LO STUDIO DELLA GNOMONICA NELL`ACQUISIZIONE SOCIO
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LO STUDIO DELLA GNOMONICA NELL`ACQUISIZIONE SOCIO
Lo studio della gnomonica nell’acquisizione socio-ambientale del territorio Prof.ssa Maria Luisa Tuscano* L’analisi dei fenomeni astronomici risulta premessa naturale e necessaria quando si accede allo studio di un territorio. Per lo più essa è motivata dalla comprensione delle espressioni climatiche che caratterizzano la regione considerata. Esiste, però, un aspetto epistemologico più rilevante nella evocazione dei fenomeni celesti che corrisponde all’esigenza di ricerca del “qui adesso” del nostro pianeta come rapporto spazio-temporale con l’Universo nei vari ordini di grandezza. Volendo rinviare le implicazioni cosmologiche ad altra trattazione, si ritiene di limitare il problema alle esigenze più immediate, così come esse emergono quando dalle remote regioni dei quasar si perviene alla nostra Galassia e quindi all’interno del Sistema Solare ove la Terra, da una realtà infinitesima, assume una precisa estensione manifestando i diversi punti della sua superficie. E’ in questo momento che acquista significato nella sua accezione più tradizionale il termine “orientamento” . L’esperienza quotidiana presso le classi fa emergere, però, che gli studenti, molto interessati ai buchi neri, sono per lo più poco partecipi delle circostanze esterne che regolano i propri ritmi circadiani, forse perché assuefatti al “cielo a strisce” osservabile tra le alte costruzioni di un centro urbano: raramente essi esprimono attitudine all’orientamento come capacità naturale dell’individuo. Per contro è comune l’osservazione di giovani proprietari di complesse macchine orarie e di interessanti bussole. La promozione di abilità naturali all’orientamento sembra, tuttavia, molto opportuna, non solo per intendere autonomamente i cicli fenomenologici, ma anche per consentire corrette elaborazioni e comunicazioni sulla posizione dei vari elementi del sistema territoriale. * Docente di Scienze della Terra e Biologia presso I.T.I. “E. Majorana” Palermo Ricavare questo tipo di informazioni richiede, però, un incontro con il cielo. L’efficacia e il fascino di uno studio notturno presso osservatori professionali ed amatoriali è innegabile sia per gli studenti che per gli insegnanti. L’attuazione di questo tipo di iniziative può incontrare, tuttavia, qualche difficoltà organizzativa, soprattutto quando si richiedano, per esigenza di programmazione didattica, ripetute osservazioni. E’ noto, infatti, che a causa dell’inquinamento luminoso ed atmosferico, gli osservatori astronomici, con strumentazione ottica operante, sono per lo più ubicati in luoghi isolati e lontani dai centri abitati, soprattutto se popolosi. Occorre pertanto, far riferimento a precisi mezzi organizzativi, talvolta di ordine finanziario. D'altronde anche la più agevole osservazione al binocolo, per essere efficace, richiede un allontanamento serale dall’agglomerato urbano e ciò può essere limitante quando l’età degli allievi sia contenuta. Lo studio della gnomonica si offre, così, come utile e comoda alternativa o, se si preferisce, integrazione a quello notturno del cielo. L’osservazione meditata delle ombre proiettate da un indicatore, lo gnomone, a conseguenza del movimento relativo del sole, può essere attivata anche con mezzi poveri in un cortile convenientemente illuminato di un complesso scolastico; l’utilizzazione dei dati osservativi può essere molteplice e adattata sia ai programmi di scuola media inferiore sia ai percorsi didattici delle Scienze della Terra della scuola superiore, non esclusi quelli delle classi terminali. Questo intervento è finalizzato in particolare alla esigenze didattiche dell’insegnamento di Scienze della Terra negli istituti di 2° grado. La gnomonica è attualmente considerata una appendice dell’astronomia con digitazioni nei settori della matematica, della geodesia , dell’architettura