentre
i bambini presenti di tutte le età
tornavano ad incollare il naso ai
finestrini per catturare con lo
sguardo il paesaggio della piana di
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Catania. Giusto il tempo di concludere la colazione e ci siamo ritrovati, infatti, alla stazione di Catania.
Ninni Fiorentino nominato Capo
Stazione Onorario di Villarosa. In
basso i nostri soci all’interno del
Pendolino che li ha condotti nel
primo tratto da Villarosa a Catania
Qui, dopo essere saliti sulla
metropolitana, ne siamo scesi alla
stazione terminale della CircumEtnea, dove ci siamo messi in posa
davanti ad un glorioso trenino a
Alla stazione della CircumEtnea di Catania Borgo
vapore e abbiamo ammirato, nel
giardino della Direzione Generale
della Società che gestisce l’unica
ferrovia a scartamento ridotto della
Sicilia, anche un vecchio tornio che
serviva a rimodellare le estremità
delle ruote dei treni, usurate dopo
centinaia di migliaia di chilometri.
Dopo il tuffo in queste testimonianze di archeologia industriale, è arrivato finalmente il
momento di salire a bordo del trenino della CircumEtnea, nei due
vagoni che ci erano stati appositamente riservati da Primo David,
per cominciare la nostra avventura
esplorativa. Il programma prevedeva un itinerario di poco più di
cento chilometri che si sarebbe
snodato da Catania a Giarre, arrivando dal livello del mare a quasi
mille metri di altitudine, percorsi a
bordo del vecchio trenino risalente
alla prima metà del ‘900 in mezzo
a scenari unici per grandiosità e
tipologia. E le attese non sono andate deluse dato che tutti si sono
lasciati affascinare come i tanti visitatori eccellenti che negli anni
hanno percorso, anche loro sul
trenino dell’Etna, lo stesso itinerario, come Goethe e De Amicis, rimasti irretiti dalle forti emozioni
provocate dal paesaggio dai forti
contrasti, dalla natura intatta e
dallo scenario sempre mutevole
del vulcano (a muntagna come lo
chiamano i catanesi).
E anche noi siamo caduti
preda dell’incantesimo che si sprigiona da questo ambiente incontaminato, dove la natura regna
selvaggia e dove spesso l’uomo si
deve arrendere alla violenza del
vulcano; sono sfilati davanti ai nostri occhi una moltitudine di scenari diversi che ci hanno incantato
per le loro peculiarità uniche, passando dai vigneti e dai frutteti resi
fertili proprio dalla lava del vulcano
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ai piccoli borghi che si alternano
l’uno dopo l’altro lungo il percorso,
e ancora dalle pianure desolate,
scandite dai rami contorti degli alberi di pistacchio e dalle sagome
spinose dei fichidindia, fino al panorama lunare delle colate laviche
che coprivano intere vallate, interrotte soltanto dal minuscolo binario
che, come un filo di Ariana, ci indicava la strada verso la civiltà.
Emozioni forti che non
hanno risparmiato nessuno dei
partecipanti, impegnati a seguire
con lo sguardo i mille scenari che
si susseguivano al di là del finestrino, a cercare di catturare attraverso l’obiettivo di macchine fotografiche e di videocamere quei
luoghi e quei momenti straordinari,
mentre perfino i bambini tacevano
incantati dallo spettacolo grandioso
e il senso di sicilianità permeava
tutti fin nel profondo, facendoci
rabbrividire di commozione.
Il nostro gruppo davanti la Chiesa
di San Martino a Randazzo
Ritrovarsi, dopo un paio di
ore di viaggio, alla stazione di
Randazzo è stato come risvegliarsi
da un sogno ad occhi aperti e, ancora trasognati, abbiamo seguito la
guida che ci ha condotto ad una
visita purtroppo breve della bella
cittadina etnea, ricamata dalle pietre laviche che ne scandiscono i
numerosi gioielli in pietra. Il borgo,
situato a 750 metri di altitudine,
risale al IX secolo; prediletta da
Federico II di Svevia, la cittadina
fu incorniciata per suo volere da
una cortina muraria, punteggiata
da otto torri, dodici porte e da un
maestoso castello.
Dalle zolfare alla lava
La linea ferroviaria Palermo-Catania, lunga 243 km, nacque
dalla fusione delle due preesistenti linee: la Catania-Caltanissetta
Xirbi -Canicattì-Licata e la Palermo-Agrigento. L'importanza delle due
linee fu originariamente legata al traffico merci per il trasporto e la
commercializzazione dello zolfo dai bacini minerari ai porti; solo in
seguito si evidenziò l'esigenza di garantire un collegamento ferroviario tra le due maggiori città siciliane con un lunghissimo iter progettuale rallentato da polemiche e difficoltà costruttive. La linea Palermo-Catania, infatti, presenta nel valico di Enna acclività tra le maggiori di tutta la rete FS. Le stazioni di Villarosa, Imera, Bosco Saline e
tante piccole stazioncine nel cuore della Sicilia, contribuivano a questo miracolo economico relativo all'estrazione e al trasporto dell'Oro
Giallo (Zolfo). Solo recentemente con l'elettrificazione, si è avuta una
riduzione dei tempi di percorrenza ed un certo miglioramento del materiale rotabile.
Non si può attraversare la parte orientale di questa splendida
perla del Mediterraneo, senza essere attratti dal gigante che qui dimora: l'Etna, vulcano in continuo mutamento. Ruotandovi attorno,
mostra, ad ogni variazione della prospettiva, scenari e visioni di sé,
che vanno dal magico al fiabesco, per ammirarlo in tutta la sua imponenza, nelle tante giornate di sole che inondano l'isola, il turista
può utilizzare il mezzo che, dal 1895, si arrampica su di esso per
quasi tutta la sua circonferenza: il treno della Circumetnea.
La Circumetnea è una ferrovia a scartamento ridotto, lunga
110 chilometri da Catania a Riposto, che circumnaviga l'Etna, mostrandola fra trincee di lava ed agrumeti in fiore, tra pregiati vigneti,
alberi di pistacchio e fichidindia ed in tutti i suoi aspetti più peculiari
nei parchi naturali che attraversa fino al baluginare del Mar Ionio.
Grandi scrittori, quali Goethe e De Amicis, viaggiando con la Circumetnea, restarono affascinati e soggiogati dalle forti emozioni suscitate dal paesaggio, dalla natura selvaggia e dal vulcano sempre mutevole per quanti sono gli infiniti angoli di osservazione che il viaggio
in treno sa offrire.
Nel 1938 furono immesse in servizio, per la prima volta, sei
esemplari delle modernissime "ALn 56 Fiat" meglio conosciute come
"LITTORINE" che, possedendo caratteristiche di maggior comfort e
celerità, presero in carico la quasi totalità del servizio viaggiatori, determinando così gradualmente la fine dell'utilizzo delle locomotive a
vapore che si completò, di fatto, nel 1963. Oggi la Ferrovia Circumetnea gestisce anche la linea Metropolitana di Catania ed è fortemente
impegnata nell'implementazione della stessa.
Primo David
IL CLUB n. 85 – pag. 10
L’abitato si divide in tre
quartieri, nei quali si insediarono
anticamente tre diverse comunità
che
gareggiarono
fra
loro
nell’innalzare in modo imponente
la propria chiesa-simbolo: i latini
con la Basilica di Santa Maria, risalente al XIII secolo, che conserva
di quel periodo le absidi ornate da
merli ghibellini; i greci con la chiesa di San Nicola, che è anche la
più grande della cittadina e che
ospita preziose opere di pittura e
scultura; e i lombardi con la chiesa
di San Martino, con il più bel campanile medievale dell’intera Sicilia,
adornato da eleganti bifore e trifore. Le architetture cittadine sono
per l’appunto caratterizzate dalla
bicromia della pietra lavica e
dell’arenaria che decora le facciate
delle chiese, dei palazzi nobiliari e
della caratteristica via degli Archi,
un vicolo scandito ovviamente da
archi e da una bella finestra bifora
con la colonnina attorcigliata in
pietra bianca che faceva parte
dell’antica via delle Volte di S. Nicola, successivamente inglobata in
un antico complesso conventuale.
Purtroppo non c’è stato il
tempo per visitare il Castello Svevo,
che
ospita
tra
l’altro
un’interessante sezione dedicata ai
pupi
siciliani;
e
così,
dopo
un’occhiata alla Porta Aragonese,
la più importante porta di ingresso
al nucleo storico, e alle due chiese
più importanti della cittadina, la
Basilica di Santa Maria e la chiesa
di San Nicola, e dopo un assalto
alle pasticcerie del borgo, svaligiate dei loro dolci tipici, come quelli
al pistacchio, non ci è rimasto che
pensare al corpo, spostandoci al
vicino ristorante “Scrivano”. Qui ci
attendeva un pranzo a base di antipasti misti, spaghetti con salsa di
maiale, farfallette al pistacchio,
pasta alla norma, maialetto in crosta con patate al forno, macedonia
e torta al pistacchio. E noi, stremati da tutte le emozioni della giornata, non abbiamo potuto fare a meno di spazzolare via tutto a tempo
di record.
Il pranzo al ristorante Scrivano
Era già l’imbrunire a metà
pomeriggio quando siamo risaliti
sulla CircumEtnea che, proseguendo
la
sua
circumnavigazione
dell’Etna, ci ha condotto alla stazione di Giarre, dopo averci permesso di ammirare una colata lavica “in diretta”; da qui siamo saliti
su un altro treno che ci ha condotto alla stazione di Catania, da dove
ci siamo imbarcati sull’ultimo treno
della giornata, il sesto (!), che con
il suo placido ron-ron ci ha riportato alla stazione di Villarosa tra il
sonnecchiare degli adulti, appesantiti dal pranzo regale e dalle emozioni della giornata, e il giocoso
saettare dei bambini, che sarebbero crollati soltanto in camper.
La notte è trascorsa in un
attimo, mentre un po’ tutti si rigeneravano dalle fatiche della giornata con un sonno ininterrotto, ma
già la mattina della domenica, annunciata da un sole radioso e da
una temperatura un po’ più mite,
annunciava nuove emozioni. Infatti, proprio sulla banchina della stazione, era stata approntata una
“piccola” colazione, a base di focacce ancora calde, condite con
olio, caciocavallo grattugiato e origano; una vera goduria! Non mancavano ottime olive e vino rosso in
grado di svegliare i morti, che tutti
i partecipanti hanno mostrato di
gradire più che a sufficienza, sotto
gli occhi esterrefatti dei viaggiatori
di un treno che transitava in quel
momento sui binari.
Dopo aver rinvigorito il
corpo, c’è stato chi, non essendo
presente alla visita del mese scorso, ne ha approfittato per visitare il
suggestivo Museo del treno; e poi,
tutta la carovana dei camper si è
mossa all’unisono per spostarsi
nella vicina cittadina di Villapriolo,
dove alcune case sono trasformate
in museo etnografico con varie
ambientazioni: dalla casa del contadino a quella dello zolfataro, dalla bottega del ciabattino alla stalla,
con mobili e suppellettili che rimandavano ad antichi mestieri e
ad uno spaccato della civiltà Siciliana di fine ‘800, ormai completamente scomparsa.
E poi non è rimasto che
dare l’assalto alla macelleria cittadina, depauperata di una cinquantina di chili di salsiccia e di carne di
maiale, prontamente assaggiata
sulle tavole dei camper. Infine, dopo aver brindato all’acquisto da
parte di qualche socio del nuovo
camper, abbiamo ripreso la strada
di casa, con gli occhi ancora pieni
degli scenari lunari ammirati sulle
pendici. Ma quanto è bella la nostra Sicilia!
Mimma Ferrante
e Maurizio Karra
Un panorama dell’Etna dal finestrino del CircumEtnea
La colazione rustica della domenica sul binario 1 di Villarosa
In visita al paese museo di Villapriolo
IL CLUB n. 85 – pag. 11
Scatti d’autore
Grande successo per la settima edizione della mostra “Latitudini d’autore”, alla quale hanno
partecipato trenta soci del nostro Club con circa 200 splendidi scatti e da cui è stato tratto
come di consueto il calendario del Banco di Sicilia stampato quest’anno in 20.000 copie
L’
emozione era palpabile fin dalla vigilia, che i soliti volenterosi hanno trascorso sistemando i pannelli colorati su cui
avrebbero fatto bella mostra di sé
le numerose foto dei partecipanti,
trenta soci orgogliosi di partecipare alla mostra “Latitudini d’autore”
2006 e di condividere con gli altri
le emozioni scaturite dal girovagare in Europa (e non soltanto), per
lo più a bordo di quei meravigliosi
strumenti di viaggio che sono i
nostri camper.
E l’emozione era tanta per
una serie di motivazioni che ci
rendevano orgogliosi, una delle
quali riguardava proprio le foto, le
protagoniste assolute della manifestazione, la cui inaugurazione si
è tenuta il 22 novembre, come di
consueto nei locali del CRAL di Palermo, in via Rosolino Pilo; quelle
foto che ben dimostravano come
gli autori siano cresciuti e migliorati nel corso degli anni, grazie al
loro numero, che quest’anno ha
sfiorato i 200 esemplari (sempre
in crescita anno dopo anno, al
punto che ormai si riesce a sistemarli soltanto con autentici giochi
di prestigio negli spazi a disposizione), al particolare taglio delle
inquadrature, sempre più “mature”
consapevoli, sempre meno
istantanee e improvvisate, e alla
varietà delle pose che spaziavano
dalla monumentalità ai particolari
di natura e alle persone.
A proposito di pose, è
d’obbligo ricordare le varie sezioni
in cui è stata suddivisa la mostra,
da “Terra di Sicilia” a “Bell’Italia”
e “Bell’Europa”, da “Madre Natura” ad “Uno sguardo sul mondo” a
“People”, in un susseguirsi di inquadrature che spaziavano da immagini dense di “sicilianità” a monumenti e angoli incontaminati
della nostra splendida Europa, a
fisionomie umane appartenenti ad
ogni latitudine, dando vita ad un
moltiplicarsi di sensazioni forti che
ben testimonia la smisurata voglia
di esplorazioni dei nostri soci.
All’inaugurazione della mostra hanno presenziato l’Amministratore Delegato del Banco di Sici-
Il dott. Beniamino Anselmi, Amministratore Delegato del Banco di Sicilia
(nella foto fra il Direttore Generale della banca dott. Carlo Enrico e il nostro presidente), all’ inaugurazione della settima edizione della mostra
fotografica. In basso un altro momento della manifestazione
lia, dottor Beniamino Anselmi, e il
Direttore Generale, dottor Carlo
Enrico, che si sono intrattenuti con
il nostro presidente Maurizio Karra
e con tutti i partecipanti alla serata, commentando le foto e le filosofie di vita e di viaggio da cui gli
scatti dei nostri soci scaturiscono.
In particolare Maurizio Karra, nel
dare il benvenuto agli illustri ospiti,
ha ricordato le origini del nostro
Club, risalenti ormai ad una quin-
IL CLUB n. 85 – pag. 12
dicina di anni fa, e l’insopprimibile
voglia di viaggiare che ne è alla
base, che con il passare degli anni
ha dato vita al nostro motto “Insieme per l’amicizia, Cittadini del
mondo, Ambasciatori di pace”, che
i nostri soci portano in giro per il
mondo con orgoglio insieme al logo del Banco di Sicilia, esplorando
non soltanto luoghi nuovi, ma anche il mondo con occhi nuovi; affermazione che ben testimonia an-
che la nostra capacità di andare alla scoperta della splendida città di
Palermo, ammirando il suo notevole patrimonio artistico, ma notando
anche le sue inevitabili miserie.
La copertina del calendario 2007. In
basso le immagini del mese di gennaio (foto di Francesco Gulotta) e di
dicembre (foto di Larisa Amenta)
Nel corso del suo intervento Maurizio Karra ha anche annunciato il desiderio del direttivo di
raccogliere nel corso della serata
una somma da destinare in beneficenza a coloro che sono meno fortunati di noi, da utilizzare in particolare per adozioni a distanza e/o
come fondi da offrire all’Associazione di Biagio Conte.
In risposta al nostro presidente il dottor Beniamino Anselmi
si è detto ben felice di condividere
questo progetto, interessando allo
scopo tutto il Banco di Sicilia con
l’istituzione di un conto corrente
apposito in cui convogliare le somme che saranno raccolte anche da
parte dei vari colleghi della banca;
ha
proseguito
affermando
l’importanza dei rapporti interpersonali e il suo desiderio di frequentarci con maggiore assiduità, desiderio frustrato il più delle volte dai
suoi pressanti impegni lavorativi;
in ogni caso ha ricordato che, nonostante le sue molteplici esperienze lavorative in seno a grandi
aziende italiane, il clima umano
che ha trovato all’interno del Banco di Sicilia è stato particolarmente
coinvolgente e caloroso, con un diretto incremento di rapporti personali che vanno ben al di là di quelli
rapporti lavorativi.
E’ stata anche l’occasione
per presentare il nuovo Calendario
del Club, giunto alla sua settima
edizione, scandito dalle foto dei
soci che cristallizzavano momenti
particolari dei loro viaggi del 2006
e dalla sua nuova, coloratissima
copertina; calendario che quest’
anno è stato stampato in una tiratura straordinaria (20.000 copie) e
che sarà distribuito a tutte le filiali
del Banco di Sicilia, per essere esposte nelle stesse ed essere donato ai maggiori clienti delle varie
strutture come omaggio di fine anno, raggiungendo un traguardo
che ha reso tutti i soci del Club
particolarmente orgogliosi.
Sono seguiti, quindi, i brindisi tra i presenti, mentre avevano
luogo le prime raccolte di fondi per
beneficenza e in un vicino televisore si susseguivano le immagini digitali degli ultimi anni di vita associativa del nostro Club e le immagini dei tanti luoghi raggiunti a
bordo dei nostri compagni di viaggio. Ed è stato questo l’ultimo tassello di una serata che, come dicevamo fin dall’inizio, è stata particolarmente emozionante, lasciandoci
ricchi di sensazioni che non dimenticheremo facilmente e spronandoci alla nostra eterna ossessione: la
voglia di viaggiare, di conoscere, di
incontrare persone e di guardarle
con occhi nuovi, come se ogni volta fosse la prima volta.
