Con il Congresso di Vienna del 1815, Gorizia – soggetta ai Francesi

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Con il Congresso di Vienna del 1815, Gorizia – soggetta ai Francesi
 I PERCHE’ DI UNA SCELTA Il Congresso di Vienna del 1815 restituì Trieste e Gorizia all’Impero d’Austria dopo un breve periodo di dominazione francese. I due territori confluirono in una amplissima unità amministrativa, il Litorale austriaco, soggetta dall’i.r. Governo con sede a Trieste, e articolata in tre länder o circoli autonomi: la Città‐Provincia di Trieste, la Contea Principesca di Gorizia e Gradisca ed il Margraviato d’Istria. Il territorio si estendeva dai confini occidentali con il Regno‐
Lombardo Veneto, anch’esso acquisito dagli Asburgo, al litorale croato e all’Istria. Nel 1866, dopo l’annessione del Veneto da parte del Regno d’Italia, la linea di confine tra Italia e quello che nel frattempo era divenuto Impero d’Austria‐Ungheria fu stabilita a poco più di dieci chilometri dalla città isontina. Tale configurazione territoriale rimase immutata fino al crollo dell’impero alla fine della prima guerra mondiale. TRIESTE E
GORIZIA
NELL’IMPERO
AUSTRO
UNGARICO
Il ruolo economico di Trieste e Gorizia nell’Ottocento fu influenzato in modo determinante dalla posizione geografica strategica per gli interessi della Casa d’Austria. Trieste, alla quale fu riconfermato il regime di porto franco (concesso già nel 1719 da Carlo VI) , proseguì nel suo ruolo intermediario con i Paesi dell’Europa centrale, divenendo una piazza commerciale importante specializzata nell’importazione di beni coloniali. Essa divenne non solo il mercato esclusivo di tutta la Monarchia e di altri territori contermini, delle coste adriatiche e di parte del Levante, ma riuscì ad affermarsi quale unico porto meridionale per il rifornimento di prodotti mediterranei e del vicino Oriente ai mercati tedeschi e nord‐europei. Tale posizione di preminenza subì peraltro un declino nella seconda metà del secolo in seguito alla concorrenza di altri porti adriatici, alla deviazione di parte dei traffici verso i porti del Nord, allo sviluppo di una rete ferroviaria europea, alla nascita di un’industria austriaca che permise la sostituzione di importazioni con beni prodotti localmente. Trieste reagì in parte con una diversificazione economica realizzando importanti stabilimenti industriali (arsenale, cantieri navali e diversi opifici); l’apertura del canale di Suez nel 1869 consentì peraltro una vigorosa ripresa dei traffici. Nel 1891 l’abolizione del regime di porto franco costrinse alla chiusura numerosi operatori locali ma sostanzialmente non influì sul volume dei traffici e venne compensata da un insieme di misure quali l’esenzione fiscale decennale per le nuove industrie, sovvenzioni, tariffe ferroviarie competitive, ecc.. Gorizia invece era una piccola cittadina di circa 10.000 ab., caratterizzata da un’economia prevalentemente agricola, con un’importante produzione di seta greggia e di filatura. Nella seconda metà del secolo, per il suo clima temperato, conobbe un buon sviluppo economico e 1
demografico quale luogo di villeggiatura della borghesia austriaca. Lo sviluppo fu favorito dalla costruzione della Ferrovia Meridionale (1860), che consentiva il collegamento con i territori del Veneto e con Trieste, e successivamente della Ferrovia Transalpina (1906). A Gorizia furono costruiti in questo periodo anche importanti impianti industriali nel settore tessile, del legno e alimentari. Con lo scoppio del primo conflitto mondiale l’intero territorio di Gorizia divenne teatro di aspre battaglie: l’8 agosto 1916 le truppe italiane entrarono in città, gravemente danneggiata, fino alla riconquista austriaca dopo la disfatta di Caporetto dell’ottobre 1917 e allo spostamento del fronte nella pianura friulana e veneta; Trieste, obiettivo e simbolo dell’attacco italiano, rimase invece sempre in possesso austriaco e non subì danni da attacchi terrestri. Dopo la battaglia di Vittorio Veneto e la resa dell’Austria‐Ungheria Gorizia e Trieste furono congiunte al Regno d’Italia. A seguito del Trattato di Saint‐Germain del 1919 (tra le potenze dell’Intesa e l’Austria), del Trianon del 1920 (con l’Ungheria) e di Rapallo (tra Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni) fu sancita la dissoluzione dell’Impero Austro‐Ungarico e la sua frammentazione in sei nuovi Stati e furono ridefiniti i confini orientali annettendo all’Italia Trieste, Gorizia e Gradisca, l’Istria e alcuni altri territori. NEL E DOPO IL
