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Il Giornale 02/09/2012
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ALBUM 29
Giovedì 9 febbraio 2012 il Giornale
TRIESTE Procede tra ritardi e polemiche l’allestimento della «casa» della civiltà istriana, fiumana e dalmata
Ecco il museo fantasma sulle foibe
Per il «Giorno del ricordo» siamo entrati nelle sale già pronte, tra oggetti d’epoca, foto e una cavità carsica ricostruita
Fausto Biloslavo
da Trieste
I
nomi degli infoibati, le masserizie abbandonate dagli
esuli,lefotod’epocadeipartigiani di Tito in un museo,
unicoinItalia,chenondevesoloricordare il dramma degli istriani,
fiumani e dalmati, ma anche la loro antica e dispersa civiltà sull’altra sponda dell’Adriatico. Oggi a
Trieste, alla vigilia del 10 febbraio,
Giorno del Ricordo, viene inaugurata la mostra «Esodo: la tragedia
diunpopolo»alsecondopianodel
«Civico museo della civiltà istriana,fiumanaedalmata».Imurieranoprontidal2009,mapermancanzadifondiedivetiincrociatil’allestimentoprocedearilento.Duemila e trecento metri quadrati con
unavoraginericreatainpietra,che
si inabissa dal quarto piano per
simboleggiare la foiba, una delle
cavità carsiche tomba di migliaia
diitalianisoppressidallapuliziaetnica titina. Il
cuore ti si stringe leggendo i
nomi degli infoibatisullepareti del secondo piano. «Don
Francesco Bonifacio, nativo
diPirano.Lasera dell’11 settembre 1946
(...) venne sequestrato dalla
polizia segreta
e successivamente trucidato. Il suo corpo
non fu mai ritrovato». Con il beato
Bonifacio c’è Norma Cossetto, fra
le martiri più giovani delle foibe, e
tanti nomi meno conosciuti come
Antonio Babich, falegname, Rocco Zuccon, funzionario della CassadiRisparmio,oGiuseppePesce,
capo dei vigili urbani.
Alsecondopianofervonogliultimiritocchiperraccontareildrammadiquestiitalianialungodimenticati.Sicominciaconunagigantografia dei contadini istriani armati
di forconi, prima della guerra. Ac-
colore,sembraguardartidrittonegliocchisulpontilediPola,inattesa di imbarcarsi sul piroscafo Toscana nel ’47.
«Per un allestimento definitivo
servono risorse» ammette Piero
Delbello, direttore dell’Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata,chegestisceilmuseocomunale. «Graziea unadecina di volontari teniamo sempre
aperte delle mostre al piano terreno e organizziamo visite guidate
nellepartiallestite».Alterzopiano
c’èunospaziodedicatoall’agricolturaistrianaconcarrid’epoca,botti, aratri, ma andrà aggiunta la tradizione marinara dei dalmati. In
un’altra sala ecco le riproduzioni
deifamosidipintiistrianidiGiambattista Tiepolo e Vittore Carpaccio,contesidallaSlovenia.L’enormepatrimonioculturaledellaciviltà istriana, fiumana e dalmata va
ancora allestito. L’Irci ha oltre
10mila volumi, come le opere del
Tommaseo, il corpus dannunzia-
PER NON
DIMENTICARE
Accanto,
un manifesto
titino del 1944
inneggiante
l’infoibamento
dei nemici.
Sotto,
la ricostruzione
di una foiba
all’interno
del Museo
della Civiltà
istriana,
fiumana
e dalmata
a Trieste,
e due sale
già allestite
con documenti
e suppellettili
dell’epoca.
