Il mercato LNG - CREA 121 ON-LINE

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Il mercato LNG - CREA 121 ON-LINE
Studi e Analisi Finanziaria
Studi di Settore
IL MERCATO LNG NEL
MEDITERRANEO E
IN ITALIA
Settembre 2002
Indice
Introduzione
2
Capitolo 1 - Il mercato mondiale dell’LNG
3
Capitolo 2 - Gli economics della filiera del LNG e la loro
applicazione nell’area mediterranea
7
2.1 - L’offerta ................................................................................................................. 7
2.2 - La domanda .......................................................................................................... 9
2.3 - I costi di liquefazione........................................................................................... 12
2.4 - I costi di shipping................................................................................................. 14
2.5 - I costi di rigassificazione...................................................................................... 15
2.6 - Comparazione tra prezzi alla frontiera via gasdotti e via LNG ............................ 17
Capitolo 3 - I progetti di terminali LNG nell’area
Mediterranea: una valutazione qualitativa
23
Capitolo 4 - Le prospettive per i terminali LNG in Italia
24
Settembre 2002
A cura di Luigi Napolano
Tel.: 028850 7174
e-mail: [email protected]
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1
Settembre 2002
Introduzione
La forte crescita della domanda mondiale di gas naturale – a causa dei noti
fattori di minore impatto ambientale e del maggiore utilizzo come
combustibile per la produzione termoelettrica – ha come conseguenza la
ricerca di vie di trasporto alternative dalle aree di produzione (Russia, Medio
Oriente, Africa del Nord), verso i mercati di sbocco (Europa, Estremo
Oriente, USA). Data l’impossibilità di approvvigionare queste aree
esclusivamente tramite pipeline, una soluzione tecnicamente nota e
utilizzata fin dagli anni ’60, ma oggi sempre più competitiva, è data dalla
tecnologia LNG (Liquefied Natural Gas), che prevede la trasformazione
della materia prima dallo stato gassoso a quello liquido tramite
procedimenti di compressione e refrigerazione, il trasporto via appositi
tanker e la conseguente rigassificazione nel terminale di arrivo. Si tratta di
un procedimento più costoso del tradizionale trasporto via tubi, ma che è
risultato l’unico praticabile per paesi come Giappone e Corea non
raggiungibili altrimenti. Negli ultimissimi anni, il miglioramento economicotecnico che ha provveduto ad abbattere i costi di produzione della catena,
nonchè una domanda sempre più orientata non solo alla sicurezza delle
forniture ma anche alla loro flessibilità, stanno facendo proliferare progetti
per nuovi terminali LNG, anche in aree relativamente vicine a quelle di
produzione e quindi tradizionalmente approvvigionate via pipeline come
l’Europa mediterranea. Lo scopo di questo articolo è, dopo un’introduzione
relativa al mercato mondiale di LNG, di identificare quali aspetti vadano
considerati al fine di un investimento di LNG, al fine di stabilire fattori di
successo e di criticità dei progetti in corso nell’area mediterranea, per poi
concludere con una trattazione specifica della situazione italiana.
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Capitolo 1 - Il mercato mondiale dell’LNG
Nel 2001 sono stati importati quasi 143 Bcm tramite LNG, più della metà
dei quali dal Giappone. L’altro grande importatore mondiale è la Corea del
Sud, mentre tra i paesi di prima industrializzazione è la Francia il principale
acquirente. Un ruolo minore è svolto dagli Stati Uniti, paese
sostanzialmente autonomo in termini di offerta, anche se anche oltre
Atlantico le forniture di LNG sono in fase di ripresa. Il mercato è in forte
crescita, avendo registrato un aumento dei volumi del 24.5% dal 1997 al
2001, nonostante la crisi asiatica del 1998 e il perdurante stato di debolezza
dell’economia giapponese.
Fig. 1 - GLI IMPORTATORI MONDIALI DI LNG 1997-2001
160,00
Bcm/y
140,00
120,00
100,00
80,00
60,00
40,00
20,00
1997
1998
Giappone
Spagna
Sud Corea
Portogallo
1999
Francia
Turchia
Belgio
USA
2000
Taiwan
2001
Grecia
Italia
Fonte: IEA, BP World Review 2002, ENI World Oil and Gas Review 2002
I principali paesi esportatori sono i paesi produttori dell’Estremo Oriente
(Indonesia, Malesia, Australia), che hanno prediletto questa forma di
trasporto rispetto alle pipelines in considerazione del loro relativo
isolamento geografico. Tra questi si inserisce poi l’Algeria, secondo
esportatore mondiale, nella cui località di Arzew è stato costruito il primo
terminale di liquefazione da parte di Shell nel 1964. Recentemente, un ruolo
di primo piano è stato assunto anche dal Qatar, che attraverso la
costruzione di tre treni di LNG (e l’avviato progetto di un quarto) a Ras
Laffan ha raggiunto la quarta posizione mondiale.
Tab. 1 - IL COMMERCIO INTERNAZIONALE DI LNG, 2001 (BCM)
Da
Trinidad &
A
Tobago
Oman
USA
Qatar
UAE
Algeria
Libia
Nigeria
Australia
Nord America
USA
2,62
0,34
0,64
1,84
1,08
0,07
Sud e Centro America
0,58
0,05
Puerto Ric
Europa
2,32
0,08
Belgio
0,15
9,80
0,50
Francia
0,50
Grecia
2,25
3,00
Italia
0,26
Portogallo
Spagna
0,45
0,91
0,78
0,02
5,20
0,77
1,71
Turchia
3,63
1,20
Asia
Giappone
1,79
0,83
8,30
6,89
10,05
Corea Sud
5,30
6,67
0,17
0,08
Taiwan
Export tot
1,79
3,65
7,43
16,54
7,08
25,54
0,77
7,83
10,20
* i flussi sono stimatii su base contrattuale, non sulla base delle quantità effettivamente trasportate
Brunei
Indonesia
Malaysia
Taiwan
imports
-
-
-
-
6,59
-
-
-
-
0,63
-
-
-
-
2,40
10,45
0,50
5,25
0,26
9,84
4,83
8,20
0,80
9,00
22,74
5,36
3,70
31,80
15,27
3,04
2,60
20,91
0,41
0,41
74,07
21,83
6,30
142,95
Fonte: BP World Review 2002 su dati Cedigaz
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I terminali di import e di export esistenti a livello mondiale sono in realtà
molto pochi. La stragrande maggioranza dei terminali di importazione
esistenti (20 su 37) si trovano in Giappone, che conta su una capacità di
lavorazione di circa 230 Bcm/y. In Europa se ne contano nove (di cui tre in
Spagna e due in Spagna)1, quattro, di cui due chiusi, negli Stati Uniti.
Solamente quattordici quelli di esportazione, il più recente dei quali è
l’Oman LNG, operativo dal 1999.
Tab. 2 - I TERMINALI MONDIALI DI LNG
Belgio
Terminali di importazione
Nome
Working
capacity
(bcm/y)
Zeebrugge
6,408
Taiwan
Yung Aun
7,92
300 Abu Dhabi Das Island
7,5
980
Francia
Fos Sur Mer
7,92
150 Algeria
Arzew
22,3
671
11,16
360
Skidda
7,9
308
19,08
510
Totale
30,2
979
Lumut
8,9
180
Paese
Montoir de
Bretagne
Totale
Paese
Storage
capacity
('000 cm)
260 Australia
1,944
Italia
Revithousa
Islet
Panigaglia
100 Indonesia
Arun
16,2
635
Giappone
Chita
12,24
640
Bontang
24,6
507
Chita Kyodo
9,72
300
Totale
40,8
1142
Fukuohoku
0,72
1,8
96
Grecia
Futtsu
Hatsukaichi
Himeji
USA
5
na
560 Qatar
Ras Laffan
9,1
340
Atlantic LNG
4,1
na
Kenai
1,8
108
36 Trinidad
480 USA
18,36
1250
23,4
720
20,16
540
3,6
200
6,84
460
80
4245
Sodeshi
0,72
173
9
480
Yanai
3,24
480
Yokkaichi
10,8
480
232,2
12659
21,6
1000
27,72
1000
49,32
2000
Barcelona
10,44
240
Cartagena
1,296
55
Huelva
2,268
165
Totale
14,004
460
4,68
255
1,62
55
Totale
Marmara
Ereglisi
Canvey
Island*
Everett
2,916
155
Lake
Charles
Cove Point*
7,128
286
11,52
240
Elba Island*
4,68
189
Totale
na
520 Oman
1,08
Sud Korea Pyeong
Taek
Incheon
325
7,8
5,4
62,64
Totale
21,4
11,52
Senboku
Tobata
Mars el
Brega
MLNG
Bonny
Island
Oman LNG
0,36
Sendai
UK
85 Nigeria
7,56
Ohita
Turchia
860 Malesia
0,36
Kawagoe
HigashiNigata
HigashiOhgishima
Ohgishima
70 Libia
24,48
HimejiSeizousyo
Kagoshima
Negishi
Spagna
3,96
75 Brunei
Terminali di esportazione
Storage
Nome
Working
capacity
capacity
('000 cm)
(bcm/y)
Burrup
10,1
260
26,244
870 * terminali
chiusi
Fonte: IEA Natural Gas Information, 2001 Edition
1
L’impianto di Convey Island in UK, il primo esistente al mondo la cui operatività risaliva al
1959, è chiuso da diversi anni.
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Anche la flotta mondiale di LNG tanker2 è limitata. Le navi sono 128 in tutto
il mondo e lavorano per la gran parte su basi di contratti di esclusiva,
normalmente legati ai contratti di lungo termine di approvvigionamento del
gas. Infatti, i maggiori proprietari di flotte di navi di LNG sono grandi
compagnie petrolifere (su tutte, Petronas e Royal Dutch Shell).