PRIMO
CONFLITTO
BELLICO
Il dopoguerra si rivelò difficilissimo sotto l’aspetto sociale ed economico, non solo per i problemi della ricostruzione di un territorio devastato, ma soprattutto per il venir meno del sistema pre‐bellico completamente fondato sui rapporti con il retroterra centro‐europeo. Il Governo italiano, inoltre, decise di conservare temporaneamente una struttura amministrativa che ricalcava quella asburgica: venne istituito, con sede a Trieste, un Commissariato Generale Civile per la Venezia Giulia che restò in tal modo del tutto differenziata sul piano amministrativo e politico dal resto d’Italia. Il declino economico di Trieste e Gorizia, passate in poco tempo da una posizione baricentrica ad una marginale, fu inevitabile. Trieste che già dall’inizio della guerra si era trovata improvvisamente tagliata fuori del mondo, si trovò nel dopoguerra priva dei privilegi austriaci, con un retroterra di Stati autonomi, con barriere doganali distinte e politiche economiche e commerciali spesso in concorrenza se non conflittuali, tali comunque da far decadere molti dei vantaggi competitivi della città. Il porto di Trieste, che aveva vissuto il suo periodo d’oro in funzione delle esigenze dell’impero austro‐ungarico, si trovava ora a far parte del sistema portuale italiano quale elemento estraneo, tale da divenire uno dei principali problemi per l’Italia. Un destino analogo colpì anche il territorio di Gorizia, privata sia delle strutture che delle relazioni costituite prima della guerra. 2
Il periodo provvisorio della struttura amministrativa locale terminò con l’emanazione, da parte del regime fascista, del R.D. 53/1923 che istituì la provincia dell’Istria, quella di Trieste (alla quale furono aggiunti i territori goriziani del Monfalconese e di Grado) e ampliava quella di Udine (divenuta Provincia del Friuli) a ricomprendere tra l’altro Gorizia, Gradisca, Cormons. L’applicazione dei comuni strumenti legislativi italiani alla terre “redente” si dimostrò peraltro molto complicata per insufficienza, adattabilità, confusione e sovrapposizione a leggi austriache. Nel 1927 la Provincia di Gorizia fu peraltro ripristinata seppure con gravi mutilazioni (Monfalcone, Bisiacaria e Grado rimasero sotto Trieste, Cervignano sotto Udine). NEL E DOPO IL
SECONDO
CONFLITTO
MONDIALE
Il destino di Gorizia e Trieste rimase comune anche durante la seconda guerra mondiale. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 la Venezia Giulia, ridenominata Litorale adriatico, fu annessa al Terzo Reich; il territorio divenne teatro di sanguinosi scontri tra tedeschi (con le truppe collaborazioniste), partigiani italiani e partigiani jugoslavi; nel maggio del 1945 i partigiani di Tito occuparono a Trieste e Gorizia fino all’insediamento di un Governo Militare Alleato. In attuazione dell’Accordo di Belgrado del giugno 1945 la provincia di Trieste fu suddivisa in due zone: Zona A (19 comuni: Trieste e circondario e Bisiacaria) amministrata dagli Alleati, e una Zona B (11 comuni) sotto il controllo jugoslavo. Il Trattato di Pace del 1947 determinò infine un nuovo assetto: dei trenta comuni già della provincia di Trieste nove tornarono a far parte della provincia di Gorizia (Monfalcone e Bisiacaria, Grado), quindici restarono alla Jugoslavia, sei (Trieste e circondario) più undici già della provincia di Pola, avrebbero dovuto far parte del progettato Territorio Libero di Trieste. La situazione però restò di fatto immutata fino al Memorandum di Londra del 1954 che assegnò i primi sei comuni all’amministrazione italiana e gli altri undici alla jugoslava. Il Trattato di Osimo del 1975 sancì la definitività di tale assetto. L’ASSETTO
GEOECONOMICO
DOPO IL
SECONDO
CONFLITTO
MONDIALE
