TESTI - Paolo Coruzzi
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TESTI - Paolo Coruzzi
Aria Raggiungimi, non rallentare il passo e chinati di fronte a questo abisso che ci sostiene con le sue ali nere; noi, condannati a cadere. Riporta qui su questa terra il canto che si è smarrito vinto dal lamento, abbracciami, ridammi il mio domani, ridammi le tue mani; portami con te dove c'è aria, dove il cuore non piange mai, aria, e il vivere, e illudersi ancora. Insegnami che il tempo è solo un gioco senza vincite, un tratto che s'infrange contro un margine di trasparenze e lacrime, così mi abbandono su te per respirare ancora questa… Bianco sfondo Ti ho cercata, ti ho voluta e ora sei arrivata qui. Ti ho aspettata, riconosciuta e adesso provo a raggiungerti, dove il cielo non ha più respiro, e il vento smorza senza fiato. Quassù, il tuo sorriso un breve accenno di labbra sotteso a un bacio che resta sospeso, difeso tra le mie braccia protetto da un tempo confuso, che ha paura di volare, di sentire, amare. E e e e rinasce con te, la vita e il cuore svanisce da sé ogni nostalgia vivere senza più arrestarmi credere che tu puoi tenermi. Ti ho incontrata, solo poche note e poi giù, cadere così tra cento notti, mille lunedì e un milione di lampi stagliati su un bianco sfondo di terra e vele che si spiegano, s'innalzano. Culla di sale Guarda come brilla la luna, resta ferma, incantata, sospesa senza nessuna paura; mentre il mondo la osserva esitante quando tutto…tutto cede e anche il sogno è reale e la vita si tinge di nuovo splendore. Vorrei dirti e parlarti del cielo che ho dentro vorrei inchiodare il tempo appena un momento E ti amo sarà banale, ma ora va così. Che mi sorprendi e mi accorgo di quanto mi manchi ogni volta che non sei più qui. Ti amo e se puoi accontentati. Guarda come s'inabissa il tramonto davanti a noi. Accecante di luce che molle scompare dentro neve e tempeste in una culla di sale. Polvere nel vento E' sempre stata malinconia volerti avere per sentire che non eri mia legata immagine inchiodata a questo senso e sono ancora fermo eppure sto cadendo. Porta che sbatte ad un fiato tiepido d'estate disincantata donna che non si da pace. Contorno malandato ad un secondo già arrivato ridato in mano all'oste perchè mal salato. Dimmi solo che è già cancellato che hai tutto in cassetto o l'hai buttato che adesso ogni tuo ricordo è spento ti gurdi inditro e non ti accorgi del silenzio e vivi nuova e vivi in lui e a me resta polvere nel vento e chiudo gli occhi e intanto piango piango dentro. E' nell'odore di tabacco sulle mie dita, un fuoco che ha bruciato e fumo sale al cuore confuso a quel profumo ancorato alla mia pelle e parla piano rauco perchè ha le corde stanche. Intermezzo Pensa a come passa il tempo, ti rivesti e indossi stanco un sorriso falso, una smorfia, un pianto. Senti come si alza il vento sulle tue parole vuote, su fotografie sbiadite, su due mani che si arrendono dentro a tasche ricucite. Pensa a come è stato lento questo attraversare ogni sentiero per trovarsi ancora qui, sconfitti dal silenzio. Aggrappati a un bicchiere, appoggiati a un finto amore, soli e vittime della libertà Stelle e Neve La nebbia ti baciava le labbra, poi scompariva dileguandosi asciugata dal primo sole, sbiadiva; e rugiada sui fianchi, molle brina dagli occhi cadeva sui tuoi seni guizzanti, sui tuoi pallidi seni ardeva. Mormorava l'aurora, bisbigliava sospiri scomposti; s'inchinava molcendo le membra di fremiti esauste. Affannava il mattino fra intonaci arsi e finestre, si squartava il cielo sopra nembi e astri. Polvere fatta di stelle e neve che bruci sulla pelle, tremando; riporta i tuoi desideri all'ombra di questa follia che annega il mondo più giù come soffocando. E lento nasce di te il respiro e guarda adesso che ha perso i suoi confini ogni distanza e fermarmi non posso più. Il vento trascinava la sabbia su questa riva di pensieri scoperti a rincorrersi dove il sogno svaniva. Le tue mani, un accenno, un intreccio di corde mai tese; i tuoi occhi socchiusi, un sorriso e un bacio si arrese. Manhattan Ormeggiata, vacillante, si arrende al frastuono perpetuo e costante. Offesa da troppe voci e pensieri. Confusa e sognante, in bilico assente. Innervata di luci, chiomata da nubi. Flessa precipita nel mio sguardo illesa. Appagato l'occhio dilata, e l'abisso capovolto sommerge ogni fremito e passo. Manhattan cantava e la gente diceva che non esiste altra isola dove poter attraccare, che non esiste altra meraviglia ai confini del mare. Manhattan cantava e la gente sosteneva che non ci fosse altro sogno da desiderare, che non ci fosse altro stupore da poter sognare. Il fuma sull'asfalto si arrampica al vento la pioggia incessante, il giallo, sgomento. Lo sferragliare sotterraneo di milioni di vite, il sopravvivere momentaneo di anime mute. Alba