Mimma Ferrante
IL CLUB n. 85 – pag. 13
Il progetto di adozioni
a distanza del nostro Club
Abbiamo provveduto ad
aprire presso la Filiale 99 di Palermo del Banco di Sicilia un apposito
conto corrente, intestato al Club
Plein Air BdS per Opere di beneficenza, che servirà ad accogliere,
oltre alla somma raccolta la sera
del 22 novembre, tutti quei versamenti che saranno via via effettuati dai nostri soci nonché da colleghi e pensionati del Banco di Sicilia. Il numero del c/c è 2199
2698 32. Le somme raccolte sul
conto serviranno prioritariamente
a realizzare un piano pluriennale di
adozioni a distanza sotto l’egida
della Comunità di Sant’Egidio, ONLUS che è stata prescelta fra quelle italiane e internazionali che operano nel settore in quanto si connota per le valenze etiche e sociali
della sua missione. Una somma
forfetaria
servirà
anche
per
un’offerta di Natale alle comunità
di senza tetto, malati di AIDS ed
immigrati senza casa gestiti dall’Associazione di Fra Biagio Conte.
Ma torniamo al progetto di
adozioni a distanza: si tratta di un
atto di solidarietà che garantirà ad
alcuni bambini (il numero sarà legato alle somme raccolte) che vivono in uno dei Paesi più poveri
del mondo e alle loro famiglie un
aiuto economico per le prime esigenze (alimentazione, cure mediche), per il vestiario, i giochi e una
normale istruzione che possa favorire la loro emancipazione sociale.
L’adozione a distanza, quindi, consentirà a una o più famiglie
dell’Africa di poter avere cura dei
loro piccoli evitando che gli stessi
vadano a ingrossare gli eserciti irregolari che alimentano le tante
guerre tribali del continente nero o
che muoiano a pochi anni dalla nascita uccisi da malattie non curate.
Ovviamente un’adozione a
distanza necessita di un intervento
pluriennale (non sarebbe corretto
interrompere l’aiuto dopo uno o
due anni) e di un’organizzazione
seria che utilizzi per davvero i fondi raccolti senza che nessuno possa avere dubbio sulla loro destinazione; e per questo abbiamo optato per la Comunità di Sant’Egidio
di Roma. Una volta partito il piano
di adozioni, il nostro Club riceverà,
a fronte dei contributi versati periodicamente, notizie sui bambini
“adottati” e sull’utilizzo concreto
delle somme a ciascuno destinate.
In questa pagina, e nella successiva, alcune recensioni della settima
edizione della mostra fotografica
“Latitudini d’autore”, tenutasi pres-
IL CLUB n. 85 – pag. 14
so il Circolo del Banco di Sicilia di
Palermo dal 22 novembre al 7 dicembre 2006: 30 i soci espositori,
circa 200 le foto esposte.
I nostri fotografi
Alla mostra fotografica
hanno partecipato quest’anno: Larisa Ponomareva Amenta, Giovanna Amico, Giovanni Anello, Francesco Bonsangue, Francesco Carabillò, Paolo Carabillò, Adele Crivello, Giulia Crivello, Luigi Fiscella,
Francesco Gulotta, Maurizio Karra,
Marcello La Barbera, Patrizia La
China, Franco Li Vigni, Massimiliano Magno, Elisabetta Martinis, Filippo Milazzo, Giuseppe Palazzolo,
Vittorio Parrino, Mariolina Petralia,
Piero Petralia, Giovanni Pitré, Eduardo Romano, Radha Santonocito, Giuseppe Schifani, Giangiacomo Sideli, Enza Spadoni, Giuseppe Eduardo Spadoni, Mario
Tomasino, Enzo Triolo, Alessia
Tuccio, Simona Tuccio.
Una panoramica del calendario 2007
Lo scatto che ha rappresentato nel
calendario il mese di agosto (foto
di Giangiacomo Sideli)
Si ringraziano per l’attenzione le Agenzie ANSA e Italpress, il TGR e il
Giornaleradio RAI della Sicilia, le compagnie televisive TRM-Telemed
e CTS, i quotidiani Giornale di Sicilia, Repubblica, La Sicilia, il settimanale MF Sicilia, i mensili AutoCaravan e Cult, i siti Web Ateneonline.it, Balarm.it e PalermoWeb.it
IL CLUB n. 85 – pag. 15
A caccia di sapori
Nel week-end del 25-26 novembre siamo andati a caccia di sapori genuini, tra il pregiato
vino delle cantine “Planeta” di Sambuca di Sicilia, l’ottimo olio dell’oleificio “Gebbia” e i profumati formaggi del caseificio “La montanara” di Chiusa Scafani, approfittandone anche per
esplorare la cittadine che ospitano questi tesori gastronomici.
O
rmai è diventata una
consuetudine: all’arrivo dei primi
freddi andiamo a caccia dei sapori
più autentici che la nostra terra è
in grado di offrirci, approfittando a
piene mani dei numerosi giacimenti gastronomici disponibili in Sicilia,
regione sicuramente prodiga di
prodotti genuini e di grande qualità. Così, nel rinnovarsi di quella
che ormai è diventata un’autentica
tradizione, anche quest’anno la carovana dei nostri camper si è messa in moto il 25 novembre in una
giornata di splendido sole per andare a fare scorta di vino, olio e
formaggi, molto apprezzati dalle
cavallette targate BdS.
Il momento della degustazione presso le cantine Planeta.
In basso il romantico paesaggio in cui è inserita la Cantina dell’Ulmo,
sulle sponde del lago Arancio
L’ingresso del cinquecentesco baglio della famiglia Planeta annesso
alla cantina dell’Ulmo di Sambuca
La nostra prima tappa è
stata nei dintorni della cittadina di
Sambuca di Sicilia dove, sulle
sponde del lago Arancio, in un contesto scenografico scandito da rosseggianti vigneti, ci siamo fermati
presso il cinquecentesco baglio
dell’antica cantina dell’Ulmo della
famiglia “Planeta”, che da oltre
vent’anni produce in Sicilia, sperimentando folgoranti accoppiate di
nobili vitigni e di vitigni autoctoni e
ottenendo così bianchi sontuosi
come lo Chardonnay e il Cometa e
rossi corposi e ultrapremiati come
il Merlot, il Sirah e il Santa Cecilia
(ottenuto con il 100% di Nero
d’Avola). L’azienda vinicola, che ha
contribuito a rendere celebre il binomio Sicilia e vino di qualità, dispone di ulteriori cantine in altre
province: a Menfi, Vittoria, Noto e,
di prossima attivazione, quella in
contrada Santo Spirito sul crinale
nord-est dell’Etna; ma le cantine
IL CLUB n. 85 – pag. 16
che abbiamo visitato in Contrada
Ulmo sono le prime ad essere state
impiantate.
Qui ci ha accolto Chiara
Planeta che, con grande gentilezza
e professionalità, ci ha guidato
nell’esplorazione dell’azienda, portandoci a vedere lo stabilimento di
produzione, i silos per la decantazione e la bottaia, al cui interno il
vino invecchia in barriques che gli
danno un aroma particolare; quindi
ci ha condotto nell’antico baglio del
‘500, recentemente riconvertito in
sala per l’accoglienza degli ospiti,
al cui interno, tra mobili d’epoca e
suppellettili di classe, abbiamo potuto degustare alcuni dei vini prodotti dall’azienda, dal Segreta
bianco all’Alastro, per continuare
con il Segreta rosso e concludere
con un magnifico Merlot dal sapore
vellutato e caldo, il tutto intramezzato dall’offerta di vari formaggi
che trovavano il giusto accoppiamento con i vini offerti. E dopo non
ci è rimasto che acquistare qualche
bottiglia degli ottimi vini degustati,
portando con noi un po’ del miracoloso legame che unisce la nostra
isola al vino di ottima qualità.
Il nostro gruppo all’oleificio Gebbia di Chiusa Sclafani
di San Giuseppe, o quella del Carmelo, scenograficamente disposta
su una scalinata. Tutto attorno si
diramano vicoletti sovrastati da arcate, che ben testimoniano le origini arabe del borgo, ancora perfettamente rilevabili nei Vicoli Saraceni, con stradine lastricate e
contorte, archi e minuscole casette, in una delle quali è visibile la
ricostruzione di un salotto letterario dell’800 con personaggi illustri
della cittadina. Alla sommità della
cittadina è visibile l’antica Chiesa
Madre, in parte distrutta dal sisma
del 1968, sul luogo in cui nel lontano 827 l’emiro arabo Zabut fece
erigere l’antico castello cittadino.
Alcuni dei vini degustati presso le
cantine Planeta dai nostri soci
Quindi ci siamo spostati
nella vicina cittadina di Sambuca di
Sicilia, fermandoci al parcheggio
del campo sportivo vicino le scuole
elementari; nel primo pomeriggio
una gentile guida dell’Associazione
Giambecchina ci ha condotto ad
esplorare la cittadina, partendo
proprio dall’esposizione delle opere
di Giambecchina, figlio illustre del
borgo, cui ha regalato numerosi
quadri che rappresentano l’emblema più autentico della sicilianità,
con i paesaggi riarsi dal sole e i visi dei contadini scavati dalla fatica.
Quindi ci siamo recati
all’Antiquarium cittadino, che ospita reperti del sito archeologico di
Monte Adranone, relativo ad una
città-fortezza greco-punica, risalente al VII – VI secolo a.C., e abbiamo poi proseguito nell’esplorazione delle varie chiese cittadine,
come quella dalla facciata ornata
Uno scorcio del centro di Sambuca
Dopo questo piacevole tuffo nelle atmosfere di Sambuca ci
siamo spostati nei pressi di Chiusa
Scafani e cioè presso l’oleificio
Gebbia, dove ormai da anni il nostro Club fa scorta dell’ottimo olio
extravergine d’oliva prodotto con
olive nocellara e biancolilla del territorio. Anche questa volta, dopo
che la carovana dei camper si era
sistemata per la notte nel cortile
antistante l’oleificio, si è rinnovato
il rito dell’olio e poi è cominciato
quello delle cavallette, con la consueta cena casereccia allestita
all’interno dell’oleificio, a base di
IL CLUB n. 85 – pag. 17
pane cunzatu con olio nuovo e acciughe, o con ricotta, e di focacce
locali, vari tipi di formaggio e vino
genuino, fino a che le panze hanno
rischiato di scoppiare. E poi finalmente è arrivato l’oblio del sonno…
I nostri soci in formato cavallette
presso l’oleificio Gebbia
La mattina della domenica,
sorta al pari del giorno precedente
sotto un sole radioso, è stata dedicata alla scorta degli ottimi formaggi del vicino caseificio “La
montanara”, tra primosale condito
con noci, pepe o pistacchio, caciocavallo, ricotta e tanto altro; è seguita poi una passeggiata nel centro storico di Chiusa Sclafani, alla
riscoperta del magnifico gioiello
barocco della chiesa di San Sebastiano, oltre che della chiesa dedicata a S.S. Maria Assunta. E poi,
per completare l’opera gastronomica, non è rimasto che l’assalto
alla pasticceria della piazza, tra
cannoli ricolmi di ricotta e profiterol annegati nel cioccolato, autentiche icone di opulenta golosità;
meno male che, in mezzo a tanta
dolcezza e gusto, perfino il rientro
verso casa e il tran tran di ogni
giorno è stato meno duro …
Testo di Mimma Ferrante
Foto di Maurizio Karra
Ritorno al camper
Anche la SEA propone da quest’anno al pubblico un “furgonato” su Renault Master: ritorno
al passato o ...al futuro?
U
na nuova moda sembra serpeggiare da un po’ fra i vari
costruttori, soprattutto adesso che
la maggior parte di essi sta spingendo per allestimenti sempre più
grandi e “roboanti”: il collaterale
ritorno al piccolo, cioè al camper
“furgonato”, al van, al cosiddetto
camper “puro”.
Accanto a quelle ditte che
hanno sempre puntato la loro produzione su tali modelli (come Westfalia), qualche anno fa fu l’Adria,
accanto alla produzione di massa
dei propri mansardati e semintegrali, a tirare fuori un modello di
camper del tutto fuori dalla mischia (ricordate l’Adriavan?), incontrando per altro un certo successo nel pubblico, ovviamente in
una nicchia di mercato che soprattutto in Italia non conosce per
questi modelli grandi numeri.
Adesso tocca alla SEA che
a Mondo Natura ha presentato il
suo Ayar, un veicolo di meno di sei
metri allestito su meccanica Renault Master 2.500 TD. Si tratta di
un veicolo innovativo e certamente
interessante sotto il profilo della
qualità (è prodotto negli stabilimenti della Mobilvetta, una delle
società facenti parte del Gruppo
SEA), che vuole essere forse la risposta italiana alla produzione tedesca e slovena nel settore.
Il mezzo è meccanicamente molto ben dotato, dato che la
motorizzazione Renault ha cavalli
ben più che sufficienti a garantire
potenza in ogni situazione. La coibentazione è a sua volta eccellente: 35 mm. sul pavimento, 80 sulle
pareti e 40 sul tetto; e anche
l’abitabilità interna, ovviamente
per la coppia, è sufficiente a garantire movimentazione e piena
vivibilità degli spazi: solo l’altezza
(cm. 188) è un po’ sacrificata, soprattutto per le persone più alte.
Ma chi acquista un camper furgonato non può che esserne pienamente cosciente!
L’esterno del van della SEA
IL CLUB n. 85 – pag. 18
La zona living dell’Ayar
Entrandovi all’interno, comunque, ciò che si evidenzia subito è la qualità dei materiali e la ra-
Panoramica dell’interno; nella parte posteriore si notano l’angolo cucina
e, in coda, il letto matrimoniale. A destra il vano servizi.
zionalità degli spazi che, seppur
ridotti come su qualunque furgonato, appaiono comunque ben equilibrati e molto luminosi anche per
l’ampia superficie vetrata esterna.
I mobili in legno color noce forniscono, infatti, un tocco di eleganza
raramente presente su questa tipologia di mezzi, mentre antine e
soprattutto pensili garantiscono
buoni volumi per lo stivaggio del
carico.
L’angolo cucina, accanto
alla porta scorrevole dell’ingresso,
è ben strutturata, con cucina a gas
con 2 fornelli e frigo trivalente sottostante; mentre il letto in coda
appare comodo come quello dei
veicoli mansardati (misura 185 x
130 cm.). Dalla parte opposta troviamo dapprima l’armadio e quindi
il bagnetto, che appare privo solo
della doccia separata (è il prezzo
da pagare…), pur rimanendo comunque comodo e luminoso. Nella
parte anteriore, due poltroncine
longitudinali con il tavolo centrale
assicurano, insieme alle poltrone
girevoli della cabina, la vivibilità
della zona living, con 4 comodi posti a tavola (o anche 6 stando un
po’ stretti).
di listino (poco più di 42.500 euro), sicuramente inferiore ad altri
van made in Germany, ma di certo
non inferiore a quello di un mansardato o di un semintegrale di
medio standing, certamente più
grande e con un numero maggiore
di posti!
Ma chi pensa a un camper
puro, ha altre priorità: pensate alla libertà di movimento di un van
grande (appena) quanto una grossa berlina! Pensate alla sua capacità di viaggiare per strade e autostrade nel massimo silenzio grazie
alla sua linea filante senza ingombri posticci come quelli derivanti
da una mansarda che limitano di
molto la penetrabilità nell’aria e
aumentano i consumi di carburante, al baricentro basso e al cambio
a 6 marce che garantiscono velocità e confort di marcia! Certo, è
una scelta che pochi fanno, ma
quel che è certo è che sempre più
sono coloro che si sono stufati dei
veicoli sempre più lunghi e pesanti.
Maurizio Karra
SEA Ayar Van
Tipologia: furgonato
Lunghezza: m. 5,89
Larghezza: m. 1,99
Altezza: m. 2,50
Posti omologati: n. 4
Posti letto: n. 3 (1 matrimoniale
+ 1 singolo)
Serbatoio acque chiare: l. 90
Serbatoio acque grigie: l. 100
WC: kasset l. 17
Il bagnetto dell’Ayar
Rimane un po’ limitata la
capacità del serbatoio di acqua potabile (90 litri), e quindi la effettiva
libertà di utilizzo fuori da strutture
di appoggio del veicolo; e rimane
un attimo da pensare al suo costo
IL CLUB n. 85 – pag. 19
Riscaldamento: stufa combi Truma
Frigorifero: trivalente l. 70
Oblò n. 2 (40x40)
Prezzo chiavi in mano: € 42.520
In viaggio col principe
Tutta nuova, quest’anno, la produzione Elnagh, che propone un comodo semintegrale con
ottimo rapporto qualità-prezzo: il Prince 550L
U
n veicolo tutto nuovo,
sia nella linea esterna che negli interni, esempio di una produzione a
dir poco rivoluzionata: questo è il
Prince 550L, un bel semintegrale
che la Elnagh propone a un prezzo
davvero interessante, soprattutto
in relazione alla dotazione e alla
qualità della costruzione: 46.400
euro. Il veicolo, lungo 7,21 metri e
largo ben 2,35, è realizzato di
norma su meccanica Ducato con
motore da 2.3 litri e 130 cavalli di
potenza, ma è disponibile a richiesta anche nella versione più potente prodotta dalla Fiat, il 3 litri da
160 cavalli a 48.760 euro.
L’esterno (pareti e tetto) è
realizzato tutto in vetroresina, con
cupoletto anteriore sulla cabina
sagomato per assicurare la migliore penetrazione nell’aria quando il
veicolo è in movimento. La coibentazione è assicurata da un isolamento di 72 mm. A pavimento, di
40 a tetto e di 32 alle pareti.
Ma la cura dei materiali è
ancor più evidente quando di entra
all’interno. Qui la presenza del legno massello nelle finiture arrotondate del mobilio spicca chiaramente fra le caratteristiche di una
dotazione di classe superiore; a ciò
si aggiunge anche una razionale e
ampia capacità di stivaggio che
rende il mezzo davvero interessante.
L’interno del semintegrale
La porta di ingresso, nella
parte anteriore del veicolo, introduce immediatamente nella zona
L’esterno del Prince 550L della Elnagh
IL CLUB n. 85 – pag. 21
living, con semidinette sulla parete
opposta all’ingresso e divanetto
longitudinale contrapposto; il bel
salotto è completato dai due sedili
della cabina, che si presentano con
la tappezzeria coordinata, che a
veicolo fermo possono essere girati
verso l’interno consentendo così di
realizzare un comodo salottopranzo per sei persone. La parte
alta della cabina è completata, a
sua volta, da spazi a giorno fra cui
quello centrale predisposto per ospitare uno schermo televisivo al
plasma.
Alle spalle della semidinette si trova l’elegantissimo piano
triangolare di lavoro della cucina
con lavello tondo e piano cottura a
3 fuochi in acciaio satinato, sotto il
quale sono sistemati mobili pluriuso fra i quali anche uno con anta a
scomparsa. Ancora accanto si trova il frigo trivalente da 150 litri a
doppia porta, con congelatore separato, sopra il quale a richiesta
può essere montato il forno a gas.
In coda ecco il letto matrimoniale a media altezza, sotto il
quale si trova un ampio garage a
tutta larghezza per il massimo stivaggio possibile, al quale si può
accedere anche dall’interno.