Trieste e Gorizia, dopo essere state private di gran parte del territorio provinciale, divennero città di confine, che rimase sostanzialmente impermeabile fino al 1951, e rispetto a un regime ad economia pianificata poco incline a rapporti, spesso conflittuali, con l’economia occidentale. La geografia influenzò direttamente l’economia. Il declino socio economico fu contrassegnato da un confine che, oltre che delineare due realtà europee politicamente ed economicamente diverse, ha lacerato un territorio provinciale omogeneo, dimezzato un bacino economico e demografico, condizionato le due province ad un ruolo frontaliero pressante e difficoltoso, frutto di una posizione geografica sfavorevole e precaria. Ha determinato due indotti economici troppo esigui per non essere complementari, ha costituito un’emarginazione 3
territoriale della provincia isontina e triestina rispetto ai centri ed ai flussi economici e commerciali italiani. Perifericità “fisica” che ha vincolato Trieste e Gorizia a impostare le loro principali prospettive di sviluppo attorno al concetto di “città‐frontiera” di ponte tra l’Italia e l’Europa occidentale e i Paesi dell’Est. Gorizia fu praticamente divisa in due con un confine che l’attraversava in maniera identica alla città di Berlino con il suo muro. La divisione rimase tale fino al 2004 con l’ingresso della Slovenia (ex Jugoslavia) nella UE. In particolare la circoscrizione territoriale della Provincia di Gorizia passò da 2.720 a 215 kmq; Comuni da 42 scesero a 9; la superficie agraria e forestale scese da 245.000 a 33.600 ha, furono persi circa 80.000 abitanti gravitanti sul centro commerciale di Gorizia; fu persa la Stazione Ferroviaria della Transalpina, il più rapido collegamento con il Nord Europa, vennero a mancare il cospicuo patrimonio forestale dell’area montana e due grandi centrali idroelettriche nella valle dell’Isonzo. GLI
STRUMENTI
AGEVOLATIVI
IN AIUTO E LA
LORO
GESTIONE DA
PARTE DELLE
CCIAA DI
GORIZIA E DI
TRIESTE
La gravità della situazione economica spinse il Governo italiano ad attuare nel tempo un insieme di provvedimenti aventi da una parte una motivazione risarcitoria per le mutilazioni subìte ma anche il riconoscimento della pesante penalizzazione derivante dalla particolare posizione geografica. Già il Trattato di pace del 1947 stabiliva un regime extra ‐ doganale per il porto di Trieste: per Già il Trattato di pace del 1947 stabiliva un regime extra ‐ doganale per il porto di Trieste
l’importazione, esportazione o transito di merci nel Porto Libero, le autorità non avrebbero potuto pretendere dazi o pagamenti se non quelli derivanti dai servizi resi. Con la Legge n 1438/1948 fu istituito per Gorizia un regime di Zona Franca in base al quale erano concessi contingenti di importazione in franchigia doganale per i prodotti destinati unicamente al consumo nel territorio (burro, zucchero, carne, caffè, ..). Ciò da un lato veniva incontro alla popolazione consentendo prezzi più favorevoli per i beni di prima necessitò, dall’altro cercava di favorire le industrie del territorio fornendo materie prime a basso costo (legnami da costruzione, combustibili, …), prevedendo l’esonero dai dazi per i macchinari e i materiali necessari per l’installazione e la trasformazione di stabilimenti industriali nell’ambito della Zona e l’esenzione dalle imposte di ricchezza mobile per dieci anni dall’attivazione. Nel 1952 la gestione della Zona Franca fu attribuita alla Camera di Commercio di Gorizia. La legge 1226/1957 prorogò il regime aggiungendo nuove agevolazioni quali la libera esportazione dei beni prodotti dalle industrie operanti in ZF e il diritto alle assegnazioni in franchigia anche al territorio limitrofo. Il regime in argomento è stato prorogato più volte con successive leggi, ultima delle quali la legge n. 47 del 1988 che, in attesa del riordino legislativo della materia, ha 4