e dell’arte. Anticamente, però, lo studio gnomonico rappresentò un approccio metodologico fondamentale poiché consentì agli astronomi di ottenere molti riscontri sperimentali all’interno dei processi di matematizzazione dell’Universo che sarebbero via via confluiti nella struttura teorica della meccanica celeste. Ciò si conferma soprattutto per il sistema TerraSole di cui furono ricavati o verificati, grazie a strumenti gnomonici, alcuni elementi orbitali, ma anche notizie ragionevolmente attendibili sulle dimensioni dei due corpi celesti. Esiste, pertanto, tra la storia della gnomonica e quella dell’astronomia antica una parziale coincidenza che conferma l’attualità dello studio degli orologi solari in un percorso di analisi della storicizzazione delle scienze. E’ forse utile ricordare che comunemente gli orologi solari sono chiamati meridiane per l’importanza informativa che viene attribuita alla linea meridiana corrispondente alla culminazione del sole; la meridiana, non sempre presente nei quadranti, è comunque una delle tante linee che costituiscono il fascio orario. Va, quindi, precisato che il termine meridiana, da solo, è attribuibile soltanto a quello strumento gnomonico che registra il passaggio del sole al meridiano superiore. Nella programmazione del percorso didattico è, quindi, preferibile delineare due settori di studio relativi a • Orologi solari • Meridiane tenendo conto che gli orologi solari se ben costruiti possono fornire molteplici e precise indicazioni orarie, ma, per contro, danno informazioni calendariali approssimative; le linee meridiane forniscono invece una sola informazione oraria, ma se ben progettate e sviluppate in lunghezza, possono dare dettagliate indicazioni calendariali, suscettibili, comunque, di quelle variazioni sui grandi periodi connesse ai movimenti secondari della Terra. In ogni caso sia i primi che le seconde ci riconducono alle reciproche posizioni occupate dalla Terra e dal Sole nel corso del Tempo. A differenza dei loro antenati che per lo più presentavano le linee orarie su superfici curve, gli attuali orologi solari sono per la maggior parte piani, in quanto adattati a corrispettive pareti di appoggio e come tali , rispetto al piano dell’orizzonte, in posizione orizzontale, verticale o inclinata. Anche se condizionato dalla latitudine e dalla declinazione solare che determinano i diversi periodi di illuminazione del piano dell’orizzonte locale, ogni orologio solare, che non sia orizzontale, rappresenta a sua volta un secondo “orizzonte” con una sua specifica collocazione rispetto ai punti cardinali e quindi all’asse terrestre: come orizzonte fittizio esso ha una propria levata del sole, una propria culminazione su una linea oraria chiamata sustilare ed un proprio tramonto. Poiché il tracciato orario viene ottenuto tenendo conto dei fattori astronomici relativi al piano dell’orizzonte, ma anche dell’esposizione del quadrante, ne consegue che questo tipo di strumento può essere utilizzato come modello quando si vogliano promuovere riflessioni sul significato delle coordinate celesti. Volendo ottenere informazioni sull’orientamento dalla osservazione diretta di un orologio solare bisogna, per primo, individuare il tipo di strumento con cui ci si incontra. Gli orologi solari possono infatti essere riconducibili a tre gruppi fondamentali: • Orologi direzionali: le indicazioni orarie sono ottenute tramite le posizioni del sole espresse secondo gli angoli orari determinati dalla rotazione terrestre. • Orologi di altezza: le indicazioni orarie sono ottenute tramite l’altezza del sole sul piano dell’orizzonte. • Orologi azimutali: le indicazioni orarie sono ottenute tramite l’azimut del sole. Nel passato furono costruiti molteplici strumenti, spesso portatili , sopratutto del secondo e del terzo tipo. Attualmente, fatta eccezione per gli orologi azimutali analemmatici, spesso osservabili nei giardini, si costruiscono per lo più orologi direzionali di tipo piano. Nei quadranti direzionali l’asse terrestre, origine dei semipiani orari, viene materializzato da uno stilo ad esso parallelo (gnomone polare); ne consegue che il punto di inserimento dello gnomone polare nel quadrante è anche l'origine delle linee orarie, derivanti dalla intersezione dei semipiani orari con il quadro.