Ma ciò che, a buon diritto,
può essere considerato per davvero “principesco” è il bagnetto, luminosissimo e dotato di mobili pro-
In alto la zona living del Prince 550L
Sotto la zona cucina e, in coda, il letto matrimoniale rialzato
In basso, un’immagine del comodo e funzionale bagnetto
Si noti a sinistra il vano doccia separato con colonna idromassaggio
filati anch’essi in legno, all’interno
del quale, separato da una porta
rigida scorrevole, si fa notare il vano doccia con doppio scarico (per
agevolare lo smaltimento dell’acqua in qualunque condizione di
parcheggio) e colonna idromassaggio: un autentico plus difficilmente reperibile anche su mezzi di
fascia molto alta e dal prezzo sicuramente maggiore.
Infine, chiudendo il giro,
fra il bagnetto e la porta di ingresso (che è dotata di controporta con
zanzariera) troviamo il comodo
armadio con luce di cortesia
all’interno. Un altro quasi banale
dettaglio del confort che la Elnagh
ha voluto assicurare al mezzo risolvendo con un tocco di creatività
e di originalità il desiderio di rinnovare la propria gamma dei veicoli
ricreazionali puntando a un progetto davvero innovativo, al tempo
stesso elegante e funzionale.
Elnagh Prince 550L
Tipologia: semintegrale
Lunghezza: m. 7,21
Larghezza: m. 2,35
Altezza: m. 2,85
Posti omologati: n. 4
Posti letto: n. 4 (2 matrimoniali di
cui 1 fisso in coda)
Serbatoio acque chiare: l. 100
Serbatoio acque grigie: l. 100
WC: kasset l. 17
Riscaldamento: Webasto 3500 e
boiler separato
Frigorifero: trivalente l. 150
Oblò n. 2 + 1 panoramico Heki
Prezzo chiavi in mano: € 46.400
Maurizio Karra
IL CLUB n. 85 – pag. 22
Ricordi di viaggio
Girovagando da Salisburgo a Praga e da Wurzburg a Fussen, lungo la Romantische Strasse
Quello di questa estate è
stato il nostro (mio e della mia
consorte, Gabriella) primo, lungo
viaggio all’estero in camper. Posso
affermare ch’è stato anche il nostro primo “vero” viaggio oltre
confine, data l’enorme differenza
con le precedenti esperienze preconfezionate, “all inclusive”, che
non ci hanno mai consentito di conoscere approfonditamente i luoghi, di percorrere vie alternative,
di
modificare
il
programma
all’impronta, di provare a condividere usi e costumi locali; in sintesi,
di coltivare il gusto della strada e
della scoperta.
ceca” e tanto è bastato a tenerci di
buonumore e a infonderci coraggio.
Noi, peraltro, non siamo
neppure riusciti ad individuare le
persone giuste cui chiedere indicazioni; fatto assai anomalo per gente scolasticamente allevata studiando i “Promessi Sposi” di manzoniana memoria con relativi approfondimenti sul comportamento
e sulla condizione psicologica di
Renzo Tramaglino al suo arrivo
nella sconosciuta Milano.
In ogni caso, nel voler
scrivere di questo nostro viaggio,
considerando che altri sono bravissimi nell’illustrare i viaggi e nel
corredarli di tutte le informazioni
utili a potenziali futuri viaggiatori e
che le località visitate sono note ai
più, ho deciso di concentrare la
mia attenzione solo sugli aspetti
caratterizzanti della nostra esperienza, sebbene consapevole del
taglio assai poco giornalistico del
resoconto che segue.
Il bel tempo
Avevo letto una statistica
sui fenomeni meteorologici nei paesi dell’Europa centrale, dalla quale emerge che il periodo di minore
piovosità va da metà Giugno a metà Luglio. Ebbene, non potevo im-
Un’immagine di Dinkesbuhl. In basso le Alpi Bavaresi a Füssen
Premetto, ringraziando gli
autori,
che
nel
pianificare
l’itinerario ho attinto a piene mani
all’archivio del Club, stampando e
portandomi dietro resoconti di
viaggi risalenti a qualche anno addietro, che si sono rivelati utilissimi, attualissimi e persino consolanti. Cito, ad esempio, il nostro
arrivo alla periferia di Praga e il
traumatico vagare “all’urbigna” per
circa due ore alla ricerca del camping (l’azienda produttrice del mio
navigatore non commercializza la
cartina della Repubblica Ceca): ci
sono
tornate
alla
memoria
l’analoga esperienza e le considerazioni di altri circa il girare “alla
IL CLUB n. 85 – pag. 23
Una pista ciclabile in territorio austriaco
Nella foto Gabriella Bonsangue e il piccolo cane, Joy
maginare che andasse meglio della
statistica (in base alla quale piove
meno, ma piove), centrando 25
giorni d’assoluta siccità, di cielo
profondamente azzurro, di temperature diurne tipicamente mediterranee, fatta eccezione per trenta
secondi di sbruffi d’acqua, pure
piacevole dato il caldo, mentre
percorrevamo Ponte Carlo a Praga
e una pioggerella notturna, sempre
durante la sosta a Praga.
Probabilmente un clima
così splendido, e così inatteso, ha
contributo a lasciarci un ricordo
particolarmente bello e gradevole,
soprattutto della Baviera, che tuttora ci rende convinti di un nuovo
viaggio in quella terra, da dedicare
alla visita delle tante altre località
che abbiamo dovuto tralasciare.
Se ripenso alla quantità di
giubbotti, scarponi, ombrelli, kway, maglioni, piumoni, che ci
siamo portati dietro! Tutto inutile!.
Solo sole, sempre sole e un caldo
da siesta messicana nelle ore pomeridiane; e proprio grazie al bel
tempo, abbiamo potuto sfruttare al
meglio la nostra passione per la
bicicletta, secondo elemento caratterizzante del ns. viaggio.
In bici sulle piste ciclabili
Come sempre, ci siamo
portati dietro le nostre bici da passeggio, entrambe corredate da
cestini e porta pacchi. Scelta rivelatasi utilissima. Già alla prima sosta in uno dei numerosi camping
lungo la sponda orientale del lago
Ossiacher (in Austria, nei pressi di
Villach, qualche chilometro dopo la
frontiera di Tarvisio), espressamente programmata per una pri-
ma disintossicazione dallo stress
da quotidianità annidato nelle nostre menti, abbiamo dedicato diverse ore alle escursioni lungo la
splendida pista ciclabile che costeggia questo magnifico lago alpino dalle acque stranamente tiepide: ventiquattr’ore di pace, nel
verde e nella quiete; pedalate
tranquille in un paesaggio contrassegnato dagli alti monti circostanti,
dalle case in legno su prati di perfetta erba rasata e pettinata, con
balconi e finestre adorni di colorate
composizioni floreali; soste rinfrescanti alle caratteristiche fontane
in legno intagliato che costellano il
percorso,
dalle
quali
sgorga
un’acqua limpidissima e fresca dal
sapore antico.
Un giorno è bastato a risvegliare pienamente le nostre
capacità percettive; i colori sono
divenuti vividi, gli odori dei campi
penetranti, la gioia di vivere improvvisamente moltiplicata. E’ stato un bel modo d’iniziare il viaggio.
L’uso delle bici è poi proseguito
regolarmente in tutti gli altri luoghi
visitati, traendone grandi benefici,
per il fisico, per il notevole risparmio di tempo negli spostamenti,
per la possibilità d’accedere ai centri storici, normalmente chiusi al
traffico veicolare, per la rapidità
con cui abbiamo appreso ”dal vivo”
la toponomastica delle città .
A Salisburgo, il camping
“Nord Sam” dista dal centro circa
4,5 km; per raggiungerlo si percorre una frequentatissima pista
ciclabile che nel primo tratto attraversa un ameno parco lungo un
affluente del Salzach, popolato
d’anatre e germani reali; quindi
costeggia la sponda dello stesso
IL CLUB n. 85 – pag. 24
fiume sino al centro della città,
dov’è agevole posizionare le bici in
una delle numerosissime rastrelliere. In circa 25 minuti (meno che
con i mezzi pubblici) si arriva nel
cuore di Salisburgo.
A Praga, la distanza del
camping dal centro della città vecchia è analoga. La pista ciclabile
costeggia la Moldava e le rastrelliere non mancano e sono sempre
tutte vuote. Infatti il problema vero, in quella città, è trovare un
luogo adatto dove lasciare le bici,
serbando buone speranze di ritrovarle, indipendentemente da accurate legature con catene e catenacci; un sistema l’ho sperimentato ed ha funzionato egregiamente.
Se qualcuno è interessato, chieda
e glielo rivelerò.
Il Ponte Carlo a Praga
Il camping Bannwaldsee,
sulla sponda dell’omonimo lago,
sito nei pressi del più mirabolante
tra i castelli di Ludwig II (Neuschwanstein), dista da Füssen,
principale centro urbano della zona, circa 6,5 km. La pista ciclabile
attraversa splendidi campi e il borgo rurale di Schwangau, in un paesaggio spettacolare, contornato a
sud dalle Alpi bavaresi. Il primo
giorno di visita alla città ho legato
le bici in una zona periferica, dimenticando nel cestino della mia le
chiavi del camper e una guida del
Touring Club; al rientro le ho ritrovate (in verità non sapevo neppure
d’averle perdute) sebbene frattanto almeno una trentina d’altri ciclisti avessero parcheggiato nello
stesso luogo: forse non le hanno
viste ma sono più propenso a ritenere che semplicemente non abbiano voluto prenderle per quel
senso di rispetto delle cose altrui
che sembra pervadere le popolazioni locali.
L’intera Romantische Strasse (circa 350 km da Wurzburg a
Füssen) è percorribile in bicicletta,
lungo piste all’uopo dedicate; è
notevole la quantità di cicloturisti,
tra i quali tantissimi ultrasettantenni, che abbiamo incontrato nel
corso del nostro viaggio. Naturalmente andare in bici non è sempre
uno spasso, per la semplice ragione che il mondo non è tutto piatto.
Gabriella, in particolare, non è
amante delle salite, eppure qualcuna ha dovuto affrontarla. A Wurzburg, ridente cittadina attraversata dal fiume Main, si è rivelata
faticosa l’ascesa verso Mariemberg, fortezza dai possenti bastioni, dotata di 11 torri, che sovrasta
la città dalla cima di una collina
ricoperta di vigneti; nell’occasione
è stata più Gabry a spingere la bici
che la bici a portarLa; però, poi,
che bella e agevole la discesa lungo il sentiero che attraversa le
vigne e che splendida vista sul
fiume e sulla città!
Se avete voglia di abbinare, come noi, la bici al camper in
modo metodico, non posso trascurare di mettervi sull’avviso circa le
ulteriori complicazioni che potrebbero derivarvi dall’eventuale decisione di portarvi dietro anche un
cane.
Il nostro amatissimo Joy
E’ ormai un inseparabile
compagno della nostra vita e,
quindi, dei nostri viaggi. Sebbene
sappiamo di fargli affrontare, a
volte, prove e percorsi per lui molto impegnativi, percepiamo chiaramente la sua netta predilezione
per la nostra faticosa compagnia,
piuttosto che per il riposo in solitudine sul camper. I nostri viaggi
debbono quindi tenere conto, e
fare i conti, con la sua presenza.
La mia bici è attrezzata
con un cestello sufficientemente
capiente per contenerlo, ma sappiamo bene che è una sistemazione sgradita perché gli lascia poco
spazio per i movimenti; se poi durante la marcia viene distratto dal
mondo esterno e decide di mettersi in piedi ad abbaiare, il rischio di
finire entrambi per terra cresce a
dismisura. Eppure, finora non è
accaduto e posso ben dire che Joy
Il castello di Wallerstein ad Harburg
e alcuni figuranti in costume medievale
è ormai un ciclo-passeggero sufficientemente in grado di affrontare
lunghi percorsi, a patto di una sosta
di
tanto
in
tanto
per
un’annusata e qualche schizzetto.
Naturalmente questo non è
l’unico problema: in molti luoghi il
cane non può accedere (chiese,
musei, sinagoghe, tram, autobus
di linea, etc.) per cui si è costretti
a fare i turni; solitamente prima
aspetto io, poi Gabriella. Quello
che potrebbe apparire normalmente un inconveniente perché sottrae
tempo e costringe a visite individuali se non siete in compagnia di
altri, spesso si rivela un vantaggio:
quello di potersi godere, durante le
attese, la strada, la gente, i negozi, e quant’altro vi capita attorno,
specie se avete un cane talmente
simpatico da attrarre l’attenzione
dei passanti e da costringervi, vostro malgrado, a socializzare.
A Praga, nel quartiere ebraico “Josefov” della città vecchia,
mentre, seduto su un gradino, attendevo accaldato che Gabriella
IL CLUB n. 85 – pag. 25
completasse la visita della Sinagoga Pinkasova e del cimitero, sono
stato attorniato da numerosi turisti
che volevano accarezzare il cane e
fotografarlo; ritengo vi siano molte
più foto di Joy in Giappone che a
casa nostra. Naturalmente, qualche inconveniente in più lo si ha se
il coniuge è uno spendaccione; in
tal caso disarmatelo (o disarmatevi) da denaro e carte di credito
prima delle lunghe attese!
Ed è anche vero che, a volte, si rischia d’esagerare col tempo: come quando ho deciso, sempre a Praga, di fotografare l’interno
e le vetrate della Cattedrale di San
Vito (biglietto ad hoc con costo
aggiuntivo per avere la possibilità
di scattare foto liberamente) e di
salire sulla torre, con i suoi 300 gradini circa, lungo una claustrofobica
scala a chiocciola, per godere del
panorama del Hrad, di Ponte Carlo,
della città, dei tetti, dei contrafforti
dell’immensa chiesa; tempo impiegato, circa 1 ora e mezza, con pazienza della mia consorte ridotta ai
minimi termini. Per fortuna c’era il
cane a tenerle compagnia!
Qualche volta, poche in verità, approfittando dell’ideale ombreggiamento del camper o tenendo conto della specifica destinazione, abbiamo lasciato Joy a sonnecchiare: in quei casi la giornata è
stata vissuta in modo meno sereno
perché ha sempre aleggiato in noi
la preoccupazione che potesse non
star bene o che, percependo rumori dall’esterno, abbaiasse disturbando i vicini. E’ accaduto a Salisburgo quando, risalendo il fiume
Salzach in battello, ci siamo recati
al Castello di Hellbrunn, nel cui
immenso parco sono state girate
alcune scene del famoso film “Tutti
insieme appassionatamente”, e ad
Augsburg, quando siamo andati a
visitare la Cattedrale e la Fuggerei
(probabilmente il primo quartiere
di edilizia popolare al mondo, risalente al 1514). Al rientro, Joy lo
abbiamo sempre ritrovato sereno,
si è sempre profuso in saltellanti
festeggiamenti ma, passata l’euforia, ci ha puntualmente tenuto il
broncio per qualche ora.
In famiglia la sua presenza
procura a tutti un rasserenante
piacere e un inimmaginabile, per
chi non l’ha mai sperimentato, benessere psicologico. Insomma, se
viaggiare in camper è godibilissimo, portando con sé pure il proprio cane, è semplicemente fantastico e si ha sempre un buon soggetto per le foto: Joy a Salisburgo,
Joy a Praga, Joy sul lago Ossiacher, Joy a Wurzburg, Joy a Fussen, Joy a Rothenburg, Joy a Dinkelsbulh, Joy al Castello di Wallerstein, Joy a Nordlingen, Joy nel
cestello della bici, Joy con noi...
E tra i tanti inusuali segni
di civiltà, di cui purtroppo non rinveniamo traccia nel nostro Paese,
in Germania abbiamo notato dinanzi agli ingressi di numerosi negozi delle vistose ciotole ricolme di
acqua fresca a disposizione dei
cani-passanti e ci ha commossi una vecchina a Praga che, vedendo
Joy ansimare al sole, durante una
delle attese di cui abbiamo riferito
in precedenza, è uscita due volte
da casa per portargli da bere senza
proferir parola, con un sorriso.
più a fondo ciò che, ad un primo
sguardo, a volte mi appare insignificante. E’ provare a ricomporre armoniosamente le cose e i colori
che mi circondano; è custodire
un’emozione in un’immagine; è memoria dei luoghi visitati; è catturare e ibernare attimi di vita di altri.
E’ rafforzamento della presenza
delle persone che mi sono care.
La cattura delle immagini
comporta, inevitabilmente, alcuni
inconvenienti pratici: portare uno
zaino con l’attrezzatura e la macchina appesa al collo; cercare di
convincere Joy a non strattonare
proprio nell’attimo in cui stai scattando; fermarsi anche quando non
si potrebbe, per non perdere una
inquadratura o un’immagine accattivante; convincere Gabriella a lunghe attese, a continue soste, a tenere pacchi, bici, cane al guinzaglio, borse, per lasciare a me le mani libere. Insomma, è evidente e
giustificato lo scarso entusiasmo di
mia moglie per questa mia passione e devo ammettere che, tutto
sommato, riesce ad essere davvero molto paziente.
In ogni caso, la macchina
fotografica è orpello inseparabile di
tutti i nostri spostamenti e l’avvento del digitale ha finito col non
porre limiti alla mia voglia di scatti,
dato che ho trovato modo di sopperire alla cronica carenza di memoria informatica portandomi dietro un computer: di giorno scatto e
la sera, sul camper, prima del giusto riposo, “scarico” le immagini.
L’occasione più ghiotta in
questo nostro viaggio è venuta
dalla visita al Castello di Wallerstein, che domina la città di Harburg. Per fortunosa coincidenza,
siamo capitati in quel luogo
all’inizio dei tre giorni della con-
sueta festa annuale del Castello,
organizzata fuori e dentro le mura
e caratterizzata da un’incredibile
dovizia d’ambientazioni da pieno
medioevo: i pregiati costumi dei
numerosissimi figuranti di tutte le
età, dai neonati agli anziani, tutti
rigorosamente
abbigliati
con
splendide riproduzioni di capi
dell’epoca, curati fin nei minimi
dettagli; l’accampamento sotto le
mura con le sue tende multicolori,
le spade, gli elmi, gli scudi, le
spingarde, i cannoni, le balestre,
gli archi, le armature, i cavalli bardati, le stoviglie, gli artigiani al
lavoro per la forgiatura del ferro,
per la realizzazione di scarpe, per
la filatura della lana e la tessitura
delle stoffe; le bancarelle per la
vendita di prodotti tipici di quel
tempo, pozioni miracolose comprese, e poi ancora i cavalieri, gli arcieri, i servi, i cuochi, i fornai, i
macellai, gli osti. Nelle mani o alla
cintura di ciascuno, un corno rivestito di peltro o un boccale, quasi
mai inutilizzati, visto il notevole
impegno di tutti gli uomini (molto
meno delle donne) nel tracannare
silenziosamente e continuamente
fiumi d’ottima birra tedesca; persino un pessimo bevitore come me
ne ha fatto largo uso, apprezzandone l’eccellente qualità senza alcuna conseguenza per l’apparato
digestivo e per la sobrietà.