Scusami, sai, non è facile lavare via dagli occhi la tua immagine, ridare fiato al cuore senza te, che non torni qui, e mi arrendo. Scusami se non ti ho detto mai di questo vento che mi muove dentro, portandomi distante, confuso fra le ombre, ma ora sento che, io mi accorgo che voli via tra le onde di questo mare immenso che nasconde le luci, e terra frana dalle sponde su un'alba scura e fonda che ricopre i tuoi brevi passi. Voltati prima d'immergere la tua figura dentro a ricordi, dentro frammenti che sai, svaniscono, si allontanano. Porpora Resta ancora un attimo spogliata, immobile, sdraiata sotto questo cielo livido di pioggia, su di un asfalto che si sgretola, sull'anima. Spiegami di quanta solitudine, di quante ore si dissolvono in attese, in sogni che m'inventano, m'inseguono e puoi raggiungermi, ora sono qui. Un pensiero che si leviga. Cadendo dall'alto di questa sorgente muta e risale dal fondo fino al tuo respiro, per perdersi ancora nel porpora delle labbra, fino a dissolversi avvolto al buio. Raccontami di quanti passi e notti hai attraversato sola, figurandoti un breve bacio, appena un soffio, una preghiera, per avermi lì vicino a te. Marmo Ho nuvole dentro agli occhi che s'impregnano abbattute da tuoni accecanti si scompongono. Ho memorie di storie narrate che si smarriscono appannate da questo dolore reale rivivono. E soltanto un pensiero passa su questa landa nuda che milioni di anime dimenticate affoga. e appena un accenno di pioggia che scivola verticale ritaglia sul marmo il nome di tutto il dolore. E là, e scompare là. Poi qui, si confonde così, tra queste onde, una lacrima di me. Epilogo Parlami di te, dei sogni che fai. Di quante notti qui hai lasciato ai tuoi guai. Dimmi se c'è un po' di luce quassù, dove le ore, l'amore, la vita si sgretola e tu spiegami se sai piangere un po' e un po' pregare, perdonare, un po'dire di no alla follia che ti assale in mezzo agli occhi, a questo male. Piegati sto per colpire, ferma il fiato, non reagire. E, distante muore il tempo. E, scavato dal ricordo. Fuggi via non ti voltare, non c'è perdono o misericordia non hai più cieli da invocare, non hai più gloria, non hai più aria da strozzare, rapire, armare, non hai più un diavolo a cui confessare piaceri; qui ti abbatto. Guarda il buio, senti il freddo. Nascosti Penso che ci sia qualcosa di nascosto nei colori tuoi ce ancora umidi sbiadiscono se non hai sole, vuoi spogliare le tue spalle, asciugare queste nebbie? puoi lasciar cadere appena sui miei occhi le tue labbra? Poi, andare via così, distanti; da qui, nascosi come amanti, tra mille volti assenti dentro a città che ci smarriscono. Chiudi bene il cuore che non senta luce che non senta il mio e accosta appena la finestra che si fermi il caldo qui, tra la mia pelle e il tuo passare come molle cera che asciuga al mio respiro, modellandosi, ti tengo e… Vertigine Guardo te, guardo te, immobile. Sento che freddo è rimasto sui piani di questa memoria, che muta sostiene la tua indifferenza, e copri le spalle. E fiato sospeso che porti sull'ombra di tutti i passati gettati in disparte e preghi che arrivi qualcosa per te, che ti porti via. E mi lasci, un ritaglio di te che s'incolla e si piega su un vento che sa di tutto il silenzio che hai e rimango in disparte a scordarmi chi sei. Sento te, sento te, su tutta la pelle, distesa vertigine, poca e inutile fantasia, che si abbraccia alle lacrime e si asciuga il viso, mentre sto cadendo. Distante So che sei qui e mi ascolti, so che mi puoi vedere e immagini, so che ci sei e mordi ancora pieghe, tra le lenzuola e dentro ai tuoi pensieri vaghi per questa via distante che ci separa, che ci tormenta, e volta ancora il mondo il suo mantello bianco, sdraiato senza fiato pallido e stanco. Che mi sbatti addosso come un vento di gesso. Che m'inchioda alle tue labbra tanto che poi non posso vincerti, riperderti. Scivoli come acqua tra foglie, cadi scomposta, cadi versandoti su terra arsa, su di un manto spoglio, ti raccolgo lenta mi disseto e ti voglio. Vestito a fiori Si poggiava lenta sulla sedia nella stanza, vecchia e sola, e fuori ancora foglie, ancora nebbie. Tra mani gonfie misurava lana, intrecciava sere, per sempre uguali, per sempre voglia di dormire ancora un po'. E fuori il buio sembrava dire: "Ti abbraccerò, ti porterò distante dove non si sente il freddo". Tornerai a indossare quel bel vestito a fiori verdi e azzurri e ti alzerai per danzare per mano a un principe sognato e avrai sulla tua pelle il profumo di viole, e avrai sulla tua pelle il sapore del sole; poi, tornando a casa piangerai di felicità. Si scostava lenta i lunghi capelli bianchi dalle spalle asciugando gli occhi, piegando i suoi ricami in un cassetto. Sorseggiava lenta un po' di brodo masticando il vento. Si spogliava nascondendosi dallo specchio abbracciando le sue preghiere.