** L’orario solare viene indicato sulla linea oraria di pertinenza dall’ombra proiettata dallo gnomone. Oltre alla indicazioni orarie fornite dalla direzione dell’ombra, si possono desumere anche quelle calendariali, ottenute tramite le linee diurne percorse dalla punta dell’ombra giorno dopo giorno in funzione della diversa altezza del sole. Date le dimensioni contenute del quadro non potendo disegnarne distintamente tante quante richieste dal calendario ci si accontenta per lo più di quelle che coincidono con l’ingresso delle stagioni, consistenti alle nostre latitudini in due curve iperboliche solstiziali e in una retta equinoziale. Da un punto di vista didattico gli orologi solari direzionali sono di notevole interesse perché attraverso la loro interpretazione si è ricondotti immediatamente ai problemi inerenti alla longitudine, così come essa è espressa in termini orari. Ciò è particolarmente educativo perché sottolinea un aspetto comune in astronomia ma non sempre adeguatamente valorizzato scolasticamente, quello di potere esprimere una distanza in longitudine anche in termini orari. La lettura dell’orario su un orologio solare e il controllo sull’orologio meccanico evidenziano facilmente l’esistenza di un tempo naturale ed un tempo convenzionale, ricollegabili attraverso due correzioni; la prima di esse, derivante dalla convenzione dei fusi orari, richiede per l’appunto il computo della distanza in longitudine del quadrante dal meridiano centrale del fuso nei termini sopra indicati. E’ agevolmente verificabile come orologi solari di regioni contigue non interessate dallo stesso meridiano, abbiano un proprio orario locale ed uno specifico mezzogiorno, in grado di indicare di volta in volta la direzione del polo Sud . La seconda correzione, relativa all’equazione del tempo medio, per la quale il ritmo variabile del sole vero viene ricondotto a quello regolare del sole fittizio, richiede la consultazione del grafico relativo, ormai presente in molti libri di testo, da cui emerge che il sole vero e quello medio possono differire anche di 16 minuti, coincidendo soltanto in quattro giorni dell’anno. Questa circostanza si può proporre al giovane come dimostrativa della cautela con cui si debba utilizzare, ai fini dell’orientamento, l’orario desunto dal proprio orologio meccanico. Tra le diverse indicazioni presenti in un orologio solare spesso compare la declinazione gnomonica che informa di quanti gradi la parete è ruotata verso Est o verso Ovest rispetto al mezzogiorno, consentendo automaticamente di ottenere l’azimut geodetico. Quando manca questa informazione si può ricorrere ad una analisi più attenta del disegno. Ciò richiede, però, uno studio preliminare dei suoi componenti. Inizialmente è conveniente lavorare con i quadranti verticali, che oltre ad essere quelli più facilmente osservabili, sono anche meno complessi da un punto di vista interpretativo rispetto a quelli inclinati. Il loro studio può essere affrontato in serie, partendo da quello diretto, rivolto esattamente a mezzogiorno, e ruotando di 180° ad Est od ad Ovest. Si può così studiare l’evoluzione dei tracciati orari in una sequenza logica, tenendo conto di alcune indicazioni di carattere generale: • In un orologio solare verticale diretto (declinazione gnomonica = 0°) 1. Lo stilo polare è puntato verso il basso (elevazione negativa) e forma con il quadro un angolo pari alla colatitudine . 2. La sustilare coincide con la linea meridiana che è verticale. 3. Le rette orarie sono simmetriche rispetto alla meridiana. 4. La retta equinoziale, espressione dell’equatore celeste, è perpendicolare alla sustilare e si presenta orizzontale. 