I numeri lasciano immediatamente intuire che se vi sono così poche
infrastrutture di LNG è perché i costi complessivi della catena sono molto
ingenti. In effetti, un investimento in LNG è un vero e proprio package
contract che implica:
-
la costruzione del terminale di liquefazione con annessi centri di
stoccaggio, a cui possa giungere via pipeline il gas;
-
l’affitto, o più spesso la costruzione, di navi LNG ;
-
la costruzione del terminale di rigassificazione, con annesse le facilities
di stoccaggio e portuali necessarie per l’approdo della nave e per
l’immissione del gas riconvertito nella rete di trasporto.
Il costo CIF3 di LNG quindi è composto da quattro diverse componenti: oltre
al costo di produzione, vanno considerati i costi di liquefazione, i costi di
trasporto via nave (shipping costs), i costi di rigassificazione: il costo CIF di
un gas trasportato via pipeline invece contempla i costi di produzione e i
costi di trasporto, che devono recuperare l’investimento relativo alla posa
dei tubi e della costruzione delle stazioni di compressione. Tendenzialmente
quindi, il costo alla frontiera del gas trasportato via LNG sarà superiore a
quello del gas trasportato via pipeline, a meno che la distanza tra paese
produttore e paese consumatore non sia particolarmente elevata: come
regola del pollice, il discrimine si trova a 3,000 Km.
In entrambi i casi, si tratti di investimenti formidabili, tant’è che la definizione
della struttura contrattuale (e finanziaria) di un progetto di LNG o di un
gasdotto dura parecchi anni. Questi vede coinvolte unicamente grandi
multinazionali del settore e/o compagnie di Stato, spesso in forma di joint
venture dedicate allo specifico progetto, nessuna essendo in grado di
reggere da sola tali investimenti. La loro sostenibilità viene pertanto
solitamente basata su contratti di approvvigionamento take or pay a lungo
termine (venti-venticinque anni), con formule di pricing indicizzate al prezzo
di un qualche combustibile alternativo (generalmente il crude oil di
riferimento per l’area di importazione) che “blindino” fortemente il progetto.
Assolutamente fondamentali sono quindi la credibilità e la solidità
finanziaria di tutte le controparti contrattuali.
Nonostante le barriere all’ingresso, sono estremamente numerosi i nuovi
progetti relativi alla filiera di LNG. Quattro impianti di liquefazione sono
pianificati in Egitto, in Qatar è prevista la costruzione del quarto treno a Ras
Laffan così come a Dua (Malesia), due nuovi treni, la cui capacità è già
stata interamente contratta, sono previsti a Bonny Island (Nigeria), un
nuovo impianto è progettato in Yemen. Per quanto riguarda i terminali di
rigassificazione, solamente in Europa si parla di 6-7 nuovi impianti, mentre
tre-quattro dovrebbero essere costruiti nei prossimi anni in Cina e due in
2
E’ da sottolineare che una nave LNG può approdare unicamente in porti appositamente
dedicati, e ve ne sono ben pochi al di fuori dei terminali di liquefazione e di
rigassificazione veri e propri.
3
CIF è l’acronimo di costs+insurance+freights, ed indica il costo di ricezione alla frontiera
(di un paese consumatore) di una commodity come il petrolio o il gas.
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India. Per quanto riguarda le navi da trasporto, vi sono ben 47 ordini per
nuovi tanker di LNG in grado di trasportare 135,000 cm di gas liquido per
viaggio.
La domanda principale è quindi se si tratti di investimenti sostenibili, e quali
possono essere i driver di successo dei progetti LNG; questa domanda è di
particolare importanza soprattutto se si considerano i progetti relativi
all’area mediterranea, dove i terminali LNG devono competere con il gas
che può giungere via pipeline in maniera abbastanza agevole data la
relativa vicinanza tra paesi produttori (Russia, Egitto, Algeria, Libia, Olanda,
Norvegia e in prospettiva i paesi dell’area del Caucaso) e paesi
consumatori.
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Capitolo 2 - Gli economics della filiera del LNG e
la loro applicazione nell’area mediterranea
I punti da analizzare per valutare un investimento in LNG sono i seguenti:
1. l’analisi dell’offerta – riserve di gas, export capacity, e infrastrutture
disponibili nei paesi esportatori;
2. l’analisi della domanda – prospettive del mercato di importazione e
solidità finanziaria delle controparti acquirenti; la distanza dal mercato,
e le potenzialità del mercato spot;
3. l’investimento in capitale per gli impianti di liquefazione;
4. i costi di shipping;
5. gli impianti di rigassificazione: i costi di stoccaggio e le tariffe di
trasporto.
6. i prezzi relativi di LNG e pipeline e le modalità di pricing dei contratti;
2.1 - L’offerta
Il primo fattore da analizzare è ovviamente la disponibilità di materia prima
e di eccesso di offerta rispetto al fabbisogno locale di gas. Si tratta di un
problema solo apparentemente banale, in quanto l’investimento può essere
considerato sostenibile solamente se vi sono volumi tali da assicurare
l’utilizzo della piena capacità operativa dell’impianto per tutta la durata
dell’investimento (almeno vent’anni)4. Per quanto riguarda il bacino del
Mediterraneo, gli approvvigionatori di LNG sembrano avere risorse più che
adeguate. I paesi che esportano, o che sono a candidati ad esportare, LNG
verso l’Europa Mediterranea sono sostanzialmente Algeria, Egitto, Libia e,
seppure più lontani e quindi con costi di trasporto più costosi, Nigeria,
Qatar, Abu Dhabi, e Trinidad, quest’ultima però più orientata
all’esportazione verso gli Stati Uniti.
Tab. 3 - RISERVE, PRODUZIONE E CONSUMI PER I PAESI ESPORTATORI
DI LNG VERSO L’AREA MEDITERRANEA (2001)
Paese
Produzione
(Bcm/y)
Riserve Tcm
Consumi
(bcm/y)
Eccesso di
produzione
(bcm/y)
Algeria
4,52
78,2
21,6
56,6
Egitto
1,00
21,0
21,0
-
Libia
1,31
5,4
5,2
Nigeria
3,51
13,4
7,1
6,4
Trinidad
0,66
12,9
10,0
2,9
0,2
Oman
0,83
13,4
6,3
7,1
Qatar
14,40
32,5
16,0
16,5
EAU
6,01
41,3
34,3
7,0
Fonte: BP World Review 2002
4
Si vedano ad esempio le difficoltà che stanno avendo i progetti di pipeline in Cina e in
Azerbaijan, a causa dell’accertamento di riserve inferiore alle previsioni.
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Diversi fattori favoriscono tra questi Algeria ed Egitto. Innanzitutto le grandi
riserve disponibili – in Egitto soprattutto negli ultimi anni si sono susseguite
diverse scoperte di nuovi giacimenti di gas – e un eccesso di capacità
disponibile molto ampio, unite ad una vicinanza geografica che abbatte
grandemente i costi di trasporto. L’Algeria inoltre ha infrastrutture adatte
già costruite da tempo, mentre l’Egitto le sta costruendo in tempi rapidi,
sulla base di una politica di sviluppo economico fortemente orientata al
petrolchimico (di cui il gas è fattore di produzione importante) e proprio
all’esportazione di gas. Rispetto agli altri, qualche problema sembra averlo
la Libia, il cui impianto di liquefazione funziona a regime ridotto ormai da
tempo e necessiterebbe di una profonda ristrutturazione; anche per questo
il paese nordafricano sembra favorire la costruzione di nuove pipeline. Gli
altri paesi che esportano verso l’Europa subiscono chiaramente uno
svantaggio competitivo, dovuto alle maggiori distanze, rispetto alle aree di
approvvigionamento più vicine all’Europa occidentale. In passato, ciò ha
spinto Nigeria e i produttori del Medio Oriente ad esportare verso altre aree
(verso l’Estremo Oriente per quanto riguarda i Paesi del Golfo, verso gli
Stati Uniti per quanto riguarda Nigeria e Trinidad). Negli ultimi anni tuttavia,
da un lato i paesi produttori hanno iniziato una ricerca di nuovi acquirenti in
modo da sfruttare meglio le proprie riserve e sganciare le proprie economia
dalla dipendenza petrolifera, dall’altro, i paesi europei consumatori hanno
iniziato a ricercare altri fornitori in modo da diversificare le fonti di
approvvigionamento e da renderle più flessibili.5 Conseguentemente,
l’interesse verso il trasporto di gas via LNG è enormemente cresciuto.
Nuovi contratti sia spot che a lungo termine sono stati infatti recentemente
stipulati.