prorogato “sine die” il regime agevolato di Zona Franca. La legge 47/88 e la L. 66/92 hanno esteso anche alla provincia di Trieste analoghi benefici sui carburanti: benzina e gasolio. Un secondo istituto mirante a sostenere l’economia fu il Fondo di Rotazione per iniziative economiche a Trieste e Gorizia (FRIE), istituito con la Legge 908/1955 e con finanziamenti agevolati e mutui affluiti prevalentemente ai settori alberghiero, alimentare, siderurgico e metalmeccanico. Terzo provvedimento fu la conclusione dell’accordo italo‐jugoslavo per l’interscambio dei prodotti fra le zone confinanti (Accordi di Udine del 1949), con l’istituzione di un “conto autonomo di compensazione”. Gli accordi di Udine del 1955 favorirono poi il ripristino del traffico di persone e beni attenuando i disagi delle popolazioni di frontiera. Subito dopo il definitivo ricongiungimento di Trieste all’Italia, il Governo adottò un piano di provvidenze tra cui la dotazione di un apposito “Fondo per Trieste”, gestito dall’allora Commissario Generale del Governo per il territorio di Trieste al quale, con la Legge 514/1955, venne conferito il potere di effettuare , anche in deroga alle vigenti leggi italiane, interventi per lavori pubblici o per opere di carattere economico, sociale ed assistenziale. Tali poteri di intervento furono confermati dall’art. 70 dello Statuto Speciale della Regione Friuli Venezia Giulia ed attribuiti al Commissario del Governo. Successivamente il c.d. Fondo per Trieste è stato prorogato con vari provvedimenti legislativi, anche se per importi diversi. Anche per Gorizia, nonostante il ruolo positivo svolto dalla Zona Franca, a metà anni ’70 si rese evidente, stante il persistere di cicliche crisi economiche, la necessità di ulteriori strumenti di sostegno allo sviluppo locale. Con la Legge 700/1975, che prorogava ulteriormente il regime di Zona Franca, fu introdotto un meccanismo di prelievo sui generi agevolati da far affluire in un Fondo, il Fondo Gorizia, dal quale attingere per finanziarie iniziative di promozione dell’economia e la realizzazione di infrastrutture socio – economiche del territorio della provincia di Gorizia. La Legge 26/1986 attribuì infine alla Camera di Commercio per dieci anni una dotazione finanziaria di implementazione del Fondo Gorizia per sostenere investimenti infrastrutturali (porto, università, ecc.); lo strumento è stato rifinanziato dallo Stato, fino al 2010; ora viene finanziato con Legge Regionale 30/2007. Gli istituti agevolativi della Zona Franca e del Fondo Gorizia, quale emanazione della stessa, sono stati gestiti, fin dalla nascita, e lo sono tuttora, dalla Camera di Commercio di Gorizia e costituiscono parte integrante del sistema camerale integrato della provincia di Gorizia. I benefici degli stessi ricadono, ex lege, esclusivamente nell’ambito del territorio isontino. Tuttora il Fondo Gorizia costituisce il volano, pressoché unico e principale, di qualsiasi sviluppo socio economico della provincia di Gorizia. 5
La Legge 26/1986 riconosce in maniera inequivocabile la specificità geo – economica dei due territori limitrofi. L’incipit della norma che contiene le motivazioni di promulgazione è riassunto nell’articolo 1: “Al fine di contribuire alla rimozione delle condizioni di marginalità e di squilibrio socio – economico conseguenti alla particolare collocazione territoriale sono istituite le provvidenze previste dalla presente legge per l’incentivazione e il rilancio di attività economiche localizzate nei territori delle province di Trieste e Gorizia […]”. I suoi contenuti palesano l’attivazione di strumenti straordinari di sostegno all’economia pari, per valenza, a quelli utilizzati per aiutare quella del Mezzogiorno d’Italia. Le leggi 47/88 e 66/92 hanno esteso anche alla provincia di Trieste analoghi benefici sui carburanti: benzina e gasolio, applicando, altresì, gli stessi diritti di prelievo in vigore a Gorizia e concedendo la gestione del fondo derivante alla Camera di Commercio di Trieste. Tale Fondo viene tuttora gestito dalla Camera di Commercio di Trieste e costituisce una significativa risorsa della stessa per la promozione dell’economia triestina. MORFOLOGIA
TERRITORIALE E
IMPRENDITORIAL
E