5. L’iperbole invernale è quella superiore (ombre corte) e l’iperbole estiva è quella inferiore (ombre lunghe). • In un orologio verticale rivolto a Sud/Est o a Sud/Ovest (declinazione gnomonica 0°Æ 90°) 1. Il quadro va avvicinandosi allo stilo polare in concomitanza con la rotazione del tracciato orario. 2. La sustilare, anche se non sempre disegnata, risulta distinta rispetto alla meridiana che resta comunque verticale. Si identificano così le due culminazioni del sole : la culminazione propriamente detta sul piano dell'orizzonte, indicata dalla meridiana, e la “culminazione relativa al quadro” corrispondente alla linea sustilare. 3. La retta equinoziale si sposta con la sustilare, restando ad essa perpendicolare. 4. Le linee orarie sono disposte simmetricamente alla sustilare che è l’asse di simmetria del tracciato. • In un orologio solare verticale rivolto ad Est od a Ovest (declinazione gnomonica= 90°) 1. Lo gnomone polare rientra nel quadro e viene materializzato da uno stilo parallelo alla parete. 2. Le linee orarie non sono più divergenti, ma parallele. • In un orologio verticale rivolto a Nord/Est o Nord/Ovest (declinazione gnomonica 90°Æ180°) 1. Lo stilo polare è puntato verso l’alto (elevazione positiva) e l’angolo che esso forma con il quadro va gradualmente aumentando verso il valore della colatitudine. 2. Le linee orarie si aprono nuovamente a ventaglio ma dal basso verso l’alto, mantenendo la propria simmetria rispetto alla sustilare. 3. Non è più presente la linea meridiana. • In un orologio verticale rivolto a Nord (declinazione gnomonica = 180°) 1. Lo stilo polare è puntato verso l’alto e forma con il quadro un angolo pari alla colatitudine. 2. La sustilare torna ad essere verticale. 3. Sono presenti soltanto le prime e le ultime linee orarie relative al periodo prossimo al solstizio ( estivo lat. N; invernale lat. ) Questa breve esposizione dell’evoluzione del tracciato orario di un orologio verticale in funzione della declinazione gnomonica, ha tenuto conto dell’attuale sistema orario all’europea, introdotto negli stati italiani alla fine del 700. Anche se non si ritiene adesso di affrontare questo ulteriore aspetto della gnomonica, che da solo richiederebbe una specifica relazione, si desidera ricordare che anticamente il giorno era computato diversamente rispetto all’attuale convenzione oraria all’europea che ne stabilisce l’inizio con il passaggio del sole al meridiano inferiore e la ripartizione in 24 parti uguali. Per completezza espositiva, si precisa, inoltre, che: • Le ore antiche (Planetarie e Canoniche) prendevano come riferimento il periodo diurno e quello notturno, ricavandone in ciascuno dei due una specifica suddivisione; esse erano, pertanto, di diversa durata nel corso dell’anno. • Le ore all’Italiana e le ore Babiloniche utilizzavano come riferimento per l’inizio del giorno il circolo di illuminazione, nel momento del tramonto (Sistema all’Italiana) o in quello della levata del sole (Sistema Babilonico). Il giorno era diviso in 24 ore uguali che venivano computate a partire da un momento progressivamente diverso nel corso dell’anno. L’adozione di uno di questi sistemi orari in un orologio solare si evince dalle linee orarie che si presentano altrimenti posizionate rispetto a quelle attuali. Pur non essendo apparentemente coinvolto nei problemi dell’orientamento, lo studio dei sistemi orari richiama, tuttavia, un aspetto non trascurabile nell’acquisizione del territorio: la storicizzazione della misura del tempo. Questo equivale a dire che indirettamente si è portati a conoscere le modalità con cui gli eventi di ordine astronomico relativi al sistema Terra-Sole furono via via osservati e gradualmente assimilati dallo specifico tessuto sociale. Uno strumento gnomonico che assunse particolare rilievo nella tradizione astronomica e geodetica del territorio fu la meridiana propriamente detta, la cui realizzazione scaturì in genere dal progetto di un astronomo