Le foto sono
dell’autore
dell’articolo,
Fausto
Biloslavo
www.faustobiloslavo.eu
Romanzo Dalla Boemia alla Bielorussia
Stragi nazi-comuniste? Un affare
Daniele Abbiati
L
PULIZIA ETNICA
Oggi si apre una mostra
sul dramma dell’esodo
e i massacri dei titini
canto c’è un’enorme ricostruzione in legno della Umago italiana e
unplasticodellaferroviadaParenzo a Trieste. Un manifesto titino
del ’44 Svi u borbu, «tutti alla lotta
contro la belva fascista», con i teschi dei nemici accumulati in una
foiba,ricordaquantofuterribilela
seconda guerra mondiale oltre
l’Adriatico. Tra le fotografie spunta quella di una colonna di 100 finanzieri che si ribellarono ai tedeschiafineaprile’45,mafuronodeportatidalIXCorpusdiTitocheoccupò Trieste. Nessuno tornò.
La spirale di violenza e vendetta
provocò l’esodo di oltre 200mila
italianidall’Istria,FiumeeDalmazia. Le masserizie abbandonate
nelportodiTriestedalpopoloinfuga fanno impressione. L’armadio
numero 32 di Marcolini Mario, il
bauledeiricordiconlefotodeigiorni felici... Da una grande immagine una bambina, accanto a un tri-
noequellodiPierantonioQuarantotti Gambini, ma molti libri sono
ancora negli scatoloni. L’archivio
delComitatodiliberazionenazionaledell’Istriadal’46al’60èunfiore all’occhiello storico. La mappa
deicimiteriitalianiinIstriacontanto di documentazione fotografica
enomisulletombeandràdigitalizzata.
«Abbiamounmuseochenonesiste»diceSilvioDelbello,fragliideatori di questo spazio e presidente
dell’Università popolare di Trieste. «Non dobbiamo limitarci alle
foibe e all’esodo. Il museo è nato
per valorizzare la civiltà istriana,
fiumana e dalmata anche prima
dei tragici fatti del dopoguerra». I
cinquemilionidieuroinizialisono
statisborsatidaStato,Regione,enti privati ed esuli, ma ora i fondi
scarseggiano. «Grazie all’Irci, che
organizza mostre e convegni, non
è una cattedrale nel deserto, ma si
sta segnando il passo sull’allestimento - denuncia Delbello -. La
precedente amministrazione comunalesieradefilataelanuovaha
promesso di nominare una commissione.Lafederazionedegliesulinon prende in pugno la situazioneesinavigaavista».Ilmuseo,però, potrebbe diventare un gioiello
con insospettabili testimonial. Ieri, durante l’allestimento del secondopiano,èarrivatalatelefonata del cantautore Simone Cristicchi,chehascopertoildrammadell’esodo e delle foibe.
ROMA
La prima antologia
sulle foibe per le scuole
Traleiniziativeper celebrareil «Giornodel ricordo»,il
10febbraio,dedicatoaldrammadell’esododegliitaliani dalle loro terre e delle vittime delle foibe, da segnalareilciclodiincontriorganizzatodalle«Biblioteche di Roma», fra le prime istituzioni a programmare
eventi per riaprire questa pagina di storia nascosta
permoltianni.Daoggial15febbraiosonoprevistinelle biblioteche romane (www.bibliotechediroma.it)
proiezioniepresentazionidilibri,fraiquali-moltoparticolare-«Unannonell’Adriaticoorientale»,un’antologiadilettureperlescuoleelementaricuratadaMaria
LuisaBotteri,PatriziaPezzinieMirellaTribiolidell’Associazioneperlaculturaistriana,fiumanaedalmata.