Ai fini di questo studio, i più interessanti tra questi contratti sono quelli
relativi ai paesi potenzialmente esportatori di LNG in Europa, e
principalmente Egitto, Qatar, Nigeria e Algeria. Il primo ha progetti per la
costruzione di quattro terminali di liquefazione. La produzione del terminale
di Damietta è già stata destinata ad Union Fenosa, mentre la produzione
del primo treno di Idku è stata ceduta da EGPC-Edison Gas-British Gas a
Gaz de France (4.7 Bcm/y). Il consorzio anglo-italo-egiziano sta ora
valutando la costruzione di un secondo treno, la cui produzione potrebbe
essere messa in vendita nei prossimi anni. Altri due progetti, proposti da
Eni-BP e da Shell sono in fase meno avanzata di sviluppo. A Bonny Island,
l’ente petrolifero nigeriano ha deciso la costruzione di altri due treni da 4.5-5
Bcm/y l’uno, in aggiunta ai due già esistenti e al terzo in costruzione. La
produzione del quarto e quinto treno è stata ceduta nell’aprile scorso a Eni
(1.5 Bcm/y destinati ad Iberdrola in Spagna), Enel (2 Bcm/y destinati
sempre in Spagna a Viesgo), a Transgas (Portogallo, 2 Bcm/y destinati al
terminale in corso di costruzione) a Iberdrola (0.5 Bcm/y) e a Royal Dutch
Shell (3.3 Bcm/y). In Algeria, Sonatrach ha recentemente richiesto
manifestazioni di interesse per un progetto da 3.5 milioni di dollari, che
comprende lo sviluppo di un giacimento di gas nel sud del paese, la
costruzione di una pipeline e di un terminale di liquefazione con
infrastrutture connesse. Infine, il Qatar intende sfruttare massicciamente le
gigantesche riserve del giacimento singolo più grande del mondo, il North
Dome. QatarGas sta costruendo il quarto treno di liquefazione presso il
proprio terminale di Ras Laffan, ed un accordo preliminare per la cessione
della produzione è stato siglato con Enel e con Repsol. RasGas a sua volta
5
Con l’aumento atteso della domanda di gas in Europa, cresce il rischio di un’eccessiva
dipendenza dalla Russia.
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ha definito la cessione di 4.8 Bcm/y ad Edison, destinati a Porto Viro, e la
conseguente costruzione di un quarto treno presso il proprio terminale sito
sempre a Ras Laffan (dove si sta concludendo la costruzione del terzo, la
cui produzione è però destinata all’India). Una joint venture tra
QatarPetroleum ed ExxonMobil dovrebbe portare alla costruzione di altri
due treni, per una capacità complessiva di 10 mtonn/y, la cui produzione
sembra però essere destinata al mercato britannico. Infine, OmanLNG ha
contrattato la cessione di 3.2 mtonn/y a UnionFenosa, il che comporterà la
costruzione di un terzo treno presso il terminale di liquefazione di Sur.
Sembra esserci quindi ampia disponibilità di gas liquido per approvvigionare
l’area Mediterranea. Tuttavia, un fattore importante che guiderà nei
prossimi anni la scelta dei partner commerciali è legato alla stabilità politica
del paese. Da questo punto di vista, Egitto, Algeria e Nigeria, pur aventi
governi che collaborano con i paesi occidentali, possono presentare
problemi di stabilità, mentre migliori appaiono le prospettive del Qatar.
Tab. 4 - RATING SOVRANO DEI PAESI POTENZIALI
ESPORTATORI DI LNG VERSO L’EUROPA
Paese
Rating
Algeria
nr
Outlook
Egitto
BBB
Libia
nr
-
Nigeria
nr
-
Stable
Trinidad
BBB -
Oman
BBB +
positive
Stable
Qatar
A-
positive
Fonte: Standard and Poor’s
2.2 - La domanda
Altrettanto importante è il lato della domanda. La questione base è se vi sia
un mercato di sbocco in crescita in grado di assorbire per un arco di tempo
sufficiente i volumi contrattati, non potendo un progetto di LNG sopportare
un eccessivo rischio di mancato ritiro del gas. In linea generale, i paesi
importatori dell’area mediterranea hanno notevoli prospettive di crescita
della domanda, guidata principalmente dalla crescita dei consumi
termoelettrici, ma anche dallo sviluppo da una rete locale di trasporto e
distribuzione ancora non compiutamente sviluppata (è il caso di Spagna,
Grecia, Portogallo). In linea generale, fino al 2010 sono previsti tassi annui
di crescita mediamente sostenuti: si va dal 4.3% previsto per la Spagna, al
3-3.5% previsti per Grecia, Turchia e Portogallo, fino al 2.5-3% per l’Italia
(che in volumi vorrebbe dire circa 20-25 Bcm, considerato che l’Italia è già il
terzo mercato europeo per dimensioni). Minori sono le prospettive di
crescita francesi, dove il consumo di gas è prevalentemente industriale, ma
la crescente aggressività di Gaz de France sul mercato europeo, la rende
comunque un partner credibile. E’ poi da sottolineare che le società
europee interessate ad entrare nel mercato del LNG sono considerate
controparti solide, come dimostrano i rating loro assegnati.
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Fig. 1 - PROSPETTTIVE DI CRESCITA DELLA DOMANDA
NEI PAESI EUROPEI DELL’AREA MEDITERRANEA
95 bcm
51.7 bcm
40.4 bcm
70.4 bcm
23.8 bcm
29.8 bcm
15.6 bcm
3.6 bcm
14.7 bcm
2.3 bcm
3.06 bcm
2.1 bcm
Fonte: IntesaBCI su dati IEA (Colonna Sx: 2001; Colonna Dx: 2010)
Tab. 5 - RATING DELLE SOCIETÀ DI PAESI DELL’AREA
MEDITERRANEA COINVOLTE IN PROGETTI DI LNG
Paese
Società
Rating (S&P)
Italia
Enel
AA
Stable
Edison
BBB
Negative
Francia
Spagna
Outlook
ENI
AA
Stable
Gaz de France
AAA
Negative
TotalFinaElf
AA
Stable
Iberdrola
A+
Stable
Endesa
A
Negative
Union Fenosa
BBB+
Stable
Repsol YPF
BBB
Negative
Fonte: Standard and Poor’s
Un’importanza notevole viene rivestita dalla distanza fisica tra luoghi di
produzione e luoghi di vendita. Ovviamente, tanto più un mercato è
fisicamente vicino ad un altro, tanto minori sono i costi di trasporto. Ciò può
favorire i produttori di gas algerino ed egiziano di LNG rispetto a quelli
mediorientali, sempre che la costruzione di gasdotti provenienti dall’area
mediterranea non sia ancora più conveniente; è chiaro che la costruzione di
un sistema LNG può essere favorita rispetto alla costruzione di un gasdotto
solo laddove quest’ultima iniziativa risulti essere troppo costosa o rischiosa.
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Fig. 2 - LE IMPORTAZIONI VIA PIPELINE VERSO L’AREA MEDITERRANEA
12.4 bcm from Norway
and 11.3 bcm from
Netherlands
12 bcm
1.5 bcm
21 bcm
25.3 bcm from Algeria to Italy
10.1 bcm
Source: IEA data
Fonte: IEA
La distanza fisica dai mercati inoltre è importante soprattutto relativamente
ad un altro aspetto, cioè quello dello sviluppo del mercato per consegne
spot di LNG. Il vero vantaggio di questo tipo di fornitura rispetto a quella via
pipeline è la sua maggiore flessibilità; sul modello del mercato del petrolio
infatti, potrebbe svilupparsi (e anzi è già in crescita rilevante) un mercato
per approvvigionamenti di LNG dell’”ultimo minuto”6 in modo da garantire
maggiore flessibilità di fronte alle fluttuazione della domanda – che anche
per il gas sono considerevoli7. Questo potrebbe essere quindi il vantaggio
competitivo delle forniture di LNG proveniente dai paesi produttori del
Mediterraneo e dirette ai paesi consumatori europei: la brevità dei viaggi di
andata e ritorno (6 giorni, comprensivi le procedure di carico e scarico del
gas liquefatto) rispetto ai tempi più lunghi per i viaggi dalla Nigeria o dal
Medio Oriente (20-25 giorni), potrebbe favorirli in caso di sviluppo di un
mercato europeo spot. Con la liberalizzazione del mercato europeo del gas,
infatti un fattore di successo è relativo alla capacità di garantire forniture
progressivamente più flessibili ai clienti finali. Tale flessibilità nelle forniture
è per certo maggiormente garantita dal LNG (o dagli stoccaggi) che dal
trasporto via tubi. Perché questo accada occorrono tuttavia alcune
condizioni: che il luogo di approvvigionamento sia vicino, che vi siano
“spare cargoes”, disposti a essere utilizzati per consegne non
contrattualizzate in precedenza, che vi siano spare capacities e slot liberi
nei terminali di rigassificazione. Non tutte queste condizioni sono
attualmente realizzate, in Europa soprattutto: i tanker esistenti sono
praticamente tutti contrattualizzati, e quindi vi è scarsa possibiltà di
effettuare carichi spot di LNG - così come i terminali di rigassificazione
sono spesso interamente impegnati da contratti a lungo termine. D’altra
parte, non può neanche essere esagerata l’importanza del mercato spot:
l’ingenza degli investimenti richiesti necessita, per essere finanziata, di
diversi strumenti di collateralization, il principale dei quali è dato dalla
6
Si tratta di almeno quindici giorni,
7
I consumi di gas hanno una stagionalità e dipendono fortemente dalle temperature,
essendo usati non solo per usi industriali ma anche per il riscaldamento domestico. Ciò
genera la volatilità tipica del mercato delle commodities, anche se non è così sostenuta
quella del prezzo dell’elettricità, avendo il gas la possibilità di essere stoccato.
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11
Settembre 2002
garanzia di acquisto di buona parte della capacità disponibile nel lungo
periodo.
