5ª Commissione Bilancio 6ª Commissione Finanze e

Transcript

5ª Commissione Bilancio 6ª Commissione Finanze e
5ª Commissione Bilancio
6ª Commissione Finanze e Tesoro
del Senato della Repubblica
Manovra correttiva di finanza pubblica per l’anno 2006
Audizione del Presidente
Prof. Guido Cammarano
Roma, 10 luglio 2006
Desidero in primo luogo ringraziare i Presidenti ed i componenti delle Commissioni
Bilancio e Finanze nonché i rappresentanti dei Gruppi per l’opportunità offerta alla nostra
Associazione di portare il punto di vista del risparmio gestito sul decreto-legge recante
“Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di
contrasto all’evasione fiscale”.
Dal 1999 gli investitori italiani ed esteri hanno potuto finalmente godere di uno
strumento di investimento collettivo immobiliare che, grazie all’affidabilità del regime di
regolamentazione e all’efficienza del regime fiscale, ha incontrato il favore del mercato
oltre ogni attesa. A giugno 2006 l’attivo in gestione ha superato i 18 miliardi di euro,
registrando una crescita del 250 per cento negli ultimi due anni. L’industria del risparmio
gestito italiana si colloca, per quanto attiene agli investimenti immobiliari, al terzo posto
in Europa, pur essendo tale attività potuta iniziare da meno di un decennio.
Questo sviluppo sarebbe fortemente ostacolato dalla nuova normativa che si intende
introdurre in materia fiscale e, in particolare, dalle disposizioni contenute nell’art. 35,
commi 8 e 9, del decreto-legge n. 223 del 2006, le quali esentano dall’imposta sul valore
aggiunto anche le operazioni di locazione e di cessione di immobili non destinati ad uso
abitativo, sottoponendole, quindi, ad imposta di registro, ipotecaria e catastale, in misura
proporzionale.
L’unica eccezione ammessa al regime di esenzione è quella in cui la cessione
dell’immobile venga effettuata ad opera dell’impresa costruttrice, ovvero di un’impresa
che ha eseguito sugli immobili interventi di recupero di cui all’art. 31, comma 1, lett. c),
d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457 prima che siano trascorsi cinque anni dalla
ultimazione dell’immobile o degli interventi.
Tali disposizioni, stando a quanto emerge dalla loro collocazione all’interno dell’art. 35
del decreto-legge che, come indicato nella relativa rubrica e nella relazione illustrativa,
reca “misure di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale”, dovrebbero avere come
finalità quella di contrastare i fenomeni di evasione ed elusione. Senonché, se è questa la
finalità perseguita dalle nuove disposizioni, riesce arduo allora comprendere perché esse
siano state rese applicabili anche nei confronti dei fondi immobiliari.
E’ appena il caso di rilevare, infatti, come i fondi immobiliari non si prestano, per loro
natura, a realizzare quelle manovre di natura non solo evasiva, ma anche elusiva che il
legislatore si propone di colpire.
I fondi chiusi immobiliari infatti, così come tutti gli organismi di investimento collettivo
del risparmio, soddisfano le esigenze di una platea molto vasta di risparmiatori,
2
consentendo l’accesso all’investimento immobiliare in condizioni di assoluta certezza dei
diritti, trasparenza delle condizioni nonché professionalità ed efficienza della gestione.
Ad oggi quasi mezzo milione di famiglie e innumerevoli istituzioni italiane e straniere
hanno scelto questo veicolo per realizzare un investimento immobiliare nel nostro Paese.
I fondi immobiliari sono costituiti nella forma chiusa anche per non offrire alcuna
opportunità di utilizzo per operare nel breve periodo. Le norme che presidiano alla
gestione collettiva del risparmio assicurano, sotto l’attenta vigilanza della Banca d’Italia,
che i soggetti che partecipano al fondo siano diversificati e non abbiano una
responsabilità diretta nella gestione del patrimonio immobiliare.
Gli effetti delle disposizioni in commento per il settore dei fondi immobiliari
e, di conseguenza, per le migliaia di investitori che hanno deciso di accedere
all’investimento immobiliare a condizioni trasparenti e professionali, sono gravi e
ingiustificati.
