Per chi decide di rimuovere il proprio tatuaggio

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Per chi decide di rimuovere il proprio tatuaggio
10
ottobre2001
DERMATOLOGIA
Per chi decide di rimuovere
il proprio tatuaggio
Sono stati ideati e costruiti laser particolari in grado di eliminare i pigmenti inseriti nella pelle
Oggigiorno è facile incontrare uomini e donne, di varia età
ed estrazione sociale che mostrano con orgoglio un immagine tatuata sulla pelle, magari in zone “particolari”. Fino a
pochi anni fa la situazione era
ben diversa, si cercava infatti
di nascondere il tatuaggio
perché veniva accostato ad alcuni tradizionali riferimenti
sociali, non apprezzati dall’opinione pubblica. Adesso è
proprio il caso di affermare
che il tatuaggio è diventato
una moda ed un numero sempre maggiore di persone decide di farsi imprimere sulla
pelle, per sempre, un disegno
da mostrare a parenti ed amici.
L’arte del tatuaggio è molto
antica e pare che le sue origini risalgano addirittura
all’Età della pietra (12000º
a.c.): gli uomini primitivi si
tagliavano la pelle durante le
cerimonie di lutto e cospargevano di cenere le ferite in
segno di dolore. I tatuaggi
decorativi sembra invece che
risalgano all’Età del bronzo
(8000º a.c.); almeno così
hanno fatto pensare i ritrovamenti di rudimentali aghi e
ciotole di pigmento in grotte
francesi, spagnole e portoghesi.
Le popolazioni di quella epoca decoravano con ocra e
pigmenti estratti dalle piante
le pelli di animali che indossavano per scaldarsi. Questo
potrebbe aver portato alla pratica del tatuaggio decorativo
sulla loro stessa pelle; alcune
mummie risalenti al 4000 a.c.
presentavano infatti tatuaggi.
La pratica del tatuaggio ha
prosperato anche nell’antica
Cina, nel Giappone e nel Nord
Africa. Il fatto che queste
aree, geograficamente isolate
fra loro, vivessero in una totale assenza di comunicazione ha suggerito l’idea che il
tatuaggio rappresenti una
risposta a un bisogno umano
innato.
Alcuni studi mostrano infatti
che tra tutti i possibili motivi
per farsi tatuare, è centrale e
predominante la ricerca della
propria identità. La pelle
funziona come una tela per
ritrarre affermazioni di individualità, sessualità, appartenenza, machismo, noia e
rabbia. Ma il boom dei tatuaggi scoppiato intorno alla
metà degli anni Novanta in
tutto il mondo, ha portato a
superare il significato psicologico di questa pratica.
Ormai ci si fa tatuare per
moda e non tanto per dare risposta a precise esigenze
interiori. L’età media delle
persone che ricorrono a
questa pratica è infatti salita
dai 18 (età critica per la
ricerca della propria identità)
ai 30 anni. Poiché la maggior
parte delle persone vive
pensando solo al presente
senza preoccuparsi delle
possibili difficoltà future, i
tatuaggi sono diventati molto
popolari. Si calcola infatti che
circa 15% degli adulti degli
Stati Uniti (oltre 10 milioni di
persone!) siano tatuate,
mentre in Italia negli ultimi
anni sono triplicati i posti in
cui si pratica la cosiddetta
body art. Ma recenti sondaggi mostrano come il 40%
delle persone tatuate riferisca
problemi legati ad avere un
disegno permanente sulla
pelle e come circa il 30% stia
addirittura pensando alla sua
rimozione. Sotto l’influenza
della moda dilagante si può
infatti essere portati a compiere un gesto, senza esserne
interiormente convinti.
Capita allora che dopo poco
tempo il tatuaggio perda il
suo significato simbolico,
rappresentando per la persona solo una macchia ingombrante. Questo fatto non deve
sorprendere se si pensa che
perfino mummie egiziane
risalenti al 4000º a.c. presentano rudimentali tentativi di
ri m o z i o ne de i ta tu a g g i.
Togliere un tatuaggio è stata,
fino ad oggi, una impresa
difficile, con mediocri risultati
estetici. Le metodiche fin qui
utilizzate dalla dermoabrasione alla crioterapia, dalla
salabrasione ai peeling chimici, dalla chirurgia plastica
ai laser di uso chirurgico
(Laser CO2, Erbium:Yag),
hanno infatti dato risultati
deludenti. Si tratta infatti di
tecniche che insieme al
colore danneggiano la cute
sana con conseguente alta
incidenza di effetti collaterali
(cicatrici, modifiche di colore).
Fortunatamente la tecnologia
avanza e finalmente il problema della rimozione dei
tatuaggi può essere risolto
grazie all’avvento di nuovi
sistemi Laser. Sono stati
infatti ideati e costruiti laser
pa r tic ola r i ( Q- S w itc he d
Nd:Yag, Q-Switched Ruby e
Q-switched Alessandrite) in
grado di eliminare in modo
selettivo i pigmenti inseriti
nella pelle. La sorgente
utilizzata da più tempo (viene
impiegata negli Usa per la
rimozione dei tatuaggi dal
1992) e perciò più conosciuta
ed affidabile è il Q-switched
Nd:Yag Laser.
