Finiamo il racconto di quest`anno 1538 con la terribile tempesta che

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Finiamo il racconto di quest`anno 1538 con la terribile tempesta che
Finiamo il racconto di quest’anno 1538 con la terribile tempesta che successe nel Regno di Napoli, la qual
cosa così descrisse un cavaliere spagnolo:
“A Napoli domenica 29 settembre 1538 a un'ora della notte1 il cielo cominciò a rivoltarsi con grandi fulmini
e un grande tuono che causò ammirazione. Dopo un breve periodo di tempo cominciò a piovere terra
molto fine dal color cenere bagnata. Visto che questo fenomeno continuava e non vi si era abituati, tutta la
città era vigile. Furono accese candele benedette e cominciarono a camminare processioni.
Spuntato il nuovo giorno, che era lunedì, si videro i tetti, le strade, gli alberi e il terreno coperti di due dita
di terra di quella cenere sottile, che continuò a cadere fino a mezzogiorno.
Mentre ci si chiedeva da dove provenisse questa novità, si videro arrivare dalla strada di Pozzuoli una
moltitudine di persone, uomini e donne che piangevano e si lamentavano a voce alta; molti di loro a piedi e
mezzo vestiti così come la tempesta di cenere li aveva colti. Questi raccontarono l'evento che si era
verificato e che io stesso sono andato a vedere insieme a quasi tutta la città. Questo è il racconto. Tra la
città di Pozzuoli, e i bagni, dove molti infermi andavano a ritrovare la salute, lungo la costa, tra le colline e il
mare, vi era una pianura molto estesa. Qui, a due miglia da Pozzuoli, si sono aperte due bocche: la prima
distante come un tiro di pietra dal mare, l'altra, più all'interno, nella campagna a una distanza di due tiri di
archibugio. Da queste bocche, quando dall'una quando dall'altra, usciva con grande impeto un fumo
terribile e con tuoni, simili al rumore di artiglieria, così forti che si sentivano dieci miglia intorno.
Insieme a quel suono orribile, si vedeva salire in cielo un fumo stretto e alto che trasportava con sé acqua e
pietre, in quantità tali che copriva l'intera campagna fino a dieci o quindici leghe, secondo la forza del
vento. Non è rimasta erba verde; i terreni coltivati sono distrutti e gli alberi, per il peso della cenere caduta
su di loro, hanno i rami spezzati o sono sradicati a metà.
Gli uccelli che volavano, gli animali o il bestiame fuggito durante la notte sono morti e nessuno si è salvato.
Non so cosa dire sull'origine di questo fenomeno, posso solo raccontare ciò che è stato.
Posso solo dire che da quella bocca che si trova in campo aperto, tra lunedì e martedì, è uscita tanta di
quella la terra che, come ho detto, si è sparsa dappertutto e le pietre e la terra caduta intorno alle bocche
hanno formato una montagna di notevole altezza.
Il Giovedì seguente è successo che molte persone, pensando che questa tempesta avesse perso forza,
ebbero il coraggio di salire in cima alla montagna, per scoprire la grandezza di quella bocca.
Improvvisamente cambiò la situazione e si alzò una tempesta di cenere maggiore della precedente che
cadde su di loro in modo che, si dice, abbia ucciso più di trenta persone.
lo ho visto tutto questo di persona, ma ricordandomi la morte di Plinio ucciso in questo modo, quando era
in fiamme la montagna di Somma, non sono mai voluto salire lassù.
Un'altra cosa notevole è che da ognuna di queste bocche si alzavano uniti tutti e quattro gli elementi: terra,
fuoco, aria e acqua. Irrompevano nell'aria, cedevano tetti e travi incapaci di sopportarne il loro peso. Oltre
a tutto questo, molta altra roba è caduta in mare sopra l'acqua, in modo che questo si è ritirato più di
quattro miglia dalla costa e questa terra galleggiava sull'acqua senza andare a fondo, dando l'idea di essere
un suolo ben asciutto e sodo, ma io vi ho visto navigare dentro una barca a remi. Per quanto riguarda la
tempesta del giovedì, Signore, essendo Napoli lontana due leghe da quelle bocche, ed essendo molto
chiara la giornata, vi giunse il suono di un tuono, e dopo questo si fece un'oscurità che copriva tutta la città,
così grande che sembrava essere buio. Il fumo senza interruzione copriva tutto congiungendosi alle nubi
vicino alla montagna di Somma, che è a sei miglia dalla parte opposta della città di Napoli. L'oscurità era
così grande che nessuna montagna o altro ambiente si è visto per lungo tempo.
Tutto questo può accadere naturalmente, senza invocare un altro prodigio o cosa portentosa, perché in
tutta quella contrada vi è abbondanza di zolfo e questo di per sé è come il fuoco, e c'è tanto materia
infiammabile in quelle colline e nel sottosuolo, dove il fuoco può operare in così poco tempo, come ha fatto
ora. Non è cosa innaturale vedere tali cambiamenti, che in questo luogo si vedono di continuo”.
Frate Prudencio de Sandoval
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Nel XVI secolo era in vigore l’ora italica che concludeva la ventiquattresima ora al tramonto, pertanto l’ora prima
corrisponderebbe attualmente a circa le ore 19 del giorno 28.