Diapositiva 1 - Provincia di Piacenza
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Provincia di Piacenza Piano Energetico Provinciale Le biomasse agro-forestali Piacenza, 17 aprile 2009 Chiara Lazzari – Istituto di Ricerche Ambiente Italia Biomasse: definizione e classificazione Le filiere bioenergetiche Diversi sono i prodotti energetici – biocombustibili - che si possono ottenere dalle biomasse e diverse le tecnologie per la loro valorizzazione. I biocombustibili possono essere solidi, liquidi o gassosi derivati direttamente dalle biomasse, od ottenuti a seguito di un processo di trasformazione strutturale del materiale organico. Tali differenze dipendono principalmente dalle caratteristiche chimico-fisiche della biomassa. Alcune proprietà come il contenuto in carbonio, azoto e umidità, hanno un’influenza rilevante sulla scelta del tipo di trasformazione e conversione energetica dei biocombustibili. Le filiere bioenergetiche I processi di conversione in energia delle biomasse possono essere ricondotti a due grandi categorie: TERMOCHIMICI e BIOCHIMICI Proprietà Processi di conversione Prodotti Utilizzo Materiali legnosi H2O ≤ 30-35% C/N > 30 Combustione, gassificazione, pirolisi Calore, oli, gas e carbone vegetale Produzione di calore e/o di energia elettrica Sottoprodotti agricoli putrescibili H2O > 35% 20 ≤ C/N ≤ 30 Digestione anaerobica Biogas Produzione di calore e/o di energia elettrica Liquami zootecnici 70% ≤ H2 O≤ 90% 20 ≤ C/N ≤ 30 Digestione anaerobica Biogas Produzione di calore e/o di energia elettrica Piante zuccherine 15% ≤ H2 O≤ 90% C/N qualsiasi Fermentazione alcolica Etanolo e derivati Autotrazione in miscele con benzine Colture e residui ad alto contenuto in cellulosa e amido H2O ≥ 35% C/N qualsiasi Idrolisi e fermentazione alcolica Etanolo e derivati Autotrazione in miscele con benzine H2O ≥ 35% C/N qualsiasi Estrazione degli olii esterificazione degli olii Olio vegetale Biodiesel Produzione di calore e/ o elettricità; Autotrazione in miscele con gasolio o puro. Piante oleaginose Le fonti da biomassa in Provincia di Piacenza Tra le diverse fonti rinnovabili, le biomasse di origine agro-forestale rappresentano per la Provincia di Piacenza, una opzione concreta in termini di potenziale energetico e di sviluppo tecnologico. Le ordinarie modalità di gestione/conduzione delle aree agricole e forestali, l’attivazione o ripresa di specifici interventi volti al miglioramento e alla conservazione dei soprassuoli, la definizione di metodologie alternative di gestione dei residui agricoli e agro-industriali, l’introduzione di colture dedicate in aree marginali o ritirate dalla produzione significativa disponibilità di materiale rinnovabile da avviare all’uso energetico. Le fonti da biomassa in Provincia di Piacenza I residui di origine agro-forestale e agro-industriale, rappresentano al momento, l’opzione più concreta in termini di disponibilità di biomasse, in quanto attualmente già disponibili o comunque realisticamente implementabili nel breve periodo. Le potenzialità energetiche connesse all’impiego del materiale residuale, costituiscono un fattore di estremo interesse. Particolarmente rilevante oltre alla disponibilità energetica che si rende fruibile è anche la promozione di una “logica” ed un “sistema” di recupero di materiali che, altrimenti, seguirebbero un percorso di smaltimento poco razionale sotto il profilo economico ed ambientale. Le biomasse residuali Comparto forestale e agricolo: biomasse residuali solide “secche” da destinare alla produzione di energia attraverso processi termochimici (in particolare: residui colturali; residui delle operazioni selvicolturali o delle attività agroforestali) Comparto industriale: biomasse residuali solide umide (>60-70% di contenuto d’acqua) derivanti dai cascami della lavorazione delle produzioni agroalimentari da avviare a processi di digestione anaerobica per la produzione di biogas Comparto zootecnico: biomasse residuali solide umide (>60-70% di contenuto d’acqua) derivanti dalle deiezioni animali, da avviare a processi di digestione anaerobica per la produzione di biogas I residui agricoli Ad oggi gli agricoltori considerano