Questo strumento emette un
raggio di 1064 nm. di lunghezza d’onda che viene rilasciato sotto forma di impulsi
di brevissima durata ed alta
potenza. Il raggio di luce
riesce così ad attraversare la
cute senza ferirla, colpendo in
modo specifico il pigmento
che forma il tatuaggio. Questo porta ad una esplosione e
frammentazione microscopica del colore, che viene poi
gradualmente rimosso dalle
cellule della pelle; tutto
questo senza danneggiare o
ferire la cute.
Durante la seduta il raggio
colpisce il tatuaggio che ac-
quisisce un transitorio colore
biancastro. Nei giorni successivi si forma una piccola
crosta superficiale che regredisce senza esiti in breve
tempo, mentre il colore progressivamente schiarisce.
Nella maggior parte dei casi il
trattamento è indolore o si
avverte un fastidio minimo,
paragonabile ad un colpo di
elastico sulla pelle. Subito
dopo la seduta la pelle si
presenta arrossata (come
nell’eritema solare) e talora
compare un lieve gonfiore
(tipo pinzatura di insetto); il
tutto si risolve nel giro di 48
ore. La terapia post-operatoria è semplice e consiste
nell’applicare una crema antibiotica per alcuni giorni e successivamente una protezione
solare. Dopo ogni seduta il tatuaggio schiarisce ma per rimuoverlo completamente
sono necessari più trattamenti (di media 5–6), distanziati
fra loro di circa un mese. È
importante sapere che il numero delle sedute dipende
dalla quantità e dal tipo di
inchiostro utilizzato, dalla
profondità di penetrazione,
dalle sede del tatuaggio e
dalla sua età. Generalmente i
tatuaggi di colore blu, nero e
rosso spariscono al meglio,
mentre i colori giallo e verde
sono più resistenti. Esistono
perciò molte variabili da
considerare, spesso difficili
da conoscere (soprattutto le
notizie riguardanti le caratteristiche dei colori usati),
che rendono arduo stabilire
con precisione il numero
totale delle sedute e l’entità
dello schiarimento. Nella
maggior parte dei casi si
ottiene una regressione del
tatuaggio completa ma bisogna sapere che nel mondo
vengono utilizzati più di 1000
differenti tipi di inchiostro.
Non potendo sapere di quale
inchiostro si tratta, o quanto
profondo sia stato introdotto
nella cute, è praticamente
impossibile per il dermatologo prevedere con certezza il
risultato finale di qualunque
tatuaggio. L’estrema efficacia
e sicurezza del Q-switched
Nd:YAG, l’assenza di ferite e
di esiti cicatriziali, consenton o pe r ò d i ef f ettuare
trattamenti periodici fino ad
ottenere lo schiarimento desiderato.
In conclusione se avete deciso di tatuarvi valutate sempre bene la vostra decisione,
perché oggi avete dei sentimenti che potreste non avere fra pochi anni. Il tatuaggio
perderebbe allora il suo significato rappresentando solo
una macchia fastidiosa. Ma
nel caso in cui ci ripensiate e
vogliate toglierlo non vi
demoralizzate, perché oggigiorno la tecnologia viene in
vostro aiuto. Infatti i nuovi
s is te m i la s er, com e il
Q-Switched Nd:Yag, consentono di rimuovere i tatuaggi
con risultati impensabili solo
fino a pochi anni fa, permettendo così di avvicinarsi alla
pratica del tatuaggio con la
sicurezza che, in molti casi, è
possibile tornare indietro.
dott. Maurizio Bellini
specialista in dermatologia
Per ulteriori informazioni:
tel. 055705351,
e-mail: [email protected]
Redazione giornale: tel.055340811
fax 055340814
e-mail: [email protected]
OMEOPATIAOMOTOSSICOLOGIA
Arteriosclerosi e colesterolo,
un argomento di grande interesse
Analizziamo i fattori che possono causare l’insorgere di questa patologia (1ª parte)
Affrontiamo un argomento di
grande interesse, sia per la
frequenza, sia per l’impatto
sociale che ha nella popolazione sopra i 40 anni. Innanzitutto analizziamo bene la definizione di “arteriosclerosi”:
che cosa significa? Si può facilmente notare che le persone hanno un concetto di questa malattia completamente
sbagliato; si pensa che stia a
significare “persona che ha
perso la capacità di intendere
e di volere”, oppure “persona
ch e ha per so il b en e
dell’intelletto”, facendo riferimento esclusivamente al cervello come organo bersaglio
della malattia. Certo, ci sono
dei casi nei quali si può arrivare a questi estremi, ma purtroppo il cervello non è l’unico
organo che può essere colpito
e non sempre con sintomi
così gravi. L’arteriosclerosi,
come dice la parola stessa,
consiste in un ispessimento e
successivo indurimento della
parete delle arterie; quindi
non è una malattia del cervello, ma dei vasi sanguigni arteriosi. L’organo più frequentemente colpito da questo
problema è sicuramente il cupagina precedente
ore, in particolare i vasi sanguigni coronarici: si formerà,
quindi, la cosiddetta “cardiopatia ischemica”.