Innanzitutto, tali disposizioni comportano un rilevante aggravio dei costi di esercizio
dell’attività di valorizzazione degli immobili svolta dai fondi mediante la loro cessione e
locazione, in quanto tali operazioni, non essendo più imponibili agli effetti dell’IVA,
risultano assoggettabili alle imposte di registro, ipotecarie e catastali, in misura
proporzionale (con un onere complessivo che può raggiungere il 10 per cento). Tale
aggravio, destinato a colpire in misura maggiore i fondi che hanno una gestione più
dinamica degli immobili, in quanto ogni operazione di disinvestimento e successivo
reinvestimento determina l’applicazione delle citate imposte, non può non riflettersi sulla
valutazione dei portafogli dei fondi, riducendone in modo considerevole il Net Asset
Value (NAV).
Inoltre, l’inquadramento delle principali operazioni attive dei fondi immobiliari (locazione
e cessione degli immobili) tra quelle esenti ai fini IVA determina un pro-rata di
indetraibilità dell’IVA assolta sugli acquisti di beni (diversi dagli immobili) e sui servizi
necessari per l’esercizio dell’attività del fondo pari al 100 per cento. Con la conseguenza
che vi è un ulteriore aggravio dei costi di esercizio dell’attività pari al 20 per cento dei
costi della gestione ordinaria (ossia all’IVA divenuta indetraibile) ed un forte incentivo ad
internalizzare la fornitura di detti servizi precedentemente affidati a società esterne
specializzate. Anche tale aumento dei costi è destinato a riflettersi sulla valutazione del
portafoglio del fondo.
Peraltro, le nuove disposizioni generano a carico dei fondi immobiliari già operanti un
ulteriore e immediato aggravio di costi per gli acquisti di immobili effettuati prima
dell’entrata in vigore del decreto-legge. In particolare, la scelta di rendere applicabili le
nuove disposizioni anche a tali acquisti obbliga i fondi, se non è decorso il termine di
3
dieci anni dalla data dell’acquisto, a retrocedere all’Erario gran parte dell’IVA, che era
stata portata in detrazione nell’anno dell’acquisto, compensando l’IVA a debito o
esponendo un’eccedenza a credito.
Questa scelta, non solo presenta dubbi profili di legittimità alla luce dell’orientamento
espresso dalla Corte di Giustizia CE in talune sentenze secondo cui la tutela del legittimo
affidamento e della certezza del diritto non consente di revocare il diritto alla detrazione
dell’IVA una volta che sia stato riconosciuto a causa di una modifica legislativa
sopravvenuta, a meno che tale detrazione non sia avvenuta in frode alla legge, ma rischia
anche di bloccare l’operatività dei fondi, generando turbative nei mercati.
L’esposizione di un maggior debito tributario pari all’IVA divenuta indetraibile, comporta,
di fatto, una forte decurtazione del valore delle quote dei fondi, rischiando di innescare
una corsa alla vendita delle quote da parte degli investitori.
È evidente che simili misure restrittive, che hanno la dichiarata finalità di colpire fenomeni
di evasione ed elusione fiscale, non hanno ragione di trovare applicazione nei confronti
dei fondi immobiliari e degli altri soggetti che operano nel settore immobiliare in un
regime di trasparenza e correttezza, fornendo un contributo fondamentale allo sviluppo
economico del Paese.
A tale riguardo è sufficiente pensare che l’investimento collettivo nel settore immobiliare
si è caratterizzato per un duplice apporto alla nostra economia: ha, in primo luogo,
attratto una massa consistente di risorse da investitori istituzionali esteri (stimabile in più
di 8 miliardi di euro) e ha, in secondo luogo, concentrato gli investimenti quasi
esclusivamente sul territorio nazionale nei due principali agglomerati urbani, Roma e
Milano, diversificando su mercati esteri solo il 2% delle risorse raccolte.
Gli investitori italiani ed esteri, colpiti anche in forma retroattiva dalla modifica del regime
di tassazione, si vedrebbero costretti a percorrere due strade concorrenti: da un lato,
farebbero venir meno l’afflusso di nuove risorse finanziarie e, dall’altro, indirizzerebbero
le risorse già disponibili verso investimenti in altri Paesi dell’Unione europea, nei quali il
regime fiscale della compravendita e della gestione immobiliare è certamente meno
oneroso e dove viene garantita la stabilità del regime stesso. La perdita di credibilità
avrebbe effetti duraturi e dirompenti sulla nostra economia.