la gestione dei residui spesso come un problema di smaltimento, piuttosto che un’operazione potenzialmente produttiva. I residui colturali rappresentano invece una cospicua fonte di biomassa, che non necessita di costi di coltivazione Tipologia: − Sottoprodotti cerealicole: paglie frumento, stocchi e tutoli di mais − residui di potatura di vite ed, in misura minore, fruttiferi Bacini di produzione: - aree agricole di pianura della parte settentrionale della provincia; - fascia collinare della provincia, dove si concentra gran parte della superficie a vite. I residui agricoli Frumento Vite Mais Fruttiferi I residui agricoli superficie fruttiferi vite ha 39.410 541 6.252 TOTALE 46.203 Cereali residui umidità ton umidità (%) 157.639 15 1.487 40-50 15.631 40-50 PCI (s.s.) kcal/kg 3.950 4.350 4.300 Disponibilità (ton s.s.) 133.993 669 7.034 174.757 7.703 Cereali fruttiferi vite Tale potenziale corrisponde: TOTALE contenuto energetico GJ/anno MWh/anno 2.215.560 615.433 12.187,5 3.385 126.612,5 35.170 138.800 38.556 tep/anno 52.927 291 3.025 56.243 Energia termica producibile (MWht) Energia elettrica producibile (MWhe) 492.347 2.708 28.136 523.191 141.550 779 8.089 150.417 ~9% dei consumi provinciali per usi termici nel 2007 ~17% dei consumi provinciali di PP nel 2007 ~21% dei consumi provinciali di gas naturale nel 2007 ~37% dei consumi provinciali di gas naturale per usi civili nel 2007 I residui agricoli I quantitativi di residui allo stato attuale delle coltivazioni agricole, sono da considerarsi un potenziale teoricamente disponibile prescindendo da una serie di fattori, di diversa natura, che possono interferire in modo rilevante riducendo le possibilità operative e ponendo vincoli, anche estremamente fondati, in grado di limitare l’effettiva disponibilità di biomassa residuale da avviare ad un uso energetico. Al di là dei possibili usi alternativi, vanno anche e soprattutto considerati gli aspetti legati alla dispersione sul territorio, dipendenti soprattutto dalle caratteristiche strutturali del comparto agricolo (in termini di numero di aziende, dimensioni delle aziende e loro distribuzione sul territorio) e, quindi, alle problematiche di raccolta, trasporto e stoccaggio (intermedio e finale) I residui agricoli Vite 30% 25% aziende superficie 20% 15% 10% Cereali 40% 5% 35% aziende 30% 0% superficie <1 tra 1 e 2 tra 2 e 5 tra 5 e 10 tra 10 e 20 tra 20 e 50 tra 50 e 100 >100 25% classe di superficie 20% 15% 10% 5% 0% <1 tra 1 e 2 tra 2 e 5 tra 5 e 10 tra 10 e 20 classe di superficie tra 20 e 50 tra 50 e 100 >100 I residui forestali La gestione del bosco può rappresentare un’importante fonte per alimentare l’utilizzo di biomasse a scopo energetico. E’ necessario, tuttavia, che essa venga fortemente rilanciata e mantenuta nel tempo. Bacini di produzione: zone boscate della fascia appenninica (aree montane e collinari della parte meridionale della provincia); aree agricole di pianura e/o collina. I residui forestali Una valorizzazione del patrimonio boschivo potrebbe trovare interessanti prospettive all’interno di finalità d’uso come quello energetico e le possibili fonti di residui potranno quindi essere implementate prevalentemente nell’ambito delle ordinarie attività di gestione e manutenzione dei soprassuoli boscati, piuttosto che di specifici interventi finalizzati alla loro tutela o riqualificazione. La valorizzazione energetica delle biomasse residuali in ambito forestale, va vista quindi come un elemento nuovo aggiuntivo che si inserisce nella pratica gestione dei soprassuoli. Esso tuttavia non si deve caratterizzare come obiettivo finale di tale gestione, ma bensì come strumento, per stimolare e favorire il perseguimento dei fini caratteristici delle formazioni forestali. La valutazione relativa all’impiego delle biomasse forestali residuali per la produzione di energia deve considerare che l’utilizzo di una risorsa locale offre l’opportunità di attuare interventi finalizzati al miglioramento del territorio, alla sua manutenzione, alla prevenzione idrogeologica e alla fruibilità dello stesso. I residui forestali Si potranno considerare residui derivanti da: attività di manutenzione