Bevanda nazionale per eccellenza, la birra è, ancor oggi,
prodotta in
Germania da oltre
2.600 birrifici, secondo la legge di
genuinità risalente al 1516; forse
proprio questo è il segreto della
sua bontà. D’altronde, ci hanno
colpiti l’attenzione, la cura e il rispetto verso la natura che traspaiono dai luoghi che abbiamo
visitato: campagne splendide, pun-
La macchina fotografica
E’ la mia passione; in molti
casi la disperazione di Gabriella.
Fotografare è per me tentare di
guardare il mondo da punti di vista
insoliti; mi costringe a penetrare
Panorama di Praga
IL CLUB n. 85 – pag. 26
teggiate solo da mucche al pascolo; panorami perfetti, mai disturbati da interventi inopportuni
dell’uomo; centri storici chiusi al
traffico assistiti da ampi parcheggi
esterni alle cinte urbane; ad Augsburg, città di circa 230.000 abitanti, abbiamo pernottato in un
immenso parcheggio all’interno
della città (1,5 Km dal centro storico), dove l’unico problema è stato scegliere l’albero secolare più
ombroso sotto cui sostare.
Ancora due figuranti a Wallerstein
Quale incredibile carrellata
di volti, di personaggi, di abiti, di
acconciature si è rivelata la festa di
Wallerstein e quante opportunità di
immagazzinare immagini! E’ stato
un momento tanto inatteso quanto
spettacolare del nostro viaggio e,
vedendo i tedeschi all’opera, constatando la loro incredibile gentilezza, l’attenzione e la disponibilità
riservata a noi, non semplici turisti
stranieri, ma italiani, recenti vincitori a loro spese della tenzone calcistica mondiale (gli organizzatori
della festa ci hanno fatti sistemare
per la notte in un podere privato a
circa trecento metri dal castello),
stentiamo a credere che si tratti
dello stesso popolo che circa 70
anni fa ha dato vita all’olocausto.
Il campionato mondiale
di calcio Germania 2006
Come dimenticare un evento che ha accompagnato la
prima parte del nostro viaggio e
che abbiamo vissuto fuori dai confini della nostra Patria, costretti a
guardare gli incontri della Nazionale sulla TV austriaca prima e tede-
sca poi, in quella lingua impossibile
e con il tono deluso dei loro commentatori, del tutto in contrasto
con il nostro entusiasmo!
Eppure, dobbiamo riconoscere un atteggiamento sportivissimo del nutrito gruppo di tedeschi
insieme al quale ci siamo ritrovati,
in soli quattro italiani, ad assistere
alla semifinale Italia-Germania,
dinanzi ad un televisore piazzato
sulla terrazza della reception del
Camping “Nord Sam” a Salisburgo.
Il tifo dei tedeschi, reso evidente
all’esterno da migliaia di bandierine agganciate ai vetri di quasi tutte le loro automobili, ci è parso
esuberante ma mai sopra le righe
e tantomeno violento.
La
finale
Italia-Francia
l’abbiamo vissuta in terra tedesca,
all’interno del camping “Kalte
Quelle” (“Fonte Fredda”) di Wurzburg, guardando le immagini sul
mio portatile sintonizzato su una
TV tedesca; eravamo in pochissimi
e ci siamo ritrovati ad ospitare una
monumentale finlandese che ha
fatto un tifo indiavolato, e per
niente sportivo, per Zizù. Com’è
finita lo sappiamo tutti. Avremmo
voluto darci alla pazza gioia, ma
non ci sembrava un luogo adatto
agli eccessi; e così ci siamo limitati
a brindare con “BecherovKa” acquistata a Praga, a mangiare ciliegie, macedonia di fragole e mirtilli
e ad esporre sul cruscotto del
camper una bellissima sciarpa azzurra con il tricolore e la scritta
“ITALIA”, che abbiamo mantenuto
anche nei giorni successivi, visto
che i tedeschi non dismettevano
affatto le loro bandierine. Più volte,
per strada, ai semafori, ci siamo visti rivolgere sorrisi dai passanti e
saluti con le mani in segno di vittoria: immigrati italiani o tedeschi poco amanti dei francesi? Chissà! Intanto noi siamo World Champions!
Le fragole, i mirtilli e …
Appena giunti in Austria, a
Villach, mentre cercavamo un
camping, ci siamo ritrovati ad attraversare un grande prato dove
alcuni, con cestini in mano, raccoglievano quelle che, alfine, avremmo scoperto essere fragole.
E’ un posto dove, anziché venderle
belle e confezionate nelle vaschette, le fragole le offrono sulle piantine: basta prendere un cestino
della dimensione preferita e mettersi a raccoglierle: il costo è di
gran lunga inferiore ma è impagabile il piacere della passeggiata nei
IL CLUB n. 85 – pag. 27
prati e della scoperta delle fragoline dietro le foglie.
Appena
attraversata
la
frontiera tra Austria (Freistadt) e
Repubblica Ceca (Keplice), lungo la
strada statale che conduce a Praga, donne appostate ai bordi, dietro piccoli tavolini, vendevano “boriuvcki” contenuti in barattoli di
vetro.
Presi
dalla
curiosità,
all’ennesimo incontro ci siamo
fermati: si trattava di dolcissimi
mirtilli di bosco faticosamente raccolti uno ad uno, come il colore
rosso della pelle delle loro mani
testimoniava chiaramente.
Sia a Salisburgo, che in
tutte le città tedesche da noi attraversate, tra i banchi di frutta che
affollavano i mercati, ciliegie succulente dalle dimensioni enormi
facevano sempre bella mostra di
sé. Sono i tre frutti (fragole, mirtilli
e ciliegie) di cui abbiamo fatto autentiche scorpacciate durante tutto
il viaggio, apprezzandone non soltanto le inusuali dimensioni ma
anche il gustosissimo sapore.
Ovviamente non ci siamo
nutriti di sola frutta. La nostra attenzione è stata calamitata in particolare dalle innumerevoli qualità
di wurstel, tutte veramente buone
specie se condite con le tipiche
salse tedesche prevalentemente a
base di senape, e dalle patate a
pasta gialla di produzione locale.
Se apprezzate questo tubero, vi
consigliamo, qualora vi troviate in
Germania, di acquistarlo verificandone la provenienza dalle etichette
(la tracciabilità dei prodotti là esiste davvero): ne scoprirete la bontà, in qualsiasi modo lo cuciniate.
Finale
Un viaggio ormai ultimato,
affidato alla nostra evanescente
memoria, torna prepotentemente a
galla con tutto il carico di emozioni
e sensazioni che lo hanno caratterizzato, se soltanto ci soffermiamo
a rivedere una foto, un depliant o
uno dei souvenir acquistati. E’ come se ricominciasse, come se non
fosse mai finito; e al tempo stesso
risveglia il desiderio di ripartire, di
raggiungere nuove mete lungo strade mai percorse prima. Il viaggio è
dentro di noi; è dentro tutti coloro
che coltivano l’ottimismo di un mondo ricco di mille altri luoghi in cui ci
si può sentire bene come nella
propria terra e nella propria casa.
F.sco Saverio Bonsangue
In ricordo di Jacob Fugger
Ritratto di una città, Augusta, e di un uomo lungimirante e generoso
A
ugusta Vindelicorum
è una città della Baviera fondata
nel 15 a.C. dall'imperatore romano
Augusto, lungo la via Claudia. Oggi
non rimane quasi traccia delle origini romane e la città, col nome
tedesco di Augsburg, si presenta ai
visitatori moderna e popolosa (circa 260.000 abitanti).
Vi abbiamo fatto tappa nel
corso del nostro viaggio lungo la
"Romantische Strasse", dedicando
gran parte del nostro tempo alla
"Hoer Dom", la cattedrale le cui
alte finestre della navata destra
sono chiuse dalle splendide e più
antiche vetrate della Germania,
datate 1130, e quindi alla "Fuggerei", da tutti ritenuto il primo quartiere di edilizia popolare al mondo,
costruito a partire dal 1514.
Questa seconda meta della
nostra visita ad Augsburg mi ha
coinvolto emotivamente, al punto
da indurmi a prendere con me
stesso l'impegno di rendere omaggio, in qualche modo, ad un uomo
- Jakob Fugger - poco noto quanto
lungimirante e generoso, per ciò
che ha saputo concepire e realizzare cinque secoli addietro é il cui
lascito è più che mai attuale, efficiente e seducente per semplicità e
armonia. E il modo migliore per
mantenere la promessa, mi sembra proprio quello di raccontare
dell'uomo e della sua realizzazione,
approfittando delle pagine del periodico del Club, anche a costo di
tediare qualche lettore.
L'antefatto
500 anni addietro, pari a 88 centesimi di euro all'anno! Come allora,
i portoni della cittadella chiudono
dalle 22 della sera alle 5 del mattino e i ritardatari sono, come un
tempo, soggetti a multe fino ad un
massimo di 1 euro.
La Fuggerei ha un'amministrazione propria e viene finanziata tramite il patrimonio dell'omonima Fondazione diretta tuttora
dalla famiglia Fugger, senza aiuti
statali. Anche la ricostruzione, dopo i notevoli danni subiti dal quartiere durante i bombardamenti del
1944, è stata curata esclusivamente dalla famiglia Fugger.
La visita
L'ingresso principale si trova lungo Jakoberstrasse e, varcato
lo, è necessario munirsi di biglietto
(2 euro per gli adulti). Subito a destra si trova uno slargo dove lasciare le bici, unico mezzo di locomozione che è possibile introdurre.
La visita è libera, quindi senza accompagnamento, ma allo stesso
tempo ben guidata da numerosi
pannelli in tre lingue tra le quali
l'italiano - sui quali è possibile leggere tutte le informazioni utili a
comprendere ciò che si osserva.
Il primo pannello, all'ingresso, invita i visitatori a rispettare la privacy degli abitanti della
Fuggerei. In effetti, il silenzio e la
quiete sono tali da indurre i numerosi turisti, noi compresi, a muoversi con cautela ed a misurare il
tono della voce. Le casette hanno
un aspetto pulito e ordinato e molte di esse sono ricoperte da piante
rampicanti. La pulizia, il silenzio,
Due immagini della Fuggerei di Augusta
Jakob Fugger il Ricco, finanziere, fece costruire a partire
dal 1514, un quartiere circondato
da mura, costituito da 67 casette a
due piani e da alcune singole, per
un totale di 140 appartamenti, ciascuno di 60 mq. circa, che assegnò
ai suoi concittadini cattolici caduti
in povertà, per un affitto annuo
simbolico di 1 fiorino renano e con
l'obbligo per gli assegnatari di recitare tre preghiere al giorno - tra
cui un'Ave Maria - per il benefattore e la sua famiglia.
La "Fuggerei", come viene
chiamato il quartiere dal cognome
del fondatore, è oggi abitata per lo
più da coppie di anziani che pagano lo stesso canone di locazione di
IL CLUB n. 85 – pag. 28
l'uniformità architettonica, il colore
pastello, la perfezione nella cura
delle aiole, le decorazioni floreali
dinanzi agli ingressi, le tende alle
finestre, tutto concorre a suscitare
un senso di armonia e di pace.
naggi, che si aggirano per il quartiere abbigliati con leziosi e splendidi abiti; tra questi, il "Guardiano"
del complesso, simile più ad un
gran cerimoniere che ad un custode. Nei pressi della Fontana è ubicato anche il "Negozietto Meraviglioso" della "Fuggerei" ove è possibile acquistare piccoli gadget e
nel cui caffè i visitatori trovano una
mini biblioteca (purtroppo con testi
solo in tedesco).
All'interno del quartiere, la
Chiesa Cattolica di St. Markus, realizzata nel 1582, è il luogo ideale
ove gli assegnatari delle casette
potevano e possono mantenere
l'impegno delle preghiere quotidiane per la Famiglia Fugger; ciò che
colpisce principalmente, visitandola, sono i massicci scranni e il tetto
in legno a cassettoni nonché una
iperprotetta cassetta delle offerte,
anch'essa in legno massiccio, chiusa da quattro bei catenacci, mirabili opere di artigiani del ferro.
Una figurante della Fuggerei
La via centrale - "vicolo di
mezzo" - è ornata, all'altezza della
piazzetta, dalla fontana di Nettuno
risalente al 1530. Nei pressi è allestito il Fuggerei Museum ove è ricostruita
attraverso
immagini,
sculture, tavole, plastici, la vita di
Jakob Fugger e la storia del complesso. Il percorso museale si conclude con la visita degli interni di
una delle casette, perfettamente
arredati con mobili d'epoca che
hanno il potere di trasmettere al
visitatore una palpabile sensazione
di rivivere la vita e le abitudini di
una modesta famiglia del '500.
Dentro ogni appartamento sono
appesi a una parete un ritratto di
Fugger e l'ordinamento interno che
regola la vita del quartiere.
Accanto a ogni porta d'ingresso un ingegnoso campanello
meccanico in ferro battuto trasmette il movimento con un sistema di leve che affondano in un foro nella parente; ciascun tirante è
stato realizzato individualmente e
presenta una forma diversa da tutti gli altri, presumibilmente per consentire agli abitanti di riconoscere
al tatto la propria casa nei vicoli
bui. Oggi la Fuggerei è rischiarata
dall'ultimo impianto d'illuminazione
a gas esistente ad Augsburg.
Nel corso della visita ci
siamo imbattuti in fantastici perso-
Un altro scorcio del “quartiere”
Considerazioni conclusive
Visitare la Fuggerei e conoscerne le origini è stato come leggere una favola a lieto fine su un libro per fanciulli, corredato da immagini esplicative dai bei colori vivaci. In realtà si tratta d'una vicenda vera che ha coinvolto donne
e uomini veri, uno ricco e famoso,
altri poveri e anonimi, purtroppo
non frequente nella storia dell'umanità. Quando guardiamo il mondo che ci circonda, non usiamo soltanto la vista: filtriamo ogni cosa
con tutti i sensi, con la mente e
con il cuore, forti d'un bagaglio che
è la sommatoria del nostro vissuto: della stratificazione di esperien-
IL CLUB n. 85 – pag. 29
ze, dell'educazione ricevuta, del
temperamento individuale; e proprio perché non è solo con gli occhi
che guardiamo, ciascuno finisce col
"vedere" in modo differente da tutti gli altri, le stesse cose, le stesse
persone, gli stessi accadimenti.
Attanagliato dal dubbio di
enfatizzare oltre misura ciò che ritengo d'aver veduto visitando la
Fuggerei, a conclusione del mio
personale omaggio provo a razionalizzare le ragioni della mia ammirazione. È sorprendente, innanzi
tutto, che un uomo abbia deciso di
dedicare buona parte delle proprie
sostanze e del proprio tempo ad
altri suoi simili meno fortunati e
che i suoi eredi si siano presi cura
per secoli, e si prendano cura ancor oggi, di questo lascito.
E' sorprendente anche che
il complesso sia stato realizzato nel
pieno centro di Augsburg (il Duomo dista circa settecento metri);
già dalle origini esso era perfettamente inserito nel tessuto urbano
e ricompreso entro le mura della
città, per cui non lo si può in alcun
modo paragonare ai quartieridormitorio, in molti casi veri e propri ghetti, di cui sono piene le periferie delle nostre città; l'impostazione è semmai quella di una
zona elitaria, curata e protetta.
La realizzazione del complesso è, da un punto di vista meramente architettonico, decisamente apprezzabile, poiché coniuga semplicità e bellezza, proporzione dei volumi delle case e degli
spazi comuni, colori coordinati e
riposanti, quali l'ocra pastello degli
intonaci, il rosso mattone dei tetti,
il verde degli infissi e delle aiuole.
Molti nostri contemporanei, impegnati nel progettare piani regolatori e sviluppo delle città (amministratori, ingegneri, architetti), avrebbero molto da imparare dalla
Fuggerei che, oltretutto, s'integra
benissimo nel contesto urbano attuale, non dimostrando affatto la
veneranda età che ha (500 anni).
Sebbene non si abbia modo di sapere con certezza se gli assegnatari delle casette del quartiere, succedutisi nei secoli, abbiano
tutti e quotidianamente rispettato
l'impegno di pregare per il loro benefattore, ritengo si possa ragionevolmente immaginare che, se
esiste da qualche parte, dopo la
morte, una residenza privilegiata,
il signor Jakob Fugger ne è probabilmente uno degli abitanti.
F.sco Saverio Bonsangue
Una passeggiata per le valli
Fra ameni centri storici e maestosi spettacoli naturali fra Trentino e Alto Adige
L
a sera del 18 agosto
salpiamo da Palermo alla volta di
Napoli. Dopo una traversata splendida, appena sbarcati, ci immettiamo direttamente in autostrada
in direzione nord. La strada per il
Trentino è lunga e il traffico estivo
è molto intenso. Stanchi e stressati
per la tensione accumulata nel
lungo tragitto, finalmente arriviamo nel ridente paesaggio delle valli
dolomitiche. Da qui ci sentiamo veramente immersi nel cuore del nostro viaggio. Possiamo cominciare
a rilassarci per gustare in pieno la
tanto sospirata vacanza.
La prima tappa, prettamente tecnica, viene effettuata ad
Avio, ridente cittadina della Vallagarina, che si trova proprio lungo
l’autostrada del Brennero A22. Appena usciti, proprio a ridosso delle
prime case, troviamo un tranquillo
parcheggio, dove ci fermiamo per
la notte, in compagnia di altri
camper, nel frattempo sopraggiunti per il medesimo scopo.
L’indomani ci svegliamo di
buonora, riposati dopo una notte
trascorsa nel silenzio totale, ormai
quasi disintossicati già da ogni
stress precedente e stimolati solo
dal proseguire nel viaggio. Ci circonda un paesaggio affascinante,
dominato dalla severa mole del castello dei Castelbarco, tipico esempio di fortezza medievale e dimora
signorile, circondato da mura merlate e dominato dall’alto mastio del
secolo XI; mentre, dalla parte opposta, incombono maestosi e brulli
i monti che circondano la valle.