Negli Stati Uniti, Paese nel
quale le malattie vascolari
hanno la più alta incidenza nel
mondo (osservate che cosa
mangiano e lo stile di vita che
hanno e capirete il perché),
questa cardiopatia è responsabile del decesso di
o l t re 5 0 0 . 0 0 0 p e rs o ne
all’anno. Oltre alle coronarie,
possono essere colpiti anche
altri distretti vascolari, quali
ad esempio i vasi arteriosi
delle gambe, oppure le arterie
carotidi, che portano sangue
ossigenato al cervello, oppure
le arterie renali, o l’aorta (il
più grosso vaso sanguigno
arterioso che abbiamo).
Naturalmente, i segni e i
s i nt o m i cam bi e ranno a
seconda della localizzazione
del processo arteriosclerotico
e a seconda, anche, delle dimensioni dell’arteria interessata. Esistono, ovviamente,
dei cosiddetti “fattori di
rischio” nel nostro vivere
quotidiano che possono far insorgere questo tipo di malattia arteriosa; alcuni sono
già noti, altri non sono ancora
ben compresi ma sono in fase
di studio e presto verranno
divulgati più capillarmente.
Vediamone alcuni tra i più
importanti: il fumo è il primo
ed il più conosciuto; associato
ad esso è l’inalazione di monossido di carbonio (i gas
di scarico che quotidianamente respiriamo nelle
nostre città). Poi ci sono dei
fattori di rischio alimentari,
tra cui l’eccessivo consumo
di oli insaturi (di semi,
specie se riscaldati): su questo argomento ci ritorneremo
sopra perché è ancora poco
noto. Anche l’uso dell’acqua
clorata nell’alimentazione
può comportare seri rischi,
come pure l’assunzione smodata di zuccheri raffinati e
dolciumi. Altri fattori sono
rappresentati dalla scarsità
di attività fisica, dallo stress
accumulato in ambito lavorativo o familiare, dalle be-
CESB
Sos obiettori
per servizio civile
L’associazione di volontariato Cesb – Centro Educazione Sordità e Bilinguismo, ricerca giovani obiettori di coscienza disposti ad effettuare Servizio Civile alternativo a quello
militare di leva presso la propria sede di Firenze espletando
semplici attività di alto valore sociale ed umano a favore delle
persone sorde. La convenzione ministeriale permette l’utilizzo contemporaneo di tre obiettori.
Formazione di volontari per il linguaggio dei sordi
Il Cesb organizza inoltre corsi di formazione per l’apprendimento della lingua italiana dei segni, il linguaggio dei sordi.
I corsi, aperti a tutti, si svolgeranno dall’ottobre 2001 al
giugno 2002 per un totale di 100 ore di lezione.
Cesb, via Aretina 463/b, 50136 Firenze, tel/fax. 0556505120
vande caffeiniche (caffè,
the, coca cola, ecc.), dall’eccessivo consumo di proteine animali. Esistono,
comunque, anche delle altre
malattie che predispongono a
questa patologia, come il
diabete mellito e l’ipertensione arteriosa.
È chiaro che più numerosi
s on o i f a ttor i pr e s e n ti,
maggiore è il rischio di
sviluppare l’arteriosclerosi.
Ma, come si forma questa
malattia? In seguito ai fattori
precedentemente esaminati,
nella parete delle arterie si
depositano diverse sostanze:
fibre collagene, fosfolipidi,
trigliceridi, colesterolo,
mucopolisaccaridi, proteine
estranee, metalli pesanti,
detriti, depositi di calcio.
Tutto ciò porta, quindi, alla
f or m a z ion e d e lla p l a c c a
a r t e r i o sc l e r o t i c a e d è
importante sottolineare un
fatto: il colesterolo è solo uno
dei componenti della placca.
Qu e s t’ u ltim a te n d e r à a
restringere e ad ostruire il
lume del vaso; poiché il
sangue arterioso veicola
sostanze nutritive e ossigeno,
l’organo coinvolto ne soffrirà
(cuore, cervello, ecc.) e
manifesterà dei sintomi di
allarme. Le cellule della
parete muscolare dell’arteria
possono, poi, proliferare in
modo anomalo e subire una
mutazione, fino ad arrivare
addirittura a rompere la
pa r e te in te r na del vas o
stesso; il nostro organismo
cercherà di riparare il danno
con la fibrina. Gradualmente,
in questa zona lesa si depositeranno altri detriti, calcio e
colesterolo. Un concetto recente è che, se il sistema immunitario è ben funzionante,
può riconoscere queste cellule mutanti dell’arteria lesa e
può produrre degli anticorpi
per eliminarle.
Si sta facendo strada una nuova concezione della malattia
arteriosclerotica, nella quale
vengono considerati non solo
fenomeni degenerativi, ma
anche immunitari.
Continueremo a parlarne il
mese successivo.
dott. Danilo Vaccai
medico chirurgo-omotossicologo
specialista in reumatologia
Info presso la nostra redazione:
tel. 055340811 fax 055340814
e-mail: [email protected]
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