La nuova situazione geopolitica delle due province nel dopoguerra comportò alcuni fenomeni comuni: ‐ forte presenza di strutture della Pubblica Amministrazione, non ultime quelle legate alla forte militarizzazione del territorio; collegata ad essa una struttura della popolazione fortemente caratterizzata dal pubblico impiego; ‐ la notevole riduzione del retroterra agricolo; ‐ lo sviluppo di un polo cantieristico, con relativo indotto a Monfalcone, peraltro in gran parte svincolato dalle scelte di politica economica e industriale locali; ‐ lo sviluppo, con la progressiva apertura dei rapporti economici con la Jugoslavia, di un importante sistema di distribuzione commerciale sostanzialmente dedicato alla clientela di oltre confine, spinta dalla carenza di prodotti; ‐ si sviluppa infine un tessuto di imprese tipiche di un’economia di confine: spedizionieri, trasporti, servizi all’import‐export. Di non minore importanza è la presenza in entrambe le province di una significativa minoranza slovena, storicamente consolidata e attivamente integrata nel tessuto produttivo locale, e tutelata da una serie di leggi nazionali e regionali che ne supportano, tra l’altro, le capacità imprenditoriali. TRIESTE E
GORIZIA
NELLA NUOVA
EUROPA
Un nuovo capitolo, tuttora aperto, si aprì con il collasso del sistema socialista e, in particolare, quello della Jugoslavia: nel 1991 la Slovenia dichiarò l’indipendenza, nel 2004 aderì all’Unione Europea, il 1° gennaio 2007 adottò l’euro e a fine 2007 la Slovenia adottò il Trattato di 6
Schengen. Da quel momento le province di Trieste e di Gorizia assumono nuovamente una posizione geografica potenzialmente centrale, tutta da costruire nei suoi contenuti di ponte, verso i territori dell’Europa centro‐orientale. I repentini mutamenti degli ultimi anni provocano peraltro nuovi terremoti nei sistemi economici del territorio. ‐ il sistema commerciale sostenuto dai clienti d’oltreconfine crolla e si instaurano anzi imponenti flussi di clientela attratti dal sistema distributivo sloveno; ‐ sono costretti alla chiusura la gran parte dei servizi dell’economia di confine (spedizionieri, aziende di trasporto, …); ‐ viene molto ridotto il regime di Zona Franca, col venir meno di gran parte delle agevolazioni ad esso collegate; ‐ le demilitarizzazione del territorio trascina con sé una importante fonte di reddito derivante dalla presenza di migliaia di soldati. Il tessuto imprenditoriale delle due province mostra oggi notevoli similitudini. A fine 2014 Trieste contava 21.123 imprese e unità locali e Gorizia 13.796. Il settore primario conta a fine 2014, in termini di sedi di impresa attive, per il 3,1% a Trieste (peraltro la conformazione della provincia è del tutto peculiare) e il 12,5% a Gorizia; il settore secondario è rispettivamente del 25,9 e del 26,5%; il terziario vale il 71,1% a Trieste e il 61,0% a Gorizia. Si evidenzia, quindi, la terziarizzazione del tessuto produttivo come tipologia uniformante i due territori. In pochi anni, dunque, l’ennesimo cambiamento epocale nella situazione geo‐politica europea ha riportato i territori di Trieste e di Gorizia a una situazione potenzialmente assimilabile all’epoca dei fasti asburgici. Essi, come allora, si trovano al centro di una vastissima area governata da regole, soprattutto di mercato, comuni. L’inevitabile situazione di crisi determinata da evoluzioni di portata imprevedibile, esacerbata peraltro dalla lunga crisi economica internazionale non del tutto risolta, deve essere occasione per predisporre misure dirette a prevenire, comunque attenuare, nel corso della fase transitoria del processo di integrazione della Slovenia sul mercato unico comunitario, gli squilibri e le ripercussioni negative derivanti dall’impatto diretto sull’economia goriziana e triestina della nuova concorrenza esercitata dal sistema economico sloveno, nonché dal venir meno di professioni legate ad un confine comunitario. LE
MOTIVAZIONI
POLITICHE
DELLA
FUSIONE
In questo contesto diversi sono gli elementi da cogliere e nel quale si evidenzia un naturale ruolo di primo piano delle Camere di Commercio che giustifica, ove non fossero sufficienti le comuni basi e vicende storiche, una loro integrazione / accorpamento. 7
UNA NUOVA
POLITICA
TRANSFRONTA
LIERA