Copyright © 09/02/2012 Il Giornale
amemoriaèuninvestimentorischioso.Lospreadtrapassatoe
futuro è talmente largo che il
presentepuòannegarcicomeuntopo
nel fango. Soprattutto se
ilpassato porta le cicatrici del nazi-comunismo,
se il futuro è nel grembo
delDiomercatoeseilpresentesidibatteinunneomedioevo che definire
post-moderno sarebbe
un eufemismo. Jáchym
Topol, classe 1962, che a
16annifutraifirmataridi
«Charta 77», la più eclatante forma di dissenso
precedente il crollo del
Muro di Berlino e di tutti
gli altri muri immateriali eretti per separare il retrogrado progresso comunista dal futuribile regresso capitalista, lo sa benissimo. Ne diede buona
provainArtistieanimalidelcircosocialista (Einaudi, 2011), dove presentava
una compagnia di giro fra nostalgia e
disincanto. E ora ne fornisce ulteriore
conferma con L’officina del diavolo
(Zandonai, pagg. 168, euro 14,50, traduzionediLetiziaKostner).Qui,attingendo all’esperienza personale e alla
personale rabbia, repressa ma non
piùditanto,selaprendeconlamercificazione del dolore storicizzato, con la
retoricadelgenocidio,conlapietasun
tantoalchilospiattellatadall’Occidentecomezuccheroavelosullerovinedi
unOrientelimitrofoeppurelontanissimo.
«L’officina del diavolo» di Jáchym Topol
ironizza su chi usa le vittime dei totalitarismi
L’io narrante tuffatosi nelle acque
putride dell’Officina del diavolo, narrazionechesaunpo’diGorkyParkedi
Il Maestroe Margherita, di Levite degli
altri e dei Demoni dostoevskijani, di
grand guignol e di romanzo on the
road è, ovviamente, un alter ego dello
LUOGHI DEL DELITTO
Creare un Jurassic Park
della memoria mettendo
in gioco la propria vita
stesso Topol somigliantissimo all’originale. E i teatri della sua picaresca disavventura sono tre. Si parte da Terezín, la cittadina a nord di Praga che
prende nobilmente il nome da Maria
Teresa d’Austria e ignobilmente la fama dai campi di concentramento della prima e della seconda guerra mondiale che ospitarono i deportati dalla
Russia e poi quelli ammassati a uso e
consumodei nazisti edei loro nemicicolleghi, i compagni sovietici. Memore della propria infanzia e giovinezza
(conditadall’omicidiopreterintenzionaledelpadre,militareottusoinquantofedeleallalinea...),ilNostros’imbarca in un’impresa assurda: fare delle
muradiroccatedoveportaapascolare
lecapreunmuseodegliorroritotalitaristi.Unavolta rasaal suolo,dalle solite autorità costituite, la comune na-
scentesuquelcherestavadei«pancacci», le sedie di contenzione delle vittime,earchiviatelemaglietteconlafaccia diKafka e relativo slogan: «Sefosse
sopravvissuto alla propria morte sarebbestatouccisoqui»,l’azionepassa
in Bielorussia.
Minsk, vista con occhi da boemo, è
una Venezia senz’acqua, un’araba fenice risorta sulla spina dorsale di viali
luminosi e palazzoni inquietanti. Lì
l’eroeanti-eroe,custodendounachiavetta Usb che chiama «il Ragnetto» e
che contiene chissà quali segreti da
proiettaresulloschermodelmondocivilizzato, si lascia prendere da una
nuova sfida, ovvero da una nuova sfiga. C’è da promuovere un «prodotto»
di qualità ma assai poco pubblicizzato. È l’altra Katyn, che infatti si scrive
Chatyn’. «Guarda i polacchi - urla
Alex, piccolo Virgilio locale che guida
il Narratore fino a una sorta di museo
delle cere parlanti -, la loro Katyn!
Quellisonodinuovoavanti!Cigireranno un film, su Katyn! E la nostra Chatyn’, invece? Non la conosce nessuno». Il mercato occidentale sicuramente accoglierà con favore l’edificazionediunnuovoJurassicParkdell’orrore... «Senti - prosegue Alex - visto
cheMadonnavihadatouncontributo
per Terezín - e se qui invece ci girasse
una clip tipo Marilyn Manson, che ne
pensi?». È un’idea. Tanto, i morti non
avranno più la forza di protestare.
February 9, 2012 8:58 pm / Powered by TECNAVIA