Buonasera, desidero parlare con Lady Isabel. »: la voce dello
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Buonasera, desidero parlare con Lady Isabel. »: la voce dello
INTRODUZIONE « Fondazione Thule, buonasera » « Buonasera, desidero parlare con Lady Isabel. »: la voce dello sconosciuto era calma e disinvolta. Dall’altro capo del telefono, Mylock reagì con la consueta carenza di affabilità: « Milady è impegnata al momento, e poi questa è una residenza privata: se vuole discutere di affari con Milady, deve fissare un appuntamento in ufficio. Lei chi è, scusi? » « Non mi importa nulla degli affari di Lady Isabel: le dica che James vuole parlarle, lei capirà. » UNA QUESTIONE DELLA MASSIMA IMPORTANZA Lady Isabel pareva serena, come di consueto, anche se dal suo volto traspariva una velata sensazione di disagio: « Ebbene, cavaliere, per quale ragione hai voluto vedermi? Debbo ammettere che questa tua richiesta mi stupisce profondamente. Noi non ci siamo mai personalmente incontrati, ma, seppur indirettamente, i nostri rapporti non sono mai stati amichevoli. » « Milady, sono consapevole delle nostre divergenze d’opinione, ma non sono qui per discutere di esse, né dei numerosi tentativi di interferenza che voi ed i cavalieri a voi fedeli avete effettuato nelle mie… operazioni… Fatti di questo tipo sono del tutto inconsistenti di fronte alla questione di cui desidero parlarle, una questione della massima importanza. » lo sconosciuto rispose con la medesima disinvoltura ostentata due giorni prima a telefono con Mylock. « Interferenze! Operazioni! Ma di che stai parlando, bellimbusto?! » l’apparenza formale della discussione fu infranta da Pegasus: « Tu, cavaliere degenere, non hai neppure il diritto di guardare in viso Lady Isabel! » Lo sguardo dell’ospite si fece annoiato: « Milady, ho parlato di una questione molto rilevante: è proprio essenziale la presenza dei suoi cicisbei? » « Cicisbei a chi? » Pegasus non aveva gradito la frecciata: « Ora te la faccio pagare! » Il cavaliere agitava già i pugni in maniera minacciosa, sebbene l’ospite non sembrasse particolarmente turbato dalla minaccia. « Basta, Pegasus! » Interruppe Lady Isabel: « James di Asgard è nostro ospite e, per quanto gravi siano le azioni da lui commesse, gli dobbiamo rispetto. » « Oh, finalmente un minimo di civiltà! » Su queste parole lo sguardo vagamente beffardo di James si aprì in uno strano sorrisino compiaciuto e sarcastico. « Ma come, Lady Isabel? Per anni abbiamo rincorso costui in giro per il mondo per affrontarlo e punirlo per i suoi misfatti ed ora gli dobbiamo rispetto?! » L’obiezione di Lady Isabel non aveva convinto Pegasus. « Beh… adesso chiariamoci le idee. » James intervenne bruscamente: « Non sono venuto qui per discutere con te, Pegasus, o con altri, delle mie cosiddette “malefatte”, ma visto che questa quisquiglia sembra essere così importante per te, vediamo di affrontare l’argomento una volta per tutte! » James incrociò le gambe e, guardando Pegasus drittò negli occhi, continuò: « Non mi importa assolutamente nulla di quello che tu o altri potete pensare di me o del mio comportam…» « Tu, cavaliere, hai ucciso decine di persone! » Pegasus lo interruppe alzando la voce: « Non sei neppure degno dell’armatura che indossi! » « Centinaia, probabilmente, non decine, e mi sono anche fatto pagare per ucciderle: faccio il killer professionista, sarebbe stato assurdo se le avessi risparmiate! » il sorriso sarcastico si accentuò sulla battuta. « Ma come osi? » « Come osi tu? » James si alzò in piedi sempre fissando Pegasus negli occhi: « Tu che vivi convinto di essere il paladino del bene, dei deboli, degli indifesi, tu che affermi di combattere per la giustizia… ma piantala di sparare cazzate! » « Adesso basta, cavaliere, questo è troppo! » anche Andromeda intervenne nel diverbio. « E perché? Perché non volete ammetterlo? » « Ammettere che cosa? » « Suvvia, lo sapete benissimo! L’avete sempre saputo, ma non avete mai avuto il coraggio di accettarlo, altrimenti guardandovi allo specchio non vi sareste più visti così casti e puri, no?! » « Che vuoi dire, damerino? » « Voglio dire che voi, tutti voi, non siete migliori di me, e lo sapete benissimo: quanti nemici avete “sconfitto” nella vostra carriera, perché dite così, no? “sconfitto” e non “ucciso”, “ammazzato”, “trucidato”, perché non vi piace sentir dire che avete “trucidato un avversario”! Però è quello che avete fatto… decine, forse centinaia di volte pure voi… avete colpito, sapendo di lacerare le carni, di causare dolore e sofferenza, ma non avete esitato comunque… e chi siete voi per giudicare quello che faccio io?! » « Ma come ti permetti? Noi abbiamo combattuto per difendere la giustizia, per salvare il mondo dalle forze oscure, da quelli come te. » « Sì, sì, certo… la giustizia… quelli come me… andatela a raccontare alla stampa questa, va bene per i titoloni sugli eroi del giorno, ma la notizia non venite a spacciarla a me. » James si avvicinò a Pegasus, sguardo sempre fisso, e reclinò il capo, quasi volesse sussurargli qualcosa all’orecchio. Pegasus sentiva il respiro di James, che continuò con un sottile sibilo di voce: « So benissimo quello che si prova, e lo sai anche tu, no, Peggy? Sì… lo conosci anche tu quel piccolo, perverso piacere che si prova nel ferire… quando il tuo pugno penetra nelle carni dell’avversario e tu senti il suo cuore battere… prima forte, veloce, ma poi più piano, sempre più piano, sempre più lento, fino a fermarsi… Sì, Peggy, piace anche a te… l’hai provata anche tu quell’eccitazione, quel brivido, nell’uccidere, nel sentire che stai uccidendo, che puoi farlo… quella sensazione di vigore, di potenza, nello spezzare la vita… pensaci, Peggy… » « Bada! » Pegasus tentò di troncare il discorso di James, ma l’ospite continuò come se nessuno avesse parlato. « Sì, l’hai provato anche tu, Peggy, e ti è piaciuto, ha inebriato anche te, e non una volta sola, tante volte…, tutte le volte in cui hai combattuto… ebbene, Pegasus, in quei momenti, in tutti quei momenti, tu, proprio tu, il paladino del bene… tu, sei stato il più puro e cristallino concentrato di oscurità… tu sei stato quelle forze oscure che tanto ti vanti di combattere! » Il sorriso di James ostentava profondo compiacimento. « No, questo non lo accetto! » Pegasus si scagliò contro l’ospite, ma James lo evitò con eleganza ed anzi gli assestò un deciso pugno alla bocca dello stomaco: « Bravo, Peggy, grazie… lo noterai anche tu adesso… non hai neppure il coraggio di sentirne parlare… » James si allontanò da Pegasus, piegatosi per il colpo ricevuto, e proseguì, con aria nauseata: « Patetici ipocriti… eh, eh, eh… cavalieri… la più sofisticata casta di killer mai creata… potenti, veloci, imbattibili… ma così fottutamente ipocriti da non saper neppure ammettere che cosa sono, da inventarsi ogni pretesto per allontanare da sé il dubbio… il dubbio della propria responsabilità… eh… tutto per non vedere il proprio lato più autentico, per non dover affrontare quello che sono… che schifo… » L’espressione di James non aveva nulla di realmente malvagio… piuttosto, traspariva da essa un velo di tristezza, di malinconia… una vaga sensazione di squallore nel muovere accuse così pesanti ed inusuali per un cavaliere: « E poi… quale modo per sentirsi “buoni” è migliore di trovare tanti “cattivi” da combattere… facile, pulito, essenziale… come le favole per i bambini… tu, da un lato, Pegasus, l’onesto e leale difensore dei buoni sentimenti e dei grandi valori… ed io, dall’altro, il cuginetto londinese stronzo di Hilda e Flare, quello che non c’era a combattere ad Asgard, quando… uh, mamma mia!… il mondo era in pericolo!… quello che, pur possedendo le vestigia del Triangolo Boreale, non solo ha ignorato Arles, l’anello del Nibelungo, la cugina posseduta, Nettuno e tutte le vostre “meritorie” battaglie, ma… ah, scandalo… usa se stesso ed il suo potere per fare il killer a pagamento…» James gesticolava in maniera sempre più frenetica: « Beh… comodo, Peggy… un po’ troppo comodo… anche se… in fondo, dal tuo punto di vista, fai bene…» il viso di James si rabbuiò: « almeno sei soddisfatto… almeno tu… bah, lasciamo perdere, tanto è inutile, non capiresti. » « Un’opinione interessante, senza dubbio. » Lady Isabel non si era scomposta durante il breve litigio: in effetti, conosceva l’indole impulsiva di Pegasus, ed aveva intuito fin da quando James era entrato a Palazzo, che quell’appuntamento non sarebbe stato “facile”. Con la consueta classe continuò: « Sì, interessante, per quanto, naturalmente, io non la possa condividere. In ogni caso, ritengo non sia questo il motivo della tua visita, cavaliere. » « Certamente no, Milady: i suoi cavalieri hanno cercato di ostacolare svariate mie… operazioni…, sebbene senza mai successo, ovviamente. Comunque, se fossi stato interessato a questa discussione con Pegasus, avrei già avuto in passato numerose occasioni di intrattenerla. No, Isabel, la ragione è decisamente un’altra. » « Ebbene, mi dica, cavaliere del Triangolo del Nord. » James si avvicinò alla finestra, volgendo le spalle ad Isabel ed ai tre cavalieri presenti. Una sottile vena di inquietudine si insinuò nel suo sguardo. Egli trasse una sigaretta da un pacchetto nel taschino della giacca e la accese: prese una boccata senza respirarla a fondo, in silenzio. Era strano, ma soprattutto così, di spalle, si acuiva quel bizzarro contrasto nel suo aspetto: da un lato quella corporatura così esile, quasi efebica, tanto anomala per un cavaliere, tanto diversa dal fisico di chi dovrebbe aver trascorso anni ad addestrarsi…, dall’altro, quell’eccentrica capigliatura cyberpunk coi capelli rosso-arancio-acceso, dritti sulla testa alla Goku. « L’hai visto anche tu, vero Isabel? » SUO CAVALIERE Il viso di Lady Isabel si