Fig. 4 - L’ANDAMENTO MONDIALE DEL MERCATO SPOT DI LNG 1992-2001
9
8
7
mt/y
6
5
4
3
2
1
0
1992
1993
1994
1995
1996
US
Asia
1997
1998
1999
2000
2001
Europe
Fonte: Oil&gas Journal
2.3 - I costi di liquefazione
Continuando con l’analisi delle varie componenti di costo relative alla
catena di produzione del LNG, vanno evidentemente considerati
innanzitutto gli investimenti relativi alla costruzione degli impianti di
liquefazione del gas – siti ovviamente nei luoghi di produzione. La
costruzione di un terminale di liquefazione è estremamente costosa; nella
filiera complessiva di produzione di LNG questa componente può pesare
per il 40-50% del costo complessivo. Bisogna però sottolineare che gli
abbattimenti di costo soprattutto a partire dall’inizio degli anni ’90 sono stati
molto consistenti. Ciò è dovuto a tre fattori:
-
Miglioramenti tecnologici tali da aumentare la scala di produzione del
singolo processo (in gergo “treno”). Dai primi impianti di Arzew e Skidda
costruiti negli anni ’60 in Algeria e in grado di processare solamente 0.5
t/y di LNG, si è passati nel 1999 a singoli treni in grado di lavorare 3.3
t/y (Oman LNG). E’ da sottolineare che il grande salto tecnologico è
assai recente, potendo essere fatta risalire al 1995, con la costruzione
di Dua in Malesia, in grado di lavorare 2.5 t/y di LNG.
Tecnologicamente è già possibile costruire treni singoli da 3.5-4 t/y
(quali quelli previsti per gli ampliamenti di Ras Laffan e di Dua), e
anche la frontiera dei 4.5-5 t/y è ormai prossima8. A ciò si sono
accompagnate accelerazione nei tempi di costruzione, che si sono
ridotti dai 4-5 anni a circa tre e mezzo;
-
All’aumento della taglia del singolo treno ha corrisposto una riduzione
dei costi unitari, passati da oltre 400 $/tonn a circa 230 $/tonn (a fronte
di un’accresciuta capacità di lavorazione). Oman LNG addirittura ha
8
Considerando gli stoccaggi di gas e un’operabilità media di venti anni, può essere
calcolato che un singolo treno di LNG richiede una disponibilità di gas pari a 85 bcm per
poter essere un investimento sostenibile.
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12
Settembre 2002
raggiunto un costo unitario di 200 $/tonn e il prossimo impianto (che
verrà costruito da Royal Dutch Shell, presumibilmente l’ampliamento di
Dua, in Malesia) dovrebbe vedere un costo per singolo treno di 150
$/tonn.
Infine, è da sottolineare che l’effetto delle economie di scala è assai
considerevole. In altri termini, affiancare nuovi treni a fronte di un
singolo impianto già esistente garantisce un sicuro abbattimento dei
costi unitari. Secondo alcuni esperti di settore, ponendo pari a 1 il costo
unitario di un singolo treno, la costruzione di due treni comporta un
costo di 1.60, di tre treni un costo di 2.10 e di quattro treni di soli 2.60.
Ciò è determinato dallo sfruttamento di facilities comuni a tutti i treni
dell’impianto (stoccaggi, pipeline di trasporto gas, compressori e
produzione di energia elettrica necessaria al processo di
raffreddamento). Ciò spiega perché tutti i progetti di terminali impianti di
liquefazione prevedono ampliamenti a fronte degli iniziali (di solito) due
treni, come del resto annunciato da Nigerian LNG e da QatarGas e
QatarPetroleum.
-
Fig. 5 - L’ANDAMENTO DEI COSTI DI PRODUZIONE
UNITARI E DELLE TAGLIE DEI SINGOLI TRENI DI LNG
600
5
4,5
500
4
3,5
t/y
300
2,5
$/tonn
400
3
2
200
1,5
1
100
0,5
Single train size (t/y)
?
GameChanger
1999
Oman LNG
1995
Trinidad
1995
Malaysan Dua
Plant
1977
Bontang
1970
Brunei
0
1964
Skidka
0
Unit cost ($/tonn)
Fonte: Oil&Gas Journal
Inoltre, la costruzione delle infrastrutture necessarie per gli impianti di
liquefazione può essere utilizzata anche per facilitare la costruzione di
impianti petrolchimici, o per la trasformazione del gas metano in altre forme
di distillati petroliferi. Intorno al terminal LNG si formano di solito poli
produttivi o città industriali specializzate nel trattamento del gas naturale e
dei derivati del petrolio, come Ras Laffan in Qatar; non è un caso che nella
pianificazione economica di quasi tutti i paesi mediorientali e nordafricani
che possiedono buone riserve di petrolio e di gas, LNG e petrolchimica
siano considerati i principali progetti di sviluppo del paese.
Studi e analisi finanziaria
13
Settembre 2002
Tab. 6 - I PROGETTI DI TERMINALI DI LIQUEFAZIONE LNG
Sito
Paese
Sponsor
Capacità
tonn/y
Anno previsto
di entrata in
funzione
Località
imprecisata
Bonny Island
4-5 trains
RasLaffan
train 4
RasLaffan
train 4
Località
imprecisata
Sur Train 3
Algeria
Sonatrach
8
?
Nigeria
NLNG
9
2005
Qatar
QatarGas
4,8
2005
Qatar
RasGas
4,7
2005
Qatar
10
2007
Oman
QatarPetroleum
e ExxonMobil
OmanLNG
3,2
2005
Egitto
Union Fenosa
4
2004
Damietta
Idku
Egitto
BG-Edison
8
2005
Damietta
Egitto
Eni-BP
4
?
Nemed
Egitto
RoyalDutch
Shell
4
?
Fonte: MEED, Oil&Gas Journal, Unione Petrolifera
2.4 - I costi di shipping
I costi di shipping rappresentano una componente non secondaria del costo
complessivo di produzione del LNG, all’incirca un terzo. Tali costi sono
generalmente internalizzati nel progetto; una delle parti oppure la società
progetto si occupa di ordinare un certo numero di navi (di solito due o tre),
dedicate interamente al trasporto del gas liquefatto presso gli acquirenti.
Anche in questo caso, è da notare un progressivo e considerevole
abbattimento dei costi di produzione.
Fig. 6 - ANDAMENTO STORICO DEI COSTI DI
PRODUZIONE DI LNG VESSEL (CAPACITÀ 135,000 CM DI LNG)
290
270
$ million
250
230
210
190
170
Ju
D
ec
-9
1
n92
D
ec
-9
Ju 2
n9
D 3
ec
-9
Ju 3
n9
D 4
ec
-9
Ju 4
n9
D 5
ec
-9
Ju 5
n9
D 6
ec
-9
Ju 6
n9
D 7
ec
-9
Ju 7
n9
D 8
ec
-9
Ju 8
n9
D 9
ec
-9
Ju 9
n0
D 0
ec
-0
Ju 0
n0
D 1
ec
-0
1
150
Fonte: Clarkson Research Studies, 2002
Studi e analisi finanziaria
14
Settembre 2002
E’ importante sottolineare che gli investimenti per la costruzione di tanker
sono generalmente recuperati tramite tariffe che poco hanno a che fare con
i noli tradizionalmente impiegati in questo comparto. Mentre i noli per le
petroliere e per le gasiere (GPL o GTL) sono definiti sulla base del trend di
domanda e offerta, essendo i singoli cargo delle infrastrutture merchant che
vengono attivati da operatori specializzati il cui compito è quello di
organizzare i due lati del mercato e i carichi, le navi LNG, essendo projectdedicated, hanno tariffe di shipping che si formano in maniera simile a
quelle applicate per recuperare gli investimenti di rete (nell’industria del gas,
le pipeline) – sostanzialmente il recupero dei costi di investimento a cui
viene applicato un internal rate of return atteso. La forma della tariffa è
normalmente data da una componente variabile, a copertura dei costi di
trasporto (funzione della distanza e dei volumi trasportati) e da una
componente di capacità, a copertura dei costi fissi.
E’ evidente quindi che, per data tipologia di nave e ipotizzando che
l’investimento nelle navi sia incluso nel prezzo di consegna del gas, i costi
di shipping diventano unicamente funzione della distanza. Nell’ipotesi di
impiego di navi di capacità di 135,000 cm di LNG, il costo di trasporto
dall’Egitto potrebbe essere stimato in 0.129 $/Mmbtu, quello di trasporto
dalla Nigeria in 0.49 $/Mmbtu, quello dai paesi del Medio Oriente 0.53
$/Mmbtu.
Le navi LNG sono quindi per molti versi un caso anomalo all’interno del
mondo dei trasporti internazionali via nave; sono di fatto intese come
infrastrutture di trasporto tradizionali e nascono e sono remunerate
all’interno di un progetto più ampio. E’ evidente che tale concezione
ostacola la nascita di un mercato spot del LNG, per il quale devono esistere
spare tanker pagati a tariffe competitive che sopportano il rischio di
rimanere ferme in certi periodi dell’anno (rischio volume) e il rischio dato
dalla variabilità dei noli (rischio di prezzo). Per certi versi, il mercato del
LNG sembra scommettere su uno sviluppo in questo senso, dato lo
straordinariamente elevato numero di ordini per la costruzione di nuove navi
(ben 47), che non può essere giustificato unicamente dai nuovi progetti di
terminali LNG annunciati. E’ evidente che, anche se vi sono elementi
speculativi, molte società di shipping (quindi non direttamente legate alle
società che sviluppano i progetti LNG) stanno scommettendo su questo
potenzialmente ricco business.
2.5 - I costi di rigassificazione
L’LNG richiede poi la costruzione di terminali e impianti appositi per la
rigassificazione presso il paese acquirente, impianti che devono essere poi
collegati al sistema di trasporto e distribuzione locale. Il costo di questi
impianti è elevato ma abbattibile grazie all’esistenza di economie di scala9.