San Michele all’Adige
Prima meta del viaggio è
San Michele all’Adige, centro della
Valdadige, che raggiungiamo percorrendo ancora 63 chilometri
dell’autostrada del Brennero fino
all’omonima uscita. Nella parte alta
del paese sorge il complesso costituito dalla parrocchiale di San Michele, antico sito rifatto in forme
barocche nel 1687, e l’antica Prepositura Agostiniana, che risale al
1145, a seguito della donazione
fatta dal conte Adalrico degli Appiano di Monreale, feudatari del
tempo. Dal 1972 qui è allestito il
Museo degli Usi e Costumi della
Gente Trentina, uno dei maggiori
istituti italiani di conservazione etnografica.
In più di 40 sale sono esposti oltre 12.000 pezzi che rappresentano un’esauriente passerella delle tradizioni tipiche, sia come
lavorazione artigianale del legno,
del rame, del ferro battuto, della
ceramica, dei tessuti, sia come usi
locali legati ai costumi tradizionali,
riti, musica e devozioni popolari.
Sorprende veramente la completezza dell’esposizione. Si comincia
dalle cantine, dove sono esposti gli
utensili utili per la lavorazione della
terra, in particolare per quanto riguarda la lavorazione dell’uva, per
il settore caseario, con diverse
forme in legno per confezionare il
burro.
Nei piani superiori vi sono
diversi telai perfettamente conservati e sicuramente ancora funzionanti, e persino un’enorme sega
per sezionare i tronchi. Quindi si
sussegue un’inesauribile serie di
oggetti caratteristici, dalle artistiche stufe in ceramica, agli abiti tipici della zona, ai gioielli e corredo
di sposa, ai mobili, alcuni semplici
e pratici, altri intarsiati o dipinti, a
vari oggetti per uso quotidiano o
legati alle tradizionali feste locali.
Una sala del Museo della Gente
Trentina di San Michele all’Adige
L’attigua chiesa di San Michele è caratterizzata all’esterno
da una bianca facciata, arricchita
da un portale a due colonne, sormontato dalla statua del Santo, e
da innumerevoli statue di santi e
padri della chiesa, alloggiati in apposite nicchie. L’interno ad una
navata, in stile barocco, è dominato dalla cupola carica di bianchi
stucchi e da pannelli affrescati.
Una visita particolare merita l’ex
sacrestia, un ampio ambiente ric-
IL CLUB n. 85 – pag. 30
camente decorato, dove sono custoditi mobili e oggetti di grande
pregio.
Fra Merano e Tirolo
Mentre ci addentriamo verso nord, appare sempre più un
ambiente prettamente tirolese, attraverso paesaggi incantati, dove
predomina all’orizzonte il verde
dalle mille tonalità nelle ampie foreste di conifere, chiazzate di tanto
in tanto da piccole distese di un
brillante verde chiaro. Attraversiamo piccoli borghi e casolari dai
ripidi tetti spioventi e dalle facciate
in legno, i cui balconi e finestre
sono ornati da rigogliosi ciuffi di
fiori dai mille colori e da bianche
tendine ricamate. Come sono lontani dai nostri, questi paesaggi,
dove sembra dominare il piacere
della natura e dove aleggia in ogni
angolo un senso di pace e di tranquillità! Ovunque è silenzio e colore, silenzio degli uomini e colore
variopinto dei fiori. Verrebbe voglia
di fermarci e restare un bel po’ a
godere di questi posti incantevoli,
dove veramente l’uomo si sente a
contatto della natura nel senso più
bello del termine, dove non fa paura la possanza dei monti che ci circondano, ricchi di folta vegetazioni, o che si scorgono più lontano
all’orizzonte, nudi e grigi, primi
lembi delle Alpi ormai vicine. Qui la
natura sembra davvero essere amica, anzi sembra che faccia di
tutto per offrire un ambiente ovattato e ridente, quasi volesse riconciliarsi con l’uomo, dimenticando i
gravi scempi subiti.
In questo contesto ambientale giungiamo a Merano, cinta da
colline coltivate a vigneti e frutteti,
posta all’incrocio tra la Val Venosta, la Val Passiria e la Val d’Adige,
stazione climatica e termale di fama mondiale. Superati tutti i parcheggi segnalati, chiusi da inesorabili sbarre a due metri d’altezza,
riusciamo a sostare nei pressi della
Stazione Centrale. Imbocchiamo il
corso Libertà, fiancheggiato da alberghi e ville sontuose, molte in
stile Liberty di fine ‘800, attraversiamo la piazza del teatro, dominata dalla mole del Teatro Puccini, e
penetriamo nel nucleo più antico e
caratteristico della città. Via Portici
Due immagini di Merano: in alto il Kurhaus, in basso la Villa lungo la
Passeggiata del Lungo Passirio con un addobbo verde che ricorda la
grande fama dell’Ippodromo cittadino
Il castello di Merano
ne è il cuore, stretta arteria fiancheggiata su entrambi i lati da
bassi portici dove sono allineati
negozi di ogni genere, soprattutto
tipici del luogo, dal genere alimen-
IL CLUB n. 85 – pag. 31
tare alle artistiche lavorazioni in
legno.
Superato il Municipio, attraverso la via Galilei giungiamo
alla vicina piazza Castello, così
nominata per la presenza del Castello Principesco. In parte nascosto dalle rigogliose fronde di alberi
e tappezzato da edera e rampicanti, l’edificio non è una fortificazione, ma una residenza signorile risalente alla seconda metà del '400
in stile tardogotico. Destinato ai
frequenti soggiorni del principe del
luogo, vi dimorarono in particolari
occasioni gli imperatori Massimiliano I e Ferdinando I. Rimasto sempre immutato nelle sue strutture,
ma trascurato e spogliato nel secolo scorso, il castelletto venne acquistato nel 1875 dalla città di Merano, che dopo i necessari restauri,
lo dotò di un arredamento con mobili d'epoca e opere d'arte che conferissero un assetto per quanto
possibile conforme a quello originario.
Ripresa la via Portici, giungiamo alla piazza del Duomo, dove
sorge l’edificio sacro dedicato a
San Nicolò, risalente al XIII secolo
e ristrutturato e ingrandito a partire dal XIV e ultimato nel 1465. Esso presenta la facciata con
un’inusitata merlatura a scala e un
alto campanile, che con i suoi 83
metri è uno dei più alti dell'Alto Adige. Il Duomo è uno dei primi
monumenti del Tirolo interamente
in stile gotico; ha un interno a tre
navate su alti pilastri cilindrici, che
sostengono le ampie volte marcate
da vistose nervature scure, che
creano un elegante contrasto col
bianco circostante. Nella sobrietà
tipicamente gotica spiccano le ampie vetrate policrome, altari gotici
lignei e statue di Santi, pure queste in legno.
Tornati all’aperto, ci dirigiamo verso la zona più tipica della
città termale fino ad incrociare la
Passeggiata Lungo Passirio, sulla
riva destra dell’omonimo fiume,
con aiuole artistiche, palme e fantasiose statue composte di piante.
Passiamo così davanti il Kurhaus,
imponente edificio del 1919, simbolo per eccellenza della Merano
termale, centro congressuale adibito a conferenze, esposizioni e
concerti.
Passata la notte nel parcheggio dell’ippodromo, su indicazione di un poliziotto “camperista”,
il giorno dopo passiamo a Tirolo,
piccolo borgo a neppure cinque
chilometri da Merano. La disputa
se sia stato il paese a dare il nome
alla regione o viceversa risale al
periodo
medievale.
Autentico
gioiello di chiara impronta tirolese,
sorge su una vallata di straordinaria bellezza. La sua storia antichissima risale a prima dell’arrivo dei
romani, anche se i documenti più
numerosi risalgono al XII secolo, in
particolare al 1138, anno in cui
ebbe inizio la costruzione del castello.
La chiesetta di San Procolo a Naturno, attorniata dai meleti
In basso la bianca sagoma del Castelbello
La Parrocchiale di San Giovanni
Battista a Tirolo
Ci aggiriamo per le vie del
paese, tra un negozio ed un altro,
tra la visita della parrocchiale di
San Giovanni Battista e qualche
acquisto di oggetti in pelle, senza
naturalmente trascurare il tipico
ottimo speck locale. Camminiamo
distratti, incuriositi dai grappoli di
mercanzia esposta fuori, per strada, quasi alla mercé di ogni passante. Ogni tanto dimentichiamo
persino di trovarci ancora in terra
d’Italia, tale è diventata l’abitudine
di leggere le insegne dei negozi e
di sentire parlare in lingua tedesca
chi ci passa accanto, soprattutto i
più giovani.
Sì, proprio ci sembra di essere stranieri nella nostra patria.
Persino nei luoghi pubblici e nei
negozi non solo avvertiamo il tipico
accento marcato delle genti germaniche, ma notiamo che si stenta
a parlare correttamente la nostra
lingua. Ormai sembra che ci troviamo quasi in un enclave austriaca inserita nel nostro territorio.
Persino la scritta “Polizia” è riportata nella duplice lingua. Unico
conforto all’amor di patria ci viene
dato dalla scritta Carabinieri sulla
piccola casermetta o sulla fiancata
della gazzella che incrociamo lungo
la via. Sorridiamo soddisfatti, constatando che è l’unica parola che
non sono riusciti a tradurre in tedesco. Osservando quei giovani
nella tipica divisa nera, ci viene
quasi di abbracciarli commossi e
baciarli, figli della nostra terra: almeno loro parleranno italiano?
La Val Venosta
Da Tirolo prendiamo la
SS.38 e ci dirigiamo verso Floresta, nell’intento di visitare la famosa Birreria Forst. Purtroppo possiamo solo passarci davanti, senza
avere la possibilità di trovare un
minimo spazio per parcheggiare il
camper. Un po’ amareggiati da
questa delusione, proseguiamo fino a Naturno. Siamo entrati nella
Val Venosta, una delle più belle e
famose dell’Alto Adige, dove si trovano notevoli opere pittoriche
dell’epoca carolingia e le costruzioni più antiche della regione. Una di
queste è la piccola chiesa romanica
di San Procolo, piccola costruzione
che si fa risalire all’VIII secolo, ricca di artistici affreschi all’interno e
all’esterno. Circondato da smisurate distesi di meleti, il piccolo edificio sembra quasi una piccola chiesetta di campagna, come tante se
ne vedono anche dalle nostre parti.
IL CLUB n. 85 – pag. 32
Non riusciamo a distogliere
gli occhi da queste forme, grezze
ed artistiche allo stesso tempo, rese ancor più misteriose dal silenzio
circostante e dall’ambiente agreste
e solitario. Queste antiche pietre
emanano un fascino particolare, al
di
là
del
significato
sacro
dell’edificio, aggiungono tanto di
più, un valore storico ed artistico
che ci portano ad un tempo molto
lontano, quando lo spirito tendeva
ad elevarsi in forme semplici verso
la ricerca del soprannaturale.
Castelbello dista appena
nove chilometri da Naturno. Parcheggiamo nell’ampio parcheggio
della locale stazione delle ferrovie
della Val Venosta, giusto in tempo
per il pranzo. Proprio di fronte vediamo la bianca sagoma merlata
del castello del XIII secolo, che
tentiamo di visitare subito dopo,
ma che purtroppo si rivela chiuso e
privo di ogni segno di vita.
I vigneti del Tirolo, una costante
della Val Venosta
Ripresa la SS.38, giungiamo a Silandro, dove sostiamo nel
parcheggio attiguo ai campi sportivi, con un bel prato verde nei
pressi di un turbolento fiumicello.
Capoluogo della Val Venosta, è un
importante centro agricolo e località di villeggiatura estiva. L’abitato
conserva antiche case merlate con
caratteristici cortili e portici. Di
particolare interesse si mostra la
visita della parrocchiale dell’Assunta, imponente costruzione del
1505, più volte rimaneggiata, caratterizzata dall’ardito campanile,
che coi suoi 97 m d'altezza è anche il campanile più alto del Tirolo.
L’interno ad una navata,di chiara
impronta barocca, è un tripudio di
colori, che si manifestano negli
stucchi e negli affreschi, che lo rivestono di leggiadra eleganza. Decidiamo di passare la notte qui,
immersi nell’affascinante magia
della vallata e incantati dalla visione di un tramonto dai colori pastello, che infonde ai nostri cuori una
commozione inaspettata.
Ripreso il cammino il giorno dopo di buon mattino, arriviamo alla ridente cittadina di Sluderno, amena località climatica ai piedi del monte Sole. All’entrata della
Val Mazia spicca nel suo imponente
candore il castello di Coira, costruito intorno alla metà del XIII secolo, dal 1504 proprietà dei conti
Trapp, che lo posseggono tuttora.
L’edificio è un complesso di fabbricati che si sviluppano attorno al
cortile centrale con elementi architettonici romanici, gotici e rinascimentali. L’interno è riccamente arredato e di grande interesse storico ed artistico, in particolare la
volta del loggiato al primo piano,
con affreschi rinascimentali che
raffigurano l’albero genealogico
della famiglia Trapp e soprattutto
l’armeria, tra le più grandi raccolte
private del genere.
La parrocchiale di Santa
Caterina, in tardo stile gotico, conserva il campanile romanico a
pianta quadrata con due ordini di
bifore sormontate da un terzo ordine di trifore. L’interno a due navate è ricco di pregiate opere rinascimentali e barocche, in particolare nel presbiterio il monumento
funerario della famiglia Trapp del
1578.
Solo 2,5 chilometri lungo la
SS 41 separano Sluderno da Glorenza, piccolo gioiello medievale
della Val Venosta, che con i suoi
850 abitanti circa è la più piccola
città del Tirolo e forse d’Italia. Le
mura cittadine, risalenti al 1550,
sono ancora intatte, con torrioni
semicircolari e tre porte. Ci aggiriamo per le strade tra storici edifici, portici e cammini di ronda, in
un ambiente veramente suggestivo. Sembriamo di essere tornati
indietro di secoli, nel cuore del Medioevo, un periodo per noi ormai
lontano, ma che qui sembra che
viva ancora integro e vero, fondendosi senza stridori coi segni e-
videnti dei tempi moderni. Fuori
dalle mura, subito dopo avere oltrepassato l’Adige, sorge la parrocchiale di San Pancrazio, del 1481,
dominato dal massiccio campanile
trecentesco, ingentilito da due ordini di bifore ed uno di trifore, sormontati da una caratteristica guglia. Di grande effetto visivo è il
pregiato affresco esterno che raffigura il Giudizio Universale del 1496.
Proseguiamo il giro nella
valle prendendo la SP 85 e, dopo
neppure tre chilometri, giungiamo
a Malles Venosta, il centro più
grande e più interessante della
omonima valle. Facciamo una breve visita della cittadina, in particolare la pregiata chiesetta di San
Benedetto, risalente al IX secolo,
con annesso campanile a monofore
e bifore del secolo XII. Al suo interno si trova il più importante ciclo di affreschi d’epoca carolingia
in Europa.
L’Abbazia di Monte Maria a Burgusio; sotto la via dei Portici a Glorenza
IL CLUB n. 85 – pag. 33
Curon Venosta e il Lago Resia
In basso, artigianato tipico in legno dell’Alto Adige
Panorama di Burgusio e della Val Venosta
Ripresa la SS 40, dopo 5
chilometri, ci troviamo a Burgusio,
piccolo
centro
sulle
sponde
dell’Adige, quasi allo sbocco della
valle di Planol, località di villeggia-
tura e di sport invernali. Il piccolo
abitato e l’intera vallata sono dominati dalla biancheggiante mole,
immersa nel verde dei boschi,
dell’Abbazia di Monte Maria. Posto
IL CLUB n. 85 – pag. 34
a 1333 metri è l’edificio benedettino più alto d’Europa, un complesso
di costruzioni varie, giardini, fabbricati rustici e chiostri, in particolare la chiesa di Nostra Signora,
risalente al secolo XII e rimaneggiata in forme barocche a partire
dal 1642.
Torniamo sulla statale 40
ormai diretti verso il vicino confine
con l’Austria, dove contiamo di
proseguire nella seconda parte del
nostro viaggio. Costeggiamo la
parte orientale del lago di Resia,
un bacino artificiale a 1525 metri,
ottenuto mediante lo sbarramento
dell’Adige con una diga costruita
negli anni 1947-1950 con lo scopo
di fornire energia idroelettrica. La
creazione di questo bacino artificiale determinò la scomparsa dei
piccoli borghi della vallata, completamente sommersi e forzatamente
spostati più a monte.
Simbolo di questo tragico
evento è Curon Venosta, oggi ridente cittadina turistica, posta in
uno scenario fantastico di grande
effetto pittorico, dominato dalla
imponente mole del monte Ortles,
che con i suoi 3905 metri rappresenta la vetta più elevata delle Alpi
orientali. Muto testimone di un
passato scomparso è la mole solitaria del campanile trecentesco
della chiesa dell’antico paese, che
sorge esile ed elegante dalle calme
acque del lago, quasi un monito
per le genti future di un ingiusto
sacrificio compiuto in nome del
progresso.
Nonostante il paesaggio
che ci circonda sia qualcosa di veramente fantastico, da lasciare letteralmente incantati dinanzi a tanto sfavillio di colori e ai lontani orizzonti, questo edifico modesto,
mozzato e quasi sospeso, attira
tutta la nostra attenzione. In un
momento di commozione dimentichiamo di essere semplici turisti,
che vagano spensierati alla ricerca
di posti nuovi da scoprire, ma ci
sentiamo semplici figli della terra e
come tali ci sentiamo vicini alle
tante famiglie che loro malgrado
sono stati costretti a lasciare la
propria casa per una beffarda scelta del destino.
Il turismo è anche questo,
è fatto anche di queste esperienze
un po’ amare magari, ma che fanno comprendere meglio il significato della solidarietà umana.
Enza Messina
e Paolo Carabillò
La fortezza sul mare
In visita ad Augusta, centro normanno ma anche importante zona archeologica situata nello splendido golfo del mar Jonio
C
ittadina industriale situata nella parte settentrionale del
golfo megarese, Augusta si estende su una penisola collegata alla
terraferma da due ponti, dato che
il sottile istmo che la univa alla Sicilia venne reciso nel 1607. Oltre i
due ponti si è sviluppata la parte
nuova della città in seguito al processo di industrializzazione degli
ultimi anni.
Probabile sede di un centro
dipendente della vicina colonia
greca di Megara Hjblea, Augusta e
la zona del golfo megarese conobbero un progressivo abbandono a
partire del III secolo a. C. , tanto
che le prime notizie vere e proprie
risalgono soltanto al XIII secolo,
quando Federico II di Svevia decise di fame un importante centro
militare e commerciale da contrapporre alla potenza di Siracusa.
La fondazione del borgo iniziò con la fortificazione del porto
e la costruzione del grandioso castello situato in prossimità della
terraferma, oltre il quale si sviluppò lungo la penisola il resto dell'abitato che venne popolato rapidamente da numerosi profughi, provenienti dalle città distrutte dallo
stesso re svevo e attirati ad Augusta dai privilegi concessi a chi avrebbe acconsentito ad abitarvi.