primaria (rami, cimaglie, foglie) operazioni di miglioramento dei cedui (sfollamenti e diradamenti); conversione a fustaia di quei cedui abbandonati più promettenti in ragione della massa legnosa sviluppatasi negli ultimi decenni, della fertilità dei suoli, delle caratteristiche strutturali; interventi su formazioni a fustaia sia di latifoglie che di conifere, ai fini della regolazione della densità con diradamenti selettivi e mirati, come pure l’esecuzione di tagli sanitari. cure dei rimboschimenti I residui forestali Residui attività primarie Disponibilità (ton s.s.) 42.682 contenuto energetico GJ/anno 768.276 MWh/anno 213.410 tep/anno 18.353 Energia termica producibile (MWht) Energia elettrica producibile (MWhe) 170.728 49.084 Tale potenziale corrisponde: ~3% dei consumi provinciali per usi termici nel 2007 ~6% dei consumi provinciali di PP nel 2007 ~7% dei consumi provinciali di gas naturale nel 2007 ~12% dei consumi provinciali di gas naturale per usi civili nel 2007 I residui forestali L’effettiva disponibilità di biomassa forestale da destinare ad usi energetici dipenderà però da una serie di fattori, di diversa natura, che possono intervenire in modo rilevante riducendo le possibilità operative. Essi sono legati principalmente alla situazione del settore forestale locale e alle condizioni socio-economiche che la sottendono. Tra i principali elementi che andranno considerati e valutati vi sono innanzitutto: il tipo di proprietà forestale e la sua frammentazione: l’incremento delle attività forestali e quindi la disponibilità nonché il reperimento di materiale legnoso appare fortemente limitato primariamente dalla distribuzione della proprietà forestale che in provincia risulta prevalentemente di tipo privato; la morfologia del territorio e l’adeguatezza della rete stradale forestale (accessibilità): la disponibilità di infrastrutture e di una rete di strade forestali adeguate appare cruciale soprattutto nelle aree montane, in relazione alla complessità dell’orografia e alla presenza di un’ampia porzione di territorio ad elevata acclività. il livello di meccanizzazione necessario per le operazioni in bosco ed i relativi costi, la disponibilità di imprese forestali e di personale tecnicamente preparato. Biomasse residuali – specificità applicative La valorizzazione di biomasse solide residuali può essere finalizzata, a seconda della taglia: alla produzione di calore per riscaldamento o processi industriali alla produzione di energia elettrica alla produzione combinata di energia elettrica e calore in impianti di cogenerazione. Biomasse residuali – specificità applicative Impianti di piccola taglia per la produzione di energia termica (~ 5-500 kW termici) Impianti di media taglia per produzione di energia termica (da qualche MWt fino a massimi dell’ordine dei 10-15 MWt) per grosse utenze civili, utenze industriali e sistemi di teleriscaldamento Impianti di media-grande taglia per la produzione dedicata di elettricità (da 10-15 MWt fino a massimi di 50-100 MW). Impianti di cogenerazione per la produzione combinata di energia elettrica e calore Biomasse residuali – specificità applicative Gli impianti a biomasse per la generazione dedicata di energia elettrica presentano rendimenti significativamente bassi che riducono fortemente la redditività tecnico-economica del processo. La forma più efficiente di utilizzo di biomasse per la produzione di energia elettrica risulta la cogenerazione che può raggiungere rendimenti complessivi superiori al 70%-80%. Tra le principali tecnologie utilizzabili ricordiamo in particolare: •cogenerazione in impianti con turbina a vapore ( > 15 – 20 MWt) •cogenerazione in impianti con motore a vapore •cogenerazione in impianti a olio termico (ORC) •micro-cogenerazione con tecnologia Stirling. } Impianti di piccola-media taglia: da qualche MWt a 10-15 MWt Biomasse residuali – prospettive di sviluppo La possibilità effettiva di disporre biomassa residuale di origine agroforestale da avviare ad uso energetico, può spesso risultare fortemente influenzata da diversi fattori che devono necessariamente essere presi in considerazione ogni qualvolta si intendano pianificare e