Un primo punto riguarda la collaborazione a più livelli anche con gli altri enti pubblici locali, italiani e sloveni. Solo in una visione più ampia è possibile infatti da un lato costituire una massa critica sufficiente ad affrontare le problematiche poste dall’economia internazionale e dall’altro superare difficoltà che accomunano i territori confinari. Un primo passo è certamente dato dalla costituzione del Gruppo Europeo Cooperazione Territoriale (GECT), convenzione firmata dai comuni di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter‐Vrtojba, alla quale partecipa la Camera di Commercio di Gorizia, i cui obiettivi comprendono, tra l’altro, il coordinamento strategico delle politiche dell’area vasta italo ‐ slovena relative a gestione, realizzazione ed ammodernamento delle infrastrutture, sistemi e servizi di trasporto, mobilità e logistica; gestione dei nodi logistici intermodali dell’area vasta e, più in generale, elaborare piani di intervento congiunto anche in altri settori che mirino al rafforzamento della coesione economica e sociale. Analogo GECT sta nascendo nell’area transfrontaliera triestina con il nome di Alto Adriatico. UNA NUOVA
POLITICA
COMMERCIALE
INTEGRATA
In tale contesto le sfide poste le sfide poste dalla nuova situazione rendono necessarie strategie comuni. Una via di intervento è quella indicata dal c.d. Piano Integrato di Sviluppo Urbano Sostenibile (PISUS) per il quale sia il Comune di Trieste che quello di Gorizia si sono aggiudicati fondi europei destinati alla riqualificazione dei centri urbani in vista di iniziative di rigenerazione urbana, atta ad aumentarne l’attrattività e l’accessibilità, nonché di promozione di nuove attività economiche e di sostegno a quelle esistenti. Il divario concorrenziale con il sistema distributivo sloveno impone peraltro una comune posizione a favore di una fiscalità di vantaggio. UNA NUOVA
POLITICA
INDUSTRIALE
INTEGRATA
L’idea di integrazione economica tra le realtà di Trieste e Gorizia è stata peraltro già colta e portata a termine dalla Confindustria, con la recente unione delle rispettive Associazioni provinciali in Confindustria della Venezia Giulia. Si è inteso in tal modo non solo razionalizzare il sistema, al fine di ridurne i costi, ma soprattutto dare una migliore rappresentanza e un maggiore peso politico ad un’area omogenea. L’apparato industriale delle due province mostra peraltro evidenti similitudini con una particolare presenza nei settori della naval‐meccanica, del biomedicale e biotecnologico, ecc., che in molti casi possono godere di importanti sinergie con l’Area di Ricerca. In tal senso, d’altro canto, va letta anche la fusione avvenuta tra la CISL di 8
Gorizia e quella di Trieste; si tratta di una ulteriore conferma di come i sistemi imprenditoriali delle due province hanno moltissimi elementi in comune, e pertanto appare opportuna una governance unica del sistema imprenditoriale. UNA NUOVA
POLITICA PER
IL CREDITO
A un livello intersettoriale occorre sottolineare anche l’importanza di una politica integrata del credito, settore in cui le Camere di Commercio di Trieste e Gorizia svolgono un ruolo fondamentale attraverso la partecipazione alle politiche dei rispettivi Consorzi Garanzia Fidi e alla promozione del costituendo contratto di rete tra il Confidi Gorizia e quelli di Trieste. L’INTEGRAZIO
NE DELLA
LOGISTICA E
DELL’INETRMO
DALITA’
Un altro aspetto fondamentale di intervento riguarda infine la logistica e in particolare l’intermodalità. Il sistema portuale del Friuli Venezia Giulia, che comprende i porti commerciali di Trieste, Monfalcone e Porto Nogaro, costituisce una delle porte d’accesso del Nord Est e dell’Europa Centrale per i traffici marittimi provenienti dall’Estremo Oriente. Trieste con oltre 56,5 milioni di tonnellate di merci è stato nel 2013 il primo porto a livello nazionale; si tratta di un hub logistico internazionale che dista meno di 500 km dai grossi gangli dell’economia italiana (Veneto, Lombardia, Piemonte) e dell’Europa Centrale e Orientale. Lo scalo si caratterizza per la presenza di aree “Porto Franco” e per la speciale normativa doganale, che costituisce un vantaggio operativo che garantisce condizioni esclusive soprattutto (ma non