Definire il costo di un terminale di rigassificazione non è facile, perché molto
dipende anche dalle infrastrutture connesse come gli stoccaggi e le pipeline
di collegamento con la rete di gasdotti in alta pressione. Per questo spesso
si cerca di costruire impianti di rigassificazione in aree industriali già almeno
9
Un terminale LNG con capacità operativa di 3.5 t/y ha un costo unitario che può essere
stimato intorno a 0.55 $/MMBTU, mentre un terminale da 8 t/y ha un costo unitario di 0.37
$/MMBTU.
Studi e analisi finanziaria
15
Settembre 2002
parzialmente attrezzate per l’ingresso di navi di stazza considerevole10. I
costi inoltre sono funzione della conformazione geografica in cui è posto il
terminale. Tre sono i tipi di terminali esistenti:
q
Terminali on-shore, in cui la rigassificazione è effettuata in impianti a
terra che vengono collegati alla nave al momento dell’approdo;
q
Terminali off-shore, divisi in terminali off-shore ancorati al fondale
sottomarino e terminali floating. In questi casi la rigassificazione è effettuata
al largo della costa e il gas rigassificato viene poi trasportato via gasdotto a
terra;
q
On board regasification, che rappresenta l’ultima tecnologia
disponibile: il gas è rigassificato direttamente sulla nave che viene poi
collegata tramite gasdotti sottomarini alla rete terrestre, evitando la
costruzione di un terminale di rigassificazione11.
Il costo di un terminale on-shore con una capacità standard di lavorazione
di 4 Bcm all’anno oggi si aggira intorno ai 420 milioni di euro (al netto delle
infrastrutture connesse). Chiaramente più costosi sono i terminali off-shore
non galleggianti, il cui costo può aggirarsi intorno ai 600-700 milioni di euro,
ma che hanno il vantaggio di un minore impatto ambientale sulle coste. Il
costo di una nave in grado di effettuare rigassificazione on-board è invece
stimato intorno ai 200 milioni di euro.
I progetti per nuovi impianti di rigassificazione in Europa sono assai
numerosi, ma pochi di questi progetti vedranno effettivamente la luce
(alcuni di essi sono alternativi gli uni degli altri), giacchè sono
evidentemente eccedenti la domanda.
Tab. 7 - I PROGETTI DI TERMINALI DI RIGASSIFICAZIONE
NELL’AREA MEDITERRANEA
Paese
Sito
Italia
Porto Viro
Edison
8
2005
Cornigliano Calabro
Falck
8
?
Lamezia Terme
Falck
8
?
Livorno
Falck
2
?
Trieste
Falck
2
?
Taranto
Enel
8
?
Trieste
Enel
8
?
Vado Ligure
Enel
8
?
Brindisi
British Gas
8
?
Sagunto (Valencia)
Bahia de Bizkaia
Union Fenosa
BP-RepsolIberdrola
8
2004
8
2003
2006
Spagna
Sponsor
Capacità
bcm/y
Anno previsto
di entrata in
funzione
Fos sur Mer (2°treno)
Gaz de France
4
Turchia
Izmir
?
?
?
Portogallo
Sines
Galp
4
ottobre 2001
Francia
Fonte: IntesaBci da fonti varie
10 Una nave di LNG tuttavia non può utilizzare infrastrutture portuali alternative, come gli
scali petroliferi. I terminali portuali di ricezione sono dedicati pienamente a queste navi e
sono funzionali alla trasformazione del gas naturale dallo stato liquido a quello gassoso.
Si tratta di un altro fattore che rende particolarmente oneroso questo tipo di investimenti.
11 I tempi di scarico di sono però grandemente allungati; passano infatti da due a cinque
giorni.
Studi e analisi finanziaria
16
Settembre 2002
Ad ogni modo, il maggiore ostacolo alla produzione è dato dall’affollamento
delle coste europee e dalle opposizione locali, contrarie all’installazione di
nuove infrastrutture industriali ad alto impatto, nonché ai sempre più
stringenti vincoli ambientali (anche se i terminali di LNG sono relativamente
meno inquinanti rispetto ad altre industrie). Inoltre, i terminali di
rigassificazione presentano alcune problematiche che sono emerse a
seguito della liberalizzazione del settore in Europa. La prima di questa –
non ancora del tutto risolta – riguarda il trattamento regolatorio: i terminali
LNG sono a tutti gli effetti un’infrastruttura di importazione di gas come
qualsiasi altra pipeline e pertanto per esse vale l’applicazione del Third Part
Access. Se spinto all’estremo, questo principio finirebbe con il levare
qualsiasi incentivo agli operatori per costruire nuovi terminali, in quanto
perderebbero l’accesso privilegiato al mercato finale di vendita che la
costruzione di una propria infrastruttura rappresenta. E’ anche vero tuttavia
che in linea teorica il problema potrebbe essere aggirato, se a costruire i
terminali fossere imprese di trasporto “pure”, che quindi recuperino
l’investimento attraverso l’applicazione di tariffe applicate a qualunque
operatore. Tuttavia, ancora una volta, i rischi di infrastrutture puramente
merchant risultano essere troppo elevati. La pesantezza degli investimenti,
recuperabili in arco di tempo molto lunghi, fa sì che solo la presenza di
contratti a lungo termine incentivi gli operatori a entrare in questo tipo di
operazioni (senza contare che vi sono anche problemi di programmazione
economica e di sicurezza del sistema energetico che sono estremamente
difficili da coordinare in un ambiente puramente “merchant” e, quindi,
teoricamente fortemente competitivo).
Ciò non toglie che la liberalizzazione dell’industria europea del gas implica
l’esistenza di un sistema di regole di accesso e tariffe trasparenti per i
fruitori delle infrastrutture di trasporto e di rete, il che dovrebbe portare
almeno ad utilizzo efficiente dei terminali di rigassificazione (per i quali sarà
certamente redditizio prevedere una certa spare capacity da riservare ai
carichi spot).
In secondo luogo, i terminali di LNG possono essere considerati anche
un’infrastruttura di stoccaggio, come avviene in Gran Bretagna. Gli
stoccaggi non rappresentano un monopolio naturale, e quindi possono
essere eserciti da privati; ciò non toglie tuttavia che rappresentano una
facility essenziale per il corretto funzionamento del settore e, in più,
forniscono un elemento di flessibilità che garantisce ai proprietari un certo
grado di potere di mercato12. La doppia natura di infrastruttura di trasporto
e di infrastruttura di stoccaggio dei terminali LNG ne rende quindi
particolarmente delicato il trattamento regolatorio. In Italia, i terminali LNG
sono considerati infrastruttura di trasporto e come tali regolate; in Gran
Bretagna, sono considerate invece stoccaggi e conseguentemente regolati.
Non è detto che in futuro i due paradigmi non vengano fusi.
2.6 - Comparazione tra prezzi alla frontiera via gasdotti
e via LNG
La sostenibilità di un investimento in LNG, soprattutto se orientato verso
mercati che possono essere approvvigionati anche con gasdotti, deve
essere sempre comparata con un sistema di trasporto alternativo,
soprattutto se si sta valutando un progetto di LNG nel Mediterraneo. Fino
ad oggi, il costo di importazione di gas via LNG ha sempre pagato un
12 Vedi lo Studio di Settore di IntesaBci “La regolamentazione degli stoccaggi in Italia”
Studi e analisi finanziaria
17
Settembre 2002
premio rispetto ai costi di importazione via pipeline, i costi complessivi di
investimento essendo superiori a quelli di un’infrastruttura di trasporto
tradizionale. Tuttavia, l’abbattimento dei costi di investimento negli impianti
di liquefazione e nei costi di shipping stanno riducendo questo gap, che
sarebbe tutto da verificare se comparato a fronte di una nuova pipeline13.
Queste ultime infatti devono essere tracciate su vie sempre meno “naturali”
e quindi rischiano di divenire altrettanto se non più costose, rendendo per
contrasto maggiormente attraenti gli investimenti in LNG.14 Ciò non toglie
che l’LNG mediterraneo in effetti potrebbe essere spiazzato dal gas
trasportato via gasdotto, soprattutto considerando che vi sono differenti
progetti di questo tipo. Una pipeline collegherà a partire dal 2005 Libia e
Italia, il cosiddetto gasdotto GreenStream; è stata avviata l’analisi di un
progetto per collegare Algeria, Sardegna, Corsica e Francia meridionale; la
Turchia dovrebbe divenire il nuovo hub medio-orientale per il gas
proveniente da Russia (Blue Stream), Iran e forse area caucasica; la Grecia
potrebbe essere meglio approvvigionata dall’esistente Balkan Line
proveniente dalla Russia, che potrebbero espandersi, via Croazia o
Slovenia, verso l’Italia. Infine, non va sottolineata la possibiltà di ulteriori
espansioni della capacità di esportazione russa tramite le pipeline che
passano dall’Europa dell’Est e dalla Germania.
In sostanza quindi, il fattore chiave per definire la sostenibilità di un
investimento in LNG nel Mediterraneo richiede un’analisi di competitività dei
prezzi del LNG rispetto ai sui concorrenti via gasdotto. E’ evidente che
un’analisi di competitività deve tenere conto della probabilità di successo
dei progetti citati nel paragrafo precedente.
Una valutazione grossolana può essere effettuata osservando l’andamento
dei prezzi CIF di alcuni contratti che arrivano ai confini italiani, spagnoli e
francesi15.
13 Il ragionamento si basa sull’assunto che le attuali infrastrutture di trasporto non siano
sufficienti a soddisfare il crescente fabbisogno di gas nell’area Europea.
14 Esemplare è il caso di una progettata nuova pipeline sottomarina tra Algeria e Spagna
che, secondo uno studio citato da Oil&Gas Journal, potrebbe non essere realizzabile a
causa della presenza di fondali troppo accidentati e ad alto rischio sismico.