realizzare azioni concrete in questo ambito. Lungo l’intera filiera biomassa - energia i punti di maggior criticità sono individuabili, in particolare, a monte e riguardano essenzialmente l’organizzazione e la gestione dell’approvvigionamento della materia prima che garantiscano una continuità di approvvigionamento in un’ottica di impatto ambientale positivo. Viceversa, le tecnologie di impiego della biomassa oggi disponibili sono ormai ben consolidate, garantendo elevati standard di efficienza e una relativa semplificazione gestionale. In particolare vanno considerati gli aspetti legati alla dispersione della biomassa sul territorio e quindi alle problematiche di raccolta, trasporto, stoccaggio, che vanno inevitabilmente ad influire sulla logistica dell’approvvigionamento e sui costi del combustibile rinnovabile e quindi sulla reale sostenibilità economica e ambientale di un suo sfruttamento a fini energetici rispetto alle fonti fossili tradizionali. Biomasse residuali – prospettive di sviluppo La “vocazionalità”di una determinata area alla produzione e/o utilizzo di biomasse e la scelta di privilegiare una forma piuttosto che un’altra di utilizzo energetico, devono necessariamente rientrare in una logica di politica energetica e territoriale che non può prescindere oltre che dalla considerazione sia di parametri di natura ambientale, agronomica o produttiva, che indicatori di tipo economico e territoriale, anche da una visione generale dell’assetto energetico provinciale presente e prospettato. - in un’ottica di differenziazione delle risorse e dei loro impieghi, è necessario trovare alternative all’impiego dei combustibili fossili per usi termici. Le fonti da biomassa, congiuntamente alla fonte solare, possono costituire tale alternativa; - per evitare distorsioni, è necessario che i sistemi della domanda e dell’offerta di biomasse si sviluppino in forma coordinata. La necessità di organizzare, in forma organica, il sistema locale di offerta di biomassa pone limiti, nel breve periodo, alla disponibilità di biomassa in grandi volumi; - la presenza di grossi impianti termoelettrici, che domandano grosse quantità di materia prima, difficilmente può contribuire alla creazione di una ordinata offerta con positivi risvolti locali; al contrario, vi è il rischio che a livello locale si impedisca la realizzazione di un sistema di offerta diffuso senza, per altro, che si possa garantire il pieno soddisfacimento del fabbisogno delle grandi centrali. Biomasse residuali – le filiere corte Lo sviluppo di legami con la realtà locale da parte di chi intende realizzare un impianto energetico a biomasse si traduce nell’instaurare da un lato rapporti di fornitura di materiale stabili e redditizi con il settore agro-forestale, dall’altro nell’offrire alla comunità locale un’alternativa economicamente ed ambientalmente sostenibile ai combustibili fossili per le proprie necessità energetiche. Impianti di piccola e media taglia, inseriti in un sistema di approvvigionamento locale organizzato, che veda il coinvolgimento di singole aziende o gruppi di aziende, appaiono particolarmente idonei per rispondere a queste esigenze e per favorire uno sviluppo armonico e sostenibile tra offerta e domanda locali di biomasse per usi energetici sul territorio provinciale. FILIERE CORTE Filiere basate su Sistemi locali di approvvigionamento di biomassa residuale e finalizzate alla piccola-media produzione termica distribuita eventualmente abbinata a reti di TLR e a sistemi di cogenerazione. Biomasse residuali – le filiere corte Oltre a risultare i più adeguati alle reali potenzialità produttive del territorio, le filiere suddette si configurano, nel medio periodo, anche come una concreta opportunità di diversificazione delle attività agricole e forestali in grado di contribuire al rilancio di un comparto, che rappresenta un importante tassello dell’economia provinciale. Esse inoltre si prestano per il raggiungimento di finalità di più stretto carattere ambientale e di conservazione/riqualificazione del territorio. La filiera del biogas Con il termine biogas si intende una miscela di vari tipi di gas (principalmente CH4 e