Alla morte di Federico II il
borgo passò a Giacomo d' Aragona. Nella seconda metà del '300
Augusta venne concessa in feudo
ai conti Moncada, i quali, in un altalenarsi di signorie, la tennero fino al l 566, anno in cui fu restituita al demanio regio sotto il re Martino il giovane.
Nel corso del '500 le continue incursioni turche avevano intanto reso necessaria la fortificazione delle difese costiere con la
costruzione dei forti Garcia, Vittoria e Avalos e il rafforzamento del
castello, mentre la loro sconfitta,
avvenuta nel 1551, aveva favorito
la ripresa delle attività commerciali
del porto. La prosperità economica
del centro fu interrotta dalla guerra combattuta dagli spagnoli contro i francesi nel 1676, che ebbe
come conseguenza la parziale distruzione di Augusta e il danneg-
giamento del suo sistema difensivo. Nuovamente distrutta dal terremoto del 1693, la città venne ricostruita ricalcando l'impianto a
griglia ortogonale voluto da Federico II all'epoca della fondazione.
Veduta aerea di Augusta
La dilagante crescita edilizia ha purtroppo interessato, alterandolo, anche il nucleo antico, che
tuttavia mantiene ancora l'originario impianto a scacchiera riconducibile all'urbanistica tipica dei cen-
tri fondati da Federico il di Svevia.
Visitando oggi la città, tra i
monumenti riveste particolare interesse il castello svevo; ma numerose sono anche le chiese e i
conventi degli ordini monastici della città edificati tra il '500 e il '600.
Si entra nella città antica
passando attraverso la Porta Spagnola, detta anche Porta di Terra,
edificata nel 1681 in forme manieristiche e barocche in corrispondenza della cortina muraria settentrionale. Alla sua sinistra, al di sopra di un alto terrapieno, si staglia
in tutta la sua imponenza il castello svevo, fatto costruire tra il 1232
e il 1242 da Federico II e circondato nel XVI e XVII secolo da una
doppia cinta rinforzata da bastioni.
Il corpo dell'edificio è costituito da un quadrato difeso da
quattro torri angolari e quattro laterali; all'interno si trova un ampio
atrio porticato dal quale si accede
a diversi ambienti, alterati dai numerosi interventi che interessarono il castello nel corso dei secoli,
tra i quali vi è stata anche l'aggiunta di un secondo piano e la
trasformazione delle torri laterali.
Poco oltre il castello, sulla
sinistra, si entra nella villa Comunale progettata alla fine del XIX
secolo, dove si trovano il palchetto
Il castello
IL CLUB n. 85 – pag. 35
della musica e il complesso composto di albergo, bar, arena e cinema Kursaal Augusteo.
lunga balconata sulla quale sono
collocati l'aquila imperiale sveva,
stemma della città, e la meridiana
che ricorda l'eclissi totale del 1870.
Nel 1730, al secondo piano del palazzo, venne realizzato il teatro.
Poco prima di porta di Torrevecchia, situata a conclusione di
via Principe Umberto, si svolta sulla sinistra lungo il percorso dell'abbattuta cortina meridionale in via
della Rotonda, dove si trova la
chiesa di Santa Maria del Soccorso.
Ad ogni mottu c’è lu contra
Di figghiu masculu non ti ralligrari,
né di fimmina rattristari.
(Del figlio maschio non ti rallegrare,
della femmina non ti rattristare).
‘Na dogghia in cchiù,
ma chi sia masculu.
(Una doglia in più,
ma che sia maschio)
*
*
*
Di l’entrata si canusci lu palazzu
(Dall’ingresso si conosce il palazzo)
‘Apparenza inganna
(L’apparenza inganna)
La Porta Sveva
Usciti dai giardini pubblici
s'imbocca via Principe Umberto,
l'asse che attraversa il centro storico da nord a sud. Al suo incrocio
con via Garibaldi, nell'angolo a sinistra, vi è la chiesa delle Anime
Purganti, che presenta una movimentata facciata barocca con cancellata di ferro battuto e un interno
a navata unica di forme classiche;
la chiesa venne riedificata dopo il
sisma del 1693. Nell'angolo destro
s'incontra Palazzo Lavaggi (1865)
e, proseguendo su via Garibaldi, le
chiese di S. Giuseppe e dell' Annunziata (XVII sec.).
Giunti in piazza San Domenico si può vedere il complesso
conventuale dei Domenicani, la cui
chiesa venne edificata nel '600,
dopo l'incendio provocato dai turchi nel secolo prima, su una precedente struttura risalente al XIII secolo (il convento fu invece ricostruito nell'800). Dalla piazza si ritorna sull'asse principale dove, poco più avanti, si apre sulla destra
piazza Duomo, con prospetto della
chiesa Madre e del palazzo Municipale.
Anche la chiesa Madre, dedicata a Maria SS. Annunziata, fu
riedificata dopo il terremoto del
1693, per essere completata soltanto nel 1769 in forme barocche e
classicheggianti. Il palazzo Municipale, sul lato nord della piazza, risale invece al 1699 e presenta una
facciata a due ordini divisi da una
Due immagini dell’area archeologica di Megara Iblea, vicino l’abitato
di Augusta
Di l’omu bonu
ognuno n’apprufitta
(Dell’uomo buono
ognuno si approfitta)
Guardati di la nisciuta di l’omu bonu
(Guardati della levata
dell’uomo buono)
Nei pressi di Augusta si
può inoltre visitare la ricchissima
zona archeologica di Megara Hjblaea, una delle più antiche colonie
greche della Sicilia, fondata nell'VIII sec. a.C. e fiorente centro nei
due secoli successivi.
Alfio Triolo
IL CLUB n. 85 – pag. 36
*
*
*
Di la jaddina nasci l’ovu
(Dalla gallina nasce l’uovo)
Di l’ovu nasci la jaddina
(Dall’uovo nasce la gallina)
Bivona: non solo pesche
Una cittadina e la sua storia, il territorio e i famosi prodotti della sua terra
B
ivona (5.000 abitanti),
centro agricolo, amministrativo e
culturale dei Monti Sicani, sorge a
503 metri sul livello del mare e si
trova nella parte più interna della
Provincia di Agrigento. Il suo territorio si estende su una superficie
di 8860 ettari e confina con i Comuni di Santo Stefano Quisquina,
Palazzo Adriano, Alessandria della
Rocca, Lucca Sicula, Cianciana, Ribera e Calamonaci.
Attraversata dal fiume Magazzolo e dal fiume Alba, il suo clima è tipico della regione mediterranea con estati calde e inverni
miti. Il settore portante dell'economia è rappresentato dall'agricoltura, nella quale prevale la coltivazione della pesca; a questa si aggiungono olive, mandorle, uva.
Grazie ai moderni sistemi di irrigazione, il settore agricolo è considerevolmente aumentato nella sua
produttività, così come in forte e-
spansione è il comparto artigianale
che comprende la produzione di
mobili, divani, lavorazioni in marmo ed in ferro battuto, sculture ed
oggetti in legno, piatti di terracotta, ricami e merletti ed infine le rinomate "sedie di Bivona". La cittadina, inoltre, rappresenta un centro amministrativo, economico e
culturale di notevole importanza.
Dal 1991 è sede del Corso di Laurea in Scienze Forestali ed Ambientali della Facoltà di Agraria dell'Università di Palermo.
Il primo documento storico
che riguarda Bivona risale al 1160,
al tempo di re Ruggero II e dei
suoi successori Guglielmo l e Guglielmo II. In tale periodo era un
semplice casale abitato da popolazione musulmana che lasciò tracce
evidenti nella fonetica, nel dialetto
(hanea) e nella toponomastica locale (Giddia, Karnicola, Mailla,
Canfuto).
Divenuta nella seconda
Il portale chiaramontano dell’antica Chiesa Madre
IL CLUB n. 85 – pag. 37
metà del secolo XIII uno dei principali abitati del1a Sicilia centro meridionale, Bivona fu infeudata
alla fine del Duecento. Risalgono a
tale periodo l'antica Chiesa Madre,
dal magnifico Portale gotico chiaramontano, e il Castello, che venne ricostruito nel 1359 dall' Ammiraglio Corrado Doria. Passata in
feudo dai Chiaramonte ai Peralta e,
all'inizio del Quattrocento, ai Luna,
la città venne coinvolta nella contesa che nel XV e XVI secolo oppose quest'ultima famiglia ai Perollo
e che si concluse nel sangue nel
1529 con il famoso Caso di Sciacca.
Il secolo XVI fu per Bivona
il periodo di maggiore splendore.
Elevata a città ducale (1154), godette di una notevole floridezza
economica e si arricchì di complessi conventuali e monastici, edificati
dai numerosi ordini religiosi che si
stabilirono nella città: il Convento
dei Carmelitani, dei Domenicani,
degli Osservanti, il Monastero delle Benedettine, il Convento dei
Cappuccini, il Collegio dei Gesuiti
ed il Convento degli Eremiti Agostiniani, che sorse nei pressi dell'
antica Chiesa della Madonna dell'Olio.
Nel 1812, abolita la feudalità, Bivona venne prescelta come
capoluogo di Distretto, e dal 1818
al 1927 fu sede prima di Sottintendenza e poi di Sottoprefettura,
divenendo un importante centro
amministrativo per altri dodici comuni dell'entroterra agrigentino. A
partire degli ultimi anni sessanta,
la città è diventata sede di numerose scuole e centro di servizi della zona montana. La sua risorsa
principale rimane l'agricoltura, con
la coltivazione del pesco.
Bivona ha diversi monumenti di notevole rilevanza artistica.
Il
Portale
Gotico
Chiaramontano dell’antica Chiesa
Madre (XIV sec.) rappresenta il
fiore all'occhiello dell'arte gotica in
Sicilia. Il Palazzo Marchese Greco,
del XVIII sec., elegante e ricco di
fregi ornamentali nel prospetto
principale, evoca alla mente il barocco siciliano. La Chiesa Madre, a
navata unica, è tipicamente barocca; nel suo interno vi si possono
ammirare un Crocefisso nero del
XVI secolo e la statua marmorea
del Cinquecento di scuola gaginiana, raffigurante la Madonna con il
Bambino. La Chiesa di Santa Rosalia è molto conosciuta per la statua
della Santa, scolpita, neJ 1601, dal
sacerdote Ruggero Valenti. Altre
chiese interessanti sono quella del
Carmelo, con uno splendido portale, la Chiesa di San Paolo ed infine
la Chiesa dei Cappuccini, particolare per la sua architettura semplice.
In alto una suggestiva immagine
del Municipio di iBvona
In alto una tavolata di San Giuseppe, per il 9
1marzo
In basso la tipica pesca di iBvona
In basso un particolare del
Palazzo marchese Greco
Le feste che si svolgono
ogni anno a Bivona sono sicuramente le migliore testimonianze
del folklore tradizionale. Esse riflettono, infatti, un profondo legame ai costumi e la patrimonio del
passato. Nel corso degli ultimi anni, si è assistito ad un ritorno alle
tradizioni, che ormai sembravano
essere cadute nell' oblio. Un esempio è dato dalla festa di San
Giuseppe, che si svolge il 19 marzo
di ogni anno: molte famiglie devote, "per grazia ricevuta", imbandiscono le tavolate adorne di tutte le
specialità gastronomiche bivonesi.
La festa padronale di Santa Rosalia
è un altro esempio di grande kermesse: si svolge il 4 settembre di
ogni anno con la processione del
fercolo della Santa che viene ac-
compagnato da bande musicali per
le vie della cittadina e si conclude
con i tradizionali fuochi pirotecnici.
Per l'occasione si svolge, inoltre,
una fiera paesana in cui numerose
bancarelle vendono giocattoli ed
oggetti utili per la casa; le vie principali del paese vengono addobbate con archi luminosi.
Dal mese di luglio fino alla
fine di agosto si svolge poi "l'estate
bivonese": si tratta di manifestazioni di vario genere (spettacoli,
rassegna teatrale, Premio Benemerenza, cinema all'aperto, calcetto,
volley, tennis, gara podistica) che
ogni anno vengono organizzate dal
Comune. Tutti gli anni dal 1984 si
svolge infine la Sagra della "Pescabivona", un appuntamento ricco di
IL CLUB n. 85 – pag. 38
folklore, in cui si ha la possibilità di
degustare la profumatissima "Pescabivona" una pesca unica nel suo
genere e che rappresenta il prodotto principale dell' economia bivonese.
Bivona vanta anche un'antica tradizione gastronomica, che
consente di conoscere ed apprezzare i sapori freschi, genuini e
semplici della cucina locale. Specialità gastronomiche bivonese sono la "Pasta Ncasciata", "la Pasta
alla Milanisa", sfinci, cannoli, ravioli con la ricotta, cassata. Il gelato è
prodotto con ingredienti freschi e
genuini.
Alfio Triolo
Terza pagina
Nell’editoriale al precedente numero del nostro bimestrale avevo scritto: “noi siciliani aspettiamo imperterriti e serafici che ci costruiscano “il” ponte, il “nostro” ponte, quello che
dovrebbe unirci al “continente”, quello che dovrebbe evitarci le lunghe attese al ferry-boat
a Messina o a Villa San Giovanni; che qualcuno dice essere inutile, qualcun altro addirittura
dannoso...”. Tanti nostri soci sono stati stimolati dall’argomento: qui di seguito Maurizio
Carabillò prova a tirare le fila sulle ragioni del si e quelle del no
Quello che mi accingo a
scrivere non è un articolo che voglia esprimere una mia personale
opinione, al contrario vuole costituire lo spunto per intavolare un
discorso allargato a tutti i lettori
che vogliano esprimere un pensiero, un’opinione, una critica, ecc…
Cercherò di essere obiettivo nel
prospettare le ragioni del “si” e
quelle del “no”. Vogliate dunque
perdonare quei casi in cui trapeli la
mia
personale
considerazione
dell’opera.
Iniziamo con il ricordare le
principali caratteristiche del ponte:
3.300 metri la campata centrale
3.666 metri la lunghezza complessiva
60,4 metri la larghezza dell'impalcato
382,60 metri l'altezza delle torri
2 coppie di cavi nel sistema di sospensione
5.300 metri per il diametro di 1,24
metri la dimensione dei cavi
44.352 fili di acciaio per cavo
65 metri di altezza per 600 di larghezza il franco minimo centrale
del canale navigabile
50 metri di altezza per 1.000 di
larghezza il franco minimo laterale
del canale navigabile
Le dimensioni farebbero
della realizzazione il più lungo ponte sospeso a campata unica del
mondo. L’annosa storia della realizzazione si protrae, ormai, da anni. Addirittura c’è chi afferma che
lo stesso Cavour avesse il sogno di
realizzare un collegamento stabile
tra Calabria e Sicilia. Passando a
tempi più recenti, è nel ’68 che
viene bandito il primo concorso internazionale per un collegamento
stabile viario e ferroviario tra la Sicilia ed il Continente, nel ’81 viene
costituita la società Stretto di Messina SpA e nel ’91 viene redatto il
progetto di massima definitivo per
il ponte a campata unica. Tra alterne vicende il progetto si trascina, quindi, per quasi un trentennio
fino a subire un’accelerazione (più
o meno di facciata, a seconda dei
“gusti politici”) con l’ultimo Governo Berlusconi.
Per onor di cronaca, bisogna dire che anche il primo governo Prodi era favorevole alla realizzazione dell’opera, come si può evincere dalla Direttiva del Presidente del Consiglio 23/1/1998
www.strettodimessina.it/ita/quadron
ormativo/86_202_ITA_HTML.htm.
Vediamo, adesso, di ricapitolare le principali questioni inerenti il ponte e la sua realizzazione:
x
Pro: Rappresenta un collegamento stabile, sarebbe un’opera prestigiosa per l’intera Nazione, porterebbe turismo, la
sua realizzazione smuoverebbe
l’economia di aree fortemente
degradate, impatto estetico,
riduzione
dell’inquinamento
nella zona dello stretto, tariffe
di pedaggio più economiche di
quelle dei traghetti, …
x
Contro:
Problemi
legati
all’impatto ambientale, possibili infiltrazioni mafiose nella
realizzazione dell’opera, impatto sulle rotte migratorie di cetacei e volatili, la carenza
d’infrastrutture adeguate ai bisogni del meridione, impatto
estetico, dubbi inerenti la resistenza ai sismi, possibili licenziamenti in seno alle compagnie di navigazione, …
Iniziamo, quindi, a ragionare sui punti precedentemente
illustrati, proprio dalle principali
critiche
mosse
dai
detrattori
dell’opera. Sono stati prospettati
dubbi sull’impatto ambientale per
quel che riguarda, soprattutto, il
materiale di risulta degli scavi di
fondazione. Lo studio d’impatto
IL CLUB n. 85 – pag. 39
ambientale, secondo il committente sembrerebbe fugare tali dubbi
essendo stato approvato in ambito
nazionale
dal
Ministero
dell’Ambiente. Di contro, riferendosi
al
link
del
WWF
(http://www.wwf.it/ambiente/dossi
er/ElencoDossier.asp?nArgomento
=63&nDossier=11), si riscontra la
messa in mora dell’Italia per quel
che riguarda proprio questo punto,
avendo omesso il calcolo sulle zone di protezione speciale protette
dalla Comunità Europea. Chi dei
due ha ragione? E soprattutto,
qualora avesse ragione proprio il
WWF, il Ministero dell’Ambiente
come avrebbe potuto fornire parere favorevole? Ed ancora, può essere che gli standard ambientali
del WWF siano più “alti” di quelli
previsti dalla corrente legislatura?...ed in tutto ciò la Comunità
Europea come si colloca? Comunità
europea che, novella “Ponzio Pilato” si lava le mani dal punto di vista politico non osteggiando ne
appoggiando la realizzazione, salvo
poi approvarla come naturale
completamento del corridoio Berlino - Palermo.
Come si vede il problema è
più complesso di quel che, semplicisticamente, è possibile riassumere in poche pagine; ma con l’aiuto
di quanti vorranno partecipare a
questa iniziativa cercheremo di
chiarirci le idee. Altro fattore da
tenere in considerazione è quello
inerente le possibili, probabili, infiltrazioni
mafiose
(http://www.
uonna.it/noponte1.htm) nel periodo dei lavori. Il fattore mafia è da
tenere in conto in relazione, non
tanto per quel che riguarda
“ehm…la protezione” fornita dalla
mafia, quanto piuttosto la possibile
imposizione alle ditte eseguenti il
lavoro, di materiale scadente da
comprare presso “…gli amici degli
amici”.