rabbuiò… labbra contratte, sguardo preoccupato, rispose, simulando indifferenza: « Visto che cosa, cavaliere? » « Sì, l’hai visto anche tu. » James continuava a fumare davanti alla finestra, fissando senza attenzione i fiori in giardino: « L’hai decisamente visto anche tu. » Come distratto da un altro pensiero, si voltò di scatto, dicendo: « A proposito, perdona il tono più colloquiale, il passaggio dal “voi” al “tu”, ma comprenderai che le circostanze impongano di accantonare l’etichetta ed occuparsi di fatti sostanziali. » « Insomma, James, di che stai parlando? » Andromeda intervenne spazientito. « Quindi voi cavalieri non avete notato nulla; tu Isabel, sì, ma loro no… è così… eh… bizzarro. » Andromeda si rivolse a Lady Isabel: « Milady, che cosa non sappiamo, di che cosa lei è a conoscenza e noi no. » La fanciulla si alzò dalla poltrona e cominciò a guardarsi intorno con aria nervosa, ripetendo: « No, non è possibile, pensavo fosse solo… eppure… » « Anch’io ne ero convinto all’inizio, Isabel. » la interruppe James: « Ma adesso… lui è troppo vicino, ormai. » « Lui chi?! » Pegasus si era finalmente ripreso dal pugno di James: « Volete spiegarci che sta succedendo, di chi state parlando! » « Marte. » la voce di Isabel risuonò netta e tagliente. « Marte. » « Sì, Marte, cavalieri. » James proseguì il discorso. « Avrete notato da voi che negli ultimi mesi in tutto il globo sono aumentati guerre, violenze, crimini… » James spense nervosamente la sigaretta in un posacenere e si massaggiò il collo: « Le statistiche parlano chiaro: il numero di morti per cause violente negli ultimi tre mesi si è quadruplicato rispetto al trimestre precedente… una festa per becchini, giornalisti e sociologi… ma… non è tutto così semplice, e comunque, se l’unico dato fossero le statistiche, non sarei certo qui. Vedete, il… il fatto inquietante è un altro… è quasi un anno… sì, un anno circa, che mi capita… è come se… come se, all’improvviso, e solo per un istante, mentre sto facendo altro, mentre leggo, mentre mi rado, mentre uccido… è come se… come se vedessi qualcosa… è solo un flash, è rapidissimo, ma è freddo… freddo e desolante… è come se, per una frazione di secondo, una fottuta frazione di secondo, vedessi tutto quello che ho intorno, ma avvizzito… morente. » Per un istante, James tacque e socchiuse gli occhi, come per concentrarsi; poi proseguì: « Beh, all’inizio pensavo fosse una stronzata… un effetto collaterale delle pasticche in discoteca…, ma poi… poi diventava sempre più ricorrente, e sempre più definito… finché non ho deciso di fare ricerche e… l’unica soluzione che mi è venuta in mente è… » « È Marte. » Interruppe Pegasus: « Ma come, io non mi sono accorto di nulla! » « Beh… e una ragione ci sarà! » rispose James, riacquistando il solito sorriso sarcastico. Neanche Andromeda e Phoenix avevano avvertito nulla… Isabel, invece: « Cavalieri, devo chiedervi perdono! » « Perché, Milady? » « Da mesi mi sveglio ogni giorno con un’inconsueta sensazione, un’inquietudine, un senso di oppressione…, che non mi abbandonano mai, neanche durante il giorno… non ne avevo compreso la natura, ma ora è chiaro… In fondo, l’avevo capito fin dall’inizio, sapevo che una minaccia stava arrivando… l’avevo sottovalutata. » il viso di Lady Isabel lasciava trasparire un profondo timore. « Non tema, Milady. » Pegasus, di fronte ad una possibile battaglia, riacquistava sempre subito le forze e lo spirito di iniziativa: « Abbiamo sconfitto Arles, poi Hilda, poi perfino Nettuno e Canon… sconfiggeremo anche Marte. » James non trattenne un lieve risolino isterico: « Sempre tutto troppo facile… troppo lineare… no, no, Peggy, stavolta non potete sconfiggere nessuno. » disse, facendo segno di “no” con l’indice destro. « E perché? Abbiamo sconfitto i cavalieri di Asgard, ed i generali degli abissi. » « E chi se ne frega. Questa volta non potete… no… non potete proprio… non è una questione di forza, di fulmini, di catene, di ali… non potete prendere Marte a calci, né ammazzare suoi cavalieri… stavolta no. » il volto di James si era di nuovo fatto serio serio… lo sguardo abbassato, fisso su un punto del pavimento… i denti che mordicchiano nervosamente il labbro inferiore. Pegasus era sempre più irritato; Andromeda invece pareva più perplesso: « In che senso non possiamo? perché? » « Davvero non lo capite… davvero pensate di poter far guerra al signore della guerra… che buffo… strani cavalieri… » James stava quasi riflettendo fra sé; poi si rivolse ad Andromeda: « Chiunque combatta, chiunque colpisca, impugni un’arma, lo fa in nome di Marte… tutte le volte in cui avete vestito la vostra armatura per affrontare battaglia, voi l’avete fatto in lui… con lui… e voi pensate… » continuò con una smorfia incredula: «… pensate di poterlo combattere… patetici… qualunque cavaliere che attacchi Marte diventa suo… Vedete, Marte non ha cavalieri di bronzo, d’argento, d’oro o di plexyglas al suo servizio, né generali o altri cicisbei simili… non gli servono… non ha bisogno di guerrieri… lui è la guerra… ogni guerriero è un suo guerriero… ogni battaglia è una sua battaglia… ogni vittoria… è una sua vittoria…» il tono di James era sempre più cupo: « Andromeda, se tu attaccassi Marte… ammesso che tu ci riuscissi… beh… se tu lanciassi la catena, o la nebulosa, o anche solo una torta di fragole contro di lui, beh, da quell’istante… tu gli apparterresti… tu saresti suo schiavo… suo cavaliere! » « Ma è orribile… E se non possiamo combatterlo… che cosa possiamo fare? Se è così come dici, non c’è alcuna speranza! » Andromeda era terrorizzato. « Tecnicamente parlando… una speranza c’è. » James si accese un’altra sigaretta, ed iniziò ad aspirare ampie boccate, sempre più nervosamente: « Marte non è ancora arrivato… se fosse arrivato, saremmo già tutti morti. » Isabel si girò di colpo verso James: « Spiegati meglio, cavaliere! » « Ho detto di aver fatto ricerche… alcuni dettagli non mi sono ancora chiari, ma…» le labbra tese lasciavano uscire sottili lamine di fumo: « ma… beh… vedete… Marte non sembra essere come te, Isabel, o come Julian Kediness… incarnazioni di dei, sì, ma con una volontà… una razionalità… lui… lui è pura violenza… senza intelletto, senza umanità… senza un piano. Quando Marte ritorna sulla Terra, non lo fa per conquistarla o per proteggerla, ma solo per… distruggere ogni cosa. E nel momento in cui il suo spirito prende completamente possesso del suo ospite umano, il cosmo di Marte si libera, abbracciando tutta il Globo, insinuandosi nell’animo degli uomini, cancellando inibizioni, scrupoli… finché ogni uomo non si abbandonerà ai suoi istinti più bassi e violenti… finché gli uomini non si uccideranno l’un l’altro. » James tacque per un istante, fissando la specchiera Luigi XVI con occhi inespressivi. Nessuno prese la parola: da un lato l’orrore suscitato da un simile scenario, dall’altro la diffidenza verso l’ospite suggerivano il silenzio perfino a Pegasus. « Ma… dicevo… tecnicamente abbiamo ancora una speranza. Poiché, per adesso, Marte non è… come dire… “completo”, possiamo cercare il suo futuro ospite ed ucciderlo, prima che sia tardi. » concluse James, sollevando d’improvviso lo sguardo dalla specchiera: « Questa è la ragione della mia visita qui. » Per un attimo nessuno rispose, poi Lady Isabel, coi lineamenti visibilmente contratti per il nervosismo, affermò: « La situazione è grave, ma non condivido il tuo approccio, James: l’uomo che ospiterà Marte non ha colpe, non è accettabile che venga ucciso. » « Opinione discutibile, Isabel » ribatté il cavaliere. « Esatto! » Phoenix, fino a quel momento silenzioso, intervenne: « Perdoni la franchezza, Milady, ma sono convinto che l’unica soluzione sia quella prospettata da James: dobbiamo trovare l’ospite ed eliminarlo… e farlo anche in fretta. » « Oh… finalmente un interlocutore ragionevole! » James riacquistò il sorrisino sarcastico: « e comunque… » continuò: « dell’omicidio mi posso occupare io… il problema non è quello… il casino è trovare chi uccidere: Marte può aver scelto chiunque, perfino uno di voi! Una volta trovato… come dire… il mio target… non mi aspetto significative difficoltà. » D’improvviso, cambiò espressione, come se avesse dimenticato qualcosa: « Ah, a proposito… ho detto che Marte non ha suoi cavalieri, il che è vero, ok, ma è impreciso: Marte ha due guardiani. » «Guardiani? » Pegasus chiese con aria interessata. « Sì, due… bah, non so… due tizi, suppongo in armatura, il cui unico compito è proteggere Marte prima del suo completamento, ma… ho affrontato e fatto fuori fin troppi cavalieri con le contropalle per preoccuparmi a priori di questi. » « Dei tuoi metodi discuteremo in altra sede, James. » riesordì Isabel: « Non ci hai ancora spiegato l’aspetto più importante: perché ci hai fornito queste informazioni? » « Mah… sai com’è, Isabel… io gradirei sopravvivere e… beh, sì, ho chiesto collaborazione a Buffy l’ammazzampiri, ma, al momento, lei è impegnata a proteggere la Chiave dalla Bestia… quindi… seppur a malincuore… ho dovuto ripiegare su di voi. » « Piantala, non c’è da scherzare, questo non è un telefilm o un cartone animato! » ribatté Andromeda. « Insomma, » riprese James: «Fino a sei anni fa, su questo pianeta c’erano ben tre centri di potere, Atene con voi, Asgard ed il regno di Nettuno, solo che… ehm… voi avete sterminato quasi tutti gli altri cavalieri degli altri due gruppi nonché buona parte di quelli del vostro, ragion per cui, ad occuparsi dell’affaire “Marte” disgraziatamente ci siete rimasti solo voi più qualche outsider… e, tanto per essere chiari… l’unico outsider degno di considerazione, in questo periodo, sono io! » « La modestia non ti manca, cavaliere. » rispose Lady Isabel. « Suvvia, smettiamola di prenderci per il culo! Non avreste investito milioni di dollari nel