15 Si tratta di prezzi all’ingrosso relativi ad alcuni contratti di importazione pubblicati sulla
rivista italiana Energia, che fa capo all’istituto di ricerche specializzate RIE. Non è
possibile pertanto distinguere al loro interno tra le varie componenti che formano il CIF
price.
Studi e analisi finanziaria
18
Settembre 2002
Fig. 7 - PREZZI AL CONFINE IN SPAGNA, IN
BASE AD ALCUNI CONTRATTI DI IMPORTAZIONE
5,5
$/MMbtu
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
Q1
96
Q2
96
Q3
96
Q4
96
Q1
97
Q2
97
Q3
97
Q4
97
Q1
98
Q2
98
Q3
98
Q4
98
Q1
99
Q2
99
Q3
99
Q4
99
Algeria/Spagna LNG
Q1
00
Q2
00
Q3
00
Q4
00
Q1
01
Q2
01
Q3
01
Q4
01
Q1
01
Q2
01
Q3
01
Q4
01
Norvegia/Spagna
Fonte: Energia, IEA, Natural Gas Information, 2001 Edition
Fig. 8 - PREZZI AL CONFINE IN FRANCIA, IN BASE
AD ALCUNI CONTRATTI DI IMPORTAZIONE
5,5
$/Mmbtu
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
Q1
96
Q2
96
Q3
96
Q4
96
Q1
97
Q2
97
Q3
97
Q4
97
Q1
98
Algeria/Francia LNG
Q2
98
Q3
98
Q4
98
Q1
99
Q2
99
Q3
99
Norvegia/Francia
Q4
99
Q1
00
Q2
00
Olanda/Francia
Q3
00
Q4
00
CSI/Francia
Fonte: Energia, IEA, Natural Gas Information, 2001 Edition
Studi e analisi finanziaria
19
Settembre 2002
Fig. 9 - PREZZI AL CONFINE IN ITALIA, IN BASE
AD ALCUNI CONTRATTI DI IMPORTAZIONE
5,00
4,50
4,00
3,50
3,00
2,50
2,00
1,50
Q1
96
Q2
96
Q3
96
Q4
96
Q1
97
Q2
97
Q3
97
Q4
97
Algeria/Italia LNG
Q1
98
Q2
98
Q3
98
Q4
98
Q1
99
Algeria/Italia
Q2
99
Q3
99
Q4
99
Q1
00
Olanda/Italia
Q2
00
Q3
00
Q4
00
Q1
01
Q2
01
Q3
01
Q4
01
CSI/Italia
Fonte: Energia, IEA, Natural Gas Information, 2001 Edition
Si può notare che:
q
Per la Spagna gli approvvigionamenti via LNG sono vantaggiosi rispetto
al trasporto via pipeline. La penisola iberica è decentrata rispetto al resto
dell’Europa continentale e i gasdotti provenienti dal Nord e dall’Est sono
molto lunghi e quindi altrettanto, se non maggiormente, costosi rispetto ai
trasporti via pipeline. La scelta di approvvigionarsi via LNG è quindi quasi
naturale – difatti già esistono tre terminali che trasportano la gran parte del
gas che serve il fabbisogno spagnolo. Anche il futuro del mercato spagnolo
del gas dovrebbe basarsi sul trasporto via LNG. La stessa cosa, e a
maggiore ragione, è valida per il Portogallo, che difatti punta proprio sui
nuovi terminali per avviare la metanizzazione del paese.
q
In Francia la situazione è esattamente ribaltata: le forniture via LNG
sembrano essere più care di quelle via pipeline, il che d’altra parte è logico
data la posizione centrale di questo paese nel territorio europeo. Le
condotte provenienti da Russia, Olanda e Mare del Nord devono quindi
percorrere una via relativamente breve. Tuttavia, proprio la Francia è il
primo importatore di LNG in Europa e intende rafforzare questa posizione,
come dimostra sia l’acquisto della produzione del primo treno di
liquefazione di Idku, in Egitto, sia l’annuncio dell’ampliamento della capacità
produttiva del terminale di rigassificazione di Fos sur Mer. E’ evidente che
la Francia ritiene lo sviluppo di capacità di rigassificazione un’alternativa più
che valida anche in termini di costo rispetto all’importazione via gasdotti.
Per quanto riguarda l’Italia, anche se i dati non sono completi16, il costo
del gas trasportato via LNG sembra avere un certo margine di competitività,
il che effettivamente può creare uno spazio favorevole a nuovi terminali
LNG (vedi approfondimenti nel capitolo 4)
q
16 I valori del contratto Algeria-Italia di LNG per gli anni 2000-2001 sono stimati sulla base
della correlazione esistente con il prezzo del greggio negli anni precedenti.
Studi e analisi finanziaria
20
Settembre 2002
q
Per quanto riguarda Turchia e Grecia, la costruzione di nuovi terminali,
pur se proposta, potrebbe essere alternativa allo sviluppo di nuove via di
trasporto provenienti dalla Russia o dall’area iraniano-caucasica. Lo stadio
di sviluppo di queste iniziativie ancora troppo arretrato e l’assenza di dati di
prezzi rendono molto arduo darne una anche grossolana valutazione.
Un fattore di rischio ulteriore è legato alle modalità di pricing del LNG. I
prezzi sono generalmente indicizzati a quelli di un combustibile concorrente,
in gran parte quindi i crude oil di riferimento per l’area (Brent per l’Europa,
WTI per gli Stati Uniti, Arab Light per l’Estremo Oriente).
Conseguentemente, la forte instabilità del prezzo del petrolio finisce per
determinare una forte volatilità dei prezzi del LNG, poco apprezzata dagli
sponsor del progetto. Infatti, un prezzo troppo elevato dei greggi di
riferimento rischia di rendere l’LNG non competitivo di fronte al gas
trasportato via pipeline (il cui prezzo pure è indicizzato a combustibili
sostitutivi ma generalmente soffre di una volatilità molto più bassa), mentre
un prezzo dei crudi troppo basso rende il progetto non redditizio. Inoltre, si
tratta di carichi unitari molto elevati, più di quelli di un cargo petrolifero
tradizionale; pertanto, il rischio di prezzo è amplificato e una copertura
attraverso prodotti derivati diviene più difficile. Il problema è in realtà
difficilmente risolvibile se non per via strutturale, cioè attraverso lo sviluppo
di un mercato competitivo del gas, che farebbe emergere una dinamica dei
prezzi più svincolata da quella del petrolio. Il modello è quello statunitense,
dove un mercato autonomo del gas esiste da anni e dove esiste una località
di delivery (l’Henry Hub) riconosciuta da tutti gli operatori e presso la quale i
price reporter quotano i prezzi (fenomeno detto di commoditization del gas).
L’andamento dei prezzi sull’Henry Hub ha subito mostrato una dinamica
autonoma da quella del prezzo del petrolio, e soprattutto una maggiore
stabilità – il mercato del gas ha una natura molto più locale del mercato del
petrolio ed è quindi meno soggetto ai suoi tipici rischi di tensioni politiche o
di shortage improvvisi; presenta un’elevatissima stagionalità, legata
fondamentalmente all’andamento climatico che, seppure imprevedibile, ha
un ciclo minimo di qualche settimana, durante le quali possono entrare in
funzione i numerosi elementi tecnici della filiera in grado di ammortizzare le
fluttuazioni della domanda, in primis le diverse modalità di stoccaggio. La
sua minore volatilità e la sua relativa maggiore prevedibilità non possono
che essere apprezzate da chi investe in progetti a lungo termine
Nulla di tutto ciò esiste ad oggi nell’Europa continentale (un mercato del gas
è presente solo in UK e sull’interconnector Belgio-UK, anche se futures
cominciano essere trattati al confine tedesco Bunde), che invece appare più
legato ai prezzi dei prodotti petroliferi sostitutivi e quindi, seppure in maniera
mediata, dell’andamento dei prezzi dei greggi; molti operatori ritengono
tuttavia che lo sganciamento almeno parziale delle dinamiche dei due
combustibili
sarà
un’evoluzione
abbastanza
conseguente
alla
liberalizzazione del mercato del gas europeo.
Studi e analisi finanziaria
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Settembre 2002
Fig. 10 - VOLATILITÀ (SU MEDIA MENSILE) DEI PREZZI
DEL GAS SULL’HENRY HUB E DI ALCUNI GREGGI
70
60
50
40
30
20
10
0
29/01/98
29/07/98
29/01/99
Henry Hub volatility
29/07/99
29/01/00
Arab Light Volatility
29/07/00
29/01/01
WTI volatility
29/07/01
Brent volatility
Fonte: IntesaBCI su dati Thomson Financial – DataStream e Bloomberg
Studi e analisi finanziaria
22
Settembre 2002
Capitolo 3 - I progetti di terminali LNG nell’area
Mediterranea: una valutazione qualitativa
Delineati i problemi relativi all’industria del LNG, è possibile fornire una
risposta, anche se approssimativa e di natura prettamente qualitativa,
rispetto alla fattibilità dei numerosi progetti esistenti nell’area Mediterranea.