solo) agli operatori internazionali. Il porto di Monfalcone, gestito dall’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Gorizia, che nel 2013 ha movimentato circa 4 milioni di tonnellate di merci ed è specializzato in general cargo e dry bulk cargo come caolino, carbone, cellulosa, cemento, cereali, legname, impiantistica, minerali diversi alla rinfusa, prodotti lapidei, prodotti siderurgici, rottami di ferro, autovetture. In buona sostanza, nel raggio di 50 chilometri dai porti di Trieste e Monfalcone, sono disponibili infrastrutture quali l’aeroporto di Ronchi dei Legionari, l’autoporto di Gorizia e il terminal intermodale di Fernetti, nonché l’interporto di Alpe Adria di Cervignano del Friuli, tutti 9
ottimamente collegati alla rete stradale e ferroviaria. In tale area, la Venezia Giulia, insiste, quindi, sostanzialmente, il sistema logistico regionale. Le province di Trieste e Gorizia sono attraversate direttamente da uno dei dieci Corridoi delle reti di trasporto trans‐europee (TEN) che rappresentano la struttura centrale, di primo livello, del progetto che prevede di unificare l’attuale insieme di strade, ferrovie, aeroporti e canali e trasformarlo in una rete di trasporto moderna, onde facilitare le operazioni di trasporto transfrontaliere per i viaggiatori e le imprese in tutta l’Unione Europea. Si tratta del Corridoio Mediterraneo che intende collegare Spagna, Francia, Italia ed i Paesi dell’Est Europeo: in Italia il Corridoio attraversa l’intera pianura padana e connette alcune delle aree più produttive del Paese (Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia). La regione è interessata anche dal Corridoio Baltico‐Adriatico che l'asse ferroviario intermodale che parte dalla zona di Helsinki e attraversa gli Stati baltici, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Austria e, attraverso il valico di Tarvisio, arriva fino alle regioni del Nord Est. Il corridoio faciliterà i collegamenti tra infrastrutture logistiche importanti come i porti di Trieste, Monfalcone, Venezia, Ravenna, Capodistria e interporti come Verona, Bologna, Cervignano del Friuli con le principali realtà economiche dell’entroterra (Vienna, Graz, Klagenfurt, Villach, Udine). L’asse permetterà altresì il rilancio dei traffici tra i porti del Baltico e quelli dell’Adriatico agevolando lo smistamento delle merci in arrivo dal Far East attraverso il canale di Suez verso tutto il Centro Europa. UNA NUOVA
POLITICA
TURISTICA
INTEGRATA
Le caratteristiche morfologiche dei due territori, il patrimonio storico e artistico degli stessi, le eccellenze produttive e le tradizioni, suggeriscono l’implementazione di una politica turistica comune che, come sistema, contribuisca a valorizzare i punti di forza dei due territori: mare, vino, enogastronomia, vocazione transfrontaliera. La disamina fin qui effettuata, pertanto, evidenzia come esista una molteplicità di elementi a sostegno della creazione di un’unica Camera di Commercio per le province di Gorizia e Trieste. Si tratta, infatti, di due territori che condividono un analogo percorso storico, che hanno un tessuto imprenditoriale assai simile, che debbono affrontare problematiche comuni, e che vivono a ridosso di un confine, forse non più “politico”, ma sicuramente “economico”. Indubbi, infatti, sono gli svantaggi competitivi che derivano alle imprese delle due province dalle diverse scelte economiche della Slovenia: minore fiscalità, ridotto cuneo fiscale, minor costo delle risorse energetiche, importante polo logistico a Capodistria. Ciò nonostante, proprio il fatto di essere territorio di confine può rappresentare una opportunità di integrazione e di rilancio dell’economia, e la creazione del GECT a Gorizia e, in un futuro ormai prossimo, a 10
Trieste, è un primo passo verso tale integrazione. E’, allora, quanto mai necessaria la creazione di un unico ente camerale, con una propria identità specifica, limitato ai territori delle province di Gorizia e Trieste, che possa guidare questo percorso, e, da vero attore del sistema imprenditoriale, possa sfruttare tutte le opportunità, locali, nazionali e comunitarie, esistenti. 11