cercare di recuperarmi in giro per il mondo per impedire le mie operazioni, se io fossi stato un pesce piccolo! Per giunta… almeno ci foste riusciti! In ogni caso, la mia opinione è: o tutti noi collaboriamo, o tutti noi moriamo fra atroci sofferenze assieme al resto della popolazione terrestre. » James fissò risolutamente Isabel negli occhi: « Perdona la scarsa delicatezza, Isabel, ma esigo una risposta subito. » TASSELLI FUORI POSTO « No, no, no, no! » Pegasus guardava lo schermo con aria scocciata: « Così non va bene, così non possiamo andare avanti! » « Sarà la prima volta in cui lo dico, Peggy, » rispose James: « ma… sono d’accordo con te. » « Non riesco a continuare così, stiamo facendo ricerche in tutto il pianeta da due settimane e niente, niente, ancora niente! Non reggo quest’inattività! E tu piantala di chiamarmi “Peggy”! » « Calmati, Pegasus. » lo redarguì Crystal: « che fine ha fatto il tuo ottimismo. » « Lascia stare l’ottimismo: abbiamo verificato tutti i candidati più sensati, militari, politici, dittatori, serial killer… e nulla, vuoto spinto… non vedo motivo di tanto ottimismo! » protestò James: « L’unico risultato l’hanno ottenuto Phoenix e Andromeda in Colorado, facendo fuori Phobos, il primo guardiano, ma non sono comunque riusciti a fargli sputare il rospo su chi è l’ospite di Marte… porca puttana, ma chi cazzo sarà?!!! » James si alzò dalla postazione, sbattendo entrambi i pugni sul tavolo e continuò: « A proposito, Andromeda, ma che dove cavolo è finito tuo fratello? » « Non gli piace lavorare in gruppo, » rispose Andromeda: « lui preferisce stare da solo. » « Comunque più di così non possiamo fare, stiamo utilizzando tutte le risorse disponibili… i cavalieri d’oro sono stati allertati, Sirio è andato a consultare il suo maestro, noi passiamo le giornate qui al centro operativo a raccogliere informazioni.» rispose Crystal, subito interrotto da Pegasus: « Ma evidentemente non basta! Tutte le risorse della Fondazione, questo centro… non serve a niente… abbiamo perfino accettato di impiegare il servizio informativo che James ha messo su coi soldi guadagnati sul sangue delle vittime! » « Oh, cazzo… ci risiamo! Che palle! » James accompagnò la frase con un gesto molto esplicativo. « Basta, cavalieri. » Isabel entrò nella sala di comando del centro operativo sotto il Palazzo dei Tornei: « Tutte le volte in cui vi vedo state questionando: malgrado le nostre divergenze, questa è un’alleanza, cercate di onorarla. » « Certo, signora maestra! » ribatté James. « Non permett… » la frase di Crystal fu troncata dal boato di una violenta esplosione all’esterno dell’edificio. Un tecnico del centro irruppe in sala comando gridando terrorizzato: « Ci attaccano… un cavaliere… qua fuori, presto! » Mentre James contestava con aria annoiata: « “Ci attaccano… un cavaliere”… errore di concordanza verbale… male, malissimo! », Pegasus, Andromeda e Crystal indossavano l’armatura e si precipitavano all’esterno. Al centro delle rovine del Palazzo dei Tornei, si stagliava una figura tetra, con indosso una spessa armatura grigio-scura ed un mantello color porpora. La cicatrice sulla fronte ne identificava inequivocabilmente la natura: era il secondo guardiano di Marte. « Dunque voi siete i celebri cavalieri dello Zodiaco. » esordì lo sconosciuto: « Solamente tre… gli altri due sono in vacanza? » Pegasus reagì subito allo scherno: « Basta anche solo mezzo cavaliere dello Zodiaco per sconfiggere te! » James, rimasto tranquillamente in sala comando a guardare in video quanto accadeva fuori, disse a Lady Isabel, con aria assente: « mmhm… la metà dalla vita in giù o quella dalla vita in su? ». « Crystal, Andromeda, » continuò Pegasus: « Lasciatelo a me, ho bisogno di sgranchirmi le gambe. E tu, cavaliere, chi sei? » « Deimos è il mio nome celeste, di Marte guardiano. » « Come pensavo… bene, se un guardiano ci attacca direttamente, dobbiamo essere piuttosto vicini a Marte! » sorrise Pegasus. « La solita deduzione semplicistica! » osservò James, con l’abituale sorrisetto saputello, mentre Isabel rispondeva stizzita: « Piantala, James! » « Niente di più sbagliato, Pegasus! » rispose il guardiano, « Non avete neanche la più pallida idea su chi sia Marte… tuttavia… trovo inutile attendere un vostro attacco e molto più interessante eliminarvi subito io stesso. » « Naturalmente, cavaliere…» rispose Pegasus: « come il tuo collega, no?! Alza le tue difese piuttosto, ne avrai bisogno. » Pegasus iniziò l’abituale procedura, descrivendo in aria la posizione delle sue tredici stelle ed infine scagliando il suo colpo segreto: « Fulmine di Pegasus. » « Divertente! » ribatté Deimos, immobile, in apparenza neppure sfiorato dal fulmine: « Proprio, divertente! Questo è il celebre fulmine di Pegasus! » Pegasus, molto meravigliato per la totale inefficacia dell’attacco, ritentò, ma sempre senza successo: Deimos non si curava né di evitare né di bloccare il fulmine, che, ad ogni tentativo, non riusciva neppure a scalfire la sua corazza: « Ebbene, » disse: « L’attacco è ridicolo: vediamo se le difese sono altrettanto scarse. » Il cavaliere cominciò ad espandere il suo cosmo, un cosmo violento e spietato, la cui soffocante aura invadeva l’intera arena. Ritrasse il pugno destro dietro la schiena, pronto a colpire e si scagliò contro Pegasus, urlando: « Muori, Pegasus… “trombe di guerra”! » Pegasus parò il pugno dell’avversario, che, un istante dopo, si trovava già alle sua spalle, e disse: « Tutto qui il tuo grande attacco, caval… » Ma non riuscì ad ultimare la frase: all’improvviso avvertì un tremendo dolore al polpaccio destro, proprio dove Joria un tempo l’aveva colpito spezzandogli la gamba. Pegasus lanciò un urlo di sofferenza e si accorse che la gamba era nuovamente spezzata, come, un istante dopo si riformarono e si riaprirono anche le ferite del combattimento contro Sirio alla Guerra Galattica, quelle infertagli da Lemuri, da Tisifone, da Pegasus Nero,…: tutte le ferite che, in qualche battaglia passata Pegasus aveva subito, ferite ormai guarite, dimenticate, in un istante ricomparvero, laceranti più di un tempo. Pegasus si accasciò al suolo, di petto, tremante per la sofferenza e sanguinante. « Pegasus! » urlarono inorriditi Andromeda e Crystal, come anche Lady Isabel all’interno della sala comando, mentre James si limitò ad un’occhiata incuriosita, quasi infantile: « uh, uh… tecnica interessante… beh, non c’è che dire… proprio un’idea carina! » e concluse con un “oohhh…” degno di Majimbù. « Maledetto, che cosa gli hai fatto?! » gridò Andromeda, mentre Crystal già si scagliava a vendicare l’amico: « Polvere di diamanti! » Ma anche l’attacco del Cigno fu inutile: Deimos lo evitò agilmente, travolgendo anche Crystal con le trombe di guerra. Andromeda fissava attonito i due amici, vinti, stesi a terra, ormai inermi: scorgeva la chiazza rossa attorno al corpo di Pegasus, ogni istante più ampia, e vedeva Crystal riassumere di colpo il pallore cadaverico mostrato alla settima casa e sanguinare per tutte le dodici punture di cuspide scarlatta. « Isabel, » esordì James all’improvviso: « vuoi ch’io salvi loro la pelle? » « Che cosa… cavaliere, puoi farlo? Presto, che aspetti, hanno bisogno di aiuto! » « Beh… vediamo un po’… » James pensava ad alta voce: « operazione standard, una sola vittima, difficoltà stimata medio-bassa, complicazioni specifiche assenti… sono 8000 dollari, Isabel, metà anticipata, metà ad operazione compiuta. » « Che cosa?… tu… tu vuoi… vuoi essere pagato? ma che…» « Beh… l’accordo di collaborazione non prevedeva eccezioni al mio listino prezzi! Il conto su cui versarlo è K8876 della SwissBank. » « Ma… non è ammissibile… James, non puoi…» Lady Isabel era sbalordita dal cinismo del cavaliere; tuttavia, in breve, accettò le sue condizioni (versando i primi 4000 dollari via transazione bancaria). Si rese conto di non essersi mai trovata in una situazione simile: due settimane di ricerche inutili, due cavalieri a lei così cari quasi moribondi, lei stessa costretta dalle circostanze a svendere la lotta per la giustizia ad un mercenario presuntuoso… ma che accadeva?… Lady Isabel non sapeva spiegarselo, sapeva solo che quell’inquietudine, quell’alone di minaccia che avvertiva da mesi non l’avevano abbandonata e, mai più che in quel momento, se ne sentiva soffocare: « Non può essere… non può… c’è… c’è qualcosa di sbagliato… sì… qualcosa di sbagliato in tutto ciò…» In James, al contrario, non traspariva alcun apparente turbamento: Lady Isabel non comprendeva come potesse accingersi così rilassato al combattimento con un nemico quale Deimos, un nemico che aveva dimostrato considerevole valore guerriero, quasi uccidendo sia Pegasus sia Crystal. James no: lui indossò con calma l’armatura ed uscì dalla sala comando al grido di “ciao, ciao, Isabel… ci vediamo fra cinque minuti”. Irruppe nell’arena con la solita espressione saccente: « Ok, bambini, la ricreazione è finita, il maestro deve cominciare la lezione! » « E tu chi sei? » Deimos non gradì l’ingerenza esterna. « Attento, è un nemico pericoloso! » Andromeda avvertì James, che però rispose, sempre sorridente: « Tranquillo, lascia fare…» Poi, rivolto a Deimos: « James di Asgard, J per gli amici, ma tu puoi continuare a chiamarmi James. » « Impudente! » « Io preferisco dire “simpaticamente ironico”. » « Pagherai con la vita la tua “simpatica ironia”, damerino! » « uh… che paura… certo che voi guardiani di Marte siete facili da sfottere! » « Ora vedrai! » Deimos si lanciò contro James: « Trombe di guerra! » James parò il pugno con la mano destra, il che lasciò stupefatto Andromeda. Deimos, al contrario, iniziò a ridacchiare sadicamente: « eh, eh, eh, eh… pensi di averlo fermato, ma non sai che ti aspetta… ora tutte le tue ferite si riapriranno e tu morirai dissanguato. » « Sei patetico! » fu la risposta di James. Deimos indietreggiò di alcuni passi e sbarrò gli occhi: « Ma no… non è possibile… no… perché le tue ferite… perché non si sono riaperte… le trombe di guerre… non… non capisco…» « Sì, sei proprio patetico… eh, eh, eh… non c’è nulla da capire, tranne…» James squadrò Deimos da capo a piedi e sorrise, il solito sorrisetto che Pegasus non sopportava: « tranne il fatto che io non ho ferite di battaglia da riaprire. » « Non può essere! Tutti i cavalieri si sono feriti in qualche occasione… combattendo, addestrandosi… mai chi sei tu?! » Andromeda si poneva questa domanda ormai da tempo: Pegasus e gli altri probabilmente non se n’erano accorti, Pegasus vedeva in James un irritante avversario e nulla più, mentre gli altri ne tolleravano la presenza solo perché costretti dalle circostanze, ma Andromeda aveva avvertito in lui qualcosa di equivoco e di dissonante. Chi era quel cavaliere del Nord, che non aveva mai fatto il cavaliere del Nord? Perché non aveva quasi mai vissuto ad Asgard? Chi era stato il suo maestro, dove si era addestrato, come aveva conquistato l’armatura del Triangolo Boreale?