Tutti questi progetti, alcuni dei quali evidenti sostituti, hanno dei punti di
forza comuni, che sono dati:
-
per quanto riguarda i fondamentali, dall’esistenza di un ammontare di
riserve e di un eccesso di produzione nei paesi potenziali fornitori, a cui
fa da contraltare una domanda crescente nei paesi acquirenti;
-
da un forte committment sia da parte dei paesi produttori – che vedono
l’LNG come un importante mezzo di sviluppo – sia da parte delle
società acquirenti, che intendono entrare nel mercato del gas (o
espandere la propria quota) e hanno tutte una sufficiente solidità
finanziaria per farlo;
-
dal punto di vista tecnologico, vi sono miglioramenti tali da ridurre
considerevolmenti i costi, rendendo le nuove infrastrutture competitive
con il trasporto via pipeline;
-
infine, la ridotta distanza tra centri di produzione e centri di consumo, e
l’assai probabile emersione di un mercato spot del gas più consistente
di quello esistente, favorirà la maggiore flessibilità garantita dal LNG
rispetto alle pipeline.
E’ altresì vero che esistono elementi di rischio, determinati da:
-
il rischio che un numero eccessivo di infrastrutture finisca con renderne
sottoutilizzate alcune, rendendole non redditizie;
-
la mancanza di un sistema di prezzi trasparenti per il mercato europeo
del gas, il che implica la grave difficoltà a coprire il rischio di prezzo, che
verrebbe così interamente sostenuto dagli sponsor del progetto;
-
la realizzabilità pratica di alcune delle infrastrutture proposte, a causa
dei veti ambientali.
E’ agevole prevedere che alcuni di questi progetti verranno conclusi, dato
l’attivismo del mercato, più difficile invece valutare quali. E’ terminato il
terminale di Sines in Portogallo, che utilizzerà una fornitura di gas nigeriano.
Il progetto integrato in fase più avanzata è quello che vede come sponsor
principale Union Fenosa e che implica la costruzione del terminale di
liquefazione di Damietta ed il corrispondente impianto di rigassificazione di
Valencia (tra le altre cose sono stati già commissionati i tanker e quasi tutti
gli accordi per gli EPC contractor e conclusi i contratti di
approvvigionamento). A buon punto sembrano essere anche i progetti che
vedono come sponsor principale Edison (terminali di liquefazione di Idku in
Egitto, che ha venduto la sua produzione a Gaz de France, e il terminale di
rigassificazione di Porto Viro in Italia, che dovrebbe impiegare gas
proveniente dal Qatar). Infine, dovrebbe essere rapido l’ampliamento di Fos
sur Mer, destinato a ricevere il gas acquistato dall’Edison.
Più a lungo termine i progetti di Eni (che è il principale operatore
nell’upstream egiziano) e di Enel (che tuttavia è già avanti nelle trattative
per la fornitura di gas, innanzitutto nei confronti del Qatar), il terminale di BP
nei Paesi Baschi e quello di Izrim in Turchia (anche se un accordo di
massima con EGPC, la compagnia italo-egiziana che opera nell’upstream
petrolifero, è già stato raggiunto).
Un’analisi più approfondita dello stato di avanzamento della normativa e dei
progetti in Italia viene affrontato nella sezione successiva.
Studi e analisi finanziaria
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Settembre 2002
Capitolo 4 - Le prospettive per i terminali LNG in
Italia
I progetti esistenti in Italia
Nei confronti dei progetti di nuovi terminali di rigassificazione in Italia si sta
assistendo ad una vera e propria corsa. Sono infatti numerosi i progetti
proposti, alcuni in una fase relativamente avanzata, altri ancora solo sulla
carta; alcune proposte inoltre sono chiaramente alternative:
1. Edison sta per ottenere le ultime autorizzazioni – manca la valutazione
di impatto ambientale per la costruzione del gasdotto terrestre, che non
dovrebbe essere un ostacolo - per la costruzione di un terminale di
rigassificazione off-shore a Porto Viro (Rovigo), dalla capacità di 6-7.5
Bcm/y. Il terminale verrà approvvigionato da 4.8 Bcm/y di gas proveniente
dal Qatar.
2. Enel ha presentato tre progetti, a Taranto, a Vado Ligure (SV) a Muggia
(TS), tutti in aree industriali dismesse e dotate di buone infrastrutture
portuali, per terminali di capacità compresa tra i 5 e i 9 Bcm/y. Chiaramente
i progetti sono alternativi, in modo da cercare di ottenere per almeno uno la
conclusione del procedimento autorizzativo. Da questo punto di vista,
sembra che la situazione migliore sia a Taranto, dove sono stati già avviati i
tavoli con le autorità locali. Enel si approvvigionerebbe anch’essa dal Qatar,
avendo siglato un preliminary agreement con QatarGas per l’acquisto di 4.6
Bcm/y di LNG. Non è da dimenticare che Enel ha buone relazioni anche in
Nigeria, da cui già acquista 4 Bcm/y che giungono in Italia tramite uno swap
con Gaz de France e Gasunie (a seguito del fallimento del progetto del
terminale di rigassificazione a Monfalcone), e da cui si è garantita l’acquisto
di ulteriori 2 Bcm/y destinati in Spagna alla recentemente acquistata Nueva
Viesgo.
3. British Gas ha, da lungo tempo, un progetto per la costruzione di un
terminale di rigassificazione a Brindisi. La forte opposizione locale tuttavia
ha praticamente bloccato l’avanzamento del progetto stesso, rendendo
improbabile la sua realizzazione.
4. Infine, come new entrant si è presentata Falck, che ha annunciato due
progetti per terminali LNG da 8 Bcm/y in Calabria e per due progetti offshore di dimensioni minori (2 Bcm/y) l’uno, a Trieste e Livorno, ricavati
dall’adattamento di navi metaniere. E’ da tenere presente che Falck ha
recentemente acquisito Tecnimont e la società di ingegneria dell’industria
del gas Sofregas, precedentemente appartenenti rispettivamente ad Edison
a Sondel.
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Fig. 11 - MAPPA IMPIANTI DI TRASPORTO DI GAS ESISTENTI E PROGETTATI IN ITALIA
Passo Gries (12 Bcm/y)
l
Tarvisio (28 Bcm/y)
l
Trieste off shore LNG - Falck (capacità prevista 2
Bcm/y)
Muggia LNG - Enel (capacità prevista 5-9 Bcm/y)
Vado Ligure LNG - Enel (capacità prevista 5-9
Bcm/y)
Porto Viro LNG - Edison (capacità prevista 6 Bcm/y)
Panigaglia LNG - Snam Rete Gas (4 Bcm/y)
Livorno off-shore LNG - Falck - 2 bcm/y
Brindisi LNG - BG (capacità prevista 4-12
Bcm/y)
Algeria-Sardegna-Francia pipeline (capacità prevista - 10
Bcm/y)
Taranto LNG - Enel capacità prevista 5-9
Bcm/y)
Lamezia Terme LNG - Falck capacità
prevista 8 bcm/y
Corigliano Calabro LNG - Falck capacità
prevista 8 bcm/y
l
Mazara del Vallo entry point from Algeria (32
Bcm/y)
Gela (appaltata la costruzione - 8 Bcm/y)
Esistenti
Pianificate
Fonte: IntesaBCI da fonti varie
E’ chiaro che non tutti i terminali verranno costruiti; ma di quanti è
giustificata la costruzione? Il fattore cruciale è relativo alle previsioni di
crescita della domanda: le stime da noi formulate vedono un aumento della
domanda di gas in Italia dagli attuali 70 Bcm/y a circa 95 Bcm/y al 2010,
spinta in larga parte dalla produzione termoelettrica (i cui consumi
dovrebbero passare dagli attuali 21 Bcm/y a 40 Bcm/y). I contratti a lungo
termine esistenti (28 Bcm/y dalla Russia, 26 Bcm/y dall’Algeria, 12 Bcm/y
da Norvegia e Olanda, almeno altri 2-2.5 Bcm/y dall’LNG algerino che
atterra a Panigaglia) sono in grado di coprire circa 70 Bcm/y di fabbisogno
occupando la gran parte delle infrastrutture esistenti17. Se contiamo altri 15
Bcm/y di produzione interna, sembra che un fabbisogno pari a 85 Bcm/y
possa essere soddisfatto dalla produzione e dai contratti esistenti. A queste
va aggiunta la capacità delle infrastrutture la cui costruzione può essere
considerata quasi certa: il gasdotto Green Stream, destinato a condurre in
Italia 8 Bcm/y di gas dalla Libia, per il quale è stato assegnato l’appalto per
la costruzione18, e il terminale di LNG di Porto Viro. In questo modo,
praticamente tutta la domanda al 2010 dovrebbe essere soddisfatta,
raggiungendo l’Italia una capacità di importazione annua di 93-94 Bcm/y a
17 Secondo i dati diffusi dal MAP relativamente alla capacità massima di trasporto al confine,
i valori dovrebbero essere i seguenti: relativamente all’entry point dall’Algeria si tratta di
30 Bcm/y; dal Nord Europa possono essere importati 21 Bcm/y, dalla Russia 25.8 Bcm/y.
Complessivamente la capacità di trasporto via gasdotto dovrebbe attestarsi intorno a 77
Bcm/y, a cui va aggiunta la capacità del terminale di Panigaglia.
18 Alcune nubi si sono recentemente addensate sul Green Stream, legate ai probabili alti
costi di transporto (si tratta di una linea con ampie porzioni di tubature sottomarine) e alla
tassa sul trasporto di gas, decisa unilateralmente dalla Regione Sicilia su tutte le
infrastrutture di trasporto transitanti nella Regione. Effettivamente, il gas libico gravato di
queste ulteriori componenti di costo potrebbe non essere più competitivo rispetto ad altre
importazioni. Tuttavia, l’avvenuta assegnazione dell’appalto per la costruzione e
soprattutto il fatto che Eni Gas and Power abbia già rivenduto tutta lacapacità a terzi, al
fine di rispettare i tetti imposti dal Decreto Letta, rendono difficile immaginare che tale
condotta non venga costruita.
