La ricerca delle lacche…

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La ricerca delle lacche…
La ricerca delle lacche…
La formazione di lacche (dall’inglese
varnish) nei sistemi lubrificati è un
problema molto diffuso in vari ambiti
industriali. Normalmente si denominano
“lacche” quei depositi carboniosi brunorossastri (foto), che traggono origine da
sottoprodotti
di
degradazione
del
lubrificante e possono causare una serie
di problemi operativi, particolarmente
gravi nelle turbine e nei sistemi idraulici.
La deposizione di tali insolubili in parti
vitali della macchina, se non viene
monitorata con strumenti sufficientemente sensibili ed accurati e controllata con
azioni correttive adeguate, può causare problemi di vario tipo. Tra questi i più
diffusi sono l’aumento dello sforzo all’azionamento delle servovalvole, la riduzione
e progressiva ostruzione dei passaggi di lubrificazione e l’aumento delle
temperature operative. L’effetto finale può essere l’incremento dell’usura, con
potenziali malfunzionamenti e fermi macchina non programmati.
Il problema della formazione delle lacche si è posto fin dal primo momento in cui
un olio è stato impiegato come lubrificante. A seguito dell’ossidazione e
dell’invecchiamento è inevitabile che si formino dei depositi.
E’ tuttavia un problema molto recente che le lacche abbiano conquistato le “luci
della ribalta” nei sistemi critici di lubrificazione. Ciò a causa del concorso di
numerosi elementi: condizioni operative più onerose, tolleranze più stringenti,
nuove formulazioni degli oli base, prolungato esercizio delle cariche.
L’impatto a seguito della formazione di lacche è trasversale e compare in diverse
tipologie di macchinari industriali. Nelle cartiere si riflette su una peggiore qualità di
carta a seguito di un peggiorato controllo dei rulli sensibili, altrettanto risente il
settore dell’iniezione di prodotti plastici, fino alle grandi navi che si affidano
sempre più pesantemente su sistemi idraulici con servo valvole per la loro
navigazione in sicurezza.
In nessun altra situazione tali prodotti hanno un così forte impatto come nel
mondo della produzione di energia. Sono sempre più frequenti incidenti nella
conduzione e difficoltà in avviamento di grandi turbogas dovuto all’accumulo di
tali sottoprodotti. Impianti a combustibile fossile hanno frequenti e costosi fermi per
l’incollaggio delle valvole di regolazione. Perfino alcuni impianti idroelettrici hanno
recentemente sperimentato (a seguito dell’introduzione di sistemi automatizzati di
governo) problematiche collegate all’accumulo delle lacche. Nella globalità si
può parlare di decine di milioni di euro persi annualmente per problemi diretti o
indiretti collegati all’accumulo delle lacche.
Non è quindi casuale che l’industria dell’energia sia alla disperata ricerca di
soluzioni ai problemi collegati con le lacche.
Il primo passo deve essere nella direzione della comprensione delle cause prime di
tale fenomeno. La principale forma di invecchiamento di un lubrificante si
definisce come ossidazione e la catena di reazioni responsabili della formazione di
lacche rientrano nel così detto “ciclo di vita delle lacche”.
Il momento iniziale del
ciclo di vita delle lacche
origina dalla ossidazione. I
sotto
prodotti
del
degrado ossidativi sono
solubili e si formano
quando all’interno del
lubrificante inizia a essere
carente la presenza di
additivi specifici (prodotti
fenolici o amminici). Se il
processo continua (in
mancanza
di
azioni
correttive), le sostanze
ossidate (ed ossidanti) si
aggregano
andando
incontro a condensazione
ed a polimerizzazione,
momenti in cui si assiste alla creazione di macromolecole di alto peso. Tali
aggregati (anche se di dimensioni inferiori 0.1 micron) appaiono meno solubili, ai
limiti della insolubilità. In funzione della temperatura del fluido, tendono a
precipitare dando origine a particelle gommose, genericamente definite
“contaminazione morbida”.
Quindi tali contaminanti tendono ad agglomerarsi crescendo di dimensione fino a
formare depositi collosi sui servomeccanismi e altri componenti critici. Tali
aggregati sono il punto di partenza per ulteriore formazione di precipitati.
Si assiste alla presenza di un comportamento biunivoco a livello di solubilizzazione,
precipitazione, agglomerazione, formazione lacche, con ciò confermando che
siamo in presenza di fenomeni reversibili. Quindi se la temperatura del fluido si
innalza le grosse molecole insolubili, precipitate, possono rientrare in soluzione.