… tutte domande senza una risposta, domande che James aveva sempre eluso, definendole “sciocche ed inconsistenti”. Anche su suggerimento di Milady, Andromeda aveva fatto qualche ricerca, ma con risultati deludenti: soltanto il sito in cui, sotto copertura, James contattava i “clienti” – lui li chiamava così e poi quella bizzarra leggenda secondo cui il cavaliere del Triangolo Boreale non può essere sconfitto. Né Andromeda né Isabel avevano dato peso ad una voce così assurda, ma ora… ora scoprivano che James non aveva mai subito una ferita… ora il mosaico aveva troppi tasselli fuori posto. « No, non mi sono mai ferito… sai com’é… nessuno è mai riuscito a ferirmi e… francamente… temo che tu non sarai un’eccezione…» e, ancora con l’atteggiamento da scolaretto saccente: « Io sono il tuo incubo peggiore! » Il volto di James si fece serio e sicuro, mentre espandeva il suo cosmo. Pegasus e Crystal erano ormai privi di conoscenza, quindi non ne avvertirono il potere, ma Andromeda e Lady Isabel sì: era un cosmo ampio, potente, pari, se non superiore, al cosmo dei cavalieri d’oro, ma così ambiguo. Andromeda non riuscì a percepire malvagità in esso, non aveva la furia distruttrice di Gemini o di Hilda né la subdola pervesione di Canon, ma non c’era neppure nulla di buono; era come se James non appartenesse né alle forze oscure né alla giustizia, come se lui fosse “cosa altra” rispetto al bene e al male. Affermando: « Cominciamo con un po’ di stretching. » attaccò Deimos: veloce, spregiudicato, aveva, senza dubbio, pieno possesso del settimo senso e ne faceva uso sapiente. « Pulito, preciso, tecnicamente ineccepibile. » pensò Andromeda: « ma così gelido, e assieme così apparentemente eccitato dalla lotta… chi è costui?! » Gli attacchi di James avevano facilmente superato le difese di Deimos. « Uno, due, tre, Freddy vien da te…» James ostentava puro piacere nell’affondare i colpi: « Non sai fare niente di meglio, eh?! Non valeva neppure la pena di indossare l’armatura… beh, però, in fondo, mi dona… mi fa più spesso… eh, eh, eh… Adesso però basta giocare. » stavolta era il suo sorriso ad essere sadico. Mise la mano sinistra davanti al petto, come in posizione di meditazione, mentre la destra era sollevata di fronte alla spalla, il dito indice alzato, le altre socchiuse: « Tre sono le stelle del Triangolo del Nord, tre i colpi concessi al suo cavaliere. Sarà la prima ad ucciderti… » una luce scarlatta brillava sempre più intensa fra le mani del cavaliere: « … la prima, sì, ma l’ultima per te… la luce rossa, la luce del sangue, la luce che uccide fra atroci spasimi e che per questo ricevette nella notte dei tempi il nome di “luce del dolore”… sì… di lei perirai… eh, eh, eh… addio, bello…» Fissando l’avversario dritto negli occhi: « Vai e uccidi, luce del dolore! » Un bagliore rosso fuoco emanò dall’indice destro di James, verso i lati e verso Deimos, che ne fu travolto. Andromeda vide le vene di Deimos gonfiarsi e deformarsi orribilmente come se il sangue in esse ribollisse, come se fosse denso e vivo, finché i capillari più deboli non iniziarono a rompersi, e dopo di loro i vasi secondari e poi i più grossi… finché… Andromeda non poteva credere ai suoi occhi… finché tutte le vene di Deimos non scoppiarono, dilaniando il suo corpo in un terribile grido di sofferenza. LAMPIONI « Almeno in macchina non fumare! » protestò Andromeda. « Dai, lascia stare! C’è il condizionatore e, se non fumo, rincoglionisco! » rispose James: « Guarda in che razza di casino siamo! » « Troveremo qualcosa, calmati! » « Sai… in realtà invidio molto questo tuo atteggiamento positivo… in non ne sono capace… cavolo… Pegasus in clinica appena convalescente, Crystal in coma, Phoenix desaparecido e Sirio… bah… Sirio non ho ancora capito che cazzo stia facendo ai cinque picchi… aggiungi il fatto che abbiamo buttato più di venti giorni della nostra esistenza davanti a quei fottuti monitor senza trovare neanche un indizio… cazzo, veramente non capisco come riesci ad essere ottimista, Andy! » « Non ci vuole molto: è soltanto l’unica cosa che posso fare. Quello che non capisco io è come ho fatto a lasciarmi convincere da te a fare un giro in macchina stasera. » Dopo giorni di collaborazione quotidiana fianco a fianco, Andromeda e James avevano inevitabilmente acquisito una certa confidenza reciproca, per quanto Andromeda ancora non riuscisse a nutrire piena fiducia nel “collega”: « Scusa, perché siamo entrati in autostrada? » « Bah… ho voglia di guidare un po’… mi rilassa… » così dicendo, passò il telepass e la rampa di accesso e schiacciò a fondo l’acceleratore della Porsche. « James, che stai facendo…? Sei già a 180… » « Dai… quando combatti rasenti c… e ti infastidisce un po’ di autostrada seria?! » forse era colpa dello stress, ma James aveva un’aria stranamente bonaria e rilassata: Andromeda tacque un istante, pensando che forse quella era la prima battuta nonsarcastica che gli sentiva dire. « Non è la velocità, scemo! È che sono a pezzi: ci manca la stradale, stasera! E poi che senso ha? Solo per correre… piantala…» « Non ti piacerà quello che sto per dire, ma… francamente, non ricordo nessun poliziotto che abbia cercato di farmi una multa e che sia sopravvissuto a questa sua intenzione. » « Ti prego… almeno evitami queste uscite… te l’ho detto: sono a pezzi… stasera non c’ho voglia di questionare… basta, J… » My tea's gone cold, I'm wondering why I got out of bed at all « Uh, aspetta… zitto, zitto… è troppo carina ‘sta canzone! » the morning rain clouds up my window and I can't see at all And even if I could it'd all be grey, but your picture on my wall « No, Eminem, no… non lo sopporto! » « È un coglione omofobico, ok, ma la canzone è bella… è tanto triste… e dolce…» e stavolta non c’era davvero sarcasmo, niente cattiveria, niente cinismo, Andromeda se ne accorse subito: si accorse di quella malinconia negli occhi di James, non la comprese, ma la vide…, It probably was a problem at the post office or somethin' Sometimes I scribble addresses too sloppy when I jot 'em But anyways, fuck it, what's been up man, how's your daughter? My girlfriend's pregnant too, I'm out to be a father vide la desolazione e la solitudine in quello sguardo fisso lungo il rettilineo vuoto e monotono, scuro nella notte e a tratti giallognolo sotto i lampioni, vide le labbra, I read about your uncle Ronnie too, I'm sorry I had a friend kill himself over some bitch who didn't want him. I know you probably hear this everyday, but I'm your biggest fan. quelle labbra sottili, le vide, stavolta senza sorrisini, muoversi seguendo il testo in silenzio, quasi a non perturbare quell’istante, quasi a Dear Slim, you still ain't called or wrote, I hope you have the chance. I ain't mad, I just think it's fucked up you don't answer fans. If you didn't want to talk to me outside your concert You didn't have to a proteggere quella tenerezza… sì… Andromeda pensò “tenerezza” e, per una momento, non riuscì a disprezzare James. Per un attimo si fidò di lui e non capì perché, né capì che stesse succedendo, che cosa ci facessero quella “dolcezza” e quella “tristezza” stampate su quel viso. « Certo che sei strano, J…» So this is my cassette I'm sending you. I hope you hear it. I'm in the car right now. I'm doing 90 on the freeway. Hey Slim, "I drank a fifth of vodka, ya dare me to drive?" You know that song by Phil Collins from "The Air In The Night"? James reclinò lievemente il capo verso sinistra e scoppiò a ridere, una risata aperta ed istintiva, senza le consuete ironie o sofisticazioni… ed Andromeda con lui… « Andy, senti… io un’idea per stasera ce l’avrei… » « Devo cominciare a preoccuparmi? » « Beh… dipende… » VIENI, PICCINO Malgrado Andromeda, un quarto d’ora più tardi, la Porsche era già posteggiata con l’antifurto inserito e i due cavalieri entravano in un vecchio capannone che, di giorno, James avrebbe apostrofato come “squallido fienile”, ma che ora luccicava psichedelico, suggerendogli subito un “Dai, buttiamoci nella mischia!”. « Calma… io odio questi posti. » Ostentando una disinvoltura degna di Fonzie, James si diresse convinto verso quello che poteva sembrare un bancone improvvisato, per rifornirsi di tecquila bumbum e non solo… Per Andromeda era così innaturale scatenarsi, “lasciarsi andare”, come sosteneva il compagno; continuava a non comprendere, ma dopo il James-killer e dopo quell’inspiegabile James-tenero in macchina, ora aveva davanti il Jamesdiscotecaro. Per un attimo gli sembrarono tre versioni diverse della Barbie, e scoppiò a sghignazzare su quell’idea stupida pensando “accidenti, come mi vengono in mente queste cretinate? Non ho neanche bevuto nulla!” Trascorsi solo dieci minuti, Andromeda era già stato trascinato in pista da James, che strillava « Do you know? What it feels like for a girl? », dimenandosi su un remix duro del pezzo di Madonna, in perfetta sincronia con le luci stroboscopiche: le braccia si agitavano su e giù, un istante illuminate dai lampeggianti azzurro-ghiaccio, l’istante dopo invisibili nel buio, poi di nuovo in luce, grigio-metallico, poi ancora ombra. « Do you know? What it feels like in this world?