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Settembre 2002
cui va aggiunta la produzione interna, che può essere considerata grosso
modo stabile fino al 2010. Sembrerebbe quindi che nuove infrastrutture di
trasporto non siano necessarie: tuttavia, il declino della produzione (il solo
giacimento in Val d’Agri, la cui produzione è appena cominciata, è destinato
a produrre per diverso tempo: tutti gli altri sono in via di esaurimento), e il
fatto che comunque la capacità complessiva verrebbe completamente
esaurita dall’incremento della domanda, fanno ritenere necessario nel
medio periodo la costruzione di almeno un’altra infrastruttura di trasporto. A
competere potrebbero essere un nuovo terminale di rigassificazione, una
nuova pipeline proveniente dall’Est Europa od una proveniente dal Nord
Africa. Considerando i vantaggi in termini di maggiore flessibilità e
diversificazione dell’offerta, un terminale di LNG potrebbe essere la
soluzione ottimale. Quale dei terminali proposti entrerà in funzione
dipenderà grandemente da chi sarà in grado di superare la procedura
autorizzativa; ma anche da quale soggetto sarà in grado di approvvigionarsi
sul mercato internazionale del gas liquido a condizioni competitive.
L’accesso alle nuove infrastrutture di trasporto: la
delibera 91/02 all’interno del nuovo quadro regolatorio
Nel corso del 2002, una serie di decisioni da parte dell’Autorità per l’Energia
Elettrica e per il Gas (AEEG), nonché la bozza di Decreto di riordino dei
settori energetici (il Decreto Marzano), hanno definito un coerente quadro
regolatorio per l’accesso alla nuova capacità di trasporto e, più interessante
in questa sede, di rigassificazione. Si tratta delle delibere 91/02 e 137/02
dell’AEEG e dell’articolo 12 del Decreto Marzano.
La prima norma in ordine temporale è la Delibera 91/02 dell’AEEG, che ha
stabilito le condizioni per l’accesso prioritario ai nuovi terminali di
rigassificazione di LNG in Italia. Si è trattato di una decisione estremamente
importante, in quanto permette agli operatori di avere un quadro normativo
definito, sul quale basarsi per le proprie decisioni di investimento, in attesa
delle quali lo sviluppo dei nuovi progetti era stato rallentato.
Le norme principali della delibera 91/02 stabiliscono che:
- la priorità di accesso è assegnata a quegli operatori che sostengono gli
investimenti relativi alla costruzione dei nuovi terminali di rigassificazione in
Italia;
- agli operatori detentori della priorità di accesso è riservata l’80% della
capacità del terminale per un periodo di vent’anni, dalla data di entrata
commerciale in esercizio dell’impianto stesso;
- tale norma si applica, fino a quando la capacità complessiva di
rigassificazione del sistema gas italiano non raggiunga i 25 Bcm/y, ovvero
per tutti i terminali costruiti prima del 2010;
- nessun operatore può ad ogni modo detenere più di un terzo della
capacità complessiva di rigassificazione presente in Italia (a regime
pertanto nessun operatore potrà detenere più di 8 Bcm/y di capacità di
rigassificazione);
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- le tariffe di rigassificazione tra il detentore della priorità di accesso e il
detentore dell’impianto sono negoziate tra le parti19, ma devono essere
comunicate all’AEEG che ne dà adeguata pubblicità;
- l’accesso alla capacità spot verrà definito attraverso tariffe regolate,
secondo i medesimi criteri che sono stati definiti per i terminali esistenti
nella delibera 120/01.
Box: le tariffe di rigassificazione
Le tariffe per l’uso dei terminali di LNG sono fissate dalle compagnie che
gestiscono i terminali, sulla base dei criteri definiti dall’AEEG nella Delibera
120/01.
Per ogni impianto, le tariffe sono calcolate in base ad un criterio di recupero
dei costi fissi e operativi iscritti a bilancio (in gergo Regulatory Asset Base RAB), a cui viene applicato un rate-of-return regolato.
Il RAB è dato dalla somma dei costi di capitale ammessi (sia del terminale
vero e proprio che delle infrastrutture connesse), meno la quota già
ammortizzata.
La tariffa annua è composta da:
q
costi operativi attesi; più
q
quota annua di ammortamento; e
q
la quota di rate of return del 9.15% (reale prima delle imposte) applicata
al RAB.
Ogni anno, i ricavi sono aggiustati con la formula del price-cap RPIX+Y+Q+W, dove RPI è il tasso di inflazione, X è il recupero di efficienza,
pari all’1% per le infrastrutture di rigassificazione, Y, Q e W fattori di
variazione dei ricavi in caso di eventi speciali come cambiamenti di
regolamentazione o eventi imprevisti (Y), miglioramenti di qualità rispetto ad
un indice predefinito (Q) e qualsiasi attività di demand side management
(W);
q
La regolamentazione, in particolare la revisione del RAB e degli indici
della formula del price-cap viene rivista ogni quattro anni, sicchè la
prossima verrà effettuata nel 2005. Se le compagnie di trasporto e di
rigassificazione avranno ottenuto miglioramenti di efficienza superiori a
quelli stabiliti, almeno metà del guadagno di efficienza deve essere
assegnato alla società stessa.
q
Le tariffe devono essere accordate con l’AEEG e rese pubbliche.
Sulla base del RAB ammesso dall’AEEG, quantificato in 389 milioni di euro,
LNG Italia ha definito una tariffa in tre parti per l’accesso al terminale di
rigassificazione:
19 La norma potrebbe sembrare discriminante a sfavore degli utilizzatori terzi degli impianti e
favorire chi ha la riserva di capacità. Tuttavia ciò non è del tutto vero a causa del vincolo
sul RAB; infatti, se la compagnia proprietaria dell’impianto applicasse alla compagnia
titolare dell’accesso prioriario una tariffa più bassa del valor medio, per raggiungere il
ricavo massimo ammesso dovrebbe alzare molto le tariffe per i terzi, che così non
utilizzerebbero l’impianto. Se invece al contrario applicasse una tariffa più alta alla società
titolare dell’accesso prioritario in modo da recuperare più in fretta l’investimento,
quest’ultima (di solito una società dello stesso gruppo) avrebbe un prezzo di vendita finale
del gas superiore a quello dei suoi concorrenti.
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-
Una componente sulla capacità, pari a 3.609349 euro/cm gas liquido;
-
Una componente fissa per ogni approdo pari a 17007.119989 euro;
- Una componente variabile sull’energia pari a 0.064737 euro/GJ, più il
2% di perdite
Sulla base di questi valori è possibile calcolare una tariffa unitaria di
rigassificazione applicata al terminale di Panigaglia pari a 0.31 $/MMbtu.
La delibera 91/02 è stata la prima deliberazione in ordine temporale e ha
anticipato l’orientamento generale delle autorità energetiche italiane rispetto
ai criteri di accesso alle infrastrutture di trasporto. La successiva
deliberazione 137/02, che definisce i criteri per la stesura dei codici di rete,
e l’articolo 12 del Decreto Marzano, che dà giustificazione normativa
all’impianto regolatorio proposto dall’AEEG, hanno:
q
confermato per i terminali LNG ed esteso anche a chi costruisce nuovi
gasdotti di importazione dall’estero e di connessione tra terminali LNG e
rete nazionale in alta pressione la regola della riserva di capacità dell’80%;
q
definito il seguente criterio di priorità di accesso alle infrastrutture di
trasporto:
-
contratti a lungo termine;
-
contratti pluriennali fino al massimo di un cinque anni di durata;
-
contratti annuali;
-
contratti di durata inferiore all’anno;
q
stabilito le regole di allocazione per la capacità residua sulle
infrastrutture di trasporto in caso di eccesso di richieste rispetto alla
capacità disponibile, che è un criterio di ripartizione pro-rata;
q
negato la possibilità di cedere la riserva di capacità a terzi, a meno che
il cessionario non subentri in tutte le obbligazioni legate alla costruzione
dell’impianto.
L’insieme normativo dato dal decreto Marzano e dalle delibere 91/02 e
137/02 dell’AEEG appare quindi essere una soluzione equilibrata al fine di
contemperare gli interessi degli investitori, per i quali la riserva di capacità è
fondamentale per rendere finanziabile il progetto, e l’esigenza di sviluppare
un certo grado di gas to gas competition che i contratti di importazione
attuali non garantiscono. La soluzione adottata è del resto in linea con le
caratteristiche dei tipici contratti take or pay di importazione (dove
generalmente l’80% delle quantità contrattate è vincolato mentre il restante
20% è sottoposto a maggiore flessibilità) e dovrebbe garantire a regime una
capacità spot presso i terminali di rigassificazione di 5 Bcm/y; inoltre,
garantisce la presenza di almeno tre operatori fornendo una certa libertà di
scelta (tra tariffe e servizi) per chi intende importare LNG su basi spot.
Studi e analisi finanziaria
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STUDI DI SETTORE RECENTI
Il mercato LNG nel mediterraneo e in Italia
L’industria dei servizi idrici
Settembre 2002
Maggio 2002
L’industria farmaceutica italiana
Aprile 2002
Il mercato elettrico statunitense
Marzo 2002
Prospettive di breve e medio termine dei settori aeronautico e aerospaziale
Marzo 2002
Il settore della ricambistica autoveicolare
L’industria del food & beverage
Dicembre 2001
Luglio 2001
Le gestioni aeroportuali
Maggio 2001
Liberalizzazione del settore gas e fasi regolamentate: la rete di trasporto
Maggio 2001
Grandi opere e ricadute territoriali dirette ed indirette
Marzo 2001
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