A quanti paventano tale
prospettiva, i favorevoli al progetto, rispondono che le proble-
matiche inerenti la mafia sono le
stesse anche per tutte le altre
grandi opere realizzate (anche il
raddoppio
ferroviario
Pa-Me,
l’autostrada Sa-Rc, … che i più vorrebbero create con “i soldi del ponte”); ciò non di meno, tali opere
strategiche vanno realizzate per
l’ammodernamento della nazione,
anche a costo d’ingoiare qualche
boccone amaro. Anche in questo
caso, quindi, è lampante come la
problematica assuma diversi risvolti a seconda da quale prospettiva la si guardi. In ultima analisi,
sembra corretto ipotizzare che la
soluzione giusta non esista, essendo fortemente legata alla sensibilità propria del singolo individuo per
quel che riguarda i risvolti legali e
pratici della questione.
Passiamo ora ad un altro
punto della presente trattazione,
l’impatto sulle rotte migratorie di
volatili e cetacei. Gli uccelli, durante i loro viaggi, prendono come
punti rotta sia riferimenti naturali
che quelli creati dall’uomo (campanili, laghi artificiali, assembramenti urbani,…). Anche in questo
caso le note polemiche non mancano. C’è chi afferma che la natura
è adattabile e che, allora, anche le
dighe, i campi di pannelli solari, le
centrali eoliche cambiano i punti di
riferimento. Eppure nessuno si lamenta, anzi, queste sono considerate opere utili ed ecologiche.
Ancora un problema è rappresentato dall’atavica carenza di
strutture al Sud e, per quel che ci
riguarda più da vicino, in Sicilia in
particolare. In questo caso i fautori
del
ponte
sostengono
che
l’iniziarne la costruzione ora, mentre i lavori sulla Sa-Rc e sul raddoppio ferroviario Pa-Me non sono
ancora conclusi, è una scelta intelligente per avere, a convergenza,
le diverse opere pronte nel medesimo istante. I detrattori, invece,
sostengono che le risorse per il
ponte possano venire più proficuamente indirizzate per il completamento dei già menzionati lavori
in Calabria e Sicilia e, solo dopo si
possa pensare di creare il ponte…
«Si, ma i soldi del ponte sono dei
privati, i quali investono sul ponte
“credendo nell’affare” e non investirebbero in altre opere! »… «Ma
lo stato è comunque garante e se
questi investitori dovessero fallire,
allora “cappello” pagherebbe lo
stesso!». Insomma, ancora una
volta la querelle è lungi dall’essere
conclusa.
Panorama di Messina
In basso due immagini futuribili del Ponte
IL CLUB n. 85 – pag. 40
Tra Cariddi e Scilla: sogno infantile o realtà (ora, ancora più virtuale)?
Riprendo anch’io l’ininterrotto discorso sullo spirito di avventura dell’uomo, che si estrinseca massimamente con i viaggi. Dopo l’editoriale del nostro presidente che nello scorso numero ci invitava ad un confronto, riprendo sull’argomento un mio articolo dal titolo ‘Il Ponte’ (che per antonomasia è diventato quello
sullo Stretto di Messina, e che dei viaggi è parte integrante) già pubblicato nel marzo del 1999 sul nostro
giornale. Lo condenserò e vi aggiungerò alcune considerazioni dettate dalle nuove attualità.
Santiago Calatrava, architetto e ingegnere dell’Adamillo, dice: ‘Costruire un ponte è un gesto simbolico. Il ponte scavalca un ostacolo, aggiunge energia al paesaggio’. Ma non solo. Heidegger dice: ‘il ponte raduna la terra come paesaggio intorno al fiume’. Esso unisce, solidarizza, in senso fisico, economico e sociale.
E già Omero, sono quasi sicuro, fece pensare al suo Ulisse la necessità di un ‘ponte fermo’ per evitare le
drammatiche insidie del femminile siculo gorgo profondo, ninfa Cariddi, e della reggina Scilla italica marina;
di quell'inespresso pensiero, oggi si tramanda solo: ‘oh Scilla!’. E può essere il grido di sorpresa dell'Ulisse, al
ricordo, avverato, della omerica predizione; o il palese sospiro di sollievo dei poveri siculi, veri Odissei, dopo
l'interminabile viaggio di ritorno da Torino, Marcinelle (vivi o morti), Germania o Milano: finalmente a due
passi dalla materna terra! Senza sospettare, i viandanti, che proprio da Scilla cominciava il lungo viaggio.
Ebbene, nel 1969 fu bandito dall’Anas un concorso internazionale di idee per l'attraversamento dello
Stretto di Messina. Tutti i progetti furono pubblicati dalla rivista Quattroruote che ancora conservo. Allora fui
colpito dalle tante possibilità che offriva la tecnica, dai semplici tunnel interrati a quelli semigalleggianti e ancorati sul fondo, come quello recente della Manica; ma il maggior impatto emozionale oltre a quelli di Leonhard e Musmeci, fu l'elegante progetto del compianto architetto Gianluigi Nervi, che poi fu scelto.
Tecnicamente basta rifarsi all’idea ponte partorita dalla intelligenza dell'uomo: una lunga liana ancorata ‘all'altra parte’ e solcata in equilibrio a piedi nudi; e poi via via, secolo dopo secolo, la seconda liana, e
poi la terza a irrobustire il tutto e le successive a guidare e trattenere l’incauto. Con il tempo le liane diventano funi e si capovolgono le funzioni: le due superiori si trasformano in funi portanti che sostengono una base inferiore rigida calpestabile. I punti di ancoraggio nel tempo variano, da tronco di albero, da spuntone di
roccia, da uno o più pali conficcati nel terreno, in strutture tipologiche aggiornate tecnologicamente perchè
ad esse é affidato il compito di eliminare gli inconvenienti tipici del ponte sospeso, che sono essenzialmente
le oscillazioni longitudinali, trasversali, o sincrone ondulatorie che si autoamplificano, e che devono esaurirsi,
frenate opportunamente. In ciò ha sempre aiutato l’osservazione e l’esperienza, oggi coadiuvate da ineccepibili calcoli strutturali.
Operata la scelta (le tipologie diverse dal ponte sospeso furono scartate per le condizioni orografiche
del luogo e per le violenti correnti marine), si dice che dopo 37 anni di studi (!!!), ‘sono stati risolti tutti i
problemi’. Leggiamo e condensiamo in poche righe il progetto presentato dalla Società Stretto di Messina,
che fa capire ‘l'immenso e grandioso’, e che è stato ripreso, anche se modificato, dall’idea di Nervi.
In ogni sponda, ci saranno due torri cave distanti 52 metri alla sommità, 78 alla base, dato che le
due torri sono convergenti verso l’alto (Nervi invece le distanziava di 350 m. con cavi convergenti al centro
dei 3300 m. per evitare lo svergolamento). Le due torri saranno interconnesse da tre fasce di 17 m., saranno
ottagonali, alte 376 m., in acciaio (21 elementi di 17 m. e l’ultimo di 15), con base 16x12 m., dal peso singolo totale di 54.100 tonnellate, inserite ognuna per 25 m.i in una base cubica di 80.000 mȽ, poggiate su puntoni profondi anche 55 m.
Alla sommità di ogni palo è prevista una sella di guida per una coppia di cavi portanti distanziati di
1,75 m. Ogni cavo, diametro 1,24 m., 42.000 tonnellate, lungo 5.070 m., è formato da 88 funi di 13,5 cm.,
44.352 fili elementari di 5,38 mm in acciaio armonico (a base di silicio, come le molle, con carico di rottura di
17 Kg. per mm²), trafilato e zincato a caldo, sarà ancorato ai due lati, a circa 900 metri dagli stessi piloni
(960 m. in Sicilia e 810 in Calabria), su due ancoraggi di 300.000 mȽ di cemento, calcestruzzo, ghiaia e zavorra.
Quindi in totale avremo 4 torri e 4 basi, 4 cavi portanti e 2 blocchi di ancoraggio. In ogni cavo saranno inseriti ogni 30 m., i collari, con le funi verticali, i pendini, che a loro volta sostengono gli oltre 100 cassoni
trasversali, sui quali sono poggiati i 3 cassoni longitudinali dell'impalcato, lungo 3176 m., largo 60,4 m., pesante 70.000 tonnellate. Questo avrà al centro un doppio binario monolitico per i treni, e di lato, dodici corsie, sei per ogni senso di marcia, suddivise per traffico leggero, pesante, di manutenzione ed emergenza.
Per sicurezza, gli elementi strutturali sono duplicati; esso è dotato di tutte le possibili protezioni attive e passive concepibili attualmente: può resistere ad allungamenti di oltre un metro, a terremoti distruttivi
di 7,1 gradi Richter per 40 sec., ai più violenti turbini, se non cicloni, non usi però nella zona, con venti fino a
270 Km/ora; l’impalcato non tocca le torri, potendo relativamente oscillare, con una frequenza propria diversa dai piloni e dal suolo.
Una fune tesa crea una ‘freccia’ (un arco), tanto più lunga e pesante essa è; essendo l’impalcato a 70
m. dalla superficie del mare (per permettere il passaggio del naviglio), ed essendo le torri alte 376 m., la
freccia risulta di oltre 300 m. Pensiamo solo un poco la tecnologia per attorcigliare i singoli fili dei cavi, la forza di trazione per distenderli, e/o sollevarli, il turbinio degli elicotteri, i martinetti per il sollevamento delle
sezioni dei piloni, le navi officina, e la gestione per tutto il tempo della costruzione, dopo aver reso agibili in
pieno le infrastrutture di ingresso/uscita dal ponte e mentre lo stretto rimane aperto al traffico.
I detrattori sostengono che con l’attuale tecnologia, il ponte è da paragonarsi alla Torre di Eiffel, cioè
a ferraccio; come costruire una Ferrari pesantissima per renderla a lungo affidabile. Certo sarebbe bello avere un ponte monolitico in sandwich composito in fibra di carbonio, kevlar e colle epossidiche, a nido d’ape o
con funi in titanio con peso dimezzato, se non con fibra di tela di ragno (1000 volte più resistente del migliore acciaio). E si va affermando la nanotecnologia, nanotubi di carbonio a singolo atomo… Ma si pensa davvero che Eiffel avrebbe costruito la sua torre o i suoi ponti aspettando l’evoluzione degli acciai inox per evitarne
la manutenzione? Sulla torre una squadra lavora da 2 secoli a riverniciare e a sostituire rivetti di ferro!
Giuseppe Eduardo Spadoni
IL CLUB n. 85 – pag. 41
Un’immagine aerea dello Stretto di Messina
Per concludere questo primo assaggio, possiamo far riferimento al fattore estetico dell’opera. C’è chi pensa che il ponte
deturpi il panorama dello stretto e
c’è chi, invece, pensa che esso sia
bello anche esteticamente, magari
già fantasticando su foto e cartoline che inquadrino l’opera. Avete
presente il ponte di Brooklin? Infine, ultimo, ma fondamentale tassello del puzzle è rappresentato
dalla tenuta sismica dell’opera.
Stando sempre ai dati forniti dalla
concessionaria Stretto di Messina
SpA, il ponte è progettato per resistere a scosse fino al 7.1 grado
della scala Richter “…(più severo
del devastante terremoto che colpì
Messina nel 1908) e di affrontare,
grazie alle proprie caratteristiche
aerodinamiche, venti con velocità
superiore a 216 Km/h…”.
Di contro, spulciando un
po’ in rete, sul sito WWF si legge:”… il progetto prende come riferimento il terremoto di Messina del
1908 (con magnitudo 7.1 Richter)
quando i terremoti hanno raggiunto in varie parti del mondo anche
una magnitudo di 8.9; inoltre nel
progetto si prevede una durata
delle scosse di 30 secondi quando
in Italia si sono avute sequenze
sino a 80 secondi (terremoto
dell’Irpinia)…”. In questo caso, risulta
utile
considerare
che,
l’equivalente di una magnitudo 9 è
pari all’energia rilasciata da 31,6
miliardi di tonnellate di TNT. Ora,
in tal senso ed obiettivamente, appare immediato come nessun manufatto umano possa resistere ad
una tale sollecitazione che comporta “…catastrofe; eventualmente un
grande spostamento della superfi-
cie terrestre”. Ma allora, non dovremmo costruire niente!
Per quel che attiene altri
dati oggettivi, bisogna ricordare le
citate tariffe di attraversamento
dello stretto. Prendendo ad esempio la tariffa solo andata per automobili che, ovviamente, rappresentano la maggior parte degli utenti. Secondo il sito della Caronte
(www.carontetourist.it/caronteita/
Index.mvd), l’attraversamento dello stretto viene a costare 23.00
euro. Stando alle tariffe medie rilevate sul sito della Stretto di Messina SpA, la stessa tratta avrebbe
un costo di appena 9.50 euro. Più
ridotto il risparmio di chi viaggia in
moto, 6 euro contro 5. In ogni caso, il risparmio in termini economici (che sono quelli che ci riguardano più da vicino) sono evidenti.
Per quel che riguarda il
traffico treni, seppur meno vicino
alle nostre sensibilità di camperisti,
anche in questo caso vi è un risparmio. Sia in termini economici
sia di tempo il risparmio si riflette
(o dovrebbe?!?) sull’utente finale.
In particolare: “…è stato fissato il
canone che RFI dovrà corrisponde-
IL CLUB n. 85 – pag. 42
re alla Stretto di Messina per tale
utilizzo a partire dall’apertura al
traffico del ponte, prevista per il
2012. Tale canone è stato definito
di comune accordo tra RFI e Stretto di Messina… in base alla tariffa
attualmente in vigore sul traghettamento dei treni, maggiorata di
un premio a fronte del grande risparmio di tempo nell’attraversamento dello Stretto con il ponte
(oltre due ore) che determinerà un
forte recupero di efficienza con
conseguenti risparmi di costi ferroviari di esercizio. Pertanto il canone così come fissato non comporta
un maggior onere a carico degli
utenti finali. Inoltre, non rappresenta un costo aggiuntivo per RFI,
in quanto sostituirà l’attuale costo
per il traghettamento dei treni, e
quindi non può condizionare le politiche di investimento al Sud del
Gruppo Ferrovie…”.
Altro dato incontrovertibile
è quello inerente alla sensibile riduzione delle emissioni inquinanti.
Sempre riferendosi alle ricerche in
rete risulta, dai dati ufficiali del sito
Caronte, come la cadenza giornaliera sia di ben 216 corse al giorno,
cui vanno aggiunte quelle dei traghetti FS. Questo per 365 giorni
l’anno ed anche in quei casi in cui i
traghetti siano vuoti, o quasi.
A questo inquinamento si
aggiunge quello dovuto alle innumerevoli macchine che, in coda col
motore acceso (per via dell’aria
condizionata, cui nessuno specie
in estate vuole rinunciare) aspettano l’imbarco. Infine, ma non meno importante degli altri punti, va
considerato l’impatto sull’occupazione in seno alle compagnie di navigazione. Gli esuberi derivanti dalla costruzione dell’opera, infatti,
con ogni probabilità determinerebbero un ricorso a forme di licenziamenti, cassa integrazione e prepensionamenti. E’ immediato l’impatto
sociale che si verrebbe a creare.
In definitiva, il ponte rappresenterebbe un’indiscutibile opera di avvicinamento della Sicilia al
continente, a fronte della quale si
dovrebbe scendere a compromessi
sia di natura morale (leggasi infiltrazioni mafiose) sia sociali, sia
ambientali. Per concludere, quindi,
occorrerebbe discutere con serenità valutando pro e contro; senza
preconcetti politici come - è questa
la mia paura - sembrano avere i
due poli nei palazzi del potere.
Maurizio Carabillò
Riflessioni
Chi controlla il controllore?
C
i sentiamo più sicuri se
siamo più controllati? Telefonini,
videocamere, tracce su Internet,
Istituti finanziari, carte di credito:
sono strumenti a doppia valenza;
mentre da un lato aiutano a vivere
i nostri tempi, dall’altro minano
fortemente la nostra privacy. C’è
però un aspetto che non si deve
sottovalutare. Se c’è stata un’accelerazione nell’interesse sui dati
personali, ciò è dovuto senz’altro
alla tecnologia che corre velocissima, ma anche al fatto che i dati
personali sono diventati una merce
interessante per il mercato.
I dati possono essere usati
a fini diversi. Se io prenoto un aereo e mi viene chiesto che tipo di
menù desidero e se preferisco
mangiare qualcosa di osservanza
islamica, questa richiesta di sicuro
porta immediatamente ad essere
“incasellato” nella casella dei soggetti da guardare “con più attenzione”. Ma dobbiamo avere più
paura della diffusione delle immagini, della propria foto che può andare in giro su Internet, delle informazioni sul proprio stile di vita,
delle proprie abitudini, del pettegolezzo o del “Grande Fratello”, dello
Stato, dell’Autorità che per ragione
di sicurezza controlla tutti e tutto?
Certo, in tempi di terrorismo globale, abbiamo bisogno della sicurezza globale che passa anche attraverso l’uso della tecnologia. Ma qual è il punto cruciale della battaglia alla riservatezza? Difendersi dalla diffusione abusiva
dei nostri dati personali, della nostra immagine rubata ad ogni angolo di strada, in ogni esercizio
pubblico, in ogni ospedale, in ogni
banca, dalla diffusione abusiva
commerciale o difendersi, in modo
che si possa stabilire una soglia
perché lo Stato non possa controllare sempre e tutto di me?
Oggi stiamo assistendo ad
una rapida progressione nella corsa al controllo totale in nome della
L’angolo della poesia
Poesia
Bella, sublime e meravigliosa poesia.
Riempi il mio cuore quando ascolto i tuoi versi,
limpidi come l'acqua di un ruscello
che scorre silenziosamente verso valle.
A te attingono i puri di cuore, gli Angeli del cielo.
Ti rivolgi agli umili, ai deboli,
a chi al mattino apre i cassonetti dell'immondizia
per cibarsi dei resti ormai in putrefazione,
a chi è in ospedale da tempo, in attesa di una visita,
a chi è abbandonato da tutti,
a chi è in carcere senza risposta,
a chi ama uno stile di vita sobrio e non ingombrante.
Essi ti ascoltano perché sei la loro speranza,
la loro liberazione.
Non puoi rivolgerti a chi ama il profitto e il losco guadagno,
a chi si arricchisce a danno dei poveri,
al mondo della globalizzazione,
a chi ha tanto interesse per la vanagloria personale,
a chi calpesta la libertà degli altri e i loro diritti,
ai falsi intellettuali.
Essi restano indifferenti alle tue invocazioni,
ma i deboli sono lì per cibarsi dei tuoi versi,
delle tue parole di vera poesia.
Ninni Fiorentino
IL CLUB n. 85 – pag. 43
sicurezza. A Roma c’è un ospedale
che sta sperimentando l’impianto
sotto pelle di un piccolo microchip
per l’individuazione delle persone
controllabili a distanza. Non è fantascienza! Dobbiamo accettare che
- qualsiasi sia la finalità - questi
microchip possano essere accettati? Io ritengo di no. E… chi controlla il controllore?