… già, Andy… come ci si sente in questo mondo…» Per un attimo Andromeda vide di nuovo quella malinconia dipinta sui lineamenti di James, forse solo un secondo: « Lascia perdere, Andy… le mie solite minchiate…» quasi correggendosi e riacquistando l’espressione ubriaca e festaiola: « Vuoi una? » aggiunse poi, offrendo al compagno una pasticca azzurrina, grossa poco meno di un’Aspirina effervescente. « Ma sei impazzito! » la reazione non fu entusiasta. « Ah… voi bravi ragazzi… mi sono fatto dosi di cocaina che avrebbero ucciso un cavallo… io non ci rimetto niente… ho la pelle dura io…» e butto giù la pasticca sua e quella rifiutata da Andromeda con un sorso di birra ricominciando a dimenarsi scoordinato e sussurrando qualcosa nell’orecchio di una biondina sconosciuta, che reagì con una risata isterica e calata. « Non ci capisco più niente! » si ripeteva Andromeda, quando, ad un tratto, James sbarrò gli occhi, mentre la lingua della biondina già stava sfiorando sensuale il suo orecchino, si staccò dalla sconosciuta, roteando alcune volte su se stesso con le braccia spalancate come un mulino a vento, per poi crollare a terra. « Gira, gira… è legato e gira… la ruota è verticale… o forse no… ma gira, sì, gira e la luce… da dove viene? Ma, sì, certo… penetra fra i raggi delle ruote… ma da dove viene… sono flash…, flash di luce azzurra… ma chi c’è legato… chi… chi è legato a quella fottuta ruota… che sia lui… chi è…? » « E questi… ‘azzo succede?… che c’è qua sopra… scarafaggi… sì… scarafaggi, formiche, insetti d’ogni specie… che ci fanno qui… che cosa vogliono… basta smettetela… ma da dove vengono… dall’alto, sì… smettetela di cadere… smettetela… io lo ordino… io sono James di Asgard e ve lo ordino! » James udì la sua voce rimbombare e vide gli insetti smettere di cadere, ma brulicare ai suoi piedi, venire verso di lui: « State lontani, io ve lo ordino! Perché non mi ubbidite? Come osate! Voi non immaginate neanche chi sono io, che cosa sono io! Io sono il custode! » James urlò: « State lontani! Ma no, no… non mi ubbidiscono, perché non mi ubbidiscono… » singhiozzava terrorizzato: « …andate via…, no, no… via, via…» Li sentiva camminare su di sé, con tutte le loro piccole, sottili zampette sulla sua pelle, li sentiva insinuarsi fra i vestiti, cercare di entrargli in bocca, nel naso, nelle orecchie… soffocarlo… « Vieni, piccino, bimbo piccino, vieni, vieni al tuo triste destino… » Ma chi stava cantando? « Vieni, piccino, bimbo piccino, vieni, vieni al tuo triste destino… Vieni, piccino, bimbo piccino, vieni, vieni al tuo triste destino… » « Di chi è questa voce? Chi sei? » urlò James, con la voce soffocata dagli scarafaggi che gli penetravano in gola. « Vieni, piccino, bimbo piccino, vieni, vieni al tuo triste destino… » Isabel spuntò dal retro della ruota, col viso illuminato a tratti da quei flash azzurri e quel corpo… sì, quel corpo così sexy e quelle labbra… quelle labbra scarlatte… « Che fai, Isabel? Aiutami! E chi è lui… gira, Isabel… perché gira, Isabel?… chi è?… e tu? » Isabel avanzava verso di lui, con la mano diafana che si sfiorava i fianchi ed i seni… e quelle labbra…: « Vieni, piccino, bimbo piccino, vieni, vieni al tuo triste destino… »… sì, quelle labbra, di uno scarlatto così intenso… con l’indice ne lambiva appena il profilo… « Vieni, piccino, bimbo piccino, vieni, vieni al tuo triste destino… » e da quelle labbra… con quel rossetto… sì… quel rossetto… James vedeva uscire… o no… era orribile… altri insetti… altri scarafaggi… « Isabel, perché?… che succede?… aiutami!!! » « Vieni, piccino, bimbo piccino, vieni, vieni al tuo triste destino… » Isabel ripeteva impassibile e meccanica la cantilena, mentre lui non riusciva più a respirare, sentiva insetti infilarsi giù per la trachea… ne vomitava… vomitava insetti… ma altri riuscivano a entrare… ed altri ancora… « Isabel… aiuto… » ripeteva con un filo di voce: « chi è?… gira…gira… e quelle labbra… chi è?… dimmelo… è lui?… Isabel…» « Stia tranquillo, il suo amico è rinvenuto. » James riusciva a malapena a distinguere i suoni, aveva gli occhi socchiusi, non capiva dove fosse. « J… J, mi riconosci, sono io, sono Andromeda…» « Andromeda, ma che… che cazzo…» rispose con voce flebile. « Zitto, non sforzarti di parlare, siamo sull’ambulanza, fra poco saremo alla clinica della Fondazione. » « Ma io… io non… » « Ho detto “zitto”: sei stato senza conoscenza per più di un’ora, se non fossi un cavaliere, non ce l’avresti fatta. Hai rischiato la pelle! » « Ma io, Andy… l’ho visto… l’ho quasi visto… ma chi era… il suo volto… perché mi avete… svegliato… c’ero quasi… quasi…» James perse di nuovo i sensi. QUELLO CHE NON HO MAI DETTO « J, no, non se ne parla neanche! Ma guardati: non stai quasi in piedi! » « Ti ho detto di stare tranquillo, Andromeda… ho la pelle dura, io… devo rifarlo: è l’unico modo… se quei… » « Troveremo un altro modo: ora abbiamo indizi. » James ignorò la risposta di Andromeda: «… se quei coglioni dell’ambulanza non mi avessero svegliato… cazzo, c’ero, c’ero… era Marte, ne sono certo, e io quasi lo vedevo… ancora pochi minuti e lo vedevo… lì… su quella cazzo di ruota! » « Ancora pochi minuti ed eri morto! » « Ma lascia stare… ci vuole ben altro per farmi fuori! » James sollevò la giacca dalla sedia dove qualcuno l’aveva appoggiata mentre lui era privo di sensi e cominciò a frugare nelle tasche. « Che stai cercando?! No, James, no! » « Ah, bene, sono ancora qui… eccellente… confidavo che in questa clinica non fossero così svegli da controllare se un paziente ricoverato per eccesso di stupefacenti avesse altri stupefacenti con sé. » disse, pescando dalla tasca sinistra altre tre pasticche blu-violacee (alla luce del neon, lontane dai riflettori stroboscopici, non sembravano più azzurrine come prima): « Sai com’è… quando faccio acquisti di questo tipo… ho l’abitudine di fare la scorta. » « Dammi quella roba! » « Ma di che ti preoccupi: io faccio questo tentativo ed i medici mi tengono sotto osservazione… in pratica, non corro alcun rischio. » Ad un tratto Andromeda capì: « Aspetta un attimo… non è una questione di rischio… no… non sei affatto convinto di uscirne indenne… non sei così stupido… è che non te ne importa nulla… anche se ci resti, non te ne frega niente. » La sicurezza scomparve dal viso di James: « Ma non dire cazzate! » « No, no… adesso basta… adesso basta giochetti… non sono uno sciocco, J… che c’è, si può sapere…» Andromeda si decise ad affrontare l’argomento che lo tormentava: « … stavolta non mi scappi… nei tuoi occhi… sì, nei tuoi, ragazzo… ed è inutile quell’espressione da sfottò… ho visto nei tuoi occhi la crudeltà più pura che mi fosse mai capitata davanti e, un minuto dopo,… tanta tristezza… e poi lo sballo… da che cosa stai scappando, J?… e, cavolo, la storia delle ferite… mai una ferita in battaglia… e non venire a dire pure a me che “nessuno ci è mai riuscito”… via… non è neanche realistico… che c’è dietro, J? » « Senti, Andy, se avessi voluto parlare in pubblico dei miei affari privati mi sarei rivolto ad un talk-show, alla Bignardi, non ai cavalieri dello Zodiaco. » « Sviare con battute ora non funge, … rispondi! » « Rispondere… eh…» il viso di James si fece scuro e, mordicchiandosi il labbro inferiore: « … rispondere… come se ci fosse qualcosa da dire… qualcosa da discutere…» La malinconia che tanto colpì Andromeda era ricomparsa, ora più cupa e amara. « No…, no, Andy… non c’è niente da dire…» James era in piedi, di fronte alla finestra in legno bianco della stanza, con alle spalle Andromeda, sempre più inquieto e preoccupato. « James… ma tu chi sei? Parla, accidenti, posso capire! » James si voltò di scattò, gli occhi invasi di ira: « Puoi capire?!!! Tu puoi capire…?!!! Che cosa puoi capire?!!! » « James, ma che… » « Puoi capire un bambino di quattro anni che si sveglia nel cuore della notte perché un pedofilo psicopatico ha stuprato e sgozzato un dodicenne ad Atlantic City? » James avanzava furibondo verso Andromeda: « Puoi capire quel bambino, quel fottuto marmocchio che, lì, sveglio nel suo lettino, prova tutto quell’orgasmo, tutta l’eccitazione e, porca puttana, gli piace?!!! » « Che cosa?… ma… che vuol…» James non lo ascoltò, proseguendo la frase: «… no, Andy, non puoi capirlo, bello… nessuno può capirlo… nessuno può capire che vuol dire essere me… come ci si sente ad essere me… » « Ma che stai dicendo, J? » « Io sono il custode, Andy… » continuando ad ansimare, si fermò a metà stanza: per un istante si udì solo il suo respiro concitato. Poi James appoggiò le mani al tavolo di fronte al letto e reclinò la testa fra le spalle: «… il custode, sì… il custode delle porte oscure…» « Che… porte osc…» « Le porte oscure racchiudono tutta la malvagità umana, Andy… » James rimase fermo e continuò, nuovamente ignorando l’interruzione di Andromeda: « … tutta la cattiveria, la violenza, tutta la fottuta ferocia che gli esseri umani hanno saputo generare nella loro vita, in tutte le loro vite, in tutta la storia umana, finisce lì… ci si accumula… le porte oscure ne sono l’accesso… ed il sigillo… e, vedi Andy… il cavaliere del Triangolo del Nord ne è… ne è il custode… sì… il custode delle porte oscure… custode e… » la voce di James si fece tetra e disperata: «… custode e testimone. » « Testimone?