CO2) prodotto dalla naturale fermentazione batterica in anaerobiosi (digestione anaerobica) di sostanza organica. Per la produzione di biogas in fermentazione anaerobica, possono essere utilizzati: •reflui zootecnici; •colture dedicate da energia (insilati di mais e sorgo zuccherino); •residui colturali (foraggi, frutta e vegetali di scarsa qualità, percolati da silos e paglia); •scarti organici e acque reflue dell’agro-industria; •fanghi di depurazione delle acque reflue urbane e industriali; •frazioni organiche dei rifiuti urbani Il potere calorifico del gas ottenuto varia a seconda del contenuto di metano e risulta in genere compreso fra le 4.500 e le 6.500 kcal/kg. La filiera del biogas La valorizzazione di reflui di diversa natura per la produzione di biogas mediante processi biologici, presenta diverse valenze, oltre agli aspetti energetici: •La biometanizzazione permette di disinquinare la parte organica dei reflui, dal momento che le sostanze fermentescibili sono trasformate in biogas; •la digestione anaerobica restituisce un residuo che può essere valorizzato nuovamente come integratore all’alimentazione del bestiame ed alla piscicoltura; •in assenza di biometanizzazione, alcuni tipi di reflui (es. reflui zootecnici e rifiuti urbani) sono soggetti ad una degradazione anaerobica non controllata, che genera emissioni di grosse quantità di metano La filiera del biogas I principali impieghi del biogas sono relativi a: ● produzione di calore, sotto forma d’acqua calda, di vapore o d’aria calda, con un rendimento energetico medio dell’80-85%; ● produzione di elettricità, generalmente in motori con turbine a vapore o con turbine a gas, per gli impianti di più ampia capacità, il cui rendimento medio è del 30-35%; ● produzione combinata di calore e di elettricità (cogenerazione) in motori endotermici con rendimenti medi complessivi dell’80-85%; (rendimento termico medio: 50% rendimento elettrico medio: 35%). Questa risulta la tecnologia di conversione più conveniente e ad oggi è la più utilizzata La filiera del biogas da reflui zootecnici Particolarmente interessante risulta la filiera del biogas da reflui zootecnici. •produzione di una fonte energetica rinnovabile; •maggiore razionalizzazione della gestione agronomica dei liquami (riduzione dei carichi inquinanti, stabilizzazione, abbattimento degli odori, miglioramento delle proprietà fertilizzanti, riduzione dei volumi dei fanghi prodotti, ecc.). Le prospettive di questo tipo di filiera si sono notevolmente ampliate grazie ai sistemi di co-digestione in grado di utilizzare simultaneamente diverse tipologie di substrato (fanghi di depurazione, frazione organica di RSU, residui agricoli, rifiuti dell’industria agroalimentare, ecc). Impianti di co-digestione consentono di ottenere maggiori rendimenti di biogas e determinano inoltre un introito ulteriore per il gestore derivante dal ritiro del rifiuto organico utilizzato come substrato. La filiera del biogas da reflui zootecnici Tipologia: •Reflui bovini •Reflui suini Bacini di produzione: La filiera del biogas da reflui zootecnici capi n. Bovini Suini TOTALE contenuto energetico biogas 91.529 123667 215.196 (m3/anno) 12.678.400 7.862.400 20.540.800 GJ/anno MWh/anno 291.898 81.083 181.018 50.283 472.916 131.366 Energia elettrica producibile (MWhe) 40.541 25.141 65.683 28.379 17.599 45.978 Suini 11.297 Energia termica producibile (MWht) Bovini Tale potenziale corrisponde: tep/anno 6.973 4.324 TOTALE ~2% dei consumi provinciali per usi termici nel 2007 ~3,4% dei consumi provinciali di PP nel 2007 ~4,3% dei consumi provinciali di gas naturale nel 2007 ~7,4% dei consumi provinciali di gas naturale per usi civili nel 2007 La filiera del biogas da reflui zootecnici Bovini 60% 50% aziende capi 40% 30% Suini 20% 100% 90% 10% aziende 80% 0% capi 70% tra 1 e 2 tra 3 e 5 tra 6 e 9 tra 10 e 19 tra 20 e 49 tra 50 e 99 tra 100 e 499 tra 500 e 999 tra 1000 e 1999 >2000 60% classe di capi 50% 40% 30% 20% 10% 0% tra 1 e 2 tra 3 e 5 tra 6 e 9 tra 10 e 19 tra 20 e 49 classe di capi tra 50 e 99 tra 100 e 499 tra 500 e 999 >1000 Grazie per l’attenzione Chiara Lazzari Istituto di Ricerche Ambiente Italia [email protected]