All’interno di tale ciclo le fasi iniziali di ossidazione e condensazione sono le sole
che non possono essere invertite.
Inversione del processo
L’inversione del processo all’interno del ciclo di vita delle lacche, evidenzia gli
effetti che il variare delle condizioni operative o gli interventi correttivi possono
avere sul sistema, in maniera positiva o negativa per lo stato del sistema stesso.
Ad esempio un intervento di filtrazione, attraverso sistemi elettrostatici di pulizia
dell’olio (allo scopo di rimuovere gli insolubili) e una fase di ionizzazione del fluido
(per rimuovere i contaminanti solubili) può prevenire o invertire la formazione delle
lacche. I rapporti tra ognuna delle quattro fasi reversibili (solubilizzazione,
precipitazione, agglomerazione, formazione lacche) risentono della legge di Le
Chatelier. Secondo tale legge il bilancio di reazioni reversibili può essere
modificato mediante interventi su i reagenti ad uno degli estremi della reazione
stessa. In altre parole se si rimuovono da una lato i prodotti di una reazione in
equilibrio, tale processo dinamico tende a spostare il nuovo equilibrio proprio
questa direzione. Il che significa che la rimozione degli agglomerati attraverso
filtrazione elettrostatica spinge le lacche già formate, nuovamente in soluzione.
Dal momento che in tale situazione gli agglomerati sono legati anche ai
precipitati la rimozione di questi favorirà la rimozione dei precipitati stessi. In effetti
la presenza delle lacche agisce come un fattore catalitico responsabile
dell’incremento del livello di ossidazione dell’olio. Un dato questo (il legame
stringente tra lacche pre-esistenti e nuovi legami ossidativi) che deve far riflettere
nella gestione pro-attiva delle cariche di lubrificante. Con monitoraggi ben dosati
e mirati, capaci di individuare il fenomeno sin dai primordi.
Purtroppo, l’approccio tradizionale dell’analisi dell’olio a fini di Manutenzione
predittiva, anche quando applicato al suo massimo livello di approfondimento,
non dà la possibilità di rilevare con sufficiente efficacia la presenza nell’olio dei
precursori delle lacche. Infatti, le tecniche spettrometriche ad emissione (RDE-AES
o ICP-AES) risultano insensibili ai contaminanti carboniosi, mentre la spettrometria
ad assorbimento nell’infrarosso (FT-IR) permette di rilevare tali sostanze solo a
concentrazioni allarmanti, impedendo una gestione “predittiva” efficace del
problema lacche. La viscosità del lubrificante viene influenzata dalla presenza di
fenomeni degradativi a carico dell’olio, ma variazioni significative di viscosità sono
normalmente segnali tardivi di tale fenomeno. Anche la determinazione
dell’acidità TAN non è efficace in tal senso, perché molti dei precursori delle
lacche sono chimicamente neutri. Infine, le normali tecniche di conta delle
particelle (manuale, laser, flow decay) non sono efficaci nel rilevare la presenza di
precursori delle lacche, in quanto insensibili alle particelle di dimensioni inferiori ai 4
µm. Recentemente è stato chiarito che alla base del fenomeno esiste uno
squilibrio tra additivi amminici e fenolici (principali antiossidanti aggiunti alle basi
per neutralizzare i radicali negli oli turbina) che possono innescare tale processo.
Varie tipologie di prove analitiche (tipo RPVOT) nelle nuove basi molto raffinate,
tipo Gruppo 2 e 3 (assai diffuse in Usa ed estremo Oriente) si sono dimostrate
inefficaci a cogliere in maniera puntuale, tali “segnali deboli”.
In questo quadro, l’unico approccio attualmente affidabile per rilevare la
formazione delle lacche è l’ispezione visiva degli organi meccanici: una pratica
che interviene a problema già in atto, costringendo al
fermo macchina, con costi gestionali molto elevati.
Mecoil Diagnosi Meccaniche Srl, da quasi venti anni in
Italia al servizio dell’Ingegneria di Manutenzione degli
ambiti industriali più evoluti, ha messo a punto una
tecnologia di valutazione quantitativa della tendenza
alla formazione di lacche, specificamente studiata per
i lubrificanti turbina e i fluidi idraulici. VTI (Varnish
Tendency Index), in associazione con un programma
ottimizzato di analisi olio, è uno strumento che
permette il monitoraggio efficace dello stato di salute
dell’olio e del macchinario, migliorando così la gestione predittiva dei grandi
sistemi meccanici industriali.
Di G. Adriani e A. Paccagnini
Firenze, Marzo 2009