…» Andromeda era incredulo. « … sì, testimone… testimone, ed osservatore… quando uno scippatore frega il portafoglio ad un passante, io lo vedo, io sono lui, quando ci sono guerre civili… tutte le urla… le fottuta urla, di dolore, di disperazione, di incitamento… tutte rimbombano nella mia testa… quando un cavaliere… anche tu, Andy, quando un cavaliere combatte e sente il cosmo e l’adrenalina… io lo sento… » « Ma è assurdo! » « Vuoi una prova, Andy?… pensaci… pensa a quando hai conquistato l’armatura e hai douto combattere per averla… contro, aspetta… sì… Reda… non volevi combattere, no… ma poi hai ceduto… ed hai sentito la tua forza, tutta la tua forza e l’hai usata… sapendo che potevi fargli male… ma comunque l’hai fatto… puoi dirmi che eri costretto, che se non l’avessi fatto, lui ti avrebbe ammazzato, che c’era di mezzo la promessa con Phoenix… ma io lo sento anche adesso quel furore… l’hai provato solo per un secondo, forse meno… ma, quando hai colpito, hai odiato Reda… con tutto te stesso… ti sei ripreso subito dopo… ma in quel secondo… » James levò il capo; gli occhi di Andromeda incrociarono i suoi e videro se stessi: Andromeda vide in James se stesso in quel lontano giorno: « No, non può essere…» James voltò il busto di mezzo giro, appoggiandosi al bordo del tavolo con le natiche ed incrociando i piedi: « Sai, Andy… io non ho mai voluto fare il cavaliere. Ero un principe di Asgard, ok, ma comunque una specie di mezzo-sangue, mia madre è la zia di Hilda a Flare, ma mio padre è inglese… con ciò, io non sono cresciuto a palazzo, ma a Londra, ma… cazzo… in fondo ho sempre saputo che cos’ero… vedevo ciò che nessuno vedeva… provavo sensazioni che nessun bambino provava… che nessun bambino dovrebbe provare. » Nuovamente di scattò si girò verso Andromeda: « Sai… l’armatura me l’han data quando avevo sette anni… sì… sette… lascia stare quell’aria incredula… eravamo a scuola ed un marmocchio di uno, forse due, anni più grande mi stava sfottendo, voleva picchiarmi… sai, quelle stronzate da bulletti… e ci provò a picchiarmi… solo che… è buffo no… » un sorriso amaro si stampò sulle sue labbra: «… lui cercava di darmi pugni, ma… io lo vedevo come rallentare… sempre più piano… era una cosa stranissima, era come guardarlo in rallenty sul videoregistratore, fotogramma dopo fotogramma… sempre più lento… sempre più lento… e quindi lo evitavo, evitavo i suoi pugni… non capivo perché lui fosse così lento, ma lo evitavo… una parte di me sapeva di poterlo evitare… e sapeva anche di poter colpire, di poter reagire… » James tacque alcuni secondi; poi: «… e reagii… gli diedi una specie di manata… nulla di significativo, almeno così sembrava a me… solo che la manata lo spinse indietro in un volo di undici metri… e che 3 metri dietro di lui c’era un piccolo pendio artificiale che faceva da muraglione destro per una strada… il suo corpo attraversò la siepe e la recinzione come se fossero burro e cascò giù… non era lui a rallentare, ma io più veloce, sempre di più… era il settimo senso, Andy… così… e chi l’aveva mai chiesto? chi l’aveva mai voluto? chi si era mai addestrato?… eh… vidi il suo cadavere fatto a pezzi da una Golf che stava passando e che finì fuori strada… lo vidi… e non provai rimorso… me ne stupii… ma rimasi indifferente. Sai… ne sono sempre rimasto meravigliato, ma io sono incapace di provare rimorso o pietà… non so perché… ma non ci sono mai riuscito, né in quell’occasione, né più avanti… né rimorso né pietà… solo tanta desolazione, tanto squallore… quelli sì… ma rimorsi e pietà, mai… Ah, beh, poi la storia del bambino fu facilmente messa a tacere… sai com’è: il rampollo di Asgard diventava promettente ed andava tutelato. Ad Asgard se la diedero subito dell’esplosione cosmica che c’era stata a Londra, era inequivocabile. » Andromeda ascoltava ammutolito. « Ebbi un’immediata… eh… vacanza premio a palazzo e… ottenni l’armatura… sai, Andy, io non la volevo… non ho mai subito un addestramento… niente di simile… tutto era già dato sin dall’inizio… ed io che ho sempre e solo voluto essere un bambino normale, un ragazzo normale… e invece no… invece io, proprio io, sono il cavaliere più potente… eh, sì, perché è questo il compito del custode… ogni custode è più forte dei precedenti perché ciò che custodisce è sempre più grosso… la crudeltà umana si accumula, si accumula e così, la nostra forza, il nostro cosmo… è per questo che nessuno mi ha mai ferito: veramente, nessuno ci è mai riuscito… ed io questo non l’ho mai neppure desiderato. Sai che vuol dire, Andy, sentirsi sempre fuori, vedere sempre gli altri diversi da sé, ed assieme conoscere i loro segreti più oscuri, esserne spettatore, sapere che loro non immaginano neppure quello che sei, e se lo immaginassero neanche lo capirebbero… hai un’idea del senso di solitudine… questa è la mia vita, Andy… Beh, non tutta: sai, com’è… arrivato a 14 anni, decisi di ribaltare la storia, decisi che volevo anch’io guadagnarci qualcosa. Di fare il cavaliere serio ad Asgard mi ero sempre rifiutato… ma scherziamo: io odiavo essere un cavaliere, ed anche essere il custode… figuriamoci fare il cavaliere di mestiere… beh… decisi di fare il killer… sì, il giovane James di Asgard si organizzò e fondò una fiorente attività… » sorrise: « … avevo deciso che, se dovevo passare la vita senza essere nulla di ciò che avevo desiderato, disprezzando l’umanità ed osservandone, mio malgrado morbosamente, i lati più neri… beh, almeno dovevano pagarmi… » Infine, con la medesima malinconia che Andromeda scorse in macchina: « … vedi, Andy, ora sai tutto, questo è quello che non ho mai detto a nessuno… contento, ora? » ma non c’era più sarcasmo: tutte le difese mentali di James si erano abbassate, Andromeda distingueva solo una sconfinata solitudine. In quel momento, Pegasus, anch’egli ricoverato nella clinica della Fondazione, in convalescenza dopo lo scontro con Deimos, irruppe nella stanza: « Che succede? Andromeda, James, siete voi! Un’infermiera mi ha detto che un altro cavaliere era ricoverato qui oltre a me e Crystal: che è successo? » « Niente, Peggy, tranquillo… niente di importante… il bello deve ancora venire…» James allungò il braccio verso una lattina di Coca Cola che Andromeda aveva lasciato sul tavolo e la bevve inghiottendo le tre pasticche blu-violacee: « È un bel salto, P.,… dovresti farlo anche tu…» INSIEMI COMPATTI « Sveglia! Phoenix, svegliati! » La voce irritata di Esmeralda rimbombava nella camera da letto: « Svegliati o arriverai tardi in ufficio! Su, muovi il culo! » « Eh?… che cosa?… quale ufficio?… » Phoenix, mezzo addormentato, non capiva che succedesse: « Esmeralda… tu…» « Dai, svelto! » Pochi minuti dopo Phoenix era già in piedi, aggrappato ad una maniglia in un vagone della linea gialla, come tutte le mattine. Tutto era così naturale, il treno, la colazione, la sveglia, Esmeralda,… Phoenix non capiva perché si sentisse così disorientato… era tutto normale, tutto come sempre… però… però la metropolitana… forse… forse c’era qualcosa che non andava… sì, c’era tanta gente, come al solito,… mai un posto a sedere, cavolo!… ma la luce… forse… ma no, è tutto a posto!… eppure la luce… sì, la luce era strana… così rossa, così accesa, così cupa… la luce dei neon dentro il vagone… fuori nulla… fuori buio… solo buio… e la stazione… non c’era una stazione lì?… il treno non correva senza rallentare da troppo tempo?… ma no, era tutto ok!… non c’era mai stata una stazione lì… sì, sì, quel tratto era bello lungo… sì, era così… doveva essere così!… ma la luce?… no, tutto ok… i neon nei vagoni erano sempre così… perché mai avrebbero dovuto essere diversi?… perché tante domande?… presto Phoenix sarebbe arrivato in ufficio, avrebbe sbrigato tutte le pratiche, sarebbe stato un sano e onesto lavoratore, stasera sarebbe tornato a casa da Esmeralda, tutto a posto… tutto come sempre… perché tante domande?… « Ciao, cavaliere… » Le dita di una mano lambirono delicatamente il suo collo: « … ciao, sono io,… Isabel…». Phoenix scostò istintivamente il collo, ma la mano lo trattenne: « Ma che cosa? Chi è lei? Che succede? » « Come, cavaliere? Non mi riconosci? Sono Isabel? » La mano della donna lo costringeva a girarsi su se stesso: la vedeva in volto, bella, sensuale, e poi… e poi quelle labbra… così rosse, così scarlatte… « Chi è lei? Io non la conosco? E poi… cavaliere?… che dice, signorina?…» « Su… piccino… stai tranquillo… c’è qui la tua Isabel… » entrambe le mani della donna sfioravano il suo collo ed il suo volto, calde, sensuali, forti. Phoenix tentava di divincolarsi, ma le mani, quelle mani lo trattenevano… forti, più forti di lui… così eccitanti… Lui voleva fuggire, liberarsi da quelle mani… o forse no… o forse voleva restare lì… e la gente… la gente intorno… c’era ancora?… chi c’era intorno? che cosa c’era intorno?… “bella!” pensava Phoenix: “i capelli… chiari, lisci… i seni… le labbra… le labbra…” C’era qualcosa di familiare in quella donna, ma che cosa?… che cosa?! « Tranquillo, Phoenix… presto saprai tutto… vedrai tutto… ti mostrerò io tutto quanto… tutto quello che vuoi sapere… e poi… » « Che cosa?… Saprò… vedrò… che cosa saprò?… ma io… che succede?… è così rosso… tutto così rosso… la luce… ma che cosa?… le labbra… » Phoenix non udiva più la propria voce: stava parlando? stava solo pensando fra sè? «… le labbra… no, non posso baciarla… eppure… quelle labbra… » La donna reclinava il capo e gli si avvicinava, ancora e ancora: le labbra erano vicine, sempre più vicine… Phoenix le voleva, le voleva come non aveva mai voluto nient’altro… eppure… quel rosso… così rosso… e la luce… tutto così rosso… così scarlatto… come il sangue… come la morte… « Aspetta, Isabel! Una funzione continua trasforma insiemi compatti in insiemi compatti! » Kiki, sì, era Kiki! Phoenix si accorse di Kiki in piedi accanto a lui: « Non baciarlo subito, Isabel, giochiamo ancora un po’ con lui » Kiki sorrideva, un sorriso teso, inespressivo, i muscoli del volto contratti, le gengive sanguinanti, rosse… rosse… « Phoenix, Phoenix, svegliati! » Il cavaliere udì una voce familiare. Lentamente si ridestava dal torpore, un torpore lungo, plumbeo: “Dove sono?” Ma che cosa?