Luigi Fiscella
Cucina in camper
Maniche rigate con carciofi
Ingredienti: 3 carciofi, 1 spicchio
d’aglio, 20 olive nere, 2 bustine di
zafferano, 1 mazzetto di prezzemolo, 400 gr. di pasta maniche rigate, 1 bicchiere di olio d’oliva extravergine, una spolverata di
parmigiano reggiano, sale e pepe
q.b.
Preparazione: pulite e tagliate a
fettine sottili i carciofi, uniteli in
una padella con l’olio d’oliva,
l’aglio, le olive snocciolate, il prezzemolo, il sale ed il pepe. Fate
cuocere con coperchio (se dovesse
asciugare, aggiungete mezzi bicchiere d’acqua). Fate cuocere la
pasta al dente, facendola saltare
insieme al condimento per alcuni
minuti. Aggiungete abbondante
parmigiano.
Frittata piccante
Ingredienti: 5 uova, 100 gr di salame, tritato, 100 gr di caciocavallo fresco, olio d’oliva extravergine,
pangrattato, sale e pepe q.b.
Preparazione: amalgamare le
uova al pangrattato, aggiungendo
sale e pepe. Tagliare a dadini il salame ed il caciocavallo. Fare riscaldare una padella con l’olio, versandovi quindi il composto d’uovo.
Appena si addensa un po’, versarvi
salame e formaggio, girando la
frittata su se stessa non appena
cotta dal primo lato. Servire calda.
Enza Messina
Internet, che passione
Buon Natale! Ma è buono anche per la Rete?
G
ià un paio d’anni fa
questa rubrica aveva cercato di
scoprire che tipo di sentimento governasse Internet nel periodo natalizio. Abbiamo cercato di farlo
anche quest’anno, ma la musica
non sembra cambiata, infatti
l’anima commerciale che sembra
ormai predominare nel funzionamento dei motori di ricerca, porta
inevitabilmente a pensare che, anche questa volta, l’occasione sia
buona per ogni tipo di commercio
e business.
Il più classico degli auguri
e cioè “Buon Natale”, inserito nel
campo di ricerca di Google, restituisce 1.630.000 risultati mentre,
inserito come valore di ricerca per
le immagini, restituisce 7.430 tra
foto e disegni, solo per la ricerca
su siti in lingua italiana.
Tra le pagine web è predominante la presenza di cartoline
virtuali, cioè quelle asettiche mail
con immagini natalizie da spedire
ad un altrettanto asettico gruppo
di corrispondenti che è ormai così
grosso che non sai più chi c’è dentro, magari con la musichetta midi
di sottofondo che si ripete continuamente, ma con l’immancabile
banner pubblicitario che spesso
sponsorizza un sito non esattamente in tema.
E poi pagine dove si può
imparare a dire Buon Natale in tutte le lingue del mondo, siti specializzati nella vendita di addobbi natalizi, dvd e cd musicali, blog per-
sonali di individui che “remano
contro” e addirittura alcuni dove si
possono copiare frasi augurali per
“SMS natalizi”, tutti naturalmente
e generosamente provvisti di pubblicità!
Insomma,
escludendo
quelle poche pagine destinate ai
più piccoli e contenenti fiabe e storie sul Natale, chiaramente sponsorizzate anch’esse, tutto è rigorosamente schematizzato e commercialmente realizzato.
Stranamente al primo posto tra le immagini è invece quella
estratta da un forum rivolto agli
amanti di orologi antichi: una foto
di quattro “mamme” natale, vestite
quasi unicamente da una striminzita mantellina, usata per gli auguri
ai partecipanti al forum!
Pensate voglia fare il moralista? Spero di no, forse mi sono
solo alzato dal lato sbagliato del
letto! Però, pur essendo uno costantemente in dubbio, che da
sempre si interroga sulle cose di
religione, ho sempre ritenuto positiva e indispensabile l’atmosfera
che riguarda la natività: si tratta di
un intenso e magnifico momento di
aggregazione e tale dovremmo
sforzarci di mantenerlo e tramandarlo, alla faccia degli sponsor!
E poi, come meglio avrei
potuto farvi sentire la mia sincerità
nel farvi gli auguri? Buon Natale, a
tutti voi.
Giangiacomo Sideli
Musica in camper
Ha inizio da questo numero una nuova rubrica, al cui
interno segnaleremo l’uscita di
nuovi CD di varo genere musicale, tutti più o meno in grado
di tessere la colonna sonora
delle nostre vacanze in camper
o di darci ispirazione tra le pareti di casa mentre magari lavoriamo a un progetto di viaggio.
Tra la musica adatta per
sognare e rilassarsi segnaliamo
prima di tutto Divenire, il nuovo
splendido CD di Ludovico Einaudi, compositore dedito alla
musica da camera e alle colonne sonore di opere teatrali e di
film; si tratta di 12 brani che,
sull’onda del magico suono del
pianoforte, accompagnano in un
crescendo di emozioni attraverso un universo musicale che fa
breccia nell’anima, inducendo al
relax e alla ricarica mentale e
fisica. Particolarmente adatto a
divorare chilometri senza avvertire la fatica o per rigenerarsi dopo una giornata di duro lavoro.
E’ uscito da poche settimane, inoltre, il nuovo album
di Laura Pausini dal titolo Io
canto, che è un pregevole omaggio alla canzone italiana; la
splendida voce della cantante,
dopo tredici anni di successi ininterrotti e la recente vittoria
del prestigioso Grammy a Los
Angeles, ci regala nuove emozioni reinterpretando una selezione di brani scelti tra i maggiori successi italiani, che vanno
da “Io canto” di Riccardo Cocciante a “Il mio canto libero” di
Lucio Battisti a “Strada facendo”
di Claudio Baglioni, per citarne
soltanto alcuni. Adatto per i
momenti in cui ci si sente giù di
tono o per accompagnarci in
una lunga trasferta di viaggio.
Ma dato che siamo in
clima natalizio, segnaliamo anche il nuovo album EP di Enya,
dal titolo Sounds of the season, una raccolta di 6 brani dal
sapore natalizio che vanno da
Adeste fidelis a Silent night, interpretati secondo le auliche sonorità dell’artista irlandese, famosa in tutto il mondo per il
suo stile morbido e rilassante.
Adatto per creare la giusta atmosfera nel corso delle festività
natalizie, sia che vi troviate tra
le mura domestiche che tra le
pareti del vostro camper, magari circondati da una spessa coltre di neve.
Buona musica a tutti!
M.F.
IL CLUB n. 85 – pag. 44
News, notizie in breve
Il decalogo dell’ACI
Dieci proposte per modificare il rapporto tra lo Stato e gli
automobilisti. Lo ha lanciato il presidente dell'Auto-mobile Club d'Italia, Franco Lucchesi, nel corso della
62ma Conferenza del Traffico e
della Circolazione di Riva del Garda, sottolineando come sia importante orientare lo sviluppo della
mobilità in modo responsabile, con
il rispetto per l'ambiente: l'uso dell'auto, per i cittadini privi di alternative valide al mezzo proprio, non
è un capriccio, ma una necessità
incomprimibile. Il "decalogo" vuole
essere il contributo che l'Aci offre
alla riflessione dei Parlamentari,
nella ricerca di soluzioni compatibili
e condivise, alternative a quelle
finora delineate nella Legge Finanziaria.
In particolare l'Aci propone: al primo punto la riformulazione dell'imposta di proprietà in ragione delle emissioni inquinanti.
L'esenzione triennale dalla nuova
imposta per l'acquisto di vetture
euro 4 nuove ed euro 3 e 4 usate,
nonché di vetture a metano, Gpl,
ibride, purché contestuale alla rottamazione di auto euro 0, 1 o 2. La
seconda richiesta dell'Aci consiste
in un contributo fino a tremila euro, limitato ad un biennio, per la
rottamazione di vetture da euro 0
ad euro 2 dietro l'acquisto di auto
euro 4 o di vetture nuove a metano, a gpl ed ibride, riservato ai
possessori di reddito fino a 40mila
euro. Inoltre, l'abolizione dell'imposta di trascrizione sostituita da
una quota dell'imposta di proprietà, destinata alle province. La sterilizzazione dell'Iva sulle accise dei
carburanti o modulazione delle accise in funzione dell'andamento del
prezzo del greggio, con meccanismi rapidi di trasferimento del
prezzo alla pompa.
Sesto punto: ristrutturazione del sistema di distribuzione
carburanti, per allargare la gestione delle stazioni di rifornimento
anche da parte della grande distribuzione
commerciale.
Settimo
punto: introduzione del sistema di
risarcimento in forma specifica da
parte delle Compagnie di assicurazione. Ottavo: aumento delle sanzioni per le frodi assicurative con
condanna a risarcimenti da destinare in un fondo destinato a ridur-
re i premi degli assicurati più
meritevoli. Al nono punto viene
posta l'applicazione dell'art. 7 del
Codice della Strada con predeterminazione della quota di proventi
da contravvenzioni da destinare ad
interventi per la mobilità e sicurezza. Infine, decimo punto del programma, l'addizionale sugli importi
delle sanzioni nei casi di infrazioni
più gravi al CdS e destinazione
delle somme al finanziamento dei
programmi previsti dal Piano Nazionale della Sicurezza stradale.
In crociera tra
i ghiacciai dell’Antartide
Un’idea originale e senza
dubbio di grande fascino per un
viaggio invernale, una volta tanto
senza camper: il tour operator Equinoxe invita a vivere la magia di
uno scenario unico fatto di fiordi e
ghiacciai alla scoperta dell’Antartide. L’offerta prevede una crociera
della durata di 11 giorni a bordo
della motonave da spedizione Orlova. Il viaggio si rivela quindi una
esperienza dai contorni straordinari
a contatto con foche, orche e migliaia di pinguini in un prezioso habitat naturale ai confini del mondo.
La spedizione prevede arrivo
e sistemazione a Buenos Aires con
possibilità di visita e serate a tema
nei primi due giorni. Il terzo giorno
ci si dirige verso la Terra del Fuoco
argentina, ad Ushuaia ove è possibile effettuare una visita guidata
del Parco nazionale. Il giorno seguente ci si imbarca sulla nave Or-
IL CLUB n. 85 – pag. 45
lova in direzione dello stretto di
Drake. In caso di condizioni metereologiche favorevoli, la crociera
prosegue verso le isole Shetland
del Sud. Il capitano e il capo della
spedizione valuteranno in base alle
proprie esperienze se procedere
verso le isole Melchior e visitare
con i gommoni le isole Cuverville e
Port Lockroy abitate da migliaia di
uccelli marini. Da qui, ghiaccio
permettendo, è possibile navigare
attraverso lo splendido canale Lemaire costituito da uno scenario di
picchi rocciosi e ghiacciai. L’ultima
giornata prevede la navigazione e lo
sbarco sulla Terra del Fuoco.
La quota individuale di partecipazione parte da euro 5.200,00.
Partenza speciale 9 dicembre 2006.
Sono disponibili anche altre partenze. È importante tenere conto
che le spedizioni in Antartide sono
effettuabili solo nell’estate australe,
da fine novembre a inizio marzo.
La quota include i voli Italia/Buenos Aires/Ushuaia in classe economica, la sistemazione a bordo di
Orlova in cabina doppia a pensione
completa, visite ed escursioni con i
gommoni, pernottamento in Hotel
ad Ushuaia la notte antecedente
all’imbarco su Orlova, visite ed escursioni come da programma, trasferimento e trasporto bagagli
dall’Hotel al porto d’imbarco a Ushuaia; tasse portuali; informazioni pre-crociera in inglese e al rientro CD del viaggio.
Per informazioni e prenotazioni è possibile contattare Equinoxe al numero 02.2906.0242 o alla
E-mail [email protected] o ancora visitare il sito Internet
www.equinoxe.it.
Nasce a Catania CineSicilia
Sulla base di un progetto
della Regione Siciliana e Rai educational, è nata a Catania la Cine
Sicilia srl, la società della Regione
che si occuperà della promozione e
della valorizzazione dell'attività cinematografica e dello spettacolo
dal vivo nell'Isola, compresa la
produzione di audiovisivi destinati
alla distribuzione cinematografica e
televisiva.
A presentarla, il 29 ottobre
u.sc., è stato l'assessore regionale
ai Beni culturali, Lino Leanza, assieme al direttore di Rai Educational, Giovanni Minoli, il direttore
generale del dipartimento per le
Politiche di sviluppo e coesione, del
ministero per lo Sviluppo economico, Alberto Versace, e la produttrice Elda Ferri. "Creare occupazione,
destagionalizzare i flussi turistici e
promuovere i luoghi della Sicilia
sono gli obiettivi che ci interessa
raggiungere - ha detto Leanza supportando le produzioni che decideranno di utilizzare un set naturale come quello che la nostra regione è capace di offrire".
Il pacco dono 2007 T.C.I.
Piccole città, borghi e villaggi del nord Italia: a questo è
dedicato il primo di tre volumi (il
secondo sarà dedicato nel 2008 al
centro Italia e il terzo nel 2009 al
sud) di una collana che, appunto
nel giro di tre anni, riceveranno in
omaggio tutti i soci del Touring
Club Italiano col rinnovo della propria quota associativa.
Il volume di quest’anno
tratta di un centinaio di piccoli centri delle otto regioni settentrionali,
“piccole città d’autore” accanto ai
maggiori centri urbani dal punto di
vista monumentale e artistico.
Ma il pacco 2007 del TCI
contiene, oltre alla solita Agenda e
al Manuale con l’elenco dei servizi
e delle agevolazioni per i soci, anche il primo volume (dedicato
all’Italia) del nuovo Atlante Geografico del Touring, un’opera completa e aggiornata che comprende
la più dettagliata ed esauriente
cartografia sia a livello fisicopolitico che tematico. Gli altri due
volumi dell’Atlante, dedicati rispettivamente all’Europa e ai continenti
extraeuropei, saranno presenti nei
pacchi dono del 2008 e del 2009.
La quota di iscrizione è
quest’anno di 93,00 euro compreso il servizio assicurativo di assistenza stradale per veicoli fino a
35 quintali di peso complessivo
(quindi compreso il camper); di
208,00 euro per l’iscrizione triennale 2007-2009.
Sicurezza stradale:
Italia promossa, ma...
Dei Paesi dell'Unione Europea l'Italia è tra quelli che ha ottenuto i migliori risultati per ridurre
la mortalità sulle strade. Nel quinquennio 2001-2006 la riduzione
delle vittime della strada supera la
media di tutti i 25 Paesi comunitari
(-27,6% rispetto ad una media UE
del -25,2%). E' quanto è emerso
dalla tabella sull'andamento degli
incidenti mortali pubblicata dalla
Comunità Europea in occasione
della Quarta Conferenza sulla Sicurezza Stradale che si è tenuta ai
primi di novembre a Verona, alla
presenza del commissario UE ai
Trasporti, Jacques Barrot, e del
nostro ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi.
Secondo quanto riportato
nella tabella, il Paese che ha
registrato la maggior riduzione degli incidenti mortali negli ultimi
anni è stato il Portogallo (-41,2%),
seguito dalla Francia (-41,8%), dal
Lussemburgo (-38,3%), quindi dalla Danimarca (-35,3%), dalla Finlandia (-33,3%), e ancora dal Belgio (-33,1%) e dall’Austria (31,7%). Meno incoraggiante il risultato soprattutto nei Paesi che
sono entrati nell’Unione negli ultimi
anni, dove il recente sviluppo economico è stato accompagnato da
una crescita esponenziale del parco circolante: per Bruxelles i risultati sono stati solo "sufficienti" in
Repubblica Ceca (-22,7%), in Estonia (-19,1%), Polonia (-12,8%),
Slovacchia (-15,5%) e Cipro (-10%)
e addirittura mediocri in Ungheria
(-4,1%) e Slovenia (-2,4%). La
maglia nera spetta infine alla Lettonia e a Malta, dove i morti sulle
strade sono perfino aumentati (rispettivamente del 10,6% e del
8,3%) negli ultimi cinque anni. Dati, questi, che servono anche a noi
per capire qual è la sicurezza sulle
strade dei Paesi che visitiamo in
camper nel corso dei nostri viaggi.
IL CLUB n. 85 – pag. 46
Nel 2001 l'UE si era data
l'obiettivo di dimezzare gli incidenti
fatali sulle strade entro il 2010,
passando da 50.000 a 25.000
morti l'anno. Nel 2005-2006 sono
stati 37.691, e mantenendo il ritmo attuale per la Commissione nel
2010 scenderanno a 26.008 (-48%
rispetto al 2001). Secondo Barrot
'quota 25.000' è un obiettivo "ambizioso ma raggiungibile". Nonostante i miglioramenti degli ultimi
anni, l'Italia resta comunque al secondo posto nell'Ue per numero di
morti in termini assoluti: 4.844
l'anno, preceduta solo dalla Germania (5.001) che ha una popolazione molto più numerosa. "Gli interventi fino ad ora adottati - ha
detto il ministro Bianchi - si sono
dimostrati poco efficaci per cui l'obiettivo UE di ridurre del 50% il
tasso di mortalità sulle strade entro il 2010 è difficilmente raggiungibile. A livello UE si dovrebbe raggiungere il 35% mentre in Italia si
dovrebbe passare da 5mila vittime
a 3.500 anziché 2.500".
Al via il progetto Medins
La promozione e la valorizzazione del patrimonio culturale immateriale delle regioni euromediterranee sono gli obiettivi del progetto Medins - Identità e futuro,
presentato al museo regionale archeologico Salinas di Palermo il 20
novembre u.sc. Al progetto, di cui
è capofila l'assessorato ai Beni culturali della Regione Siciliana, partecipano altri 18 partner provenienti, oltre che dall'Italia, anche
da Portogallo, Spagna, Grecia, Malta, Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto
e Libano. Medins raccoglie in maniera innovativa le metodologie di
implementazione dei maggiori orientamenti internazionali delle politiche culturali.
Tra le prime azioni previste, la definizione di un sistema di
certificazione internazionale, di un
logo e di un marchio di qualità, e
la realizzazione del sito internet.
Medins, infine, prevede anche l'attivazione di processi di spettacolarizzazione della cultura immateriale, tra cui la realizzazione di un evento artistico multidisciplinare
previsto all'interno del mercato
storico della Vucciria di Palermo; lo
spazio fisico del mercato storico
diverrà il palcoscenico della rappresentazione interdisciplinare, un
vero set dell'identità culturale mediterranea, delle sue diversità e
delle sue radici comuni.
L’ultima parola
di Giangiacomo Sideli