L’industria immobiliare nazionale ha beneficiato nel suo complesso non solo sotto il
profilo finanziario di un apporto di ingenti risorse, ma anche di una crescita esponenziale
delle competenze e della professionalità. Il risparmio gestito ha fatto da volano ad
investimenti molto rilevanti in tutti i comparti di servizio al settore immobiliare,
consentendo così il miglioramento qualitativo e quantitativo delle operazioni immobiliari
4
realizzate. Notevole è stato l’impatto sul recupero e la ristrutturazione del patrimonio
immobiliare, sia dimesso dall’amministrazione dello Stato sia da operatori economici
privati. Nel suo complesso risulta che l’investimento immobiliare realizzato dai fondi
moltiplichi di diverse volte l’impatto sul valore aggiunto dell’economia proprio perché si
caratterizza per l’obiettivo di massimizzazione della crescita di lungo periodo e non per il
mero sfruttamento passivo. A seguito delle modifiche normative introdotte, tutti questi
flussi di spesa per servizi ad alta qualificazione diminuirebbero in misura rilevante.
Da ultimo non può non rilevarsi come il processo di cessione del patrimonio immobiliare
dello Stato e del settore pubblico allargato, che è lungi dall’essere completata, non
potrebbe certamente continuare ad incontrare l’interesse dei risparmiatori e sarebbe
irrimediabilmente pregiudicato.
Per queste ragioni, esposte sommariamente ma per le quali ci rendiamo disponibili ad
ogni approfondimento, riteniamo indispensabile procedere ad una revisione della norma.
In particolare, tenuto conto che l’investimento dei fondi immobiliari si indirizza per la sua
maggior parte verso immobili ad uso terziario, si propone, in linea con le richieste degli
altri operatori istituzionali del settore immobiliare, quali le società immobiliari quotate, di
circoscrivere la portata del regime di esenzione alle locazioni e cessioni dei soli fabbricati
ad uso abitativo ma, al contempo, di mantenere ferma l’applicabilità di tale regime tanto
alle cessioni dei medesimi fabbricati realizzate da imprese che abbiano per oggetto
principale la loro rivendita o che li abbiano costruiti o sottoposti ad interventi di
ristrutturazione da più di cinque anni, quanto alle locazioni poste in essere dalle imprese
che li abbiano costruiti per la rivendita.
Tale proposta ha il pregio di limitare la portata dell’intervento esclusivamente a quei
settori dove più elevato è il rischio che si manifestino quei fenomeni di evasione e di
elusione che il legislatore si propone di colpire.
Tuttavia, qualora si ritenga che la soluzione proposta non assicuri il gettito preventivato,
al fine di favorire il raggiungimento di un equilibrio nel bilancio pubblico si potrebbe
pensare di applicare sui trasferimenti di immobili, anche se imponibili agli effetti dell’IVA,
le imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale. Tale previsione, oltre ad
assicurare sicure entrate sui trasferimenti di immobili, avrebbe il pregio di evitare ai fondi
immobiliari e agli altri operatori istituzionali del settore gli ingiustificati e pesanti oneri
connessi all’esclusione dal “circuito” dell’IVA delle locazioni e dei trasferimenti di
immobili ad uso terziario.
* * *
5
Perplessità desta, infine, la nuova disposizione contenuta nell’art. 37, commi 4 e 5, del
decreto-legge, la quale impone agli intermediari finanziari, tra cui sono incluse le società
di gestione del risparmio, di comunicare tutti i rapporti accesi dal 1° gennaio 2001,
ancorché cessati.
Ed, infatti, tale disposizione prevede l’obbligo di trasmissione, in via automatica, di dati
e notizie che, ai sensi degli artt. 32, comma 1, n. 7) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
e 51, comma 2, n. 7) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, possono essere acquisite
soltanto dietro preventiva autorizzazione del Direttore Centrale dell’Accertamento o dei
Direttori Regionali dell’Agenzia delle Entrate e del Comandante Regionale della Guardia di
Finanza.
6