… Ma questa è…” Le colonne, le statue orientali, la stanza: Phoenix riconosceva scorci della sesta casa. « Ho dovuto restituirti tutti i sensi, stavi perdendo molto sangue! » « Virgo, tu?… » « Non ricordi, Phoenix? Mi hai chiesto tu di ridurti a larva, di privarti di tutti i sensi tranne il settimo, per poter espandere il tuo cosmo ai limiti estremi, per cercare di scoprire chi fosse Marte, ma, ad un tratto… la tua bocca… il tuo naso… i tuoi occhi… sanguinavano… ho dovuto riportarti indietro. » « Ah, sì… Virgo… sì… ora ricordo… ora ricordo… lo so… sì… ora so chi è… » DOVUNQUE « Vai più forte! Non so quanto tempo abbiamo! » « James, sto già guidando una Porsche a 210 all’ora in mezzo al traffico dell’autostrada, per giunta pensando che il destino del mondo è sulle mie spalle: ok che, fra noi due, sono io l’ottimista, ma ora sono già fin troppo sotto pressione! » « Ok, ok… scusa… e poi, tranquillo… non è una questione di destino… il destino non esiste, è solo il nome commerciale del calcolo delle probabilità… cazzo, ma chi l’avrebbe detto che fosse proprio lui… sveglio però, il buon Marte… una scelta brillante, non c’e che dire… Beh, comunque guiderei io, ma… sai com’è… un’ora e mezzo fa mi stavano ancora defibrillando. » « J…. secondo te, ce la faremo? » I lineamenti di Andromeda erano contratti dal timore e dallo stress. « L’hai detto tu… sei tu quello ottimista… se cominci a farle tu, ‘ste domande, chissà dove finiamo… » « Non girarci intorno: rispondi! » Andromeda, nervoso, preoccupato, scrutava fisso l’asfalto, nero e ancora freddo nel sole velato delle sette di mattina. « … sì, ce la faremo… tranquillo… » James scrutava enigmatico un punto indefinito del cruscotto. Poi i suoi occhi si voltarono di scatto verso Andromeda, sorridenti: « Insomma, un aereo della Fondazione ci aspetta all’aeroporto adesso, ancora dieci minuti di autostrada e ci imbarchiamo per i cinque picchi… tranquillo!… ah, giusto… a proposito… Pegasus è andato e prendere Isabel alla residenza… loro prenderanno un altro volo, no?… » Andromeda non si sentì rassicurato comunque da tanta ostentata disinvoltura: aveva in testa tante domande da porre a James, tanti dubbi su di lui e su quello scenario angosciante che pareva dominare la sua vita, ma decise di tacere. James odiava la sua natura, tanto quanto odiava parlarne e la priorità, in quel momento, era ben altra: questo Andromeda l’aveva capito bene, ed aveva scelto, per una volta, di bandire lui stesso i sentimentalismi e di essere lucido e razionale, almeno fino a quando l’affaire Marte non fosse stato concluso. « J…. mentre eri privo di sensi… hai delirato per più di un’ora… non so, magari eran sciocchezze senza senso, ma… parlavi di qualcuno… o qualcosa, non ho capito bene… qualcosa che era legato… che era? » « Mah… stavo delirando, l’hai detto anche tu, ma… nel mio incubo… nella visione… chiamala un po’ come cazzo ti pare… Marte… cioè il ragazzino, lì… Kiki… era legato. » « Legato? » « … sì, legato… legato ad una ruota, che la prima volta non avevo ben identificato, ma che la seconda ho visto meglio ed era una specie di grosso orologio… una specie di timer, che ne so… come se lui fosse legato, vincolato fino all’ultimo momento… » « Ma che significa?! » « Beh… non ne sono affatto sicuro, ma… sai, tutte le leggende che avevo collezionato raccogliendo informazioni prima di rivolgermi a voi per fare comunella… alcune dicevano una cosa strana, secondo cui il signore della guerra non è fisicamente in grado di combattere, un po’ come se, in effetti, il suo unico colossale potere fosse il suo cosmo… quello che fa boom quando lui diventa completo, ma… quelle leggende… cioè, chiariamoci, non erano per nulla esplicite… ma parevano dire che, fino al momento del completamento, il suo cosmo non gli permette di combattere apertamente… non so… come invece faceva Nettuno. Ora, erano leggende, ma… nell’incubo… beh, lì lui era legato… » Le labbra di James si schiusero in un sorriso amaro: « I cerchi cominciano a chiudersi, eh? » « Ma come abbiamo fatto a non accorgercene… è stato vicino per tanto tempo… come abbiamo fatto a non percepire il suo cosmo… » « Non è colpa tua, Andy. Non potevi sentirlo… è furbo… furbo e stronzo… il suo cosmo è grande… sì, ma è cupo e tetro e tutto è così cupo e tetro adesso, sempre di più… Andy, io passo la vita a constatare quanto tutti voialtri esseri umani siate cupi e tetri… è per questo che da un anno, ho quei flash… per questo io lo vedevo arrivare, avvicinarsi, e voi no… ma ora… ora lui è già vicino… guardati intorno… mentre attraversavamo la città abbiamo assistito a tre scippi… due macchine erano in fiamme… ed è così praticamente dovunque… no… ora tutto è già troppo imbevuto di violenza per avvertire un solo singolo cosmo violento… per quanto intenso… no, Andy… non è colpa tua… e comunque… sappiamo dov’è: ha accompagnato Sirio ai cinque picchi… ora andiamo là e gli facciamo un mazzo così!… tranquillo… » « Già… Sirio… » la voce di Andromeda suonava impaurita: Dragone non si era più fatto sentire sin dall’arrivo ai cinque picchi ed il fatto che fosse in compagnia di Marte faceva temere per la sua incolumità; poi una luce di speranza invase gli occhi di Andromeda: « Ma se Marte veramente non può combattere… Dragone è salvo! » « Beh… sì… a meno che non sia stato Dragone ad attaccare Kiki… sai, la solita storia dei cavalieri che attaccano Marte e ne diventano seguaci… ma voi dite che Sirio è tanto prudente ed equilibrato… bah… » La vena di scetticismo nella parole di James non piacque ad Andromeda, che comunque ignorò la questione. « Poi, nel delirio… parlavi anche di flash… flash di luce azzurrina… che era… un’altra delle luci del Triangolo del Nord?… » « I flash, francamente, non li ho capiti… Comunque, bah… la seconda luce è viola… no… è tanto diversa… eh… » James osservava disinteressato la schiera di cespugli cresciuti rigogliosi alla base del guard rail: «… eh… la seconda luce… la luce della verità… » « Verità? » « Sì, la luce della verità… beh… in fondo non so se faccia più male lei o la luce del dolore… eh… la luce della verità è un’occhiata sul mio mondo… a chi ne è colpito, per un istante, sono schiuse le porte oscure… è mostrato tutto ciò che si cela dietro di loro… non esiste mente umana in grado di sopportare simile visione… beh, tranne quella del custode, è ovvio… » la malinconia nuovamente invase le sue parole: «… la luce viola annienta la mente… le funzioni vitali restano intatte… ma la mente… la mente fa puff… l’hai visto Il corvo, Andy?… bel film… splendido finale… beh… è un po’così… ma più stronzo… e più definitivo… No, comunque, no… non credo che la luce viola c’entri con Marte… oggi non penso mi servirà… » « Scusa, e la terza luce? » Per un secondo, James si rabbuiò, esitante, e poi: « … la terza luce… non l’ho mai usata… non l’ho neppure mai vista…» PROMETTILO « Ma, insomma! Dove l’hanno infilata! » « La catena la sente molto vicina… ci siamo quasi, ne sono certo. » I tre cavalieri attraversarono veloci il corridoio al primo piano, oscurandosi alla vista di Dragone, nell’ombra della porta dello studio. La catena di Andromeda fu percorsa allora da un breve tremito, una scossa e puntò dritta verso la medesima porta: « Lady Isabel dev’essere qui dentro. » sussurrò Andromeda, schiudendo l’anta destra ed infilandosi dentro per primo, seguito da Phoenix e James. « Oh, no! Mylock! » Il cadavere del maggiordomo giaceva sul pavimento, recando i segni di molti pugni ricevuti; il tappeto persiano era impregnato del suo sangue. « Lady Isabel! » Andromeda e Phoenix corsero al capezzale di Milady, priva di sensi sul divano, mentre James controllava il corpo di Mylock: « Respira! È viva! È solo svenuta! » esclamò Andromeda radioso. « Frena gli entusiasmi… abbiamo un altro problema… » la voce di James suonava scocciata: « … i pugni sul corpo di Mylock… sono piuttosto caratteristici… » e, voltandosi, verso i due fratelli: « … sono i segni del fulmine di Pegasus. » « No… non è possibile… ancora… » Grazie all’aiuto di Virgo, Phoenix aveva scoperto chi fosse l’ospite di Marte ed era corso ai cinque picchi. Ma lì era arrivato troppo tardi: « … non è possibile… dopo Dragone… anche Pegasus… » « Beh… in fondo… Pegasus, insomma… lo conoscete… impulsivo, avventato… se Marte è riuscito e fregare Dragone, figuriamoci Pegasus! Però così abbiamo un nemico in più, cazzo! » « Non parlare così di Pegasus! » ribatté Andromeda, ma, in realtà, sia lui sia Phoenix sapevano quanto realistico fosse il ragionamento di James: se Marte aveva tratto in trappola Sirio, il razionale ed equilibrato Sirio, facendosi, in qualche modo, attaccare da lui, che difficoltà poteva aver avuto a fare lo stesso con Pegasus? « Bel bilancio… » continuò James: « … Marte che schiavizza Pegasus, Dragone e il maestro dei cinque picchi… Mur e il vecchio maestro che si ammazzano a vicenda… bel casino… Phoenix, va già bene che abbiamo incrociato te all’aeroporto… in questo momento saremmo allegramente in volo per la Cina… » La lucidità del “bilancio” infastidì visibilmente Phoenix: il cavaliere aveva ancora in mente le immagini viste ai cinque picchi, i corpi esanimi di Ariete e di Libra, le lacrime di Fiore-di-Luna. “Qui non c’è più nulla, Phoenix… più nulla… torna a Nuova Luxor… devono essere andati là… qui… qui… non puoi fare più niente… nessuno può fare più niente… oh Sirio…”: le parole disperate e disarmanti di Fioredi-Luna rimbombavano pesanti nelle orecchie del cavaliere. James si