o di un matematico: la sua costruzione, infatti, richiese precise competenze soprattutto quando era stata prevista una struttura monumentale al centro di grandi piazze o all’interno di prestigiosi e vasti edifici. La meridiana fornisce l’indicazione della culminazione del sole, giorno dopo giorno, o tramite l’ombra proiettata da uno stilo (meridiana in piena luce) oppure tramite una immagine luminosa generata dalla penetrazione di un fascio di luce in un interno attraverso un adeguato foro gnomonico (meridiana a camera oscura); la sua lunghezza dipende dalla latitudine del luogo e dall’altezza dello gnomone. Molte meridiane dell’uno e dell’altro tipo hanno assunto valore storico, come quella di Piazza San Pietro facente capo ad uno gnomone consistente in un obelisco importato dalla città egizia di Eliopoli. Le meridiane a camera oscura sono però, quelle che hanno segnato alcuni importanti momenti nella verifica di previsioni scientifiche e di calcoli astronomici; alcune, prevedendo una opportuna suddivisione interna, ci informano della permanenza del sole nei segni zodiacali. Nella specifica finalità didattica queste meridiane offrono occasioni di studio per le stagioni astronomiche. E’ opportuno, anche in questo caso, sviluppare l’argomento in serie, considerando l’evoluzione della struttura interna di una meridiana in funzione della latitudine. Tenendo conto che viene chiamato piede dello gnomone il punto del pavimento toccato dalla perpendicolare condotta dal foro gnomonico, si ottengono queste condizioni generali: • Nella zona torrida il piede dello gnomone è interno alla linea meridiana, limitata dai due punti solstiziali. In particolare, all’equatore, esso corrisponde al momento equinoziale, in prossimità del punto medio, da cui si scosta di poco, dato che il semestre primavera/estate dura 7 giorni in più rispetto a quello autunno/inverno a causa della variabile velocità di rivoluzione della Terra. • Ai tropici il piede dello gnomone coincide con il corrispettivo punto solstiziale. • Nelle zone temperate il piede dello gnomone è esterno alla meridiana, limitata ancora dai due punti solstiziali. • Nelle zone polari il piede dello gnomone è esterno alla linea meridiana che perde, però, un punto solstiziale, rimanendo compresa tra il punto equinoziale e l’altro punto solstiziale; al polo la meridiana evolve in una semiretta. Negli scritti sulla storia antica della Sicilia viene talvolta citata una meridiana costruita da Archimede all’interno del tempio di Minerva, su cui il celebre matematico avrebbe verificato il momento equinoziale, per la realizzazione di quella famosa sfera celeste che sarebbe stata in seguito trasportata a Roma da Marcello. Chi si occupa di storia del calendario sa quanto importante sia stata la verifica di questo punto orbitale nelle diverse civiltà per consentire al tempo civile di scorrere coerentemente a quello naturale delle stagioni. Se il lavoro di Archimede resta in certa parte sfumato nei contorni storici per la perdita di alcune fonti e se conseguentemente l’esistenza della meridiana è ancora da documentare, è innegabile che una collettività progredita e produttiva, quale quella dell’antica Siracusa, dovesse attingere conoscenze sulle scadenze stagionali dagli esperti della scienza del cielo. Questo tipo di ricerca storica, affiancato a quello relativo al costrutto matematico-astronomico dello strumento, può essere coinvolgente per i ragazzi che in tal modo apprendono notizie poco conosciute della memoria culturale della propria regione. Il patrimonio gnomonico italiano vanta un buon numero di questi prestigiosi strumenti, tutti riconducibili a celebri scienziati. Si ricordano brevemente: • Meridiana del Toscanelli (1467) nel Duomo di Santa Maria del Fiore di Firenze • Meridiana del Cassini (1655) nella Basilica di San Petronio di Bologna • Meridiana del Bianchini (1701) nella Basilica di Santa Maria degli Angeli di Roma • Meridiana degli Astronomi di Brera (1786) nel