appoggiò alla stipite della finestra e scrutò fuori, in giardino, attraverso le tende bianche di raso: Marte era là, dritto, eretto in una posizione così immobile ed innaturale, in mezzo fra il portone in mogano della residenza e la fontana. James avvertì la sua aura, così carica d’odio, di rancore, così irrazionale ed animale, se ne sentì soffocare: percepiva tutta la ferocia che si insinuava nell’animo di Kiki, ogni secondo di più, di più… la percepiva come se fosse in lui… come se quelle porte di cui detestava essere il custode volessero scoppiare, travolgerlo. « Phoenix, Andromeda… andatevene! » dichiarò girandosi di scatto verso i due fratelli. « Ma che stai dicendo, J.? » « Dovete portare via Isabel: so che è strano che sia io a dirlo, ma lei non può rimetterci la pelle in ‘sta storia. Avete già fatto tabula rasa del regno di Nettuno e di Asgard: se anche Isabel ci resta, il pianeta resta scoperto a qualunque attacco. Dovete andare! » « Ma tu che diamine pensi di fare da solo contro Marte?! » chiese Phoenix. « … eh… » quell’espressione dolce e triste si dipinse nuovamente sui suoi lineamenti: «… eh… tranquilli… so benissimo che cosa fare… » Andromeda intuì quale fosse il piano dell’amico (sì, per la prima volta, pensò a James come ad un amico): « J., che razza di sciocchezza vuoi fare?!!! » Puntellando le mani dietro la schiena, sulla scrivania, ed incrociando i piedi, come il giorno prima in clinica, James rispose: « Andy… io non ho una Fiore-di-Luna che prega per me, anche se l’ho quasi ammazzata… non ho fratelli da proteggere né compagni gay che mi aspettano in ansia nella stanza del college all’UCLA… non ho un fidanzamento e un asilo da mandare avanti insieme a Lanya e… e Flare non è al mio capezzale, a ripetermi quanto mi vuole bene, nella speranza che le sua parole mi destino dal coma… Andy, voi avete qualcosa per cui andare avanti… qualcosa per cui valga la pena vivere… io no… io non l’ho mai avuta… io ho solo me stesso…» sorrise mestamente: « … me stesso e il mio fottuto potere… stavolta il grande botto lo devo fare io, Andy… voi avete una vita da vivere… io no… » fissò Andromeda dritto negli occhi, insieme risoluto e rassegnato come non mai: « … vai, Andy… le chiavi della macchina le hai ancora tu… andate… portate via Isabel, svelti… quando avrò finito qua ci mangeremo tutti una pizza e mi racconterete com’è che Pegasus ha mollato Tisifone e si è rimesso con Lanya. » In quel momento uno scoppio sfondò la porta d’ingresso dello studio: « Fulmine di Pegasus! » I profili di Pegasus e Dragone si stagliavano sull’oscurità del corridoio. James reagì fulmineo con una sequenza di rapidi colpi luminosi che atterrarono temporaneamente i due cavalieri: « Andate… ora! » « Ma, no… non possiamo… » ripeté Phoenix. « Sì, fratello, andiamo. » ribatté Andromeda: « Ha ragione lui… dobbiamo andare… » Andromeda sollevò gentilmente Lady Isabel e si avviò, deciso e triste, verso la finestra laterale dello studio, sfondandola con una gomitata: « J., promettimi solo una cosa… promettimi che salverai anche Pegasus e Dragone! » « Vai, Andy, svelto! » « Promettilo! » ripeté Andromeda, mentre saltava fuori dalla finestra, seguito dal fratello. James non rispose. IL SILENZIO « E quindi alla fine siamo rimasti solo noi due, eh… che buffo… » James passeggiava in giardino attorno a Marte, sorprendentemente rilassato, gustandosi l’ennesima sigaretta. Le casse dello stereo nel salone a piano terra suonavano il cd degli Skunk. I’ve been biding my time been so subtly kind, « … sì, Marte… solo noi due… Marte, o dovrei dire semplicemente Kiki?… » I got to think so selfishly, ‘cos you’re the face inside of me. « … eh, sì, perché non credere ch’io ci caschi, bello… non sei completamente tu… e forse avresti bisogno ancora di un bel po’ di tempo… nessuno lo sa meglio di me… tutta la tua disumanità… io la ascolto, la annuso, la mastico… » si leccò il labbro superiore, scrutando con sguardo di sfida il volto alterato ed inespressivo di Kiki: « … sì, la sento tutta e la verifico… il marmocchio che è in te non è ancora cancellato del tutto… la sua volontà è tua, ok, ma… la volontà umana è così debole… forse ci sei vicino, Marte, ma non sei ancora arrivato in fondo…» I’ve been biding my days, U see, evidently it pays, I’ve been a friend, with unbiased views, then secretly lust after you. « …non rispondi?… ma, sì, certo, è ovvio… quasi lo dimenticavo… la parola, il linguaggio sono così dannatamente umane, così cerebrali… e tu di umano hai sempre meno… anche se, in fondo, non ne hai bisogno… sei qua solo per fare boom, per risvegliare tanti mammiferi feroci, no?… » So now he’s gone rusty you’re bored and bemused. Gli occhi di Kiki erano rossi di sangue, i muscoli degli arti contratti in uno spasimo estremo, le mascelle strette sino a far sanguinare le gengive. « Hai paura, Marte? » domandò all’improvviso James, serio: « … sì, ce l’hai… sai di non potermi impedire di agire… tu sei legato, no?… » sorrise, soddisfatto e sereno: «… e i due cicisbei… Sirio e Peggy… non è stato molto difficile metterli l’uno contro l’altro… lo saprai… sono al primo piano a darsele di brutto… » You wanna do someone else, so you should be by yourself, «… bello, vero, il ritornello… acuto spettacolare… » instead of here with me, secretly. «… eh, sì, loro due si scannano l’un l’altro al primo piano… diventati tuoi, sono diventati tuoi animaletti… sciocchi ed istintivi come animaletti… ora, qui ci siamo solo noi… chi l’avrebbe mai detto, Marte… proprio io ti avrei fatto fuori… io, James di Asgard… io, fare l’eroe… buffo, no?… sai, tutte le volte che combattevo, mi prendevano in giro per il nome… James… bizzarro per un cavaliere… un nome così… come dire… così “normale”…» Trying hard to think pure « … e il bello è che io non volevo neanche essere un cavaliere…» Bloody hard when I’m raw, « … volevo solo essere un ragazzo normale, come tutti… e di normale… eh… avevo solo il nome… questo è il lato buffo, cazzo!…» You talking out so sexually, ‘bout boys and girls and your friggin’ dreams «… e poi, insomma… perché mai dovevano chiamarmi in maniera strana… con qualche contorto riferimento mitologico, a Londra?!… io sono nato lì… io volevo restarci lì… è una città splendida, lo sai?… le città mi sono sempre piaciute tanto… di notte soprattutto… nel buio, nel silenzio, nella desolazione, ti mostrano il loro lato più puro, più vero… sai, ho passato un sacco di notti a camminare da solo in città… chilometri e chilometri a piedi in tante città diverse, in tutto il mondo… era così bello… così calmo e rasserenante… » So now you feel lusty, you’re hot and confused, « … e invece, no… invece dovevo essere io il custode… funkulo! » sputò per terra nauseato, poi si voltò di scatto verso Marte: « Comunque sei fottuto, bello… lo sai, no? » You wanna do someone else, so you should be by yourself, Ripresa la posizione della luce del dolore, James socchiuse per un istante gli occhi, inspirando a fondo: poi sollevò non più solo l’indice della destra, ma anche pollice e medio. Una luminescenza iridescente e spettrale si diffuse intorno a lui, come un’impalpabile polverina colorata. instead of here with me, secretly. « È la terza luce, Marte… quella che non ho mai usato… sai, non so neanche che colore abbia… anzi… nessuno lo sa… perché nessuno che l’abbia vista splendere è sopravvissuto… mai nessuno nella storia… è lei… la luce del silenzio… la luce che uccide senza speranza… non puoi impedirmelo e non puoi farmi tuo schiavo… non ne avresti il tempo… anche tu sei ancora umano, sei ancora Kiki… anche tu morirai…» Tese la mano destra di fronte a sé, volgendola verso l’alto: un’impercettibile goccia trasparente cominciò a condensarsi a pochi centimetri dal palmo, al vertice di una sottile piramide tesa fra pollice, indice e medio. La luminescenza si espandeva sempre più, in un’alone sfumato triangolare: « … eh sì… moriranno anche tanti altri, ok… ma, in fondo… chi se ne fotte… la realtà è che non me ne frega un cazzo… “innocenti vittime di guerra”… eh… minchiate… non sono vittime… nessuno lo è… e nessuno è innocente… chi può saperlo meglio di me?… » so now you’ve been busted, you’re caught feeling used. «… chissà… tu vuoi distruggere per tua natura… puro istinto omicida… io no… io sono sempre stato lucido, gelido, calcolato ed ho ucciso centinaia di persone… magari migliaia, chissà… buffo, vero?… fra me e te… non sei tu il cattivo… » tacque ascoltando il ritornello finale. You had to do someone else, you should’ve been by yourself. You had to do someone else, you should’ve been by yourself, instead of here with me, secretly, « Adesso basta, però… addio, J.… la festa finisce qui… » socchiuse ancora gli occhi e ruotò lentamente la mano destra verso il basso, sussurrando: «… luce del silenzio! » La gocciolina si staccò dalla punta della piramide, cadde, limpida e diafana, verso il suolo,… e lì si infranse: una miriade di flash azzurrini si propagò nell’aria circostante e l’alone triangolare si dilatò di colpo: metri, centinaia di metri, forse chilometri… un lampo di luce azzurrina che invadeva un’area perfettamente triangolare-equilatera… Un istante dopo, Skin cantava nel silenzio. secretly. NUOVA LUXOR, 10 SETTEMBRE, una tragedia inspiegabile si è aggiunta al moltiplicarsi dei crimini degli ultimi giorni. […] Alle 9:09 di ieri mattina una luce dalla natura non ancora identificata ha invaso una vasta regione triangolare della città, uccidendo tutte le persone che si trovavano al suo interno. I soccorritori hanno già contato più di 5400 vittime […], ma, misteriosamente, nessun danno alle cose è stato rilevato. […] Fra le vittime del fenomeno anche Pegasus e Sirio il Dragone, protagonisti di un celebre duello ai tempi della Guerra Galattica, ed un terzo cavaliere ad ora sconosciuto. […] GEMINI