Duomo di Milano • Meridiana di Albrici (1798) nel porticato della Piazza Vecchia di Bergamo Per quanto riguarda la Sicilia, se essa viene tradizionalmente ricordata come la prima tra le regioni italiche ad adottare gli orologi solari, poi trasferiti come bottino di guerra a Roma, è soltanto degli ultimi anni, la riscoperta culturale e la valorizzazione delle sue meridiane a camera oscura ed in particolare di quelle che furono realizzate a partire dai primi dell’800. Nel 1801, per la festa del Corpus Domini, fu inaugurata, per prima, nella Cattedrale di Palermo una meridiana la cui costruzione era stata proposta da Giuseppe Piazzi nell’intendimento di fare adottare i nuovi orari d’oltralpe nell’ambito delle riforme sociali promosse dal Senato palermitano. Nel 1804 fu completata a Messina, all’interno del Duomo, su progetto di Antonio Maria Jaci, una meridiana di grande valore matematico ed architettonico. Anche se non direttamente osservabile a causa di un bombardamento bellico che sconvolse la chiesa, essa viene ricordata come “perfettissima” per la precisione delle sue indicazioni destinate ai naviganti, che necessitavano tra l’altro di un orario esatto nel calcolo della longitudine in mare. Un antico disegno di questa meridiana conferma un costrutto molto complesso che le consentiva di assumere le funzioni di effemeridi solari. Nel 1841 fu portata a termine la meridiana di San Nicolò L’Arena a Catania a cura di Wolfrang Sertorius e Christian Peters che, essendo esperti di geologia e topografia, la progettarono con dovizia di indicazioni geografiche e fisiche, inserite insieme a quelle astronomiche ai lati della linea meridiana. Lo stesso Peters, due anni più tardi, realizzò una meridiana nel Duomo di Acireale, corredandola di una serie di informazioni geodetiche, nonché dei cinque principali campioni di misura adottati in quell’epoca (metro francese, piede parigino, piede inglese, palmo siciliano, palmo napoletano). Sono invece rispettivamente del 1882 e del 1895 le meridiane della chiesa madre di Castiglione di Sicilia e della chiesa di San Giorgio a Modica. Costruite, la prima da Temistocle Zona e la seconda da Armando Perini, sono entrambe dotate della curva del tempo medio. Questi cenni sulle meridiane di Sicilia sono solo indicativi di questi strumenti per i quali sono stati, invece realizzati studi specifici. Essi, tuttavia, propongono una serie di spunti per l’avvio e lo sviluppo di molteplici applicazioni didattiche nell’ambito dell’acquisizione del territorio. A conclusione si desidera delineare due tipi di percorso didattico che potrebbero anche convergere in uno studio unitario. • Nell’ambito del complesso scolastico : a) costruzione di gnomone e registrazione grafica delle ombre b) costruzione di una linea meridiana c) costruzione di un orologio solare Il percorso può assumere valore interdisciplinare, prevedendo eventuali copresenze di insegnanti di Scienze Naturali e Matematica. Il progetto può avvalersi, nelle classi terminali, di approfondimenti sulla geometria analitica attraverso lo studio delle coniche presenti nei tracciati, ma anche dell’introduzione di elementi di trigonometria sferica. • Nell’ambito del territorio: a) studio degli orologi solari b) studio delle meridiane La connotazione scientifica del punto precedente viene ampliata dalla ricerca storico-artistica, impegnando eventualmente i docenti di Scienze Naturali, Artistica. Matematica, Lettere ed Educazione Si ricorda infine che anche lo studio dell’unico orologio solare, presente in un piccolo centro può riservare qualche gioia nella riscoperta di uno studioso locale che con discrezione ha saputo coltivare l’amore per la matematica e l’astronomia, nonché quello più generale per la Natura. ** In alcuni orologi solari si osserva uno stilo perpendicolare al quadro (ortostilo), la cui punta corrisponde a quella dello stilo polare; per tale motivo esso produce un’ ombra che tocca soltanto con l’estremità la linea oraria.